Poliabortivita'inspiegata
Gentili dottori,sono reduce dal mio 3 aborto spontaneo.Ho 37 anni e 2 gravidanze portate a termine dieci anni fa con successo.Da 2 anni invece le cose vanno male.Ho perso un bambino alla 14 settimana causa anomalie genetiche.Il 2'dopo aver eseguito la villo l'ho perso alla 11'settimana(causa sul referto istologico da infezione polmonare al feto)e il 3' aborto un mese fa all'8 settimana.Sempre senza sintomi,ne'perdite.....solo assenza battito.Ora io feci gli esami per poliabortivita'al 2 aborto da cui risultavo solo positiva agli ANA ma con valori bordline e positiva alle Beta2glicoproteina ma sempre con valori bordline.Sotto consiglio della ginecologa,reumatologa e da un centro per poliabortivita' feci cure con cardioaspirina appena incinta, non essendoci altri problemi risultati dagli esami tranne che ho avuto un 3 aborto!!!.Purtroppo devo risottopormi a una seconda revisione in questi giorni perche'ci sono ancora residui in utero ,ma Dall'eco precedenti il 3 aborto risultava che l'utero,ovaie e annessi sono nella norma e anche dai tamponi vaginali e'tutto ok.Cosa mi consigliate di fare?Sono distrutta e confusa.Grazie
[#1]
Ginecologo
Gentile Signora,
Con l'avanzare dell'età aumenta il rischio di abortività. Come certo saprà tale rischio (e molti altri) aumenta proporzionalmente a partire dai 35 anni in su.
Immagino che abbia eseguito i vari esami per rilevare eventuali anomalie della coagulazione (oltre agli anticorpi anti-fosfolipidi). Sarebbe utile eseguire anche un tampone cervicale e vaginale per evidenziare eventuali infezioni genitali clinicamente silenti. Avendo poi eseguito diversi "raschiamenti" riterrei necessaria l'esecuzione anche di una isteroscopia ambulatoriale per rilevare l'eventuale presenza di aderenze all'interno del suo utero. Necessario è anche un analisi del cariotipo materno e paterno.
Se tutto negativo, le linee guida internazionali prevedono, per la sindrome da anticorpi anti-fosfolipidi, una tromboprofilassi sin dalle primissime fasi della gravidanza a base di eparine a basso peso molecolare + cardioaspirina. Questa associazione si è dimostrata avere il massimo risultato in termini di gravidanze a buon esito (superiore alla cardioaspirina da sola, terapia con immunoglobuline, cortisonici).
Indispensabile è comunque appoggiarsi ad un centro specializzato per le "gravidanze a rischio".
Mi faccia sapere.
Cordialmente,
Con l'avanzare dell'età aumenta il rischio di abortività. Come certo saprà tale rischio (e molti altri) aumenta proporzionalmente a partire dai 35 anni in su.
Immagino che abbia eseguito i vari esami per rilevare eventuali anomalie della coagulazione (oltre agli anticorpi anti-fosfolipidi). Sarebbe utile eseguire anche un tampone cervicale e vaginale per evidenziare eventuali infezioni genitali clinicamente silenti. Avendo poi eseguito diversi "raschiamenti" riterrei necessaria l'esecuzione anche di una isteroscopia ambulatoriale per rilevare l'eventuale presenza di aderenze all'interno del suo utero. Necessario è anche un analisi del cariotipo materno e paterno.
Se tutto negativo, le linee guida internazionali prevedono, per la sindrome da anticorpi anti-fosfolipidi, una tromboprofilassi sin dalle primissime fasi della gravidanza a base di eparine a basso peso molecolare + cardioaspirina. Questa associazione si è dimostrata avere il massimo risultato in termini di gravidanze a buon esito (superiore alla cardioaspirina da sola, terapia con immunoglobuline, cortisonici).
Indispensabile è comunque appoggiarsi ad un centro specializzato per le "gravidanze a rischio".
Mi faccia sapere.
Cordialmente,
[#4]
Ginecologo
Gentile Signora,
Si tratta di iniezioni sottocutanee di DALTEPARINA (Fragmin) o ENOXAPARINA (Clexane), farmaci anticoagulanti la cui azione è diversa da quella della Cardioaspirina, ma sinergica. Si trovano in commercio sotto forma di siringhette pre-riempite, da auto-somministrarsi ogni giorno per tutta la durata della gravidanza e nelle prime settimane dopo il parto.
Il livello di anticorpi anti-fosfolipidi non è correlato alla gravità della malattia. Mi spiego meglio: alti livelli anticorpali possono associarsi a malattia completamente asintomatica, e viceversa...
La positività alla beta 2-glicoproteina è invece indice di "attività" della malattia.
Mi informi...
Cordialmente,
Si tratta di iniezioni sottocutanee di DALTEPARINA (Fragmin) o ENOXAPARINA (Clexane), farmaci anticoagulanti la cui azione è diversa da quella della Cardioaspirina, ma sinergica. Si trovano in commercio sotto forma di siringhette pre-riempite, da auto-somministrarsi ogni giorno per tutta la durata della gravidanza e nelle prime settimane dopo il parto.
Il livello di anticorpi anti-fosfolipidi non è correlato alla gravità della malattia. Mi spiego meglio: alti livelli anticorpali possono associarsi a malattia completamente asintomatica, e viceversa...
La positività alla beta 2-glicoproteina è invece indice di "attività" della malattia.
Mi informi...
Cordialmente,
[#6]
Ginecologo
Gentile Signora,
Esistono delle cause "cromosomiche" di infertilità e poliabortività, trasmissibili al prodotto del concepimento da entrambi i genitori... Ecco perchè propongo sempre alle mie pazienti con questi problemi di eseguire un analisi dei cromosomi materni e paterni.
Nel suo caso ritengo improbabile una causa "maschile".
In ogni caso, a completamento delle indagini, potrebbe fare eseguire a suo marito un esame batteriologico del liquido seminale (spermiocoltura).
Mi aggiorni.
Cordialmente,
Esistono delle cause "cromosomiche" di infertilità e poliabortività, trasmissibili al prodotto del concepimento da entrambi i genitori... Ecco perchè propongo sempre alle mie pazienti con questi problemi di eseguire un analisi dei cromosomi materni e paterni.
Nel suo caso ritengo improbabile una causa "maschile".
In ogni caso, a completamento delle indagini, potrebbe fare eseguire a suo marito un esame batteriologico del liquido seminale (spermiocoltura).
Mi aggiorni.
Cordialmente,
[#8]
Utente
gentile dottore la volevo informare che oggi ho ritirato i primi esami fatti.Il cariotipo del feto e'di tipo normale 46 xx e dai miei esami risulta ancora Ana 1:80 e anticardiolipina igg 17.3(valore massimo di riferimento 12)il resto e'tutto apposto.Il mio gine mi ha consigliato ancora di introdurre solo cardioaspirina come stavo gia'facendo in caso di una futura gravidanza e ha escluso l'uso di eparina perche' e'troppo per lui.La volevo aggiornare e se le va commentare.Grazie
[#9]
Ginecologo
Gentile Signora,
Lungi da me il contestare quanto suggeritole dal suo Ginecologo... Esistono tuttavia delle linee guida internazionali circa la gestione di questi casi, che purtroppo non tutti conoscono.
