Anche eventualmente se fosse possibile individuando soluzioni alternative
Buonasera,
vi contatto per avere alcune indicazioni su mia madre, malata di meniere da qualche anno.
Dopo circa due anni di cure farmacologiche (glicerolo, fluxarten + farmaci specifici per le crisi) si è deciso di intervenire con infiltrazione di gentamicina a settembre del 2008. La convalescenza è andata abbastanza bene ma a gennaio è ricomparsa una crisi forte seguita da altre due più leggere proprio nei giorni scorsi.
In realtà in questo momento la situazione che maggiormente la (e mi) preoccupa è data dal fatto che circa 5 settimane fa ha iniziato una cura antidepressiva con cipralex in dosaggi graduali fino ad arrivare ai 20 mg da circa 10 giorni. I risultati sono tutt'altro che soddisfacenti, anzi gli unici momenti di benessere sono legati all'assenza di effetti collaterali della cura (forti crisi d'ansia, tremore, pianto e tensione muscolare alle gambe e alla schiena).
Premetto che a questa cura siamo arrivati dopo colloquio con una neurologa a seguito di un periodo (coinciso con l'intervento con gentamicina) di difficoltà del sonno e di una generale situazione di sconforto legata a fattori diversi tra cui il ripresentarsi di crisi vertiginose.
Nonostante la neurologa continui a garantire sugli effetti positivi della cura con cipralex, a questo punto io sinceramente vorrei cercare di capire quanto questo suo principio di depressione (presunto?) possa essere condizionato dalla malattia di meniere ed eventualmente sapere come regolarmi, anche eventualmente se fosse possibile individuando soluzioni alternative.
Vi ringrazio per la disponibilità e resto in attesa di vostre preziose indicazioni.
vi contatto per avere alcune indicazioni su mia madre, malata di meniere da qualche anno.
Dopo circa due anni di cure farmacologiche (glicerolo, fluxarten + farmaci specifici per le crisi) si è deciso di intervenire con infiltrazione di gentamicina a settembre del 2008. La convalescenza è andata abbastanza bene ma a gennaio è ricomparsa una crisi forte seguita da altre due più leggere proprio nei giorni scorsi.
In realtà in questo momento la situazione che maggiormente la (e mi) preoccupa è data dal fatto che circa 5 settimane fa ha iniziato una cura antidepressiva con cipralex in dosaggi graduali fino ad arrivare ai 20 mg da circa 10 giorni. I risultati sono tutt'altro che soddisfacenti, anzi gli unici momenti di benessere sono legati all'assenza di effetti collaterali della cura (forti crisi d'ansia, tremore, pianto e tensione muscolare alle gambe e alla schiena).
Premetto che a questa cura siamo arrivati dopo colloquio con una neurologa a seguito di un periodo (coinciso con l'intervento con gentamicina) di difficoltà del sonno e di una generale situazione di sconforto legata a fattori diversi tra cui il ripresentarsi di crisi vertiginose.
Nonostante la neurologa continui a garantire sugli effetti positivi della cura con cipralex, a questo punto io sinceramente vorrei cercare di capire quanto questo suo principio di depressione (presunto?) possa essere condizionato dalla malattia di meniere ed eventualmente sapere come regolarmi, anche eventualmente se fosse possibile individuando soluzioni alternative.
Vi ringrazio per la disponibilità e resto in attesa di vostre preziose indicazioni.
[#1]
Gentile utente, la malattia di Menière potrebbe aver reso sua madre più "sensibile" ad un disturbo psichiatrico, ma non esiste alcuna correlazione diretta tra le due patologie.
Quanto alle due crisi di vertigine, le possibilità sono due: il labirinto trattato con gentamicina non è stato distrutto completamente o l'orecchio fino ad ora sano comincia ad essere interessato dalla malattia.
Saluti.
Quanto alle due crisi di vertigine, le possibilità sono due: il labirinto trattato con gentamicina non è stato distrutto completamente o l'orecchio fino ad ora sano comincia ad essere interessato dalla malattia.
Saluti.
Vincenzo Marcelli
[#2]
Gentile Signora, ho letto casualmente la sua storia. Mi farebbe piacere se desse un'occhiata al testo che le allego, tratto da una relazione che ho recentemente tenuto al convegno dell'Associazione Malati di Malattia di Meniere.
