Le assicuro che non è affatto facile convivere
gentile dottore vorrei chiederle un quesito riguardo mio padre affetto appunto dall'alzheimer lui ha 90 anni e le assicuro che non è affatto facile convivere con uno con questa malattia sono arrivata al punto che ogni tanto penso perchè dio fa vivere queste persone che non capiscono più niente e fa morire tanti giovani le chiedo dalla seconda fase alla terza fase della malattia quanto tempo decorre? e quando si arriva alla terza fase più o meno quanto dura? sarò cattiva ma mi creda non ce la faccio più la ringrazio tanto per una risposta
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Gentile utente,
la durata naturale di questa malattia e delle sue fasi è abbastanza variabile, soprattutto oggi. Complessivamente si può parlare di alcuni anni come media (ma non nel caso individuale). Bisogna anche aggiungere che il Morbo di Alzheimer (o la Demenza tipo Alzheimer) è diventata una diagnosi alla quale spesso si ricorre anche nei casi di demenza "non altrimenti definiti", dunque il concetto col tempo è diventato meno definito, e con esso anche la prognosi. Anche il Morbo di Alzheimer nel senso stretto è una diagnosi cui certezza si può avere solo all'esame bioptico dopo la morte. In altre parole, è una diagnosi non molto precisa, contanto molto anche le comorbilità con le altre malattie nel singolo caso.
Comunque, penso di non sbagliare se dico che le Sue domande non vanno lette letteralmente, ma significano:
"come faccio a vivere e assistere il mio padre, finché lui è in vita ?
come faccio a superare le fasi della sua malattia in modo meno doloroso?"
Assistere una persona senza volerlo fare significa non farlo bene (con ripercussioni anche su sé stessa). Dunque, se non è stato ancora valutato, potrebbe aver senso valutare l'inserimento del Suo padre in una struttura, in modo che lui sia assistito dalle persone che riescono a sostenere tale carico e tale stress emotivi, e dove possa magari usufruire degli interventi riabilitativi, mentre Lei possa vivere la Sua vita. Tale progetto richiede ovviamente i rispettivi investimenti. I sussidi statali (per attivare i quali ci vuole un iter che inizia dal Medico di Base e poi coinvolge il Geriatra), spesso coprono solo in parte le spese per la degenza in una struttura, ma tante volte è la soluzione migliore. Le strutture di degenza sono anche diverse fra di loro e purtroppo non in tutte gli interventi riabilitativi ricevono l'attenzione sufficiente, per cui bisogna scegliere bene.
Se Lei parla della seconda fase ("moderata") della malattia, benché la progressione della malattia è inevitabile, le attività riabilitative (sia nel senso lato, che nel senso specifico) anche in questa fase potrebbero avere senso (da valutare dal caso al caso), potendo comunque mitigare la sintomatologia ed il disagio soggettivo della persona affetta, interrompendo il circolo vizioso fra i due (il disagio soggettivo spesso aggrava le manifestazioni della malattia), senza ovviamente fare i "miracoli", ma potenzialmente migliorando il rapporto con la persona da parte degli altri. Gli operatori della struttura potrebbero diventare le figure di riferimento anche per i familiari i quali giustamente hanno bisogno di guida nell'approccio al parente malato.
Importante anche essere "nelle mani" di un buon medico, perché molti delle manifestazioni delle demenze sono correlate non solo alla malattia neurologica, ma spesso alle problematiche concomitanti, talvolta prevenibili. Attribuire tutte le problematiche di un demente alla demenza è un errore tipico.
Sia le attività riabilitative, sia gli incontri con i familiari, sia il monitoraggio medico potrebbero essere praticate anche nei centri ambulatoriali, ma è da valutare se ce ne sono le condizioni.
la durata naturale di questa malattia e delle sue fasi è abbastanza variabile, soprattutto oggi. Complessivamente si può parlare di alcuni anni come media (ma non nel caso individuale). Bisogna anche aggiungere che il Morbo di Alzheimer (o la Demenza tipo Alzheimer) è diventata una diagnosi alla quale spesso si ricorre anche nei casi di demenza "non altrimenti definiti", dunque il concetto col tempo è diventato meno definito, e con esso anche la prognosi. Anche il Morbo di Alzheimer nel senso stretto è una diagnosi cui certezza si può avere solo all'esame bioptico dopo la morte. In altre parole, è una diagnosi non molto precisa, contanto molto anche le comorbilità con le altre malattie nel singolo caso.
Comunque, penso di non sbagliare se dico che le Sue domande non vanno lette letteralmente, ma significano:
"come faccio a vivere e assistere il mio padre, finché lui è in vita ?
come faccio a superare le fasi della sua malattia in modo meno doloroso?"
Assistere una persona senza volerlo fare significa non farlo bene (con ripercussioni anche su sé stessa). Dunque, se non è stato ancora valutato, potrebbe aver senso valutare l'inserimento del Suo padre in una struttura, in modo che lui sia assistito dalle persone che riescono a sostenere tale carico e tale stress emotivi, e dove possa magari usufruire degli interventi riabilitativi, mentre Lei possa vivere la Sua vita. Tale progetto richiede ovviamente i rispettivi investimenti. I sussidi statali (per attivare i quali ci vuole un iter che inizia dal Medico di Base e poi coinvolge il Geriatra), spesso coprono solo in parte le spese per la degenza in una struttura, ma tante volte è la soluzione migliore. Le strutture di degenza sono anche diverse fra di loro e purtroppo non in tutte gli interventi riabilitativi ricevono l'attenzione sufficiente, per cui bisogna scegliere bene.
Se Lei parla della seconda fase ("moderata") della malattia, benché la progressione della malattia è inevitabile, le attività riabilitative (sia nel senso lato, che nel senso specifico) anche in questa fase potrebbero avere senso (da valutare dal caso al caso), potendo comunque mitigare la sintomatologia ed il disagio soggettivo della persona affetta, interrompendo il circolo vizioso fra i due (il disagio soggettivo spesso aggrava le manifestazioni della malattia), senza ovviamente fare i "miracoli", ma potenzialmente migliorando il rapporto con la persona da parte degli altri. Gli operatori della struttura potrebbero diventare le figure di riferimento anche per i familiari i quali giustamente hanno bisogno di guida nell'approccio al parente malato.
Importante anche essere "nelle mani" di un buon medico, perché molti delle manifestazioni delle demenze sono correlate non solo alla malattia neurologica, ma spesso alle problematiche concomitanti, talvolta prevenibili. Attribuire tutte le problematiche di un demente alla demenza è un errore tipico.
Sia le attività riabilitative, sia gli incontri con i familiari, sia il monitoraggio medico potrebbero essere praticate anche nei centri ambulatoriali, ma è da valutare se ce ne sono le condizioni.
Dr. Alex Aleksey Gukov
Questo consulto ha ricevuto 2 risposte e 1.7k visite dal 27/04/2012.
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