Le invio i riferimenti bibliografici:
ACOG Practice Bulletin: Thromboembolism in Pregnancy - Int. J. Gynaecol. Obstet. 2001; 75: 203-212
LA GESTIONE CLINICA DELLA GRAVIDA TROMBOFILICA (Atti Società Italiana di Ginecologia e Ostetricia - Vol. LXXXIV)
Arienzo Riccardo* , Ricco Cosimo Salvatore**, Arienzo Mariapaola*, Felicetti Maria**
* UOC Ginecologia ed Ostetricia P.O. “SS. Annunziata” Napoli Asl Na1
** UOC Ginecologia ed Ostetricia P.O. “S. Maria della Pietà” Nola Asl Na4
La gravidanza è caratterizzata da una condizione fisiologica di ipercoagulabilità che, se da un lato riveste un ruolo protettivo nei confronti di possibili emorragie, dall’altro costituisce una delle principali cause predisponenti agli eventi tromboembolici, la cui incidenza nel periodo gravidico-puerperale risulta aumentata di circa 5 volte (1) .Nel corso della gravidanza il processo emostatico subisce, infatti, notevoli modifiche che portano ad un incremento variabile dal 20 al 200% dei livelli di fibrinogeno e dei fattori II, VII, VIII, X e XII della coagulazione e dell’ antigene del fattore di von Willebrand (FvW), mentre la concentrazione dei fattori V e IX rimane invariata(2); in particolare, 1'aumento dell’attività del fattore VII può essere secondario alla liberazione di sostanze trombogene di origine placentare, con possibile formazione di trombina attraverso la via estrinseca(3). I livelli plasmatici di tutti questi fattori tendono a tornare ai valori normali entro 3 mesi dal parto.(4-5-6) Inoltre, si osserva una riduzione di alcuni inibitori dell'emostasi quali la proteina S (7-8), oltre ad un aumento della resistenza alla proteina C attivata, il che risulta rilevabile soprattutto nel corso del II e III trimestre. D'altra parte si assiste anche ad una riduzione dell’attività fibrinolitica che si realizza per un incremento dell’ inibitore di tipo 1 e 2 (PAI-1/2) dell’ attivatore del plasminogeno (PLG) (9). Tutte le modificazioni emocoagulative descritte sono finalizzate ad ottimizzare il processo emostatico durante la gravidanza ed il parto, nel senso che il meccanismo della coagulazione diventa più rapido ed efficiente e consente di proteggere la gestante da possibili complicanze emorragiche; l’aumentata produzione di trombina permette, inoltre, una migliore neovascolarizzazione soprattutto a livello del distretto utero-placentare(10)
Le anomalie trombofiliche ereditarie di (Mutazione del Fattore V di Leiden, del Fattore II G20210A, del gene C77T della metilentetraidrofolatoreduttasi/MTHFR) nonché alcune acquisite (sindrome degli anticorpi antifosfolipidi, iperinsulinismo, obesità) aumentano viepiù il rischio tromboembolico gravidico. Negli ultimi anni molti studi hanno proposto un’ associazione tra queste anomalie e gli insuccessi gravidici ripetuti, tanto è che per molti Autori il termine APO (Abnormal Pregnancy Outcome) comprende sia la perdita fetale e/o patologie come la preeclampsia/eclampsia e IUGR da un lato e la malattia tromboembolica dall’altro. In effetti anomalie trombofiliche sono state trovate con maggior frequenza in pazienti con insuccessi gravidici ripetuti (16) .
Poiché la malattia tromboembolica rappresenta la maggior causa di morte in gravidanza, nella gestione clinica della paziente trombofilica dobbiamo porci una serie di obbiettivi:
1.
Individuare la paziente trombofilica
2.
Valutare il rischio trombo embolico gravidico
3.
Eseguire una profilassi dell’APO
4.
Monitorare la gravidanza e individuare la paziente che presenta un episodio acuto
Il RCOG afferma che la gravidanza è associata ad un rischio 10 volte aumentato per lo sviluppo di VTE, comparato con il rischio di donne non gravide e pertanto ritiene opportuno che sia valutato anamnesticamente il rischio trombotico individuale, idealmente prima della gravidanza o in fase precocissima. Tale condotta è solo suggerita dal gruppo londinese con grado di raccomandazione di classe C, avendo un livello di evidenza IV (15). Il National Screening Committe UK , ha infatti concluso che non esiste evidenza per supportare lo screening per la trombofilia ereditaria in tutte le donne di età fertile, che veniva eseguito con la ricerca del fattore V di Leiden. Tale posizione, definita nel 2000, è stata confermata nel marzo 2004. È quindi l’anamnesi il metodo principale di individuazione della gravida trombofilica: devono essere considerati elementi anamnestici a rischio non solo precedenti trombosi venose
profonde, embolie polmonari, ictus e infarti del miocardio, ma anche outcomes ostetrici sfavorevoli, come la perdita fetale ricorrente, una precedente preeclampsia, un nato piccolo per l’età gestazionale, un distacco di placenta, una precedente morte endouterina (17) .
In presenza di anamnesi positiva è consigliabile eseguite:
•
Ricerca mutazione del fattore V di Leiden
•
Ricerca nutazione del gene della protrombina
•
Ricerca delle mutazioni della MTHFR
•
Proteina C
•
Proteina S
•
APCR
•
ATIII
•
Omocisteinemia
•
Ricerca anticorpi anticardiolipina
•
LAC
E’ possibile eseguire in prima battuta l’APCR e l’omocisteinemia e solo se queste risultano aumentate andare a valutare se sono presenti i condizionanti genetici di queste alterazioni rispettivamente la presenza del fattore V di Leiden e la mutazione della MTHFR. Una volta ottenuto lo stato di rischio della paziente è necessario stabilire quale sia l’iter terapeutico più opportuno.