Resto a sua disposizione per eventuali delucidazioni.
Cordiali saluti ed auguri.
Edoardo Bernkopf
La Malattia di Menière è classicamente caratterizzata da quattro sintomi: crisi vertiginose, ipoacusie fluttuanti, acufeni, senso di “orecchio pieno”, o di pressione nelle orecchie. L’eziopatogenesi rimane peraltro in gran parte oscura. Anche se spiegazione più accreditata attribuisce la sintomatologia all’idrope del’endolinfa, l’eziopatogenesi rimane comunque in gran parte oscura.
Non sempre, infatti l’idrope si accompagna a vertigine, Tanto che alcuni Autori ritengono che che l’idrope possa essere considerata una caratteristica marker della MdM, ma non necessariamente l’elemento patogeneticamente responsabile delle crisi vertiginose (E1).
Sia la vertigine che gli altri sintomi riferiti nella MdM non compaiono solo nel corso di questa malattia, e possono quindi essere attribuiti, da soli o in associazione fra loro, anche a patologie primarie estranee all’orecchio, che solo secondariamente lo interessano, tanto più che, secondo alcuni Autori, a più del 50% dei sintomi otologici lamentati dai pazienti non corrispondono patologie otoiatriche che li possano sostenere (G5) .
Da qualche tempo si sta facendo strada nella letteratura scientifica una corrente di pensiero che ipotizza uno stretto legame della MdM con i disturbi dell’Articolazione Temporo Mandibolare (ATM).
Sulla scia aperta da Costen, interazioni fisiopatologiche fra il sistema stomatognatico (e quindi in particolare con l’ATM) e l’orecchio sono state ipotizzate e descritte da vari autori. Myrhaug nel 64 parlava di Sindrome Otognatica, Bernstein e Arlen di Sindrome Otomandibolare. In particolare dal punto di vista clinico si evidenziava che questi pazienti presentavano sintomi auricolari senza patologia ORL (tensor Timpani 1).
Clinicamente, l’incidenza dei sintomi dai quali la MdM è caratterizzata risulta essere maggiore nei casi di disfunzione dell’ATM rispetto al resto della popolazione. (ACU2 ATM17, A2, V3AI; ATM; ACU2 ATM17). In molti casi tali sintomi vengono riferiti in miglioramento o in risoluzione dopo trattamento odontoiatrico, e con ricaduta alla sospensione del trattamento stesso(V5). Inoltre pazienti affetti da acufeni riferiscono un cambiamento dell’acufene con i movimenti mandibolari e con la compressione dell’ATM (A2).
Per contro, in molti pazienti menierici sono presenti sintomi caratteristici della disfunzione dell’ATM (ATM5, Atm 13). Infine, un adeguato trattamento della disfunzione articolare è spesso in grado di risolvere o migliorare anche tali sintomi ( A1,ATM2, ATM3, A1). (ACU2 acufeni).
L’esatto meccanismo fisiopatologico attraverso il quale una disfunzione Temporo Mandibolare può causare sintomi otologici fino a poter costituire importante elemento patogenetico della MdM non sono chiari.
Alcuni Autori ritengono che siano i in gioco gli stretti rapporti fra i muscoli masticatori e il Tensore del Timpano a giustificare l’associazione sintomatologica. (Tensor Timpani 1-2). Il trattamento delle disfunzioni CM con dispositivi intraorali tende a far diminuire la tensione non solo dei muscoli della masticazione, ma anche il tensore del Timpano e il Tensore del Velo Palatino, che possono essere responsabili dell’insorgenza della sintomatologia otologica in caso di disfunzione. (ATM19).
Lo squilibrio dei muscoli masticatori potrebbe anche rendere ragione del frequente riscontro di cefalea nei pazienti menierici, come è del resto abituale riscontro nei pazienti con disfunzione dell’ATM (EMI 1-3).
