Test hiv maggior chiarezza
Salvo egr dott casualmente dopo aver letto un consulto di un donatore di sangue che secondo la sua testimonianza,è risultato leggermente positivo ai test anticorporali anti-hiv,,leggo :"Mi risulta che nessuno abbia valori di anticorpi anti- hiv pari a 0."
Cosa?????Forse ho letto male penso...cioè dopo un paio di tests fatti dopo un rapporto a rischio con una donna sconosciuta,scopro che esiste un"range" (se non erro >0-0,99) anche per i suddetti tests anticorporali anti-hiv???.Sarebbe questa la grande informazione che si danno ai giovani?Io (pur non appartenendo alle cosìdette "categorie a rischio" ammesso che questo termine abbia ancora un significato..) dopo i test effettuati ho letto a seconda dove li facevo solo:"negativo","non reattivo","antigene/anticorpi anti-hiv assenti".Perchè un giovane deve passare ore davanti il pc per sapere e capire (se ci riesce) cos'è un "antigene","ELISA" un "Western blot" un NAT o una PCR?,come avvengono i test ecc?Allora vado in libreria cerco un libro da voi consigliato e scopro dal titolare che tale libro è "datato",ed estremamente costoso.Esco dalla libreria alquanto disorientato.Chiudo chiedendo,se è possibile,di sapere la percentuale delle persone sfortunate divenute sieropositive dopo una trasfusione,tanto per un ulteriore "conferma" dell'assoluta affidabilità degli attuali tests e chiedendo perchè si parla (qualche volta) dei "falsi positivi" e MAI dei "falsi negativi".Ripeto la domanda effettuata dall'altro utente e,oramai, da sempre più persone...ma quando un test può ritenersi definitivo?Cosa può veramente influenzare un test x gli anticorpi anti-hiv?Desideroso di una risposta ringrazio e saluto.
Cosa?????Forse ho letto male penso...cioè dopo un paio di tests fatti dopo un rapporto a rischio con una donna sconosciuta,scopro che esiste un"range" (se non erro >0-0,99) anche per i suddetti tests anticorporali anti-hiv???.Sarebbe questa la grande informazione che si danno ai giovani?Io (pur non appartenendo alle cosìdette "categorie a rischio" ammesso che questo termine abbia ancora un significato..) dopo i test effettuati ho letto a seconda dove li facevo solo:"negativo","non reattivo","antigene/anticorpi anti-hiv assenti".Perchè un giovane deve passare ore davanti il pc per sapere e capire (se ci riesce) cos'è un "antigene","ELISA" un "Western blot" un NAT o una PCR?,come avvengono i test ecc?Allora vado in libreria cerco un libro da voi consigliato e scopro dal titolare che tale libro è "datato",ed estremamente costoso.Esco dalla libreria alquanto disorientato.Chiudo chiedendo,se è possibile,di sapere la percentuale delle persone sfortunate divenute sieropositive dopo una trasfusione,tanto per un ulteriore "conferma" dell'assoluta affidabilità degli attuali tests e chiedendo perchè si parla (qualche volta) dei "falsi positivi" e MAI dei "falsi negativi".Ripeto la domanda effettuata dall'altro utente e,oramai, da sempre più persone...ma quando un test può ritenersi definitivo?Cosa può veramente influenzare un test x gli anticorpi anti-hiv?Desideroso di una risposta ringrazio e saluto.
[#1]
Allergologo
Egregio utente,
premetto che secondo linee guida del sito (v. https://www.medicitalia.it/consulti/linee-guida-consulto-online/#parte1 parte I/2/d) la Sua richiesta sarebbe da respingere perché si configura come «generica tesa solamente a soddisfare curiosità mediche o a ricevere informazioni».
Voglio comunque "contravvenire" al regolamento.
Non so a quale consulto faccia riferimento all'inizio del Suo intervento, per cui non posso commentare ulteriormente, ma comunque non ritengo che sia così importante.
