Nuovi anticoagulanti orali

Egregi Dottori,

il primario che ha seguito mio padre durante un recente ricovero ospedaliero ha espresso qualche dubbio sull’opportunità di fargli proseguire la terapia con coumadin intrapresa due anni fa, in quanto comporta dei rischi collaterali tutt’altro che infrequenti, come per esempio quello di emorragia cerebrale, perciò deve essere adottato sulla base di motivi importanti e certi.

Tuttavia, dopo un consulto con altri medici, il primario non si è preso la responsabilità di togliere il Coumadin a mio padre, ma ci ha parlato di nuovi anticoagulanti orali, ed in particolare di uno di cui non ricordo il difficile nome, che da aprile dovrebbe essere in commercio nel Veneto per i pazienti ortopedici e forse, entro la fine dell’anno, anche per tutti gli altri pazienti che necessitano di terapia anticoagulante.

Mio padre è una persona molto ansiosa, perciò non posso parlargli del rischio di emorragia cerebrale che corre con il coumadin, ma non trovo giusto neanche che i medici o noi familiari decidiamo al posto suo quali rischi correre.

Mi sembra invece che il nuovo anticoagulante orale di cui mi ha parlato il primario sia un giusto compromesso in quanto (correggetemi se ho capito male) dovrebbe svolgere un'azione molto più mirata del coumadin, per cui comporta rischi minori, tanto che non necessita dei frequenti prelievi del sangue, né prevede restrizioni alimentari, perciò permetterebbe anche una miglior qualità di vita. Credo che l’unico inconveniente sia legato al costo del medicinale, che probabilmente il servizio sanitario non passerà.

In internet ho trovato solo delle informazioni risalenti al 2007, quando ancora non si era in grado di formulare l’effettivo grado di tossicità dei nuovi anticoagulanti orali, dato il breve arco temporale di impiego, mentre notizie antecedenti parlavano anche della mancanza di antidoti.

Vi sarei molto grata se poteste fornirmi delle notizie più aggiornate in merito e, in particolare, vorrei sapere se:

- il nuovo anticoagulante orale è efficace nel proteggere dal rischio di embolia anche i pazienti con mutazione eterozigote di Leiden del fattore V della coagulazione,

- può essere usato da pazienti allergici all’aspirina e in terapia con farmaci per tenere sotto controllo il diabete e la pressione alta,

- presenta rischi ed effetti collaterali gravi,

- sono stati trovati degli antidoti da adottare in caso di traumi accidentali per arrestare eventuali emorragie,

- è stata comprovata la mancanza di effetti tossici.

Fiduciosa in una Vostra cortese risposta, Vi ringrazio in ogni caso per il prezioso servizio di informazione e consulenza che offrite con tanta umanità, oltre che con notevole professionalità e porgo a tutti Voi un cordiale saluto.
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Biochimico clinico, Allergologo, Medico di laboratorio attivo dal 2006 al 2010
Biochimico clinico, Allergologo, Medico di laboratorio
Rispondo perche' gestisco da 10 anni un centro TAO con > 600 pazienti attivi.

Gentile utente, non ho esperienza diretta nell'uso del tipo di farmaci che lei indica, in quanto non ancora commercializzati, quindi non ho da offrirle risposte basate su prove fattuali.

Il vantaggio dei nuovi inibitori diretti e' che agiscono direttamente e "tanto gliene dai, tanto ne funziona", esattamente come fa l'eparina, col vantaggio aggiuntivo della via orale. Non agiscono indirettamente modulando l'attivita' epatica, quindi non occorre piu' la perizia farmacocinetica necessaria nel programmare e gestire "in anticipo sulle concentrazioni future" la terapia cumarinica. Peraltro non so che problemi di fondo ha suo papa' e che difficolta' state incontrando con la gestione di tale terapia (questa sarebbe semmai un'altra domanda, anche piu' vicina alle finalita' pratiche e consulenziali di qs. sito).

Pero', come l'eparina notoriamente non previene le emorragie iatrogene da sovradosaggio, cosi' questi farmaci non le possono garantire l'immunita' da emorragie cerebrali, perche' queste sono una diretta estensione del meccanismo farmacologico: una prescrizione eccessiva o un paziente che assume due dosi per sbaglio, e il rischio arriva. Anziani che "forse l'ho preso due volte" li vediamo tutti i mesi.

Con l'avanzare dell'eta', l'emorragia cerebrale incombe a motivo del logoramento dei vasi, specie se il paziente e' iperteso. La coagulazione nell'anziano e' come una bicicletta che corre su un crinale sempre piu' stretto fra i due versanti della trombosi e dell'emorragia. Anche terapie apparentemente ben condotte non evitano l'accidente vascolare, da una parte o dall'altra, magari in occasione di puntate ipertensive. Questo appartiene alla biologia e i nuovi farmaci non vi si sottrarranno.

