Stato vegetativo post arresto cardiaco
Gentili Dottori, so che non è semplice rispondere alla domanda che vorrei porvi, ma questo portale in più occasioni mi è stato di grande utilità.
Sintetizzo la mia questione: mia madre (70 anni), che non aveva mai presentato particolari sintomi di sofferenza cardiaca (a parte controlli periodici per la pressione, prendeva infatti la "pillola") due settimane fa ha avuto un arresto cardiaco improvviso mentre si trovava in casa.
Fortunatamente erano presenti mio padre e mio fratello che sono intervenuti chiamando subito il pronto soccorso e, su indicazione del centralino, mio padre ha cercato di praticare il massaggio cardiaco sino all'arrivo di ambulanza ed auto medica.
I soccorritori hanno proseguito la rianimazione e defibrillato, il tutto è avvenuto in tempi relativamente rapidi (compatibili con l'arrivo di un'ambulanza in una città come Milano) e in ospedale mia madre ha subito un'angioplastica e l'installazione di un pacemaker d'emergenza, dopodiché è stata sottoposta a protocollo ipotermico sino al giorno successivo.
Da quel momento però il dramma... svezzata dalla sedazione, non ha aperto gli occhi se non dopo qualche giorno e ancora oggi permane in questo stato, senza evidenza di ripresa neurologica (i medici ci parlano di "coma vigile", io ho letto che viene anche definito "Stato vegetativo").
Ad oggi, quindi 2 settimane dall'evento, gli aspetti cardiologici si sono stabilizzati ed è stato anche rimosso il pacemaker, la respirazione al momento è autonoma ed avviene tramite cannula tracheostomica inserita circa 5 giorni fa (sino ad allora, mia madre era intubata e sottoposta a ventilazione forzata), la stanno quindi portando fuori dalla terapia intensiva presso un reparto di Medicina.
Da quello che ci hanno riferito i medici della terapia intensiva, i due EEG che le hanno fatto in queste settimane evidenziano una "sofferenza diffusa" e la loro opinione è che difficilmente si andrà oltre lo stato attuale.
Al momento lei ha spesso gli occhi aperti (alle volte sembra seguire la nostra presenza, ma non in modo costante), se la tocco sulla fronte tende a corrugarla, sbadiglia, ma non manifesta altro.
In sostanza, la mia domanda è: considerando questo quadro generale, potrebbe essere lecito attendere qualche miglioramento andando avanti, seppur graduale e a lungo termine?
Se così non fosse, a causa di un danno anossico troppo rilevante, oggettivamente quanto tempo possono restare in vita questi pazienti?
Non voglio farmi alcuna falsa illusione, ma vorrei anche comprendere quanto possa essere lungo e complesso il percorso che d'ora in avanti io e la mia famiglia ci troveremo ad affrontare.
Grazie come sempre per la vostra disponibilità.
Sintetizzo la mia questione: mia madre (70 anni), che non aveva mai presentato particolari sintomi di sofferenza cardiaca (a parte controlli periodici per la pressione, prendeva infatti la "pillola") due settimane fa ha avuto un arresto cardiaco improvviso mentre si trovava in casa.
Fortunatamente erano presenti mio padre e mio fratello che sono intervenuti chiamando subito il pronto soccorso e, su indicazione del centralino, mio padre ha cercato di praticare il massaggio cardiaco sino all'arrivo di ambulanza ed auto medica.
I soccorritori hanno proseguito la rianimazione e defibrillato, il tutto è avvenuto in tempi relativamente rapidi (compatibili con l'arrivo di un'ambulanza in una città come Milano) e in ospedale mia madre ha subito un'angioplastica e l'installazione di un pacemaker d'emergenza, dopodiché è stata sottoposta a protocollo ipotermico sino al giorno successivo.
Da quel momento però il dramma... svezzata dalla sedazione, non ha aperto gli occhi se non dopo qualche giorno e ancora oggi permane in questo stato, senza evidenza di ripresa neurologica (i medici ci parlano di "coma vigile", io ho letto che viene anche definito "Stato vegetativo").
Ad oggi, quindi 2 settimane dall'evento, gli aspetti cardiologici si sono stabilizzati ed è stato anche rimosso il pacemaker, la respirazione al momento è autonoma ed avviene tramite cannula tracheostomica inserita circa 5 giorni fa (sino ad allora, mia madre era intubata e sottoposta a ventilazione forzata), la stanno quindi portando fuori dalla terapia intensiva presso un reparto di Medicina.
Da quello che ci hanno riferito i medici della terapia intensiva, i due EEG che le hanno fatto in queste settimane evidenziano una "sofferenza diffusa" e la loro opinione è che difficilmente si andrà oltre lo stato attuale.