Lei dice «scopro che esiste un"range" [...] anche per i [...] tests anticorporali anti-hiv»: io onestamente non vedo quale sia il problema. Una metodica di laboratorio quantitativa esprime sempre un riusultato numerico; l'attribuzione della codifica "negativo", "dubbio", positivo", "non reattivo", "assenti" eccetera è funzione dei cutoff stabiliti per quel determinato tipo di test. Non vedo perché questo debba turbarLa. Si tratta di una cosa assolutamente normale.
«Perchè un giovane deve passare ore davanti il pc per sapere e capire (se ci riesce) cos'è un "antigene","ELISA" un "Western blot" un NAT o una PCR?,come avvengono i test ecc?»: un giovane per quanto mi riguarda non deve proprio fare nulla, perché come ben saprà chiunque può scrivere in rete quello che vuole. L'educazione sessuale dovrebbe essere un momento fondamentale della formazione di una persona, e dovrebbe avvenire all'interno della famiglia e della scuola; se poi uno vuole approfondire ulteriormente (o non ha riferimenti idonei in famiglia o a scuola) può farsi guidare da un esperto "reale".
Considerata la sensibilità dei test attuali (che consistono in ricerche combinate di anticorpi specifici e codice genetico virale), se sono eseguiti dopo un congruo periodo di tempo ("finestra diagnostica") non appare possibile avere dei falsi negativi.
Questa elevatissima sensibilità si porta dietro il problema inverso, quello dei soggetti falsamente positivi (un anticorpo può riconoscere con differente affinità anche due determinanti antigenici simili; non è un evento così infrequente), che però vengono poi ritestati (anche con metodiche differenti) per avere una certezza.
E comunque un test resta sempre solo un test, se non si colloca nell'ambito di una situazione clinica particolare.
Mi permetto, nel Suo esclusivo interesse, di sottolineare:
1. i comportamenti a rischio (piuttosto che l'appartenza ad una categoria a rischio), eventi di rilievo per tutte le malattie sessualmente trasmesse;
2. l'ansia (alla quale si associa stavolta un livore "mal diretto" e apparentemente ingiustificato) che ben traspare dai Suoi scritti.
Pertanto Le consiglio, spassionatamente:
1. di cercare sempre di minimizzare il rischio, nei modi che sono ben noti, piuttosto che prendersela con chi dà rassicurazioni ritenute inadeguate ("chi è causa del suo mal pianga se stesso");
2. di considerare la possibilità di una valutazione e di un eventuale trattamento dell'ansia.
Cordialmente,
premetto che secondo linee guida del sito (v. https://www.medicitalia.it/consulti/linee-guida-consulto-online/#parte1 parte I/2/d) la Sua richiesta sarebbe da respingere perché si configura come «generica tesa solamente a soddisfare curiosità mediche o a ricevere informazioni».
Voglio comunque "contravvenire" al regolamento.
Non so a quale consulto faccia riferimento all'inizio del Suo intervento, per cui non posso commentare ulteriormente, ma comunque non ritengo che sia così importante.
Lei dice «scopro che esiste un"range" [...] anche per i [...] tests anticorporali anti-hiv»: io onestamente non vedo quale sia il problema. Una metodica di laboratorio quantitativa esprime sempre un riusultato numerico; l'attribuzione della codifica "negativo", "dubbio", positivo", "non reattivo", "assenti" eccetera è funzione dei cutoff stabiliti per quel determinato tipo di test. Non vedo perché questo debba turbarLa. Si tratta di una cosa assolutamente normale.
«Perchè un giovane deve passare ore davanti il pc per sapere e capire (se ci riesce) cos'è un "antigene","ELISA" un "Western blot" un NAT o una PCR?,come avvengono i test ecc?»: un giovane per quanto mi riguarda non deve proprio fare nulla, perché come ben saprà chiunque può scrivere in rete quello che vuole. L'educazione sessuale dovrebbe essere un momento fondamentale della formazione di una persona, e dovrebbe avvenire all'interno della famiglia e della scuola; se poi uno vuole approfondire ulteriormente (o non ha riferimenti idonei in famiglia o a scuola) può farsi guidare da un esperto "reale".