I nuovi farmaci (molto costosi, peraltro) risparmieranno il prelievo periodico per l' INR: questo e' il loro primo e principale vantaggio, pratico e organizzativo.

rispondendo alle sue domande:

1) si'

2) si' (devono convivere con la polifarmacoterapia dell'anziano)

3) lo sapremo dopo l'inizio della commercializzazione

4) non lo so

5) lo sapremo dopo l'inizio della commercializzazione.lo ximelagatran ha abortito le sperimentazioni per epatotossicita'. I nuovi (rivaroxaban, dabigatran ecc.) per ora sono migliori.

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Utente
Utente
Gentilissimo Dottor Bianchi,

innanzitutto La ringrazio tantissimo per la Sua cortese e sollecita risposta, che mi ha spiegato in che cosa consiste effettivamente il rischio "biologico" di emorragia cerebrale in una persona anziana, i cui vasi sanguigni sono soggetti a logoramento, specie se il paziente è iperteso.
Questo è in effetti il caso di mio padre, che mi fa temere la terapia anticoagulante con il Coumadin, in quanto mi pare aggravare questo rischio.

Nel caso specifico, fino a due anni fa mio padre faceva lunghe passeggiate quotidiane in bicicldetta, ma un giorno, pur non essendo propriamente caduto, ha perso l'equilibrio ed ha preso una forte botta sul polpaccio con il pedale.
Pur passando un paio d'ore ogni pomeriggio in poltrona con la gamba in alto che gli faceva male, mio padre non è rimasto immobilizzato, perchè ha continuato a lavorare all'aria aperta e a passeggiare a piedi.
Dopo due settimane dalla contusione ha avuto un'embolia polmonare, della quale i medici del reparto di geriatria in cui è stato ricoverato non sono riusciti ad individuare la causa precisa.

Io mi chiedo, se dalla contusione al polpaccio possono essere partiti i piccolissimi emboli che gli sono poi finiti nel polmone. E' chiaro che dopo due settimane dall'incidente i medici non abbiano trovato granchè di questa contusione al polpaccio, ma secondo me l'hanno trascurata come causa dell'embolia.

Comunque, al momento della dimissione gli hanno prescitto il Coumadin per sei mesi/un anno; poi, essendogli stata riscontrata una mutazione eterozigote di Leiden del fattore V della coagulazione, gli è stato consigliato di prenderlo a vita.

Io mi chiedo se, sulla base di queste premesse, sia giusto proseguire con tale terapia.
Anche mia sorella ed io, che abbiamo 55 e 41 anni, abbiamo ereditato tale mutazione, ma nessuno si sognerebbe mai di metterci in terapia con Coumadin.

Come ha detto il primario di medicina in cui mio padre è stato recentemente ricoverato in seguito ad una violenta aggressione da parte di un balordo, tale mutazione può essere la concausa di un'embolia, ma da sola non ha un peso tale da richiedere una terapia anticoagulante a vita.
Le concause per cui mio padre continua ad assumere il Coumadin sarebbero:
- l'età (78 anni),
- il diabete, del resto controllato a lungo solo con un'adeguata alimentazione, prima di intraprendere una terapia farmacologica,
- un'embolia polmonare la cui causa non è stata stabilita
- la pressione alta.

Il primario di medicina ha discusso a lungo con altri medici davanti al letto di mio padre, ma alla fine non si è preso la responsabilità di togliergli il Coumadin e il suo medico di base continua a farglielo prendere per evitare una nuova embolia.

Da quando assume il Coumadin mio padre non è più lo stesso:

- ha rinunciato alla sua adorata bicicletta e ai lavori di orto e giardinaggio per paura di farsi del male e di avere un'emorragia,

- a piedi non può più fare tutti i km che faceva prima, perciò il suo mondo si è molto ristretto,

- non mangia più le verdure che gli piacevano, e nonostante ciò, seppure le dose quotidiana di Coumadin sia sempre la stessa, i valori dell'INR sono molto instabili, con picchi verso l'alto o il basso, anche se sempre dentro i limiti di sicurezza,

- è stufo di dover continuare a fare prelievi.

Tutto questo rende mio padre sempre più insofferente: per cose di poco conto si arrabbia tantissimo e poi dice di sentirsi male.
I medici l'hanno definito molto ansioso e la pressione gli si alza spesso, perciò io temo la terapia con il Coumadin: perchè mi sembra che su un paziente così aggravi di molto il rischio di un'emorragia cerebrale.