Il trattamento delle trombofilie acquisite (Sindrome da anticorpi antifosfolipidi) è rivolto verso la modulazione del sistema immunitario (terapia con prednisone ed immunoglobuline ad alte dosi) (21-22) e verso la prevenzione dei processi trombotici (terapia con aspirina ed eparina) (23). I primi studi in letteratura sulla prevenzione degli aborti spontanei in pazienti con sindrome da anticorpi antifosfolipidi (APA) hanno usato come dosi elevate di prednisone o prednisolone associate ad aspirina a basse dosi, con una percentuale di successi variabile tra il 60% ed il 70%. Gli anticorpi anticardiolipina non vengono però sempre contrastati dall’uso del prednisone, che oltretutto in gravidanza può avere diversi effetti collaterali (aumentata incidenza di diabete, ipertensione, aumento eccessivo di peso, herpes sistemico ed infezioni). Gli anticorpi antifosfolipidi aumentano la produzione di trombossano a livello placentare senza incidere sui livelli di prostaciclina. Il razionale d’uso della terapia con aspirina a basse dosi è la riduzione della produzione di trombossano a livello della placenta, nelle pazienti in gravidanza affette da sindrome degli anticorpi antifosfolipidi. Anche l’eparina può essere usata con successo in gravidanza nel trattamento delle pazienti aPl positive, con una percentuale di successi del 70% circa. Due studi randomizzati hanno mostrato come in queste pazienti il trattamento combinato con eparina ed aspirina a basse dosi incrementa in maniera significativa la percentuale di figli nati vivi a termine (80%) rispetto all’uso della sola aspirina (24). Sebbene non ci sia consenso univoco sul momento in cui iniziare la terapia, l’eparina e l’aspirina a basse dosi dovrebbero essere assunte sin dall’inizio della gravidanza (intorno alla 6^ settimana), in quanto favoriscono l’impianto dell’embrione, anche attraverso meccanismi imunologici ed antiapoptotici, e proteggono da eventuali processi trombotici a carico del distretto utero-placentare. Alcuni effetti collaterali associati all’uso di eparina sono rappresentati da sanguinamento, trombocitopenia ed osteoporosi, che sembrano essere dose-correlati. Le immunoglobuline ad alte dosi (IVIG) sono state utilizzate in pazienti nelle quali aveva fallito il trattamento con prednisone ed eparina; la terapia con IVIG si associa ad una minore incidenza di IUGR, di preeclampsia e di insufficienza placentare, frequentemente associate alla sindrome da anticorpi antifosfolipidi (25). Il limite principale della terapia con IVIG è rappresentato dai costi elevati
Il trattamento delle pazienti con trombofilie congenite si basa principalmente sull’utilizzo dell’eparina a basso peso molecolare LMWH. La letteratura riporta una percentuale di successi riproduttivi di circa l’80% in pazienti poliabortive trattate con enoxaparina (20 mg/die) (26) . Brenner et al (27) hanno trattato 50 donne poliabortive con uno o più difetti trombofilici; utilizzando
dosi di enoxaparina pari a 40 mg/die nelle pazienti con difetti isolati ed a 80 mg/die in quelle con difetti combinati riscontrando un esito gestazionale dell’ 75% di gravidanze portate a termine con successo. Donne trombofiliche con anamnesi positiva per complicanze ostetriche sono state sottoposte nella successiva gravidanza a terapia con enoxaparina ed aspirina a basse dosi, mostrando una migliore vascolarizzazione a livello del distretto utero-placentare (evidenziata attraverso un esame di velocimetria Doppler delle arterie uterine). Uno studio recente ha valutato l’effetto dell’enoxaparina in gravidanza su donne poliabortive con trombofilia congenita; le pazienti trattate con enoxaparina hanno avuto il 70% di figli nati vivi rispetto al 44% delle donne non trattate (OR 3). In un recente studio italiano (28), 27 donne poliabortive portatrici di trombofilia congenita sono state trattate con enoxaparina (4000 UI/die) ed aspirina a basse dosi (100 mg/die) dall’inizio della gravidanza fino a 4 settimane dopo il parto, ottenendo un’alta percentuale (81%) di figli nati vivi a termine senza alcuna grave complicanza ostetrica; questa percentuale di gravidanze a termine era notevolmente più alta se confrontata con quella (14%) avuta dalle stesse donne nelle precedenti gravidanze in cui non era stata effettuata alcuna terapia. L’eparina a basso peso molecolare pertanto sembra un farmaco efficace nel prevenire un successivo episodio abortivo ed inoltre è stato dimostrato essere sicuro per il feto, in quanto non oltrepassa la placenta. Sono state descritte tuttavia recentemente alcuni casi di donne portatrici di valvole cardiache artificiali morte durante trattamento con eparina; questo ci deve indurre pertanto ad usare con cautela questo farmaco in gravidanza in questo tipo di pazienti.
In caso di iperomocisteinemia la supplementazione con vitamine B6 e B12 ed acido folico può dare qualche giovamento. La terapia con vitamina B6 (piridossina) può ridurre i livelli di omocisteina del 50% e prevenire gli accidenti vascolari. Quèrè et al.(29-30) hanno studiato 22 pazienti poliabortive (con un numero di aborti precedenti da 3 a 5 che erano omozigoti per la mutazione 5,10 metilentetraidrofolato-reduttasi (MTHFR C677T) in assenza di altre trombofilie congenite; le pazienti sono state trattate per un mese con acido folico ad alte dosi (15 mg/die) e vitamina B6 (750 mg/die). Tutte le 22 pazienti sono entrate in gravidanza e 20 l’hanno portato a termine con successo, con un incremento della prognosi riproduttiva dal 70% al 91%; il limite principale di questo studio è però l’assenza di un gruppo di controllo.
Riportiamo qui due schemi conclusivi dei protocolli proposti dal RCOG nel 2004 (15)
E nel “Consensus report and recommendations for prevention and treatment of venous Thromboembolism and adverse pregnancy outcomes” pubblicato su AJOB a novembre 2007da Duhl et al per conto del Pregnancy and Thrombosis Working Group(11)
Trattamento di una donna in tromboprofilassi durante il travaglio ed il parto:
Il RCOG afferma che al momento del travaglio la terapia eparinica non deve più essere autogestita dalla donna, ma dallo staff medico:
- Donne in profilassi a continuare LMWH durante il travaglio ed il parto.
- Donne in trattamento terapeutico a sospendere la terapia o ridurla ad un dosaggio profilattico il giorno prima dell’induzione del travaglio o del taglio cesareo elettivo.
- Per ridurre al minimo il rischio d’ematoma epidurale, tecniche d’anestesia regionale devono essere evitate nelle 12 h successive la somministrazione di una dose profilattica di LMWH, e nelle 24 h successive ad un dosaggio terapeutico. La dose successiva di LMWH non deve essere somministrata per almeno 4 ore dalla rimozione o l’inserimento del catetere epidurale, il quale non va rimosso entro le 10-12 h dall’ultima dose di LMWH.
- Per quanto concerne il TC, la donna riceve l’ultima dose profilattica il giorno precedente l’intervento; la dose successiva va somministrata 3 ore dopo l’operazione, o 4 ore se è stato utilizzato un catetere epidurale.
- Per donne ad elevato rischio emorragico è utile l’uso di UFH (eparina non frazionata) che ha un’emivita minore di LMWH e per la quale l’esperienza con il solfato di protamina è maggiore.
Altra questione dibattuta in letteratura è la profilassi in gravidanza per portatrici di valvole cardiache meccaniche; l’American Heart Association(31) nel 2003 ha concluso che tali pazienti necessitano di uno stretto monitoraggio della terapia con warfarin in gravidanza e che tale molecola sostituita con UFH iv tra le 6 e le 12 settimane e nelle ultime due settimane di gravidanza è associata ad un basso tasso di embriopatia da warfarin e di sanguinamento nella mamma e nel bambino. In tale documento è riportato che donne che ricevono dosi di warfarin ≤5 mg, risultano essere a basso rischio per sviluppare l’embriopatia e possono condurre tale terapia per tutta la
gravidanza, anche se sono necessari ulteriori studi su tale argomento; inoltre viene affermato che l’eparina sottocute e LMWH non sono raccomandabili al momento, per tali pazienti.