Al momento lei ha spesso gli occhi aperti (alle volte sembra seguire la nostra presenza, ma non in modo costante), se la tocco sulla fronte tende a corrugarla, sbadiglia, ma non manifesta altro.
In sostanza, la mia domanda è: considerando questo quadro generale, potrebbe essere lecito attendere qualche miglioramento andando avanti, seppur graduale e a lungo termine?
Se così non fosse, a causa di un danno anossico troppo rilevante, oggettivamente quanto tempo possono restare in vita questi pazienti?
Non voglio farmi alcuna falsa illusione, ma vorrei anche comprendere quanto possa essere lungo e complesso il percorso che d'ora in avanti io e la mia famiglia ci troveremo ad affrontare.
Grazie come sempre per la vostra disponibilità.
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Gentile Utente buonasera. Il quadro che mi descrive è purtroppo di frequente riscontro in pazienti che vengono rianimati dopo un arresto cardiaco. La sindrome vegetativa perché è meglio chiamarla sindrome piuttosto che stato perché è un quadro clinico dinamico non statico può avere dei miglioramenti nel tempo così come purtroppo anche dei rapidi peggioramenti. A ciò si aggiunge il problema legato all’immobilita dei pazienti, all’allettamento così come anche a riduzione di metodiche di difesa del nostro organismo come una tosse valida nonché una corretta deglutizione. Problematiche che potrebbero nel tempo provocare complicanze cosiddette iatrogene cioè dovute proprio alle nostre attività mediche mirate alla sopravvivenza del paziente stesso. La prognosi di una sindrome vegetativa in termini di sopravvivenza in genere è buona ma si riduce molto la qualità di vita del paziente e questo è un dramma che colpisce anche i familiari. Quello che mi sento di consigliarLe è magari prima di un trasferimento in un reparto di degenza ordinaria come la Medicina una AngioRMN encefalica per fare una valutazione di tipo perfusivo cerebrale per valutare quanto il cervello della Sua Mamma venga nutrito. Certamente questo sarà stato già previsto dai colleghi che la hanno in cura che da quello che mi descrive hanno fatto tutto ciò che è possibile fare in queste situazioni. I miglioramenti di questi pazienti sono quello per cui ci impegnano tanto nelle terapie intensive e quindi sono da noi ricercati e desiderati. Spero sia il Suo caso. Spero possa esserLe stato di aiuto e conforto. Non esiti a contattarmi per ulteriori chiarimenti
Dr. Baccaro Alessandro
Medico Chirurgo
Specialista in Anestesia e Rianimazione
[#2]
Utente
Grazie mille Dr. Baccaro, le sue parole sono sicuramente di conforto per quanto mi rendo conto che la situazione non sia rosea.
Posso immaginare che i suoi colleghi qui a Milano (dove vivo con i miei genitori) abbiamo effettivamente fatto tutto ciò che le procedure normalmente prevedono in questi casi.
In realtà non ci hanno mai parlato di approfondimenti diagnostici quali TAC o RMN, ma solo di elettroencefalogrammi che evidenziavano questo problema "diffuso" sebbene con assenza di segnali epilettici (il che mi è parso di capire sia una buona cosa). Da quel che ho inteso, trasferendo ora mia madre dalla terapia intensiva alla Medicina può darsi che vengano effettuate ulteriori indagini... non mancherò di chiedere se è previsto qualche approfondimento neurologico e vascolare così come lei ha gentilmente suggerito. Se dovessero esserci degli aggiornamenti, non esiterò a chiederle un ulteriore consiglio.
Un cordiale saluto e grazie ancora.
Posso immaginare che i suoi colleghi qui a Milano (dove vivo con i miei genitori) abbiamo effettivamente fatto tutto ciò che le procedure normalmente prevedono in questi casi.
In realtà non ci hanno mai parlato di approfondimenti diagnostici quali TAC o RMN, ma solo di elettroencefalogrammi che evidenziavano questo problema "diffuso" sebbene con assenza di segnali epilettici (il che mi è parso di capire sia una buona cosa). Da quel che ho inteso, trasferendo ora mia madre dalla terapia intensiva alla Medicina può darsi che vengano effettuate ulteriori indagini... non mancherò di chiedere se è previsto qualche approfondimento neurologico e vascolare così come lei ha gentilmente suggerito. Se dovessero esserci degli aggiornamenti, non esiterò a chiederle un ulteriore consiglio.
Un cordiale saluto e grazie ancora.
Questo consulto ha ricevuto 3 risposte e 5k visite dal 07/07/2020.
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