Ipersensibilità al glutine
Gentile Dottori,sono un studente universitario di 26 anni con disturbi intestinali.
Provo a descrivere un quadro generale di quanto affrontato finora.
Ho iniziato nel 2009 a effettuare esami specifici gastroenterologici in seguito al perdurare di problemi intestinali, caratterizzati da stipsi alternata a diarrea, gonfiore addominale, tenesmo.
Dai test eseguiti in quest'anno non è emersa nessuna patologia, e la diagnosi formulata fu "sindrome del colon irritabile". Terapia solo in caso di colica, spasmomen o spasmex: il primo senza risultati, il secondo soddisfacente.
Inizialmente le coliche avevano una frequenza quindicinale, per poi divenire sempre più frequenti, quasi giornaliere. Specificatamente nei mesi caldi dell'anno.
Proseguo nel mio iter diagnostico e mi rivolgo ad un dietologo, pochi mesi fa, per curare maggiormente la mia dieta, pensando ci fossero disequilibri al suo interno. Costui mi prescrive una serie di esami, di cui tutti negativi. Solo un lieve aumento del cortisolo ematico.
Nel mese di giugno eseguo b.t per intolleranza al lattosio, su indirizzo di una specialista del II Policlinico di Napoli (la stessa mi prescrive ricerca dei miceti nelle feci= negativo): si rileva una intolleranza al lattosio.
Sospendo l'assunzione di lattosio nelle diverse forme, senza nemmeno avvalermi dell'enzima endogeno che mi permette di mangiare formaggi. Ma non noto significativi cambiamenti circa la sintomatologia.
Mi rivolgo al centro IDI di Roma per uno screening sulle possibili allergie alimentari. In quella sede l'allergologa che mi ha ricevuto, valutando i miei precedenti esami, prospetta la sua idea di soggetto celiaco, sottolineando che i test fatti finora sono inattendibili: pone attenzione di fatti su un valore delle IgA , con valore 117 (range 210-431). A suo avviso questo valore va considerato maggiormente. Mi prescrive nuovamente gli esami per la diagnosi di celiachia, consigliandomi anche il test del dna per l'individuazione di HLA. Svolgo presso l'IDI tale esame che da esito negativo: non ho gli alleli. Stamane ho ritirato gli altri esami per diagnosi di celiachia, ugualmente negativi.
A quesot punto mi si consiglia endoscopia con biopsia intestinale, più ricerca Helicobacter pylori.
Al momento sto seguendo un'alimentazione priva di glutine e lattosio. Nei primi 10-12giorni conseguenti l'esclusione del glutine ho avuto una riduzione evidente dei sintomi. Negli ultimi giorni invece lamento ugualmente gonfiore addominali e consistenza delle feci più molle, nonchè aumentata frequenza (al momento 2-3, mentre nei primi giorni post dieta evacuavo circa 1-2, contro le 5-6 del periodo di coliche).
Quello che mi viene da chiedere è quali sono le tappe successive per capire "qualcosa": in questo mare magnum, mi sembra di non aver ricavato nulla.
Dai miei test circa la celiachia mi sembra di poterla escludere.
Ho letto di una eventuale ipersensibilità al glutine.
Sic stantibus rebus come proseguo?
grazie mille
Provo a descrivere un quadro generale di quanto affrontato finora.
Ho iniziato nel 2009 a effettuare esami specifici gastroenterologici in seguito al perdurare di problemi intestinali, caratterizzati da stipsi alternata a diarrea, gonfiore addominale, tenesmo.
Dai test eseguiti in quest'anno non è emersa nessuna patologia, e la diagnosi formulata fu "sindrome del colon irritabile". Terapia solo in caso di colica, spasmomen o spasmex: il primo senza risultati, il secondo soddisfacente.
Inizialmente le coliche avevano una frequenza quindicinale, per poi divenire sempre più frequenti, quasi giornaliere. Specificatamente nei mesi caldi dell'anno.
Proseguo nel mio iter diagnostico e mi rivolgo ad un dietologo, pochi mesi fa, per curare maggiormente la mia dieta, pensando ci fossero disequilibri al suo interno. Costui mi prescrive una serie di esami, di cui tutti negativi. Solo un lieve aumento del cortisolo ematico.
Nel mese di giugno eseguo b.t per intolleranza al lattosio, su indirizzo di una specialista del II Policlinico di Napoli (la stessa mi prescrive ricerca dei miceti nelle feci= negativo): si rileva una intolleranza al lattosio.
Sospendo l'assunzione di lattosio nelle diverse forme, senza nemmeno avvalermi dell'enzima endogeno che mi permette di mangiare formaggi. Ma non noto significativi cambiamenti circa la sintomatologia.
Mi rivolgo al centro IDI di Roma per uno screening sulle possibili allergie alimentari. In quella sede l'allergologa che mi ha ricevuto, valutando i miei precedenti esami, prospetta la sua idea di soggetto celiaco, sottolineando che i test fatti finora sono inattendibili: pone attenzione di fatti su un valore delle IgA , con valore 117 (range 210-431). A suo avviso questo valore va considerato maggiormente. Mi prescrive nuovamente gli esami per la diagnosi di celiachia, consigliandomi anche il test del dna per l'individuazione di HLA. Svolgo presso l'IDI tale esame che da esito negativo: non ho gli alleli. Stamane ho ritirato gli altri esami per diagnosi di celiachia, ugualmente negativi.
A quesot punto mi si consiglia endoscopia con biopsia intestinale, più ricerca Helicobacter pylori.
Al momento sto seguendo un'alimentazione priva di glutine e lattosio. Nei primi 10-12giorni conseguenti l'esclusione del glutine ho avuto una riduzione evidente dei sintomi. Negli ultimi giorni invece lamento ugualmente gonfiore addominali e consistenza delle feci più molle, nonchè aumentata frequenza (al momento 2-3, mentre nei primi giorni post dieta evacuavo circa 1-2, contro le 5-6 del periodo di coliche).
Quello che mi viene da chiedere è quali sono le tappe successive per capire "qualcosa": in questo mare magnum, mi sembra di non aver ricavato nulla.
Dai miei test circa la celiachia mi sembra di poterla escludere.
Ho letto di una eventuale ipersensibilità al glutine.
Sic stantibus rebus come proseguo?
grazie mille
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Gentile Utente, frequentemente l'esclusione di alimenti che facilitano la fermentazione intestinale come i carboidrati (quindi pane,pasta ecc.) oltre alla riduzione dell'apporto di scorie, determina un beneficio sui sintomi di un colon irritabile senza che per questo si possa parlare di ipersensibilità ad un alimento. Ritengo che un valido regime alimentare, eventualmente effettuato con l'aiuto di un dietologo, potrà contenere i disturbi specialmente se supportato da una terapia antispastica e da un buon rapporto di fiducia con il proprio medico.
Cordiali saluti
Cordiali saluti
Dott. Roberto Mangiarotti
Questo consulto ha ricevuto 1 risposte e 2.4k visite dal 22/07/2011.
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