Considerata la sensibilità dei test attuali (che consistono in ricerche combinate di anticorpi specifici e codice genetico virale), se sono eseguiti dopo un congruo periodo di tempo ("finestra diagnostica") non appare possibile avere dei falsi negativi.
Questa elevatissima sensibilità si porta dietro il problema inverso, quello dei soggetti falsamente positivi (un anticorpo può riconoscere con differente affinità anche due determinanti antigenici simili; non è un evento così infrequente), che però vengono poi ritestati (anche con metodiche differenti) per avere una certezza.
E comunque un test resta sempre solo un test, se non si colloca nell'ambito di una situazione clinica particolare.
Mi permetto, nel Suo esclusivo interesse, di sottolineare:
1. i comportamenti a rischio (piuttosto che l'appartenza ad una categoria a rischio), eventi di rilievo per tutte le malattie sessualmente trasmesse;
2. l'ansia (alla quale si associa stavolta un livore "mal diretto" e apparentemente ingiustificato) che ben traspare dai Suoi scritti.
Pertanto Le consiglio, spassionatamente:
1. di cercare sempre di minimizzare il rischio, nei modi che sono ben noti, piuttosto che prendersela con chi dà rassicurazioni ritenute inadeguate ("chi è causa del suo mal pianga se stesso");
2. di considerare la possibilità di una valutazione e di un eventuale trattamento dell'ansia.
Cordialmente,
[#2]
Ex utente
Dopo il rapporto che ho avuto io ,l'ansia credo verrebbe a chiunque...comunque la ringrazio innanzitutto egregio Dott, per la considerazione e per avermi risposto in modo più che soddisfacente contravvenendo perdipiù alle regole da lei esposte,per rispondermi.Ma veramente,senza alcuna polemica,quando un "neofita" che va a ritirare un referto su un test HIV a volte si trova delle sigle ovviamente per lui nuove e quindi indecifrabili,secondo il mio parere dovrebbero essere almeno spiegate?Chiedo troppo?Poi ho solo fatto notare che pur avendo fatto diverse volte il test non ho mai notato l'esistenza di sto range...sarei semplicemente curioso di sapere quanti anticorpi anti-hiv ho,vistro che un altro utente ha referito che nessuno ha anticorpi anti-hiv pari a zero...tutto qua..forse l'ansia viene qualche volta a qualche medico se un paziente è solo desideroso di conoscere...Per il resto non so cosa centri l'ansia se vuole dopo il rapporto a rischio le racconto i sintomi che,sempre più invasivamente si son fatti sentire nonostante l'esito negativo,l'ansia centra ben poco.Comunque grazie per le delucidazioni.
Cordiali saluti.
Cordiali saluti.
[#3]
Allergologo
Senza alcuna polemica, chi va a ritirare le analisi non deve fare caso alle sigle o decifrare alcunché, ma solo verificare la dicitura "anticorpi anti-HIV" (o qualsiasi altra cosa) e il risultato "negativo" (o quant'altro). Se per qualche motivo persiste un dubbio deve semplicemente recarsi dal medico curante.
«sarei semplicemente curioso di sapere quanti anticorpi anti-hiv ho»: non ci siamo capiti. Se il test è stato eseguito oltre il periodo finestra e risulta NEGATIVO, Lei NON ha anticorpi anti-HIV.
Lasci perdere quello che può aver detto un utente X, il quale molto probabilmente (se le parole sono proprio quelle) non ha alcuna competenza in materia.
«forse l'ansia viene qualche volta a qualche medico se un paziente è solo desideroso di conoscere»: Lei probabilmente non immagina quanto si debba studiare e quanto si debba lavorare per imparare a il nostro mestiere in maniera minimamente decente, né i carichi di lavoro ai quali siamo sottoposti. Se fosse in grado di farlo non si sognerebbe minimamente di pensare una cosa del genere.
Sappiamo bene fino a quanto possiamo spingerci nell'informazione anche in relazione alla cultura di chi abbiamo davanti e cerchiamo di farlo per quanto consentito dal tempo a nostra disposizione. Capiamo che il paziente «desideroso di conoscere», nel momento e nel modo in cui non si accontenta delle spiegazioni che riteniamo più che sufficienti, rivela un problema di ansia.
