La leucemia sia secondaria alla chemioterapia condotta
Egregi dottori,
Vi espongo il caso che segue, relativo a una persona a me cara, di 69 anni, già affetta da linfoma non Hodgkin trattato e risolto con sei cicli di chemioterapia - l'ultimo dei quali nel mese di aprile 2009.
A dicembre scorso, durante una visita di controllo, le è stata diagnosticata una leucemia mieloide acuta di tipo FAB M1. E' stato quindi eseguito un ciclo di chemioterapia di 5 giorni, a base di fludarabina, complessivamente ben tollerato dalla paziente e concluso il 1° gennaio. A distanza di circa 10/15 giorni dal termine della terapia, non erano presenti cellule tumorali nel sangue periferico, ma nel midollo risultavano essere ancora superiori al 30%.
E' stata per il momento dimessa, con prescrizione di un successivo ricovero, per il 29 gennaio prossimo, al fine di iniziare un secondo ciclo di chemioterapia.
A Vostro avviso, e naturalmente nei limiti di un consulto di questo genere, è verosimile ritenere che la leucemia sia secondaria alla chemioterapia condotta per il precedente linfoma (e dunque tendenzialmente più resistente)?
Inoltre, data la parziale refrattarietà della malattia alla terapia già effettuata, quale può essere, a questo punto, la scelta terapeutica migliore? Ho sentito parlare di anticorpi monoclonali, si tratta di una via praticabile in questo caso?
Infine, quali centri medici ritenete siano i più qualificati nella cura di tale patologia?
Vi ringrazio per la paziente disponibilità.
Vi espongo il caso che segue, relativo a una persona a me cara, di 69 anni, già affetta da linfoma non Hodgkin trattato e risolto con sei cicli di chemioterapia - l'ultimo dei quali nel mese di aprile 2009.
A dicembre scorso, durante una visita di controllo, le è stata diagnosticata una leucemia mieloide acuta di tipo FAB M1. E' stato quindi eseguito un ciclo di chemioterapia di 5 giorni, a base di fludarabina, complessivamente ben tollerato dalla paziente e concluso il 1° gennaio. A distanza di circa 10/15 giorni dal termine della terapia, non erano presenti cellule tumorali nel sangue periferico, ma nel midollo risultavano essere ancora superiori al 30%.
E' stata per il momento dimessa, con prescrizione di un successivo ricovero, per il 29 gennaio prossimo, al fine di iniziare un secondo ciclo di chemioterapia.
A Vostro avviso, e naturalmente nei limiti di un consulto di questo genere, è verosimile ritenere che la leucemia sia secondaria alla chemioterapia condotta per il precedente linfoma (e dunque tendenzialmente più resistente)?
Inoltre, data la parziale refrattarietà della malattia alla terapia già effettuata, quale può essere, a questo punto, la scelta terapeutica migliore? Ho sentito parlare di anticorpi monoclonali, si tratta di una via praticabile in questo caso?
Infine, quali centri medici ritenete siano i più qualificati nella cura di tale patologia?
Vi ringrazio per la paziente disponibilità.
[#1]
Purtroppo una delle possibili complicanze, ma non frequente, è la leucemia acuta che può comparire per il concorso di vari fattori incentrati soprattutto sull'utilizzo di radio e chemio. Ci sarebbe un danno mutageno indotto dalla chemio che porterebbe alla comparsa di cloni cellulari che scatenerebbero la forma leucemica. Una forma M1 è una leucemia senza maturazione degli elementi cellulari. La scelta terapeutica si basa sull'utilizzo di vari farmaci chemioterapici ma, vista l'età della persona, non sul trapianto di midollo. Centri ce ne sono in tutta Italia ed anche a Bari presso il Policlinico
Un saluto
A. Baraldi
[#4]
Utente
Aggiorno quanto riportato in precedenza, aggiungendo che l'orientamento dei sanitari che hanno in cura la paziente è quello di procedere a un successivo ciclo di chemioterapia a base di clofarabina.
vi chiedo se riteniate tale impostazione condivisibile e se questo medicinale abbia migliori prospettive terapeutiche rispetto alla fludarabina, in precedenza utilizzata.
Molte grazie.
vi chiedo se riteniate tale impostazione condivisibile e se questo medicinale abbia migliori prospettive terapeutiche rispetto alla fludarabina, in precedenza utilizzata.
Molte grazie.
[#7]
Utente
Aggiorno nuovamente la discussione.
Il ciclo a base di clofarabina è stato eseguito, ma al termine di esso la percentuale di cellule tumorali nel midollo era ancora del 30% circa.
I medici non hanno ritenuto di procedere a un ulteriore ciclo chemioterapico e hanno dimesso la paziente con la prescrizione di assumere Oncocarbide (una compressa al giorno per quattro giorni, poi uno di pausa e così via) e di tornare a distanza di un mese per rivalutare la situazione.
Vi chiedo se riteniate condivisibile tale orientamento e se abbiate osservazioni o suggerimenti da dare.
Grazie.
Il ciclo a base di clofarabina è stato eseguito, ma al termine di esso la percentuale di cellule tumorali nel midollo era ancora del 30% circa.
I medici non hanno ritenuto di procedere a un ulteriore ciclo chemioterapico e hanno dimesso la paziente con la prescrizione di assumere Oncocarbide (una compressa al giorno per quattro giorni, poi uno di pausa e così via) e di tornare a distanza di un mese per rivalutare la situazione.
Vi chiedo se riteniate condivisibile tale orientamento e se abbiate osservazioni o suggerimenti da dare.
Grazie.
[#9]
Utente
La ringrazio, dottore.
In verità, ho l'impressione che i medici che hanno in cura la paziente intendessero come molto improbabile l'eventualità di eseguire un ulteriore ciclo di terapia a seguito della nuova visita.
Correggo il mio precedente messaggio: la prescrizione non ha ad oggetto l'Oncocarbide, ma il Vepesid, 150 mg/die, con la cadenza sopra descritta.
In verità, ho l'impressione che i medici che hanno in cura la paziente intendessero come molto improbabile l'eventualità di eseguire un ulteriore ciclo di terapia a seguito della nuova visita.
Correggo il mio precedente messaggio: la prescrizione non ha ad oggetto l'Oncocarbide, ma il Vepesid, 150 mg/die, con la cadenza sopra descritta.
Questo consulto ha ricevuto 9 risposte e 4.2k visite dal 23/01/2010.
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