Vari autori hanno ipotizzato che nell’insorgenza della sintomatologia MdM abbia un ruolo importante la disfunzione della tuba di Eustachio (ATM1), struttura il cui corretto funzionamento è di grande importanza per il mantenimento della salute dell’orecchio, e non solo di quello medio. Una disfunzione tubarica interferisce con il corretto mantenimento dell’equipressione sulle due superfici del timpano, e può essere di per se responsabile della sensazione soggettiva di “orecchio pieno”. Tale sensazione si rafforza quando il prolungato cattivo funzionamento della tuba impedisce il drenaggio delle secrezioni e favorisce così la formazione e il ristagno di catarro, nella tuba stessa e nell’orecchio medio: è da tutti accettato che dalla disfunzione e dalla stenosi tubarica dipendono molti quadri patologici che riguardano l’orecchio medio, come anche il senso di pressione e di “fullness” che rientra nel corredo sintomatologico della MdM. L’aumento di pressione all’interno dell’orecchio medio è vista come possibile elemento patogenetico di disfunzioni cocleo vestibolari non infettive. In questa ottica si inserisce l’indicazione terapeutica all’inserimento anche nella MdM di Drenaggi Trans Timpanici , non da tutti peraltro accettata (DT1).
Altri autori ritengono che il rapporto fra l’ATM, la Tuba e l’orecchio mediata da riflessi neuro muscolari, in ragione delle varie connessioni nelle innervazioni di queste vicine strutture anatomiche (ATM1).
Poco considerata risulta invece la possibile componente meccanica.
In una ATM normale, i condili di entrambi i lati sono in rapporto con la parete antero superiore della cavità glenoide e con il tubercolo articolare anteriore; fra le superfici articolari è interposto un menisco con due cavità sinoviali, superiore e inferiore (fig. 1).
Per vari motivi, in parte legati all’ATM stessa, ma più spesso al non corretto allineamento dei denti e alla cattiva postura della mandibola , accade però che i condili possano dislocarsi in una zona più arretrata, entrando in rapporto con le superfici più distali delle cavità glenoidi senza l'interposizione dei menischi (fig. 2).
Tali superfici sono in intimo rapporto con l'orecchio. In questo caso, assai comune, ogni qualvolta l'individuo deglutisce (e ciò avviene circa duemila volte al giorno a prescindere dalla volontà e dallo stato di sonno e veglia) i condili percuotono l'orecchio con più o meno violenza, come può essere facilmente riscontrato con la palpazione endo auricolare.
Questo aspetto strettamente meccanico viene poco considerato in letteratura, e solo nel suo quadro più eclatante di erniazione, quando cioè il condilo mandibolare entra fisicamente nel meato acustico (ATM 11-12).: varrebbe forse la pena di considerare anche i quadri di traumatismo più sfumato.
L’interessamento dell’orecchio potrebbe in questi casi essere legato a varie piccole formazioni anatomiche quali il forame di Huschke (comunicazione diretta fra la fossa articolare e il canale acustico) e la Fessura Petro Timpanica, oppure essere mediato dalla Tuba di Eustachio , sommandosi, come già ricordato, ai meccanismi muscolari e ai riflessi nervosi da vari autori ipotizzati .
Appare evidente come, se da un lato il movimento di apertura della bocca viene comunemente sfruttato per il ripristino, all'interno della cassa timpanica, dell'equilibrio pressorio alterato ad esempio per sbalzi di quota, dall'altro un cronico dislocamento posteriore di uno o entrambi i condili e lo squilibrio dei muscoli della masticazione e della deglutizione, possono dar luogo ad una ipofunzionalità tubarica e, al limite, ad una stenosi, sostenendo così, oltre a varie patologie otoiatriche che appunto alle disfunzioni tubariche sono legate, anche la sintomatologia menierica.
Il rapporto fra condilo mandibolare e orecchio potrebbe spiegare anche la monolateralità e/o la bilateralità della sintomatologia: una mandibola laterodeviata favorisce una sintomatologia otologica omolaterale alla deviazione , una mandibola biretrusa favorisce una sintomatologia bilaterale (anche se solitamente un lato teevale).
Altra importante concausa nell’isorgenza della sintomatologia menierica è stata ipotizzata nei difetti di postura della colonna cervicale (SPINA1): con adeguato trattamento fisiatrico, associato a quello volto a correggere le disfunzioni dell’ATM, si sono riscontrate diminuzioni della sintomatologia menierica (ATM2).
