perdita erezione complementare dopo reimpianto protesi
Bungiorno e grazie a quanti vorranno fornirmi supporto in questo spinoso problema.
Pochi mesi fa ho dovuto sostituire la protesi AMS 700 che avevo da otto anni, per un guasto meccanico.
Il primo impianto inserito per via penoscrotale a causa di un deficit erettivo su base vascolare, consentiva - olre alla sua tipica rigidità assiale - una buona tumescenza complementare.
So che gli impianti idraulici svogono anche senza questo requisito la loro funzione: ma nel mio caso la tumescenza complementare aumentava considerevolmente le dimensioni del pene rispetto aì quelle relative alla sola protesi attivata (+ 3 cm circonferenza + 1 cm lunghezza) raggiungendo in sostanza le dimensioni pre impianto.
Dopo la sostituzione della protesi, avvenuta per via infrapubica, l'erezione complementare è scomparsa.
Ho fatto alcuni tentativi con Cialis, ma senza alcun successo.
La protesi garantisce ovviamente la rigidità necessaria, ma il pene ha perso quella pienezza, quelle dimensoni, e quel calore che miglioravano nettamnete la sennsazione di naturalezza, sia oggettva sia soggettiva (anche la mia partner ha notato la marcata differenza).
Il chirurgo, consultato, sostiene che non vi sia stata alcuna ablazione di tessuto erettile.
In sostanza la protesi ha le stesse dimensioni della precedente ed è stata infilata senza manovre aggiuntive li dove era presente la capsula periprotesica.
E' possibile che il differente aproccio chiriurgico (infrapubico) possa esere la causa di questo problema?
Mi chiedo altresì se in questi casi il deficit di tumescenza complementare avvenga per fuga venosa o per insufficienza arteriosa o se vi siano alre possibili cause.
Vi chiedo i ultima analisi se è lecito tentare un percorso medico o chiurugico per tentere di recuperare il turgore residuo così repentinamnete (e misteriosamente) perduto
Grazie di cuore
Pochi mesi fa ho dovuto sostituire la protesi AMS 700 che avevo da otto anni, per un guasto meccanico.
Il primo impianto inserito per via penoscrotale a causa di un deficit erettivo su base vascolare, consentiva - olre alla sua tipica rigidità assiale - una buona tumescenza complementare.
So che gli impianti idraulici svogono anche senza questo requisito la loro funzione: ma nel mio caso la tumescenza complementare aumentava considerevolmente le dimensioni del pene rispetto aì quelle relative alla sola protesi attivata (+ 3 cm circonferenza + 1 cm lunghezza) raggiungendo in sostanza le dimensioni pre impianto.
Dopo la sostituzione della protesi, avvenuta per via infrapubica, l'erezione complementare è scomparsa.
Ho fatto alcuni tentativi con Cialis, ma senza alcun successo.
La protesi garantisce ovviamente la rigidità necessaria, ma il pene ha perso quella pienezza, quelle dimensoni, e quel calore che miglioravano nettamnete la sennsazione di naturalezza, sia oggettva sia soggettiva (anche la mia partner ha notato la marcata differenza).
Il chirurgo, consultato, sostiene che non vi sia stata alcuna ablazione di tessuto erettile.
In sostanza la protesi ha le stesse dimensioni della precedente ed è stata infilata senza manovre aggiuntive li dove era presente la capsula periprotesica.
E' possibile che il differente aproccio chiriurgico (infrapubico) possa esere la causa di questo problema?
Mi chiedo altresì se in questi casi il deficit di tumescenza complementare avvenga per fuga venosa o per insufficienza arteriosa o se vi siano alre possibili cause.
Vi chiedo i ultima analisi se è lecito tentare un percorso medico o chiurugico per tentere di recuperare il turgore residuo così repentinamnete (e misteriosamente) perduto
Grazie di cuore
[#1]
Caro lettore
la tumescenza "accessoria" spesso presente anche dopo la collocazione di un impianto protesico è legata al residuo tessuto cavernoso ancora presente. Le manovre di asportazione dei cilindri del sistema non funzionante e la collocazione di nuovi cilindri sicuramente hanno comportato un "trauma" ai corpi cavernosi che potrebbero aver perso quel tessuto che prima le garantiva la piacevole tumescenza accessoria
Nei miei pazienti ottengo ottimi risultati utilizzando il vitaros una crema intrauretrale
ne parli con il suo andrologo
cordiali saluti .
la tumescenza "accessoria" spesso presente anche dopo la collocazione di un impianto protesico è legata al residuo tessuto cavernoso ancora presente. Le manovre di asportazione dei cilindri del sistema non funzionante e la collocazione di nuovi cilindri sicuramente hanno comportato un "trauma" ai corpi cavernosi che potrebbero aver perso quel tessuto che prima le garantiva la piacevole tumescenza accessoria
Nei miei pazienti ottengo ottimi risultati utilizzando il vitaros una crema intrauretrale
ne parli con il suo andrologo
cordiali saluti .
Dott. Diego Pozza
www.andrologia.lazio.it
www.studiomedicopozza.it
www.vasectomia.org
[#2]
Ex utente
Molte grazie per la sollecita risposta
Il chirurgo che mi ha operato sostanzialmente mi ha detto che ha fatto una semplice operazione di sfila e infila come l’ha definita. Il tutto a suo dire nei tempi rapidissimi che l’approccio infrapubico consente. Quindi non ci dovrebbe essere stato danno ai cc residui.
A meno che il taglio anteriore possa aver comportato un danno vascolare ulteriore.
Apposta chiedevo, anche per puro interesse, se il deterioramento della tumescenza complementare fosse su base venosa o arteriosa.
Ho provato il vitaros, ma è gravato - sia pure in misura minore - dagli effetti collaterali della PGE1 intracavernosa (dolore)
Grazie!
Il chirurgo che mi ha operato sostanzialmente mi ha detto che ha fatto una semplice operazione di sfila e infila come l’ha definita. Il tutto a suo dire nei tempi rapidissimi che l’approccio infrapubico consente. Quindi non ci dovrebbe essere stato danno ai cc residui.
A meno che il taglio anteriore possa aver comportato un danno vascolare ulteriore.
Apposta chiedevo, anche per puro interesse, se il deterioramento della tumescenza complementare fosse su base venosa o arteriosa.
Ho provato il vitaros, ma è gravato - sia pure in misura minore - dagli effetti collaterali della PGE1 intracavernosa (dolore)
Grazie!
[#3]
Caro lettore
un re-intervento comunque rappresenta un "trauma" per le strutture cavernose ma è anche vero che l'approccio infrapubico presenta il rischio di danni neurologici ( i nervi decorrono sul dorso dei corpi cavernosi e sono facilemente danneggiabili dalle manovre, dalla incisione e dai punti di sutura per chiudere le corporotomie..))
cordiali saluti
un re-intervento comunque rappresenta un "trauma" per le strutture cavernose ma è anche vero che l'approccio infrapubico presenta il rischio di danni neurologici ( i nervi decorrono sul dorso dei corpi cavernosi e sono facilemente danneggiabili dalle manovre, dalla incisione e dai punti di sutura per chiudere le corporotomie..))
cordiali saluti
Questo consulto ha ricevuto 3 risposte e 2.3k visite dal 13/12/2020.
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