In contrasto con ciò le linee guida dell’ACCP suggeriscono in donne gravide portatici di protesi meccaniche cardiache adjiusted-dose di LMWH 2 volte al giorno, mantenedo un livello di anti-Xa a 4h di 1.0-1.2 U/ml, oppure UFH sc ogni 12 h in modo tale da ottenere un aPTT in range terapeutico per tutta la gravidanza, oppure l’uso di UFH o LMWH fino alla 13° settimana, sostituiti con warfarin fino alla prima metà del terzo trimestre, per poi tornare nuovamente a UFH o LMWH, con il ritorno alla terapia anticoagulante a lungo termine dopo il parto. Queste linee guida suggeriscono anche l’aggiunta di LDA (75-162 mg/die) in caso di alto rischio.
Questo è quanto riportano le più recenti linee guida internazionali in ambito di patologia tromboembolica. In letteratura sono reperibili anche le linee guida canadesi e australiane, che qui sono state omesse perché quelle riportate in precedenza sono apparse le più complete e specifiche.
Per quanto ci riguarda, volendo riassumere in un breve schema le indicazioni alla tromboprofilassi
in gravidanza possiamo dire:
1. elastocompressione a tutte le gravide con anamnesi personale o familiare positiva per eventi tromboembolici in giovane età o estrogeno correlata, o in caso di immobilità e disidratazione, e per tutte le classi successive
2. dosi profilattiche di LMWH in gravidanza e per le 6 settimane post partum: donne con trombofilia congenita “maggiore” (deficit AT III, omozigosi FVL, omozigosi per la mutazione della PT, eterozigoti composti), senza precedenti eventi tromboembolici;
3. altri stati trombofilici, in assenza di precedenti eventi tromboembolici: sorveglianza clinica o LMWH a dosi profilattiche in gravidanza e profilassi eparinica nelle 6 settimane successive al parto;
4. pazienti con trombofilia e precedente evento tromboembolico: LMWH a dosi profilattiche in gravidanza e nelle 6 settimane post partum (è indicato anche un dosaggio più alto in caso di stati trombofilici “maggiori”: 40 mg ogni 12 h);
5. pazienti non trombofiliche, con precedente VTE “estrogeno associato”, o BMI >30, o anamnesi
familiare positiva: LMWH dosi profilattiche in gravidanza e nelle 6 settimane post partum;
6. pazienti non trombofiliche con precedente VTE idiomatico, o associato a condizioni momentanee, non più presenti: sorveglianza clinica in gravidanza e profilassi eparinica nelle 6 settimane successive al parto;
7. pazienti trombofiliche con precedenti ostetrici negativi (aborti ricorrenti, aborti del II trimestre,
pre-eclampsia, distacco di placenta): LDA (low dose aspirin)+ LMWH dosaggio profilattico in gravidanza e nelle 6 settimane successive al parto;
8. pazienti con APLAS e precedenti outcome ostetrici negativi: LDA e LMWH dosaggio profilattico in gravidanza e LMWH per 3-5gg nel post-partum;
9. pazienti con APLAS e precedenti VTE (in terapia anticoagulante cronica): LMWH 1mg/kg/12h e LDA in gravidanza, ripresa della terapia cronica nel post partum;
10. valutazione della conta piastrinica prima di iniziare la terapia eparinica e poi ogni 3 settimane, supplementazione di calcio e vitamina D in tali pazienti può essere di beneficio
11. pazienti con iperomocisteinemia o variante tremolabile omozigote C677T della MTHFR: supplementazione di acido folico in gravidanza (15mg/die).
L'insorgenza di tromboembolismo venoso (TEV) in gravidanza non sempre è agevolmente diagnosticato, soprattutto quando i sintomi sono sfumati; esso risulta frequentemente associato, soprattutto nel III trimestre di gravidanza, ad alterazioni di alcuni parametri di laboratorio quali l'aumento della concentrazione del D-dimero e dei frammenti F1+2 della protrombina. (19-20) Di fronte al sospetto clinico e/o laboratoristico occorre avere un atteggiamento risoluto e sforzarsi di giungere ad una diagnosi di certezza. Il RCOG (32), nella sua LG n. 28 di Febbraio 2007 consiglia (forza di raccomandazione C) di iniziare subito la terapia eparinica e praticare “Compression duplex ultrasound”; se negativo e il sospetto è lieve si può sospendere la terapia. La diagnosi di PTE può essere ancora più difficile se si presenta solo con dispnea e con sintomi sfumati; di fronte
al sospetto clinico il RCOG consiglia Rx Torace e “Compression duplex Ultrasound”; se negativi e il sospetto persiste occorre senza indugio praticare un test scintigrafico (perfusione/ventilazione) o un’ AngioTAC. Inutile dire che questi due test non comportano un rischio teratogeno per il feto (secondo le tabelle dell’ American Association of Family Physicians) (33); tuttavia mentre il primo aumenta il rischio di un cancro pediatrico in maggior misura del secondo (1/280.000 versus <1/1.000.000), il secondo presenta un maggior aumento di rischio di cancro mammario rispetto al primo. Pertanto può essere utile far scegliere alla donna, ma la diagnosi deve essere assolutamente precisata e la terapia adeguatamente praticata (in collaborazione con altri specialisti).
Esiste infine un altro paziente che non possiamo ignorare: il feto portatore di mutazione trombofilica; a tale proposito voglio solo citare un lavoro di Wenstrom et al (12) pubblicato su AJOG di aprile 2001 in cui mostrava che su 26 gravidanze complicate da cardiopatie fetali isolate, il 50% dei feti era portatore della mutazione C677T della MTHFR o presentava alti livelli di omocisteina nel liquido amniotico. Inoltre in letteratura stanno emergendo dati che pongono in collegamento sofferenze ischemiche perinatali (PAS= Perinatal Arterial Ischemic Stroke) (18) con la presenza di mutazioni trombofiliche nel feto. Infine sia utile ricordare che la presenza di mutazioni trambofiliche nella madre e/o nel feto escludono la possibilità di ricondurre la responsabilità di qualsiasi danno ipossico/ischemico perinatale alla gestione del travaglio/parto.
Bibliografia essenziale
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32.
Thromboembolic disease in pregnancy and the puerperium: Acute management RCOG, Feb 2007
33.
Lungi da me il contestare quanto suggeritole dal suo Ginecologo... Esistono tuttavia delle linee guida internazionali circa la gestione di questi casi, che purtroppo non tutti conoscono.