Il dilemma, in cui mi dibattevo, è se i nuovi anticoagulanti orali potessero rappresentare un giusto compromesso tra l'esigenza di proteggere mio padre dal rischio di embolia e quella di non aggravare il rischio di emorragia cerebrale, ma dalla Sua risposta, capisco che essi non sono meno rischiosi in tal senso...

Desidero esprimerLe la mia sincera gratitudine per avermi almeno tolto questo dubbio non chiarito con il primario di medicina che, pur avendoci concesso con grande disponibilità un appuntamento il giorno della dimissione di mio padre, era atteso da una lunga fila di pazienti e familiari.

Rinnovo anche la mia stima nei Suoi confronti e di tutti gli altri medici, che donano il proprio tempo all'ascolto di tante storie più o meno difficili e sempre rispondono con professionalità e umanità.

Cordialissimi saluti.
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Biochimico clinico, Allergologo, Medico di laboratorio attivo dal 2006 al 2010
Biochimico clinico, Allergologo, Medico di laboratorio
Come avra' capito, i nuovi anticoagulanti orali sono "eparina senza la siringa", se scoagulano, scoagulano. Non esiste scoagulazione senza rischio emorragico.

Quanto al babbo, e' possibile che il trauma al polpaccio abbia causato una trombosi traumatica misconosciuta (dolore sovrapposto a quello della botta), e che da li' sia partita l' EP. A corollario di questa ipotesi, il ragionamento dice che siccome la trombosi ha avuto bisogno di un evento esterno per manifestarsi, a meno che il babbo torni a cadere, e' probabile che in condizioni ordinarie non succeda piu' niente, e dopo i sei mesi di rito si potrebbe sospendere il Coumadin.

In pratica manca la certezza, e la decisione di protrarre la terapia risponde a criteri di minimizzare il rischio conosciuto.

Il malumore del papa' deriva dalla "scoperta della fragilita'", le limitazioni pratiche invece si superano. Qua da noi gli scoagulati vanno in vigna come prima e emorragie da roncolate non ne vediamo. Certo gli si spiega tutto e quindi sanno che devono stare attenti a non tagliarsi, e si portano dietro un cerotto per il bendaggio compressivo. Analogamente l'attivita' ciclistica, che normalmente non prevede rischi cruenti, io personalmente non la proibirei, a ritmi tassativamente blandi (pedalata rapida = rialzo pressorio = rischio).

I molti prelievi e l'andamento ballerino sono un problema tecnico. In generale una dose fissa quotidiana, magari atipica (mezza compressa scarsa, 3/4 abbondante ecc.) e' migliore della terapia con dosi che variano ogni giorno, per arrivare alla "dose media settimanale" che trovera' nel foglio della terapia. L'obiettivo nostro e' di avere pazienti stabili, con un solo prelievo al mese - una scadenza sopportabile, molti sono pensionati e insomma, non e' che siano oberati di impegni.

Le verdure possono anche non essere evitate in assoluto, ma vanno standardizzate: le verdure contengono vit. K, il farmaco e' un'antivitamina, si tratta di bilanciare le due cose. Un cambiamento nella dieta, a parita' di terapia, introduce uno sbilanciamento nel rapporto fra le due entita', paragonabile al cambiamento della dose. Astenersi dalle verdure, ponendo a zero una delle due variabili, e' il sitema piu' brutale per eliminare una fonte di variabilita'; oggi si consiglia preferibilmente una dieta "monotona" quanto a contenuto in verdure.

Una volta dimostrato al paziente, anche per pochi mesi, che la stabilita' e' possibile, l'appuntamento col centro puo' diventare un momento di rassicurazione anziche'di mortificazione, come i piu' attivi inizialmente lo percepiscono.


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Utente
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Gentilissimo Dottor Bianchi,

Trovo molto giusta la sua osservazione circa la scoperta della fragilità, di cui mio padre non si è mai reso conto nella sua vita tanto attiva, finchè non è toccato anche a lui fermarsi.

Sicuramente il Coumadin rappresenta per lui una mortificazione ulteriore, inoltre si è molto spaventato quando ha assistito ad una forte emorragia in cui è incorso suo fratello togliendosi un cerotto e rompendo la crosticina di una vescica, tanto che il medico accorso a casa l'ha fatto portare subito al pronto soccorso, ma nel frattempo aveva riempito le lenzuola di sangue.

Mi pare anche di capire che il supporto fornito ad un paziente anticoagulato in un apposito centro sia diverso e probabilmente più ad ampio raggio, rispetto a quello che può fornire il medico di base, dal quale è invece seguito mio padre.

In ogni caso La ringrazio moltissimo per il tempo che mi ha dedicato e parlerò con mio padre delle risposte che mi ha dato.

Grazie e cordialissimi saluti.

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