Pensi che in Paesi ritenuti più "avanti" del nostro i medici non danno alcuna spiegazione ai pazienti, fanno solo prescrizioni.
Già sa che la mia è una valutazione del tutto disinteressata. Personalmente, sono certo che qualunque psichiatra o psicologo che legga i Suoi interventi possa confermare la mia impressione. Mi spiace che Lei non si renda conto, ma non posso che rispettare il Suo scetticismo, poiché in realtà in effetti io mi occupo d'altro.
Saluti,
«sarei semplicemente curioso di sapere quanti anticorpi anti-hiv ho»: non ci siamo capiti. Se il test è stato eseguito oltre il periodo finestra e risulta NEGATIVO, Lei NON ha anticorpi anti-HIV.
Lasci perdere quello che può aver detto un utente X, il quale molto probabilmente (se le parole sono proprio quelle) non ha alcuna competenza in materia.
«forse l'ansia viene qualche volta a qualche medico se un paziente è solo desideroso di conoscere»: Lei probabilmente non immagina quanto si debba studiare e quanto si debba lavorare per imparare a il nostro mestiere in maniera minimamente decente, né i carichi di lavoro ai quali siamo sottoposti. Se fosse in grado di farlo non si sognerebbe minimamente di pensare una cosa del genere.
Sappiamo bene fino a quanto possiamo spingerci nell'informazione anche in relazione alla cultura di chi abbiamo davanti e cerchiamo di farlo per quanto consentito dal tempo a nostra disposizione. Capiamo che il paziente «desideroso di conoscere», nel momento e nel modo in cui non si accontenta delle spiegazioni che riteniamo più che sufficienti, rivela un problema di ansia.
Pensi che in Paesi ritenuti più "avanti" del nostro i medici non danno alcuna spiegazione ai pazienti, fanno solo prescrizioni.
Già sa che la mia è una valutazione del tutto disinteressata. Personalmente, sono certo che qualunque psichiatra o psicologo che legga i Suoi interventi possa confermare la mia impressione. Mi spiace che Lei non si renda conto, ma non posso che rispettare il Suo scetticismo, poiché in realtà in effetti io mi occupo d'altro.
Saluti,
[#4]
Ex utente
ok ok probabilmente avevo letto male ma la frase "nessuno ha anticorpi hiv pari a zero" suonava strana pure a me,mi sono solo imbattuto in una frase forse mal detta o mal interpretta da qui scomodare psicologi o peggio psichiatri per questo mi sembra un tantino esagerato,ho solo fatto domande nessun "scetticismo"...d'altro canto se saprei tutto starei dall'altra parte del monitor e non da quella del semplice utente,del resato non ho mai messo in discussione la vostra professionalità o il vostro lavoro,anzi,essendo materia così complicata ho appunto detto che per alcuni leggere nominativi come chiarumunescenza...Ag/Ab combo o robe del genere può risultare ostico,se non si sà cos'è un antigene o un anticorpo....nessun problema,non pessavo di averla turbata x così poco...rinnuovo i saluti!
[#6]
Ex utente
vebbè, Dott ascolterò i suoi consigli...grazie delle sue delucidazioni,mi aiuterò con l'ansiolin la prossima volta prima di osare a chiedermi cosa sia Ag/Ab combo.... mettere in dubbio la sicura attendibilità di tutti i test (compresi i "falsi positivi" o i "falsi negativi") nonchè come mai molte persone sfortunate ricevono la sieropositività dopo una trasfusione (ma i test non sono infallibili?) boh..era solo una domanda che rimarrà lì senza risposta,fa niente dott ci penserà l'ansiolin,grazie di tutto,buona serata e cordiali saluti.