Le invio i riferimenti bibliografici:
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LA GESTIONE CLINICA DELLA GRAVIDA TROMBOFILICA (Atti Società Italiana di Ginecologia e Ostetricia - Vol. LXXXIV)
Arienzo Riccardo* , Ricco Cosimo Salvatore**, Arienzo Mariapaola*, Felicetti Maria**
* UOC Ginecologia ed Ostetricia P.O. “SS. Annunziata” Napoli Asl Na1
** UOC Ginecologia ed Ostetricia P.O. “S. Maria della Pietà” Nola Asl Na4
La gravidanza è caratterizzata da una condizione fisiologica di ipercoagulabilità che, se da un lato riveste un ruolo protettivo nei confronti di possibili emorragie, dall’altro costituisce una delle principali cause predisponenti agli eventi tromboembolici, la cui incidenza nel periodo gravidico-puerperale risulta aumentata di circa 5 volte (1) .Nel corso della gravidanza il processo emostatico subisce, infatti, notevoli modifiche che portano ad un incremento variabile dal 20 al 200% dei livelli di fibrinogeno e dei fattori II, VII, VIII, X e XII della coagulazione e dell’ antigene del fattore di von Willebrand (FvW), mentre la concentrazione dei fattori V e IX rimane invariata(2); in particolare, 1'aumento dell’attività del fattore VII può essere secondario alla liberazione di sostanze trombogene di origine placentare, con possibile formazione di trombina attraverso la via estrinseca(3). I livelli plasmatici di tutti questi fattori tendono a tornare ai valori normali entro 3 mesi dal parto.(4-5-6) Inoltre, si osserva una riduzione di alcuni inibitori dell'emostasi quali la proteina S (7-8), oltre ad un aumento della resistenza alla proteina C attivata, il che risulta rilevabile soprattutto nel corso del II e III trimestre. D'altra parte si assiste anche ad una riduzione dell’attività fibrinolitica che si realizza per un incremento dell’ inibitore di tipo 1 e 2 (PAI-1/2) dell’ attivatore del plasminogeno (PLG) (9). Tutte le modificazioni emocoagulative descritte sono finalizzate ad ottimizzare il processo emostatico durante la gravidanza ed il parto, nel senso che il meccanismo della coagulazione diventa più rapido ed efficiente e consente di proteggere la gestante da possibili complicanze emorragiche; l’aumentata produzione di trombina permette, inoltre, una migliore neovascolarizzazione soprattutto a livello del distretto utero-placentare(10)
Le anomalie trombofiliche ereditarie di (Mutazione del Fattore V di Leiden, del Fattore II G20210A, del gene C77T della metilentetraidrofolatoreduttasi/MTHFR) nonché alcune acquisite (sindrome degli anticorpi antifosfolipidi, iperinsulinismo, obesità) aumentano viepiù il rischio tromboembolico gravidico. Negli ultimi anni molti studi hanno proposto un’ associazione tra queste anomalie e gli insuccessi gravidici ripetuti, tanto è che per molti Autori il termine APO (Abnormal Pregnancy Outcome) comprende sia la perdita fetale e/o patologie come la preeclampsia/eclampsia e IUGR da un lato e la malattia tromboembolica dall’altro. In effetti anomalie trombofiliche sono state trovate con maggior frequenza in pazienti con insuccessi gravidici ripetuti (16) .
Poiché la malattia tromboembolica rappresenta la maggior causa di morte in gravidanza, nella gestione clinica della paziente trombofilica dobbiamo porci una serie di obbiettivi:
1.
Individuare la paziente trombofilica
2.
Valutare il rischio trombo embolico gravidico
3.
Eseguire una profilassi dell’APO
4.
Monitorare la gravidanza e individuare la paziente che presenta un episodio acuto
Il RCOG afferma che la gravidanza è associata ad un rischio 10 volte aumentato per lo sviluppo di VTE, comparato con il rischio di donne non gravide e pertanto ritiene opportuno che sia valutato anamnesticamente il rischio trombotico individuale, idealmente prima della gravidanza o in fase precocissima. Tale condotta è solo suggerita dal gruppo londinese con grado di raccomandazione di classe C, avendo un livello di evidenza IV (15). Il National Screening Committe UK , ha infatti concluso che non esiste evidenza per supportare lo screening per la trombofilia ereditaria in tutte le donne di età fertile, che veniva eseguito con la ricerca del fattore V di Leiden. Tale posizione, definita nel 2000, è stata confermata nel marzo 2004. È quindi l’anamnesi il metodo principale di individuazione della gravida trombofilica: devono essere considerati elementi anamnestici a rischio non solo precedenti trombosi venose
profonde, embolie polmonari, ictus e infarti del miocardio, ma anche outcomes ostetrici sfavorevoli, come la perdita fetale ricorrente, una precedente preeclampsia, un nato piccolo per l’età gestazionale, un distacco di placenta, una precedente morte endouterina (17) .
In presenza di anamnesi positiva è consigliabile eseguite:
•
Ricerca mutazione del fattore V di Leiden
•
Ricerca nutazione del gene della protrombina
•
Ricerca delle mutazioni della MTHFR
•
Proteina C
•
Proteina S
•
APCR
•
ATIII
•
Omocisteinemia
•
Ricerca anticorpi anticardiolipina
•
LAC
E’ possibile eseguire in prima battuta l’APCR e l’omocisteinemia e solo se queste risultano aumentate andare a valutare se sono presenti i condizionanti genetici di queste alterazioni rispettivamente la presenza del fattore V di Leiden e la mutazione della MTHFR. Una volta ottenuto lo stato di rischio della paziente è necessario stabilire quale sia l’iter terapeutico più opportuno.
Il trattamento delle trombofilie acquisite (Sindrome da anticorpi antifosfolipidi) è rivolto verso la modulazione del sistema immunitario (terapia con prednisone ed immunoglobuline ad alte dosi) (21-22) e verso la prevenzione dei processi trombotici (terapia con aspirina ed eparina) (23). I primi studi in letteratura sulla prevenzione degli aborti spontanei in pazienti con sindrome da anticorpi antifosfolipidi (APA) hanno usato come dosi elevate di prednisone o prednisolone associate ad aspirina a basse dosi, con una percentuale di successi variabile tra il 60% ed il 70%. Gli anticorpi anticardiolipina non vengono però sempre contrastati dall’uso del prednisone, che oltretutto in gravidanza può avere diversi effetti collaterali (aumentata incidenza di diabete, ipertensione, aumento eccessivo di peso, herpes sistemico ed infezioni). Gli anticorpi antifosfolipidi aumentano la produzione di trombossano a livello placentare senza incidere sui livelli di prostaciclina. Il razionale d’uso della terapia con aspirina a basse dosi è la riduzione della produzione di trombossano a livello della placenta, nelle pazienti in gravidanza affette da sindrome degli anticorpi antifosfolipidi. Anche l’eparina può essere usata con successo in gravidanza nel trattamento delle pazienti aPl positive, con una percentuale di successi del 70% circa. Due studi randomizzati hanno mostrato come in queste pazienti il trattamento combinato con eparina ed aspirina a basse dosi incrementa in maniera significativa la percentuale di figli nati vivi a termine (80%) rispetto all’uso della sola aspirina (24). Sebbene non ci sia consenso univoco sul momento in cui iniziare la terapia, l’eparina e l’aspirina a basse dosi dovrebbero essere assunte sin dall’inizio della gravidanza (intorno alla 6^ settimana), in quanto favoriscono l’impianto dell’embrione, anche attraverso meccanismi imunologici ed antiapoptotici, e proteggono da eventuali processi trombotici a carico del distretto utero-placentare. Alcuni effetti collaterali associati all’uso di eparina sono rappresentati da sanguinamento, trombocitopenia ed osteoporosi, che sembrano essere dose-correlati. Le immunoglobuline ad alte dosi (IVIG) sono state utilizzate in pazienti nelle quali aveva fallito il trattamento con prednisone ed eparina; la terapia con IVIG si associa ad una minore incidenza di IUGR, di preeclampsia e di insufficienza placentare, frequentemente associate alla sindrome da anticorpi antifosfolipidi (25). Il limite principale della terapia con IVIG è rappresentato dai costi elevati