Il link fra ATM colonna può essere costituito sia da un riflesso posturale che da problemi vascolari.
La colonna va considerata, nella maggior parte dei casi, un sistema di compenso di malposizioni che intervengono nei distretti inferiori ( bacino, ginocchia, caviglie, piedi ) solitamente chiamate " Ascendenti ", o superiori ( malocclusione dentaria con dislocazione della mandibola e eventuale disfunzione dell’ATM in particolare ) solitamente denominate " Discendenti ". ( Fig. 01 ), questi ultimi assai spesso trascurati.
La postura del cranio rispetto alla colonna non è determinata solo dai muscoli del collo che connettono direttamente questi due sistemi, ma anche da un altro sistema muscolare indiretto formato dai sottoioidei, dai sopraioidei e dagli elevatori della mandibola. ( Fig. 03 schema di Brodie) .
La postura della mandibola è dunque pienamente coinvolta ( anche se spesso trascurata ) nella postura del sistema cranio - vertebrale. Anzi il suo ruolo va opportunamente rivalutato in considerazione del fatto che la mandibola è l'unico elemento macroscopicamente mobile del cranio, e viene coinvolta non solo in molte funzioni normali ( masticazione, fonazione, deglutizione ) e patologiche ( bruxismo, serramento ) ma partecipa attivamente anche all'interpretazione dei diversi stati psichici del soggetto ( basti pensare al serramento nei momenti di collera, di paura, di sforzo o di lotta ), costituendo molto spesso un indispensabile anello di congiunzione fra lo stress psicofisico e la disfunzione dell’ATM.
Se per varie ragioni ( scheletriche, dentarie, iatrogene ) la mandibola è costretta ad assumere a bocca chiusa una posizione spaziale scorretta, ad esempio deviata (fig. ), ciò causerà necessariamente degli atteggiamenti compensatori a livello dell' intera struttura corporea e del rachide in particolare: nel tentativo di mantenere la linea bipupillare orizzontale, il tutto viene compensato con la disposizione a S della colonna, che si incurva con concavità omolaterale alla deviazione a livello cervicale e controlaterale ( sempre rispetto alla deviazione mandibolare ) a livello lombare. ( Fig.).
C'è infine da osservare che anche il meccanismo vascolare di insorgenza delle vertigini configurato nella sindrome di Neri-Barrè-Lieou può costituire un fenomeno connesso con di una disfunzione del sistema cranio-mandibolo-vertebrale. Infatti gli atteggiamenti compensatori posturali del rachide cervicale (a seguito di una malposizione mandibolare), associati o meno a fenomeni di degenerazione artrosica, possono causare un ostacolato afflusso ematico attraverso le arterie vertebrali, ed esitare conseguentemente in episodi vertiginosi.
La terapia è rivolta a ricercare, sulla base dei reperti anamnestici, clinici e radiografici, la postura corretta della mandibola.
Viene dunque allestito un disposivo intra-orale in resina acrilica ( può essere denominato bite, splint, Oral device ecc.) che, grazie alla conformazione decisa caso per caso dal dentista, obbliga il paziente ad atteggiare la propria mandibola nella posizione prescelta, lasciandola libera di effettuare tutti i movimenti necessari ad una vita normale ma non quelli considerati patologici.
Con questo approccio, in parte di conferma diagnostica , in parte già terapeutico, è quindi possibile testare l’effettiva incidenza della malocclusione dentaria e della disfunzione dell’ATM sulla sintomatologia otologica, e sulle vertigini in particolare, il tutto in maniera totalmente reversibile, priva di qualunque rischio biologico: in caso di insuccesso la rimozione del dispositivo ripristinerà esattamente la situazione di partenza. In caso invece di successo, il paziente potrà scegliere se avvalersi a vita del dispositivo, oppure se passare ad una seconda fase riabilitativa della propria bocca, attraverso un piano di trattamento individuale ortodontico, protesico o misto, che verrà però realizzato sulla base delle indicazioni attenute con il trattamento iniziale .
Contemporaneamente può essere necessario il trattamento chiropratico della colonna per assecondare o indurre il ripristino di una corretta postura.
Resto a sua disposizione per eventuali delucidazioni.
Cordiali saluti ed auguri.