[#8]
Ex utente
non so più cosa dire..mi dice di combattere l'ansia e io l'ascolto e dico che proverò con l'ansiolin appena mi imbatterò in un nuovo test hiv,sulle altre cose non ho ricevuto nessuna risposta,perchè se i tests sono così infallibili molti trasfusionati ricevono il virus?Boh....io non mi sento "ganzo" nè desidero farlo,l'ho pure ringraziata per le sue risposte di più non so,non mi resta che augurarle una felice notte.poichè vista l'ora mi coricherò.
Saluti e grazie di tutto.
Saluti e grazie di tutto.
[#9]
Allergologo
Le assicuro che è la mia ultima replica (perché mi pare che Lei abbia ancora voglia di giocare) solo per far presente a chi leggerà questa pagina che questa storia per la quale «molti trasfusi(onati) ricevono il virus» è una balla colossale, per lo meno per quanto riguarda l'Italia.
[#10]
Ex utente
no no nessuna voglia di giocare,ho solo sonno sono stanco,le credo a tutto,ansiolin e niente più domande,basta con ganzi e giocherelloni.IL manuale infermieristico di mia sorella che sosteneva una buona percentuale di sieropositivi dopo trasusione o con emoderivati (veniva pure indicato il periodo tra l'infezione e la diagniosi,20 mesi nei bambini,30 negli adulti) è un po' datato (1991)....le credo,non ho mai messo in discussione la sua parola,è lei il dott,non io,buona ansiol,ehm notte grazie di tutto,arrivederci.
[#11]
Ex utente
comunque mia sorella FA L'INFERMIERA,mi ricordo che mi aveva parlato di persone di una certa età,addirittura sposate sieropositive se non erro,tanto che mi chiesi (me lo ricordo benissimo) "ma come fa un uomo di una cetra età e pure sposato ad essere sieroopositivo?Escludendo subito pèer ovvie ragioni tossicomanie e omosessualità pensai che potesse essere stato con una prostituta,ma a una certa etè,sempre pensai lo ricordo benissimo,si dovrebbe avere "la testa sulle spalle"...."con una trasfusione" mi disse mia sorella....allora capii....ma non sono sicurissimo,diciamo che lo sono un buon 90% la prossima volta che la vedo glie lo richiedo...
[#12]
Caro utente,
mi permetto di pubblicare (non richiesto, me ne rendo conto) un intervento.
Lo faccio per cercare di fare da paciere, e perché, dato che col collega i toni sono diventati un po' tesi, magari Le fa piacere "sentire la campana" di un esterno.
Se così non fosse, Le chiedo anticipatamente scusa, e Le chiedo anzi di non considerare le righe successive.
Partiamo da due dati di fatto:
1) la sicurezza dei test effettuati sul sangue da donatore ha oggi raggiunto standard ELEVATISSIMI.
2) non esiste ALCUN esame diagnostico in grado di avere sensibilità (cioè la capacità di non dare falsi negativi) e specificità (cioè la capacità di non dare falsi positivi) pari al 100%.
Detto questo, non sono in grado di darLe i dati precisi, in quanto non è il mio mestiere. Però nella mia pratica quotidiana vengo a contatto con migliaia di pazienti trasfusi, e mai ho visto, dal 1998 ad oggi, un soggetto aver contratto l'HIV da una trasfusione. Ho visto qualche epatite, sempre in trasfusioni antecedenti agli anni '80, quando i controlli non erano così sicuri.
Quindi non posso fornirLe ulteriori riassicurazioni che possano sedare le Sue preoccupazioni. Proprio in questo senso è da leggersi il riferimento che il collega ha fatto all'ansia: se il grado di sicurezza dei test è in grado di tranquillizzare la maggior parte delle persone, un atteggiamento tipico dell'ansioso è di condurre ricerche autonome alla caccia di sicurezze che non possono arrivare, perché nessun dato Le potrà mai dare una certezza del 100%.
Detto questo, mi pare che gli esami che ha eseguito dovrebbero metterla ragionevolmente tranquillo; io stesso ho subito delle trasfusioni 20 anni fa, e non ho passato neppure una notte insonne a lambiccarmi il cervello sulla possibilità di aver contratto una malattia: ho semplicemente considerato il rischio come remoto ed accettabile viste le mie condizioni cliniche e il vantaggio che avrei ottenuto dalle trasfusioni.