Il trattamento delle pazienti con trombofilie congenite si basa principalmente sull’utilizzo dell’eparina a basso peso molecolare LMWH. La letteratura riporta una percentuale di successi riproduttivi di circa l’80% in pazienti poliabortive trattate con enoxaparina (20 mg/die) (26) . Brenner et al (27) hanno trattato 50 donne poliabortive con uno o più difetti trombofilici; utilizzando
dosi di enoxaparina pari a 40 mg/die nelle pazienti con difetti isolati ed a 80 mg/die in quelle con difetti combinati riscontrando un esito gestazionale dell’ 75% di gravidanze portate a termine con successo. Donne trombofiliche con anamnesi positiva per complicanze ostetriche sono state sottoposte nella successiva gravidanza a terapia con enoxaparina ed aspirina a basse dosi, mostrando una migliore vascolarizzazione a livello del distretto utero-placentare (evidenziata attraverso un esame di velocimetria Doppler delle arterie uterine). Uno studio recente ha valutato l’effetto dell’enoxaparina in gravidanza su donne poliabortive con trombofilia congenita; le pazienti trattate con enoxaparina hanno avuto il 70% di figli nati vivi rispetto al 44% delle donne non trattate (OR 3). In un recente studio italiano (28), 27 donne poliabortive portatrici di trombofilia congenita sono state trattate con enoxaparina (4000 UI/die) ed aspirina a basse dosi (100 mg/die) dall’inizio della gravidanza fino a 4 settimane dopo il parto, ottenendo un’alta percentuale (81%) di figli nati vivi a termine senza alcuna grave complicanza ostetrica; questa percentuale di gravidanze a termine era notevolmente più alta se confrontata con quella (14%) avuta dalle stesse donne nelle precedenti gravidanze in cui non era stata effettuata alcuna terapia. L’eparina a basso peso molecolare pertanto sembra un farmaco efficace nel prevenire un successivo episodio abortivo ed inoltre è stato dimostrato essere sicuro per il feto, in quanto non oltrepassa la placenta. Sono state descritte tuttavia recentemente alcuni casi di donne portatrici di valvole cardiache artificiali morte durante trattamento con eparina; questo ci deve indurre pertanto ad usare con cautela questo farmaco in gravidanza in questo tipo di pazienti.
In caso di iperomocisteinemia la supplementazione con vitamine B6 e B12 ed acido folico può dare qualche giovamento. La terapia con vitamina B6 (piridossina) può ridurre i livelli di omocisteina del 50% e prevenire gli accidenti vascolari. Quèrè et al.(29-30) hanno studiato 22 pazienti poliabortive (con un numero di aborti precedenti da 3 a 5 che erano omozigoti per la mutazione 5,10 metilentetraidrofolato-reduttasi (MTHFR C677T) in assenza di altre trombofilie congenite; le pazienti sono state trattate per un mese con acido folico ad alte dosi (15 mg/die) e vitamina B6 (750 mg/die). Tutte le 22 pazienti sono entrate in gravidanza e 20 l’hanno portato a termine con successo, con un incremento della prognosi riproduttiva dal 70% al 91%; il limite principale di questo studio è però l’assenza di un gruppo di controllo.
Riportiamo qui due schemi conclusivi dei protocolli proposti dal RCOG nel 2004 (15)
E nel “Consensus report and recommendations for prevention and treatment of venous Thromboembolism and adverse pregnancy outcomes” pubblicato su AJOB a novembre 2007da Duhl et al per conto del Pregnancy and Thrombosis Working Group(11)
Trattamento di una donna in tromboprofilassi durante il travaglio ed il parto:
Il RCOG afferma che al momento del travaglio la terapia eparinica non deve più essere autogestita dalla donna, ma dallo staff medico:
- Donne in profilassi a continuare LMWH durante il travaglio ed il parto.
- Donne in trattamento terapeutico a sospendere la terapia o ridurla ad un dosaggio profilattico il giorno prima dell’induzione del travaglio o del taglio cesareo elettivo.
- Per ridurre al minimo il rischio d’ematoma epidurale, tecniche d’anestesia regionale devono essere evitate nelle 12 h successive la somministrazione di una dose profilattica di LMWH, e nelle 24 h successive ad un dosaggio terapeutico. La dose successiva di LMWH non deve essere somministrata per almeno 4 ore dalla rimozione o l’inserimento del catetere epidurale, il quale non va rimosso entro le 10-12 h dall’ultima dose di LMWH.
- Per quanto concerne il TC, la donna riceve l’ultima dose profilattica il giorno precedente l’intervento; la dose successiva va somministrata 3 ore dopo l’operazione, o 4 ore se è stato utilizzato un catetere epidurale.
- Per donne ad elevato rischio emorragico è utile l’uso di UFH (eparina non frazionata) che ha un’emivita minore di LMWH e per la quale l’esperienza con il solfato di protamina è maggiore.
Altra questione dibattuta in letteratura è la profilassi in gravidanza per portatrici di valvole cardiache meccaniche; l’American Heart Association(31) nel 2003 ha concluso che tali pazienti necessitano di uno stretto monitoraggio della terapia con warfarin in gravidanza e che tale molecola sostituita con UFH iv tra le 6 e le 12 settimane e nelle ultime due settimane di gravidanza è associata ad un basso tasso di embriopatia da warfarin e di sanguinamento nella mamma e nel bambino. In tale documento è riportato che donne che ricevono dosi di warfarin ≤5 mg, risultano essere a basso rischio per sviluppare l’embriopatia e possono condurre tale terapia per tutta la
gravidanza, anche se sono necessari ulteriori studi su tale argomento; inoltre viene affermato che l’eparina sottocute e LMWH non sono raccomandabili al momento, per tali pazienti.
In contrasto con ciò le linee guida dell’ACCP suggeriscono in donne gravide portatici di protesi meccaniche cardiache adjiusted-dose di LMWH 2 volte al giorno, mantenedo un livello di anti-Xa a 4h di 1.0-1.2 U/ml, oppure UFH sc ogni 12 h in modo tale da ottenere un aPTT in range terapeutico per tutta la gravidanza, oppure l’uso di UFH o LMWH fino alla 13° settimana, sostituiti con warfarin fino alla prima metà del terzo trimestre, per poi tornare nuovamente a UFH o LMWH, con il ritorno alla terapia anticoagulante a lungo termine dopo il parto. Queste linee guida suggeriscono anche l’aggiunta di LDA (75-162 mg/die) in caso di alto rischio.
Questo è quanto riportano le più recenti linee guida internazionali in ambito di patologia tromboembolica. In letteratura sono reperibili anche le linee guida canadesi e australiane, che qui sono state omesse perché quelle riportate in precedenza sono apparse le più complete e specifiche.
