Esofagite da reflusso non erosiva
Salve, ho 29 anni e dal gennaio 2005 soffro di malattia da reflusso gastroesofageo non erosiva. Da ph-metria delle 48 ore, eseguita con capsula telemetrica (metodo Bravo) ad ottobre 2006, è risultato uno scoore di DeMeester di 39.4 (valore normale < 14.72). Finora mi sono sottoposto a 3 EGDS (2005, 2006 e l'ultima a luglio 2007) ma da nessuna di queste sono risultati segni endoscopici di malattia da reflusso gastroesofageo. Dall'esame istologico a seguito dell'ultima EGDS è risultato:
frammenti esofagei con lievi flogosi e fenomeni di spongiosi;
mucosa della giunzione gastro-sofagea con papillo-acantosi talora marcata nel comparto esofageo e con flogosi attiva moderata ed iperplasia follicolare linfatica:
assenza di elementi di rilievo nel comparto gastrico.
Dal 2005 ad oggi ho cambiato svariati IPP (esoprazolo, omeprazolo, famotidina, lansoprazolo), ma tutti con scarso risultato.
La terapia attuale è: lansoprazolo 30mg 2 volte al dì (mattina e sera), alginato sodico 1 ora dopo il pasto, gaviscon advance prima di andare a letto. Ripeto però che la terapia farmacologica finora ha dato sempre scarsi risultati (periodi di benessere non superiori alle 2 settimane).
Il mio quesito è questo:
dato che la mia è una esofagite NON erosiva, che però risponde poco alla terapia farmacologica, ci sono comunque rischi di complicanze (tipo esofago di Barrett)? Il mio gastroenterologo mi ha assicurato che gli unici problemi che derivano da una malattia da reflusso non erosiva sono i sintomi, ma non c'è alcun rischio di degenerazione. E' davvero così? E quanto risultato dall'esame istologico? Sono abbastanza preoccupato. Grazie per il vostro unico servizio
frammenti esofagei con lievi flogosi e fenomeni di spongiosi;
mucosa della giunzione gastro-sofagea con papillo-acantosi talora marcata nel comparto esofageo e con flogosi attiva moderata ed iperplasia follicolare linfatica:
assenza di elementi di rilievo nel comparto gastrico.
Dal 2005 ad oggi ho cambiato svariati IPP (esoprazolo, omeprazolo, famotidina, lansoprazolo), ma tutti con scarso risultato.
La terapia attuale è: lansoprazolo 30mg 2 volte al dì (mattina e sera), alginato sodico 1 ora dopo il pasto, gaviscon advance prima di andare a letto. Ripeto però che la terapia farmacologica finora ha dato sempre scarsi risultati (periodi di benessere non superiori alle 2 settimane).
Il mio quesito è questo:
dato che la mia è una esofagite NON erosiva, che però risponde poco alla terapia farmacologica, ci sono comunque rischi di complicanze (tipo esofago di Barrett)? Il mio gastroenterologo mi ha assicurato che gli unici problemi che derivano da una malattia da reflusso non erosiva sono i sintomi, ma non c'è alcun rischio di degenerazione. E' davvero così? E quanto risultato dall'esame istologico? Sono abbastanza preoccupato. Grazie per il vostro unico servizio
[#1]
Gentile signore,
sono daccordo con il suo medico per quel che riguarda il rischio di degenerazione pressoché nullo.
L'aspetto che emerge dalla sua storia clinica è di una entità irrisoria sul piano organico, ma (anche se lei non denuncia i sintomi) suppongo rilevante sul piano sintomatico.
In questi casi, nella mia esperienza, la terapia farmacologica con inibitori di pompa, se non è supportata da pronto benessere sintomatologico, si rivela del tutto inutile nel lungo periodo.
Purtroppo sempre più spesso le indagini strumentali, in molti casi utilissime per la definizione diagnostica (es. la pHmetria), hanno un ruolo fuorviante nella successiva impostazione diagnostico-terapeutica; se ci fossimo limitati alla sola endoscopia avremmo infatti posto probabilmente una diagnosi di "dispepsia non ulcerosa" nell'ambito delle patologie "funzionali" del tratto digerente. E saremmo stati vicini alla realtà.
