Sofferenza fetale

Salve,desiderei ricevere qualche piccolo chiarimento riguardo alla sofferenza fetale. Circa due mesi fa una mia amica ha dato alla luce una bimba che pur essendo nata prematuramente(ottimina)pesava oltre tre chili. C'erano però stati segni di sofferenza fetale(sembra che la bimba sia rimasta per qualche minuto senza ossigeno e che,in seguito alla fatica del parto,vi sia stata la dilatazione di una valvola cerebrale). E' stata sotto osservazione per circa quaranta giorni durante i quali spesso non piangeva,non apriva gli occhietti ecc. mangiava soltanto. Ora la bimba sembra però stare benissimo ma la mia amica è ancora preoccupatissima per le eventuali conseguenze che potrebbero eservi state a livello cerebrale e neurologico,e che a detta dei dottori potrebbero riscontrarsi non nell'immediato ma esclusivamente col tempo.
Vorrei sapere se esiste realmente questa possibilità e quali potrebbero essere queste conseguenze.
Grazie
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Dr. Ivanoe Santoro Ginecologo, Senologo 8.5k 283
Una sofferenza fetale può presentarsi attraverso vari quadri di intensità e gravità crescenti, a seconda dell'entità e della tipologia del processo patologico che della sofferenza stessa è stato causa.
Nelle forme di gravità medio-elevata, la sofferenza fetale determina alterazioni anatomiche a carico dell'encefalo che, comunemente, si è soliti raggruppare in un unico quadro patologico: l'"encefalopatia ipossico-ischemica".
Si tratta, in pratica, di quadri di ingravescente gravità che sono direttamente collegati al tempo in cui il cervello è rimasto senza un apporto ossigenativo sufficiente.
L'"ipossia" (letteralmente "il poco ossigeno") determinata da riduzione drastica dell'entità del microcircolo ("ischemia") è causa di quadri anatomici di gravità diversa, cui corrispondono, di rimando, possibilità di recupero più o meno totale sul piano neurologico.
Teniamo presente che il feto mette già in opera, in utero, meccanismi di compenso all'ipossia indotta, per esempio, da una insufficienza placentare grave.
Fra questi meccanismi citiamo:
a) l'adozione della riserva di "ossigeno del sangue placentare"
b) la riduzione del fabbisogno di ossigeno attraverso la riduzione dell'attività motoria cardiaca e muscolare
c) la modificazione dei flussi ematici intrafetali, indotta sia da meccanismi riflessi sia da meccanismi neuro-endocrini per cui il flusso privilegia il cervello, il cuore le ghiandole surrenali (i cosiddetti "tessuti perenni"), a discapito di rene, polmone, intestino, cute
d) la magiore "avidità" dell'emoglobina fetale per l'ossigeno rispetto a quella dell'adulto
e) l'attivazione del metabolismo anaerobico (quello, cioè, che si svolge in assenza di ossigeno).

Esaminare le cause, le modalità di comparsa, la prognosi di una "sofferenza fetale" genericamente espressa ci porterebbe a discorsi lunghissimi che esulano dalle finalità di questo servizio in rete.

Tra l'altro, un eventuale danno cerebrale ipossico-ischemico in un pretermine (come in questo caso) differisce da quello del neonato a termine sia sotto il profilo neurofisiopatologico sia sotto quello clinico e di recupero, in relazione al differente grado di maturazione sia del tessuto cerebrale sia dell'intera rete vascolare cerebrale.
Dirò che, secondo Sarnat e Sarnat, la sintomatologia neurologica del neonato asfittico è classificabile in tre stadi di progressiva gravità:
a) asfissia lieve (veglia protratta, iper-eccitabilità, riflessi vivaci, tono muscolare normale o lievemente aumentato, tachicardia, midriasi).
b) asfissia moderata (apatia, riflessi vivaci, ipotonia, miosi, bradicardia, convulsioni).
c) asfissia grave (coma, riduzione o assenza di riflessi, flaccidità, raramente convulsioni, frequenza cardiaca "oscillante").

La valutazione di eventuali danni è da farsi non solo nelle prime ore di vita, ma anche (e soprattutto) in seguito attraverso sia indagini strumentali (EEG, RNM meglio se con Spettroscopia quale 1H-MRS) sia esame clinico.

La prognosi, ovviamente, dipende dalla gravità/entità delle lesioni evidenziate.

La dilatazione della "valvola cerebrale" da Lei citata non trova riscontro: non esiste una valvola cerebrale. Probabilmente i Colleghi vogliono intendere un certo grado di dilatazione delle strutture cerebrali contenenti liquor (ventricoli cerebrali) in seguito ad una emorragia cerebrale: il cosiddetto "idrocefalo post-emorragico".
Se è così, questo pretermine, in seguito al danno ipossico-ischemico, ha sviluppato una emorragia cerebrale.

Nel pretermine le forme più comuni di emorragia cerebrale sono:
a) l'emorragia della zona "germinativa"
b) l'emorragia intraventricolare
c) l'emorragia parenchimale

La gravità dell'emorragia si definisce secondo una "scala" detta "di Papile", distinta in gravità crescente da 1 a 4.
La prognosi è conseguente al grado osservato.

Prof.Dr.Ivanoe Santoro
Spec.Ostetrico/Ginecologo
già Direttore f.f. UO OST/GIN Ospedale di Solofra(AV) Prof. Anatomia Umana Univ. Napoli