Per quanto ci riguarda, volendo riassumere in un breve schema le indicazioni alla tromboprofilassi
in gravidanza possiamo dire:
1. elastocompressione a tutte le gravide con anamnesi personale o familiare positiva per eventi tromboembolici in giovane età o estrogeno correlata, o in caso di immobilità e disidratazione, e per tutte le classi successive
2. dosi profilattiche di LMWH in gravidanza e per le 6 settimane post partum: donne con trombofilia congenita “maggiore” (deficit AT III, omozigosi FVL, omozigosi per la mutazione della PT, eterozigoti composti), senza precedenti eventi tromboembolici;
3. altri stati trombofilici, in assenza di precedenti eventi tromboembolici: sorveglianza clinica o LMWH a dosi profilattiche in gravidanza e profilassi eparinica nelle 6 settimane successive al parto;
4. pazienti con trombofilia e precedente evento tromboembolico: LMWH a dosi profilattiche in gravidanza e nelle 6 settimane post partum (è indicato anche un dosaggio più alto in caso di stati trombofilici “maggiori”: 40 mg ogni 12 h);
5. pazienti non trombofiliche, con precedente VTE “estrogeno associato”, o BMI >30, o anamnesi
familiare positiva: LMWH dosi profilattiche in gravidanza e nelle 6 settimane post partum;
6. pazienti non trombofiliche con precedente VTE idiomatico, o associato a condizioni momentanee, non più presenti: sorveglianza clinica in gravidanza e profilassi eparinica nelle 6 settimane successive al parto;
7. pazienti trombofiliche con precedenti ostetrici negativi (aborti ricorrenti, aborti del II trimestre,
pre-eclampsia, distacco di placenta): LDA (low dose aspirin)+ LMWH dosaggio profilattico in gravidanza e nelle 6 settimane successive al parto;
8. pazienti con APLAS e precedenti outcome ostetrici negativi: LDA e LMWH dosaggio profilattico in gravidanza e LMWH per 3-5gg nel post-partum;
9. pazienti con APLAS e precedenti VTE (in terapia anticoagulante cronica): LMWH 1mg/kg/12h e LDA in gravidanza, ripresa della terapia cronica nel post partum;
10. valutazione della conta piastrinica prima di iniziare la terapia eparinica e poi ogni 3 settimane, supplementazione di calcio e vitamina D in tali pazienti può essere di beneficio
11. pazienti con iperomocisteinemia o variante tremolabile omozigote C677T della MTHFR: supplementazione di acido folico in gravidanza (15mg/die).
L'insorgenza di tromboembolismo venoso (TEV) in gravidanza non sempre è agevolmente diagnosticato, soprattutto quando i sintomi sono sfumati; esso risulta frequentemente associato, soprattutto nel III trimestre di gravidanza, ad alterazioni di alcuni parametri di laboratorio quali l'aumento della concentrazione del D-dimero e dei frammenti F1+2 della protrombina. (19-20) Di fronte al sospetto clinico e/o laboratoristico occorre avere un atteggiamento risoluto e sforzarsi di giungere ad una diagnosi di certezza. Il RCOG (32), nella sua LG n. 28 di Febbraio 2007 consiglia (forza di raccomandazione C) di iniziare subito la terapia eparinica e praticare “Compression duplex ultrasound”; se negativo e il sospetto è lieve si può sospendere la terapia. La diagnosi di PTE può essere ancora più difficile se si presenta solo con dispnea e con sintomi sfumati; di fronte
al sospetto clinico il RCOG consiglia Rx Torace e “Compression duplex Ultrasound”; se negativi e il sospetto persiste occorre senza indugio praticare un test scintigrafico (perfusione/ventilazione) o un’ AngioTAC. Inutile dire che questi due test non comportano un rischio teratogeno per il feto (secondo le tabelle dell’ American Association of Family Physicians) (33); tuttavia mentre il primo aumenta il rischio di un cancro pediatrico in maggior misura del secondo (1/280.000 versus <1/1.000.000), il secondo presenta un maggior aumento di rischio di cancro mammario rispetto al primo. Pertanto può essere utile far scegliere alla donna, ma la diagnosi deve essere assolutamente precisata e la terapia adeguatamente praticata (in collaborazione con altri specialisti).
Esiste infine un altro paziente che non possiamo ignorare: il feto portatore di mutazione trombofilica; a tale proposito voglio solo citare un lavoro di Wenstrom et al (12) pubblicato su AJOG di aprile 2001 in cui mostrava che su 26 gravidanze complicate da cardiopatie fetali isolate, il 50% dei feti era portatore della mutazione C677T della MTHFR o presentava alti livelli di omocisteina nel liquido amniotico. Inoltre in letteratura stanno emergendo dati che pongono in collegamento sofferenze ischemiche perinatali (PAS= Perinatal Arterial Ischemic Stroke) (18) con la presenza di mutazioni trombofiliche nel feto. Infine sia utile ricordare che la presenza di mutazioni trambofiliche nella madre e/o nel feto escludono la possibilità di ricondurre la responsabilità di qualsiasi danno ipossico/ischemico perinatale alla gestione del travaglio/parto.
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32.
Thromboembolic disease in pregnancy and the puerperium: Acute management RCOG, Feb 2007
33.
[#11]
Utente
Gentile dottore,sono stata al centro di poliabortivita' dove mi hanno solo consigliato di fare un altro esame la b2gliproteina e che se da questo esame uscisse la positivita'sarei certamente affetta da sindrome anticorpi fosfolipidi...quello che mi ha lasciato interdetta e'che se fosse accertata la sindrome mi hanno solo consigliato in una futura gravidanza solo cardioaspirina e piu'controlli.....ma se non basta come nell'ultima gravidanza?Loro Dicono che donne con positivita'come i miei valori scritti in precedenza(ANA e ACA)sono riuscite benissimo a portare a termine le loro gravidanza...vorrei un suo parere rispettando ovviamente anche i dottori del centro,grazie
[#12]
Ginecologo
Cara Signora,
Come già spiegatole (II risposta in ordine cronologico) è la beta2-glicoproteina l'indice di attività della malattia. Valori bassi consentono l'impiego della sola cardioaspirina. Al contrario, è consigliato invece l'impiego di Cardioaspirina in associazione con Eparina
(Kutteh WH. Antiphospholipid antibody-associated recurrent pregnancy loss: treatment with heparin and low-dose aspirin is superior to low-dose aspirin alone. Am J Obstet Gynecol 1996;174:1584-9).
Si fidi dei Colleghi del Centro!
Mi informi.
Cordialmente,
Come già spiegatole (II risposta in ordine cronologico) è la beta2-glicoproteina l'indice di attività della malattia. Valori bassi consentono l'impiego della sola cardioaspirina. Al contrario, è consigliato invece l'impiego di Cardioaspirina in associazione con Eparina
(Kutteh WH. Antiphospholipid antibody-associated recurrent pregnancy loss: treatment with heparin and low-dose aspirin is superior to low-dose aspirin alone. Am J Obstet Gynecol 1996;174:1584-9).
Si fidi dei Colleghi del Centro!
Mi informi.