Edoardo Bernkopf
La Malattia di Menière è classicamente caratterizzata da quattro sintomi: crisi vertiginose, ipoacusie fluttuanti, acufeni, senso di “orecchio pieno”, o di pressione nelle orecchie. L’eziopatogenesi rimane peraltro in gran parte oscura. Anche se spiegazione più accreditata attribuisce la sintomatologia all’idrope del’endolinfa, l’eziopatogenesi rimane comunque in gran parte oscura.
Non sempre, infatti l’idrope si accompagna a vertigine, Tanto che alcuni Autori ritengono che che l’idrope possa essere considerata una caratteristica marker della MdM, ma non necessariamente l’elemento patogeneticamente responsabile delle crisi vertiginose (E1).
Sia la vertigine che gli altri sintomi riferiti nella MdM non compaiono solo nel corso di questa malattia, e possono quindi essere attribuiti, da soli o in associazione fra loro, anche a patologie primarie estranee all’orecchio, che solo secondariamente lo interessano, tanto più che, secondo alcuni Autori, a più del 50% dei sintomi otologici lamentati dai pazienti non corrispondono patologie otoiatriche che li possano sostenere (G5) .
Da qualche tempo si sta facendo strada nella letteratura scientifica una corrente di pensiero che ipotizza uno stretto legame della MdM con i disturbi dell’Articolazione Temporo Mandibolare (ATM).
Sulla scia aperta da Costen, interazioni fisiopatologiche fra il sistema stomatognatico (e quindi in particolare con l’ATM) e l’orecchio sono state ipotizzate e descritte da vari autori. Myrhaug nel 64 parlava di Sindrome Otognatica, Bernstein e Arlen di Sindrome Otomandibolare. In particolare dal punto di vista clinico si evidenziava che questi pazienti presentavano sintomi auricolari senza patologia ORL (tensor Timpani 1).
Clinicamente, l’incidenza dei sintomi dai quali la MdM è caratterizzata risulta essere maggiore nei casi di disfunzione dell’ATM rispetto al resto della popolazione. (ACU2 ATM17, A2, V3AI; ATM; ACU2 ATM17). In molti casi tali sintomi vengono riferiti in miglioramento o in risoluzione dopo trattamento odontoiatrico, e con ricaduta alla sospensione del trattamento stesso(V5). Inoltre pazienti affetti da acufeni riferiscono un cambiamento dell’acufene con i movimenti mandibolari e con la compressione dell’ATM (A2).
Per contro, in molti pazienti menierici sono presenti sintomi caratteristici della disfunzione dell’ATM (ATM5, Atm 13). Infine, un adeguato trattamento della disfunzione articolare è spesso in grado di risolvere o migliorare anche tali sintomi ( A1,ATM2, ATM3, A1). (ACU2 acufeni).
L’esatto meccanismo fisiopatologico attraverso il quale una disfunzione Temporo Mandibolare può causare sintomi otologici fino a poter costituire importante elemento patogenetico della MdM non sono chiari.
Alcuni Autori ritengono che siano i in gioco gli stretti rapporti fra i muscoli masticatori e il Tensore del Timpano a giustificare l’associazione sintomatologica. (Tensor Timpani 1-2). Il trattamento delle disfunzioni CM con dispositivi intraorali tende a far diminuire la tensione non solo dei muscoli della masticazione, ma anche il tensore del Timpano e il Tensore del Velo Palatino, che possono essere responsabili dell’insorgenza della sintomatologia otologica in caso di disfunzione. (ATM19).
Lo squilibrio dei muscoli masticatori potrebbe anche rendere ragione del frequente riscontro di cefalea nei pazienti menierici, come è del resto abituale riscontro nei pazienti con disfunzione dell’ATM (EMI 1-3).