Chi non ritiene di doversi esporre assolutamente a questo minimo rischio, può compiere la scelta di non avere rapporti sessuali di alcun tipo, e di rifiutare a priori le trasfusioni. Alcuni lo fanno, e sebbene la scelta possa essere discutibile, è rispettabile.
inoltre l'interpretazione dei dati di laboratorio è complessa, e richiede alcune basi che non tutti (io per primo) hanno. Sarebbe assurdo che l'esame contenesse un bigino di "istruzioni per l'uso" che non potrebbero essere che parziali, incomplete, e magari ingenerare incomprensioni.
Proprio a questo serve la figura (fondamentale) del medico che prescrive. La invito pertanto a chiedere conto di ulteriori perplessità a chi Le ha prescritto gli esami.
Un'ultima chiosa: l'assioma che chi "ha una certa età" dovrebbe avere la "testa sulle spalle" e non avere comportamenti a richio è privo di ogni fondamento.
Anzi, basta guardare un telegiornale: le cronache sono piene di persone "di una certa età" sospettate di avere il "vizietto" dei rapporti mercenari.
Le auguro notti tranquille,
distinti saluti
mi permetto di pubblicare (non richiesto, me ne rendo conto) un intervento.
Lo faccio per cercare di fare da paciere, e perché, dato che col collega i toni sono diventati un po' tesi, magari Le fa piacere "sentire la campana" di un esterno.
Se così non fosse, Le chiedo anticipatamente scusa, e Le chiedo anzi di non considerare le righe successive.
Partiamo da due dati di fatto:
1) la sicurezza dei test effettuati sul sangue da donatore ha oggi raggiunto standard ELEVATISSIMI.
2) non esiste ALCUN esame diagnostico in grado di avere sensibilità (cioè la capacità di non dare falsi negativi) e specificità (cioè la capacità di non dare falsi positivi) pari al 100%.
Detto questo, non sono in grado di darLe i dati precisi, in quanto non è il mio mestiere. Però nella mia pratica quotidiana vengo a contatto con migliaia di pazienti trasfusi, e mai ho visto, dal 1998 ad oggi, un soggetto aver contratto l'HIV da una trasfusione. Ho visto qualche epatite, sempre in trasfusioni antecedenti agli anni '80, quando i controlli non erano così sicuri.
Quindi non posso fornirLe ulteriori riassicurazioni che possano sedare le Sue preoccupazioni. Proprio in questo senso è da leggersi il riferimento che il collega ha fatto all'ansia: se il grado di sicurezza dei test è in grado di tranquillizzare la maggior parte delle persone, un atteggiamento tipico dell'ansioso è di condurre ricerche autonome alla caccia di sicurezze che non possono arrivare, perché nessun dato Le potrà mai dare una certezza del 100%.
Detto questo, mi pare che gli esami che ha eseguito dovrebbero metterla ragionevolmente tranquillo; io stesso ho subito delle trasfusioni 20 anni fa, e non ho passato neppure una notte insonne a lambiccarmi il cervello sulla possibilità di aver contratto una malattia: ho semplicemente considerato il rischio come remoto ed accettabile viste le mie condizioni cliniche e il vantaggio che avrei ottenuto dalle trasfusioni.
Chi non ritiene di doversi esporre assolutamente a questo minimo rischio, può compiere la scelta di non avere rapporti sessuali di alcun tipo, e di rifiutare a priori le trasfusioni. Alcuni lo fanno, e sebbene la scelta possa essere discutibile, è rispettabile.
inoltre l'interpretazione dei dati di laboratorio è complessa, e richiede alcune basi che non tutti (io per primo) hanno. Sarebbe assurdo che l'esame contenesse un bigino di "istruzioni per l'uso" che non potrebbero essere che parziali, incomplete, e magari ingenerare incomprensioni.
Proprio a questo serve la figura (fondamentale) del medico che prescrive. La invito pertanto a chiedere conto di ulteriori perplessità a chi Le ha prescritto gli esami.