Cordialmente,
[#15]
Utente
Gentile dottore,la volevo informare che dopo il mio 3 aborto del 28 dicembre 2010 non avendo avuto piu'il ciclo e da varie ecografie si evidenziava un residuo interno dell aborto e avevndo le betahcg a 54 si e'deciso di eseguire un isteroscopia operativa.Le leggo il foglio datomi:Diagnosi operatoria:Ritenzione di residui di porzioni della placenta o delle membrane.Si e'evidenziato materiale deciduo coriale ritenuto in esiti di aborto spontaneo esteso a tutta la parete uterina anteriore dalla regione istmica al fondo.Asportazione con isterosuzione erivalutazione isteroscopica con completamento dell asportazione del materiale ritenuto.Il dottore mi ha detto che puo'esserci stata una spaccatura della placenta che mi avrebbe causato l'aborto,e che purtroppo tutte queste revisioni compromettono una mia futura gravidanza.Ora dopo il ciclo devo eseguire una eco e visita di controllo.Volevo vivamente sentire un suo parere su come mai tutto questo materiale non e'stato asportato nella revisione di dicembre e se realmente cio'puo'compromettere una futura gravidanza.Grazie mille!!
[#16]
Ginecologo
Cara Signora,
Il cosidetto "raschiamento" (o revisione strumentale della cavità uterina) è una metodica chirurgica "alla cieca"... in altre parole, l'operatore non "vede" quello che sta facendo. La ritenzione di materiale deciduo-ovulare dopo revisione è un'evenienza abbastanza comune. Per tale motivo, alle mie Pazienti raccomando di eseguire un dosaggio delle Beta-hCG plasmatiche dopo circa 21 giorni dall'intervento. Se ancora "positive", è utile un'ecografia transvaginale per vedere l'eventuale presenza di residui all'interno della cavità uterina. Le sue mestruazioni non sono comparse verosimilmente per la permanenza di residui placentari secernenti gonadotropina corionica (hCG), un inibitore fisiologico del ciclo mestruale.
Sicuramente molti interventi di revisione di cavità possono comportare, come le dicevo, la formazione di cicatrici ("sinechie" o "aderenze") all'interno dell'utero con conseguente difficoltosa ripresa della capacità riproduttiva. Il referto dell'isteroscopia da lei eseguita non sembra riportare la presenza di suddette "aderenze"... Il mio consiglio è quello di eseguire un dosaggio delle Beta-hCG fra una ventina di giorni e di ripetere un'isteroscopia ambulatoriale ("diagnostica") fra circa 60 giorni. In presenza di "sinechie" endouterine, sarà agevole eseguire una lisi delle stesse ("adesiolisi"), con ripristino della normale "pervietà" della cavità endometriale.
Concludendo, non ritengo assolutamente il suo un caso "disperato"!!
Se ha bisogno, non esiti a contattarmi.
Cordialmente,
Il cosidetto "raschiamento" (o revisione strumentale della cavità uterina) è una metodica chirurgica "alla cieca"... in altre parole, l'operatore non "vede" quello che sta facendo. La ritenzione di materiale deciduo-ovulare dopo revisione è un'evenienza abbastanza comune. Per tale motivo, alle mie Pazienti raccomando di eseguire un dosaggio delle Beta-hCG plasmatiche dopo circa 21 giorni dall'intervento. Se ancora "positive", è utile un'ecografia transvaginale per vedere l'eventuale presenza di residui all'interno della cavità uterina. Le sue mestruazioni non sono comparse verosimilmente per la permanenza di residui placentari secernenti gonadotropina corionica (hCG), un inibitore fisiologico del ciclo mestruale.
Sicuramente molti interventi di revisione di cavità possono comportare, come le dicevo, la formazione di cicatrici ("sinechie" o "aderenze") all'interno dell'utero con conseguente difficoltosa ripresa della capacità riproduttiva. Il referto dell'isteroscopia da lei eseguita non sembra riportare la presenza di suddette "aderenze"... Il mio consiglio è quello di eseguire un dosaggio delle Beta-hCG fra una ventina di giorni e di ripetere un'isteroscopia ambulatoriale ("diagnostica") fra circa 60 giorni. In presenza di "sinechie" endouterine, sarà agevole eseguire una lisi delle stesse ("adesiolisi"), con ripristino della normale "pervietà" della cavità endometriale.
Concludendo, non ritengo assolutamente il suo un caso "disperato"!!
Se ha bisogno, non esiti a contattarmi.
Cordialmente,
[#19]
Utente
Gentile dottore ho bisogno di un suo aiuto....dopo l'isteroiscopia che e'andata bene mi sono rivolta a un centro pma che mi ha consigliato alcuni esami del sangue e in piu' la mutazione MTHFR che stranamente non avevo mai fatta,questi sono gli esiti:
MTHFR A 1298 C ALLELE I NON MUTATO
ALLELE II NON MUTATO
GENOTIPO OMOZIGOTE NON MUTATO
MTHFR C677T ALLELE I NON MUTATO
ALLELE II MUTATO
GENOTIPO ETEROZIGOTE
Mi sa gentilmente aiutare a capire visto che fino al 5 maggio non vado al centro e ho letto in giro che puo'questo valore essere causa di aborti?Grazie infinite!!!!
MTHFR A 1298 C ALLELE I NON MUTATO
ALLELE II NON MUTATO
GENOTIPO OMOZIGOTE NON MUTATO
MTHFR C677T ALLELE I NON MUTATO
ALLELE II MUTATO
GENOTIPO ETEROZIGOTE
Mi sa gentilmente aiutare a capire visto che fino al 5 maggio non vado al centro e ho letto in giro che puo'questo valore essere causa di aborti?Grazie infinite!!!!
[#20]
Ginecologo
Gentile Signora,
L'MTHFR è un gene che codifica un enzima che presiede al metabolismo dell'acido folico. Esistono delle mutazioni di questo gene che predispongono alla trombofilia e alla poliabortività. Nella buona pratica clinica ha senso eseguire questo questo test solamente in presenza di valori elevati di omocisteina nel sangue (che non mi risulta essere il suo caso).
I risultati del suo esame, comunque, non sono patologici... è solamente eterozigote (ossia "portatrice sana") per una variante del MTHFR. E' sufficiente una integrazione di acido folico.
Mi informi.
Cordialmente,
L'MTHFR è un gene che codifica un enzima che presiede al metabolismo dell'acido folico. Esistono delle mutazioni di questo gene che predispongono alla trombofilia e alla poliabortività. Nella buona pratica clinica ha senso eseguire questo questo test solamente in presenza di valori elevati di omocisteina nel sangue (che non mi risulta essere il suo caso).
I risultati del suo esame, comunque, non sono patologici... è solamente eterozigote (ossia "portatrice sana") per una variante del MTHFR. E' sufficiente una integrazione di acido folico.
Mi informi.
Cordialmente,
[#22]
Utente
Gentile dottore volevo aggiornarla.Attualmente ancora non sono rimasta incinta ma ho scoperto di avere positivi anche i valori antitireoglubina,ft3 ft4 e tsh negativi.Attendo la visita i primi di agosto dalla mia reumatologa,al centro dove mi seguono per una futura gravidanza mi hanno vivamente consigliata in futuro di prendere anche deltacortene.Cosa ne pensa lei?Grazie
Questo consulto ha ricevuto 22 risposte e 49k visite dal 10/01/2011.
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