Vari autori hanno ipotizzato che nell’insorgenza della sintomatologia MdM abbia un ruolo importante la disfunzione della tuba di Eustachio (ATM1), struttura il cui corretto funzionamento è di grande importanza per il mantenimento della salute dell’orecchio, e non solo di quello medio. Una disfunzione tubarica interferisce con il corretto mantenimento dell’equipressione sulle due superfici del timpano, e può essere di per se responsabile della sensazione soggettiva di “orecchio pieno”. Tale sensazione si rafforza quando il prolungato cattivo funzionamento della tuba impedisce il drenaggio delle secrezioni e favorisce così la formazione e il ristagno di catarro, nella tuba stessa e nell’orecchio medio: è da tutti accettato che dalla disfunzione e dalla stenosi tubarica dipendono molti quadri patologici che riguardano l’orecchio medio, come anche il senso di pressione e di “fullness” che rientra nel corredo sintomatologico della MdM. L’aumento di pressione all’interno dell’orecchio medio è vista come possibile elemento patogenetico di disfunzioni cocleo vestibolari non infettive. In questa ottica si inserisce l’indicazione terapeutica all’inserimento anche nella MdM di Drenaggi Trans Timpanici , non da tutti peraltro accettata (DT1).
Altri autori ritengono che il rapporto fra l’ATM, la Tuba e l’orecchio mediata da riflessi neuro muscolari, in ragione delle varie connessioni nelle innervazioni di queste vicine strutture anatomiche (ATM1).
Poco considerata risulta invece la possibile componente meccanica.
In una ATM normale, i condili di entrambi i lati sono in rapporto con la parete antero superiore della cavità glenoide e con il tubercolo articolare anteriore; fra le superfici articolari è interposto un menisco con due cavità sinoviali, superiore e inferiore (fig. 1).
Per vari motivi, in parte legati all’ATM stessa, ma più spesso al non corretto allineamento dei denti e alla cattiva postura della mandibola , accade però che i condili possano dislocarsi in una zona più arretrata, entrando in rapporto con le superfici più distali delle cavità glenoidi senza l'interposizione dei menischi (fig. 2).
Tali superfici sono in intimo rapporto con l'orecchio. In questo caso, assai comune, ogni qualvolta l'individuo deglutisce (e ciò avviene circa duemila volte al giorno a prescindere dalla volontà e dallo stato di sonno e veglia) i condili percuotono l'orecchio con più o meno violenza, come può essere facilmente riscontrato con la palpazione endo auricolare.
Questo aspetto strettamente meccanico viene poco considerato in letteratura, e solo nel suo quadro più eclatante di erniazione, quando cioè il condilo mandibolare entra fisicamente nel meato acustico (ATM 11-12).: varrebbe forse la pena di considerare anche i quadri di traumatismo più sfumato.
L’interessamento dell’orecchio potrebbe in questi casi essere legato a varie piccole formazioni anatomiche quali il forame di Huschke (comunicazione diretta fra la fossa articolare e il canale acustico) e la Fessura Petro Timpanica, oppure essere mediato dalla Tuba di Eustachio , sommandosi, come già ricordato, ai meccanismi muscolari e ai riflessi nervosi da vari autori ipotizzati .
Appare evidente come, se da un lato il movimento di apertura della bocca viene comunemente sfruttato per il ripristino, all'interno della cassa timpanica, dell'equilibrio pressorio alterato ad esempio per sbalzi di quota, dall'altro un cronico dislocamento posteriore di uno o entrambi i condili e lo squilibrio dei muscoli della masticazione e della deglutizione, possono dar luogo ad una ipofunzionalità tubarica e, al limite, ad una stenosi, sostenendo così, oltre a varie patologie otoiatriche che appunto alle disfunzioni tubariche sono legate, anche la sintomatologia menierica.
Il rapporto fra condilo mandibolare e orecchio potrebbe spiegare anche la monolateralità e/o la bilateralità della sintomatologia: una mandibola laterodeviata favorisce una sintomatologia otologica omolaterale alla deviazione , una mandibola biretrusa favorisce una sintomatologia bilaterale (anche se solitamente un lato teevale).
Altra importante concausa nell’isorgenza della sintomatologia menierica è stata ipotizzata nei difetti di postura della colonna cervicale (SPINA1): con adeguato trattamento fisiatrico, associato a quello volto a correggere le disfunzioni dell’ATM, si sono riscontrate diminuzioni della sintomatologia menierica (ATM2).
Il link fra ATM colonna può essere costituito sia da un riflesso posturale che da problemi vascolari.