Un'ultima chiosa: l'assioma che chi "ha una certa età" dovrebbe avere la "testa sulle spalle" e non avere comportamenti a richio è privo di ogni fondamento.
Anzi, basta guardare un telegiornale: le cronache sono piene di persone "di una certa età" sospettate di avere il "vizietto" dei rapporti mercenari.
Le auguro notti tranquille,
distinti saluti
Dr. Emanuele Caldarella
Chirurgia dell'anca e del ginocchio
emanuele.caldarella@medicitalia.it
[#13]
Ex utente
sì sì le credo,per l'amor di Dio nessun tono teso (almeno da parte mia) ma il suo collega aveva specificato che in ITALIA non ci sono casi di infezionedi hiv dopo trasfusione io dal manuale inferieristico di mia sorella leggo nella sezione "Sintomi e segni": "..tra i pazienti con AIDS correlata alle trasfusioni,il tempo medio che intercorre tra infezione e diagniosi è di circa 20 mesi per i bambini e di 30 mesi per gli adulti."
[#14]
Ex utente
non so se posso citarle la fonte ma questo è un manuale ufficiale della scuola per infermieri,quindi non so cosa dirle,prendetevela con gli autori del libro,per il resto io sarò anche ansioso ma se non se ne fosse accorto pure lei e caduto in contraddizione dicendo che prima "i test attuali hanno raggiunto standard elevatissimi" per poi affermare una riga sotto "non esiste alcun esame diagniostico in grado di avere sensibilità e specifictà pari al 100%".
Comunque mi fa piacere sentire più campane,basta che non siano contrastanti.
Grazie e Buona notte.
Comunque mi fa piacere sentire più campane,basta che non siano contrastanti.
Grazie e Buona notte.
[#15]
Ex utente
poi mi scusi ma non ho capito la storia del bignami...io ho solo detto anche per conoscenza personale,sarebbe utile e giusto nei confronti del paziente sapere le sigle dell'esame che va ad effettuare,non vedo nulla di scandaloso in questa mia richiesta,ma una nornale e utile richiesta visto che noto su vari blog molti chiedersi il significato di certe sigle,nessun bignami tranquillo,non l'ho mai richiesto.
La ringrazio di nuovo e le porgo nuovamente i miei saluti.
La ringrazio di nuovo e le porgo nuovamente i miei saluti.
[#16]
Non c'è contraddizione in quanto scrivo. Lo posso anche ripetere:
I test hanno standard qualitativi elevatissimi, ma mai un test può raggiungere il 100%.
E' un concetto banale, chiaro, che si applica a tutti gli ambiti dell'esistenza umana e a tutte le scienze, non solo la medicina.
E non è per nulla contraddittorio.
Comunque era solo per puntualizzare, non volevo certo far polemica.
Il mio unico intento era quello di fornirLe le rassicurazioni che Lei chiedeva, e mi dispiace di non essere stato in grado.
Le auguro ogni bene
EC
I test hanno standard qualitativi elevatissimi, ma mai un test può raggiungere il 100%.
E' un concetto banale, chiaro, che si applica a tutti gli ambiti dell'esistenza umana e a tutte le scienze, non solo la medicina.
E non è per nulla contraddittorio.
Comunque era solo per puntualizzare, non volevo certo far polemica.
Il mio unico intento era quello di fornirLe le rassicurazioni che Lei chiedeva, e mi dispiace di non essere stato in grado.
Le auguro ogni bene
EC
[#17]
Ex utente
La ringrazio egr. Dott per i suoi buoni propositi ma dire "i test hanno un standard qualitativi elevatissimi,ma mai un test può raggiungere il 100%" è come dire niente,o meglio mi spiego...in questo caso l'hiv se ne frega altamente (mi scusi per il termine ma non credo sia volgare,è solo x rendere l'idea...) degli "standard qualitativi altissimi" ma piuttosto di quel 100% che manca...di nuovo cordiali saluti e grazie per le sue delucidazioni.
Saluti.
Saluti.
Questo consulto ha ricevuto 17 risposte e 20.9k visite dal 21/04/2012.
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