In questo caso la terapia più indicata è con farmaci (in medicina convenzionale o non convenzionale) che agiscano sulla motilità dell'apparato digerente (tipo domperidone e analoghi) e non sulla secrezione. Inoltre merita approfondimento la correzione di stile di vita (alimentazione, postura, abitudine al fumo...) e l'atteggiamento psicologico (cause di dtress...).
Cordiali saluti.
sono daccordo con il suo medico per quel che riguarda il rischio di degenerazione pressoché nullo.
L'aspetto che emerge dalla sua storia clinica è di una entità irrisoria sul piano organico, ma (anche se lei non denuncia i sintomi) suppongo rilevante sul piano sintomatico.
In questi casi, nella mia esperienza, la terapia farmacologica con inibitori di pompa, se non è supportata da pronto benessere sintomatologico, si rivela del tutto inutile nel lungo periodo.
Purtroppo sempre più spesso le indagini strumentali, in molti casi utilissime per la definizione diagnostica (es. la pHmetria), hanno un ruolo fuorviante nella successiva impostazione diagnostico-terapeutica; se ci fossimo limitati alla sola endoscopia avremmo infatti posto probabilmente una diagnosi di "dispepsia non ulcerosa" nell'ambito delle patologie "funzionali" del tratto digerente. E saremmo stati vicini alla realtà.
In questo caso la terapia più indicata è con farmaci (in medicina convenzionale o non convenzionale) che agiscano sulla motilità dell'apparato digerente (tipo domperidone e analoghi) e non sulla secrezione. Inoltre merita approfondimento la correzione di stile di vita (alimentazione, postura, abitudine al fumo...) e l'atteggiamento psicologico (cause di dtress...).
Cordiali saluti.
Alessandro Scuotto, MD, PhD.
[#2]
Ex utente
La ringrazio per la risposta.
In effetti avevo omesso che dagli esami endoscopici è risultata sempre e solo l'incontinenza cardiale.
Lo stile di vita che seguo è abbastanza attento (non fumo, bevo pochissimo alcool, dieta abbastanza controllata, non vado a letto prima di 3/4 ore dopo la cena, etc.).
In passato ho utilizzato dei procinetici, ma anche questi con scarsa efficacia...
In effetti avevo omesso che dagli esami endoscopici è risultata sempre e solo l'incontinenza cardiale.
Lo stile di vita che seguo è abbastanza attento (non fumo, bevo pochissimo alcool, dieta abbastanza controllata, non vado a letto prima di 3/4 ore dopo la cena, etc.).
In passato ho utilizzato dei procinetici, ma anche questi con scarsa efficacia...
[#3]
Gentile signore,
la terapia di un disturbo funzionale si avvale della terapia farmacologica (che ovviamente non può essere standard e uguale per tutti, ma va centrata sul singolo paziente in relazione anche alla risposta individuale), ma anche di un ulterire approfondimento, di concerto con il medico curante. A proposito dello "stile di vita", non è importante la condizione oggettiva in cui una persona si trova (nonbevo-nonfumo-nonmangiotroppo-non...), bensì come la persona stessa si accorda con lo stile di vita che conduce e che forma di stress ne può conseguire.
In un colloquio mirato queste componenti vengono evidenziate e prese in considerazione dal clinico o psicologo che le osserva e si possono stabilire insieme le opportune variazioni che conducano al miglioramento.
Cordiali saluti
la terapia di un disturbo funzionale si avvale della terapia farmacologica (che ovviamente non può essere standard e uguale per tutti, ma va centrata sul singolo paziente in relazione anche alla risposta individuale), ma anche di un ulterire approfondimento, di concerto con il medico curante. A proposito dello "stile di vita", non è importante la condizione oggettiva in cui una persona si trova (nonbevo-nonfumo-nonmangiotroppo-non...), bensì come la persona stessa si accorda con lo stile di vita che conduce e che forma di stress ne può conseguire.
In un colloquio mirato queste componenti vengono evidenziate e prese in considerazione dal clinico o psicologo che le osserva e si possono stabilire insieme le opportune variazioni che conducano al miglioramento.
Cordiali saluti
Questo consulto ha ricevuto 3 risposte e 7.1k visite dal 14/10/2007.
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