La colonna va considerata, nella maggior parte dei casi, un sistema di compenso di malposizioni che intervengono nei distretti inferiori ( bacino, ginocchia, caviglie, piedi ) solitamente chiamate " Ascendenti ", o superiori ( malocclusione dentaria con dislocazione della mandibola e eventuale disfunzione dell’ATM in particolare ) solitamente denominate " Discendenti ". ( Fig. 01 ), questi ultimi assai spesso trascurati.
La postura del cranio rispetto alla colonna non è determinata solo dai muscoli del collo che connettono direttamente questi due sistemi, ma anche da un altro sistema muscolare indiretto formato dai sottoioidei, dai sopraioidei e dagli elevatori della mandibola. ( Fig. 03 schema di Brodie) .
La postura della mandibola è dunque pienamente coinvolta ( anche se spesso trascurata ) nella postura del sistema cranio - vertebrale. Anzi il suo ruolo va opportunamente rivalutato in considerazione del fatto che la mandibola è l'unico elemento macroscopicamente mobile del cranio, e viene coinvolta non solo in molte funzioni normali ( masticazione, fonazione, deglutizione ) e patologiche ( bruxismo, serramento ) ma partecipa attivamente anche all'interpretazione dei diversi stati psichici del soggetto ( basti pensare al serramento nei momenti di collera, di paura, di sforzo o di lotta ), costituendo molto spesso un indispensabile anello di congiunzione fra lo stress psicofisico e la disfunzione dell’ATM.
Se per varie ragioni ( scheletriche, dentarie, iatrogene ) la mandibola è costretta ad assumere a bocca chiusa una posizione spaziale scorretta, ad esempio deviata (fig. ), ciò causerà necessariamente degli atteggiamenti compensatori a livello dell' intera struttura corporea e del rachide in particolare: nel tentativo di mantenere la linea bipupillare orizzontale, il tutto viene compensato con la disposizione a S della colonna, che si incurva con concavità omolaterale alla deviazione a livello cervicale e controlaterale ( sempre rispetto alla deviazione mandibolare ) a livello lombare. ( Fig.).
C'è infine da osservare che anche il meccanismo vascolare di insorgenza delle vertigini configurato nella sindrome di Neri-Barrè-Lieou può costituire un fenomeno connesso con di una disfunzione del sistema cranio-mandibolo-vertebrale. Infatti gli atteggiamenti compensatori posturali del rachide cervicale (a seguito di una malposizione mandibolare), associati o meno a fenomeni di degenerazione artrosica, possono causare un ostacolato afflusso ematico attraverso le arterie vertebrali, ed esitare conseguentemente in episodi vertiginosi.
La terapia è rivolta a ricercare, sulla base dei reperti anamnestici, clinici e radiografici, la postura corretta della mandibola.
Viene dunque allestito un disposivo intra-orale in resina acrilica ( può essere denominato bite, splint, Oral device ecc.) che, grazie alla conformazione decisa caso per caso dal dentista, obbliga il paziente ad atteggiare la propria mandibola nella posizione prescelta, lasciandola libera di effettuare tutti i movimenti necessari ad una vita normale ma non quelli considerati patologici.
Con questo approccio, in parte di conferma diagnostica , in parte già terapeutico, è quindi possibile testare l’effettiva incidenza della malocclusione dentaria e della disfunzione dell’ATM sulla sintomatologia otologica, e sulle vertigini in particolare, il tutto in maniera totalmente reversibile, priva di qualunque rischio biologico: in caso di insuccesso la rimozione del dispositivo ripristinerà esattamente la situazione di partenza. In caso invece di successo, il paziente potrà scegliere se avvalersi a vita del dispositivo, oppure se passare ad una seconda fase riabilitativa della propria bocca, attraverso un piano di trattamento individuale ortodontico, protesico o misto, che verrà però realizzato sulla base delle indicazioni attenute con il trattamento iniziale .
Contemporaneamente può essere necessario il trattamento chiropratico della colonna per assecondare o indurre il ripristino di una corretta postura.
Dr. Edoardo Bernkopf-Roma-Vicenza-Parma
Spec. in Odontoiatria, Gnatologo- Ortodontista
edber@studiober.com - www.studiober.com
Questo consulto ha ricevuto 2 risposte e 4.9k visite dal 03/03/2009.
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