Debriding dell'orifizio interno di una fistola perianale in presenza di RCU
Gentili Dottori,
Due anni fa ho subito due interventi per fistole perianali drenate entrambe con setone. Il secondo intervento per fistola breve transfinterica è stato preceduto da un ascesso importante che ha di fatto distrutto buona parte dell'anello sfinterico interno senza coinvolgimento del muscolo anale esterno. Ciò nonostante in presenza di feci formate (grazie alla terapia con farmaci biologici per RCU) la continenza è buona e non ho perdite di feci involontarie. La manometria anorettale evidenzia valori nella norma. Gli interventi e le cicatrici chirurgiche hanno peraltro risolto un fastidiosissimo prolasso anale non trattabile per via della RCU. La chirurgia è stata orientata al massimo approccio conservativo escludendo dunque una eradicazione della fistola con la sua messa a piatto. Purtroppo i numerosi controlli effettuati dopo il posizionamento del setone evidenziano una ulcerazione profonda intorno all'orifizio interno della fistola che non guarisce e che non offre al chirurgo tessuto suturabile per la chiusura della fistola con tecniche conservative (flap, plug ecc.). Considerato che la fistola di fatto attraversa tessuto cicatriziale e non muscolare (distrutto) teoricamente sarebbe possibile la sua messa a piatto. Questa opzione, a detta del chirurgo, rischierebbe però di compromettere la continenza e le cicatrici che hanno "ricompattato" l'intera regione sopperendo, in qualche modo, al danno subito dallo sfintere interno. Il setone non provoca alcun fastidio ma il disagio di una fistola che secerne continuamente è invalidante motivo che mi spinge a cercare una soluzione definitiva al problema. Il chirurgo mi ha proposto un lavaggio e debriding della ulcerazione interna per cercare di indurre la formazione di tessuto sano (suturabile) e sottoporre il tessuto malato ad esame istologico per scongiurare la presenza di Crohn. Devo prendere una decisione in merito all'intervento. Ritenete la proposta chirurgica tecnicamente valida ? Mi chiedo come sia possibile garantire la pulizia della nuova ferita interna indotta dal debriding considerato il continuo passaggio di feci e dunque quale sia la probabilità che la nuova ferita possa effettivamente guarire. Vorrei evitare qualunque atto operatorio superfluo e con rischi di complicanze. Grazie anticipatamente.
Due anni fa ho subito due interventi per fistole perianali drenate entrambe con setone. Il secondo intervento per fistola breve transfinterica è stato preceduto da un ascesso importante che ha di fatto distrutto buona parte dell'anello sfinterico interno senza coinvolgimento del muscolo anale esterno. Ciò nonostante in presenza di feci formate (grazie alla terapia con farmaci biologici per RCU) la continenza è buona e non ho perdite di feci involontarie. La manometria anorettale evidenzia valori nella norma. Gli interventi e le cicatrici chirurgiche hanno peraltro risolto un fastidiosissimo prolasso anale non trattabile per via della RCU. La chirurgia è stata orientata al massimo approccio conservativo escludendo dunque una eradicazione della fistola con la sua messa a piatto. Purtroppo i numerosi controlli effettuati dopo il posizionamento del setone evidenziano una ulcerazione profonda intorno all'orifizio interno della fistola che non guarisce e che non offre al chirurgo tessuto suturabile per la chiusura della fistola con tecniche conservative (flap, plug ecc.). Considerato che la fistola di fatto attraversa tessuto cicatriziale e non muscolare (distrutto) teoricamente sarebbe possibile la sua messa a piatto. Questa opzione, a detta del chirurgo, rischierebbe però di compromettere la continenza e le cicatrici che hanno "ricompattato" l'intera regione sopperendo, in qualche modo, al danno subito dallo sfintere interno. Il setone non provoca alcun fastidio ma il disagio di una fistola che secerne continuamente è invalidante motivo che mi spinge a cercare una soluzione definitiva al problema. Il chirurgo mi ha proposto un lavaggio e debriding della ulcerazione interna per cercare di indurre la formazione di tessuto sano (suturabile) e sottoporre il tessuto malato ad esame istologico per scongiurare la presenza di Crohn. Devo prendere una decisione in merito all'intervento. Ritenete la proposta chirurgica tecnicamente valida ? Mi chiedo come sia possibile garantire la pulizia della nuova ferita interna indotta dal debriding considerato il continuo passaggio di feci e dunque quale sia la probabilità che la nuova ferita possa effettivamente guarire. Vorrei evitare qualunque atto operatorio superfluo e con rischi di complicanze. Grazie anticipatamente.
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" Il chirurgo mi ha proposto un lavaggio e debriding della ulcerazione interna per cercare di indurre la formazione di tessuto sano (suturabile) e sottoporre il tessuto malato ad esame istologico per scongiurare la presenza di Crohn."
Ritengo corretta la procedura ma, a distanza e senza una visita diretta, non posso dirle quale sarà il risultato e se è indicata nel suo caso.
Cordiali saluti.
Ritengo corretta la procedura ma, a distanza e senza una visita diretta, non posso dirle quale sarà il risultato e se è indicata nel suo caso.
Cordiali saluti.
Dr.Giuseppe D'Oriano Docente Scuola Speciale A.C.O.I. di Coloproctologia. Chirurgo Colonproctologo.
www.drgiuseppedoriano.blogspot.com
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Nulla di strano! Un tragitto fistoloso trattato con rimozione della parete della fistola tende a guarire spontaneamente, basteranno delle semplici irrigazioni biquotidiane con soluzione fisologica per mantenere detersa la ferita.
Questo, credo, è quello che vuole ottenere il collega.
A distanza, non conoscendo la sua situazione, non posso dirle altro.
Cordiali saluti.
Questo, credo, è quello che vuole ottenere il collega.
A distanza, non conoscendo la sua situazione, non posso dirle altro.
Cordiali saluti.
Questo consulto ha ricevuto 6 risposte e 1.2k visite dal 24/05/2017.
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