Terazosina: utile nell’IPB ma anche contro il Parkinson
Terazosina: utile nell’IPB ma anche contro il Parkinson.
Questa informazione ci arriva da un studio complesso e molto articolato, pubblicato ora sul Journal of Clinical Investigation, condotto da un team internazionale di ricercatori cinesi, americani, spagnoli e con il contributo anche di Antonella Consiglio, una ricercatrice italiana dell’Università di Brescia.
Da questa ricerca emergerebbe che la Terazosina, un farmaco ben noto a tutti gli urologi per la sua capacità di risolvere molti sintomi legati alla presenza di una ipertrofia prostatica benigna (IPB), sia utile anche nel prevenire e contrastare la progressione di una importante patologia neurodegenerativa come il Parkinson.
Tutto parte dall’osservazione fatta dal ricercatore Lei Liu della Capital Medical University di Pechino che la Terazosina era in grado di contrastare la morte cellulare perché capace di attivare un enzima: il PGK1 importante nella produzione di energia a livello cellulare.
Il morbo di Parkinson è caratterizzato da un difetto di produzione di energia a livello cellulare e alcune molecole, che si presentano proprio in questa neuropatologia, sembrano danneggiare la capacità dei neuroni a produrre energia.
Già alcune indicazioni positive sull’attività di questo alfa-litico nella prevenzione di questa neuropatia erano emerse da alcune ricerche fatte su animali, dove si dimostrava che la Terazosina era capace di rallentare e addirittura bloccare la morte cellulare e i relativi processi neurodegenerativi.
A questo punto i ricercatori, utilizzando un database mirato, non pesante, hanno monitorato alcuni pazienti con il morbo di Parkinson, già in terapia con Terazosina per la contemporanea presenza di una IPB, e hanno osservato come questi pazienti presentavano percentuali di disabilità motoria più contenuti, rispetto ad altri pazienti, sempre affetti da Parkinson e ipertrofia prostatica benigna ma in terapia con un altro alfa-litico, come la Tamsulosina, che non ha però alcuna attività sull’enzima PGK1.
Ancora, utilizzando un importante database: l’IBM Watson/Truven Health Analytics Market Scan, capace di avere informazioni mediche su circa 250 milioni di uomini, i ricercatori hanno individuato 2880 pazienti con il morbo di Parkinson che assumevano una terapia con uno dei tre farmaci noti come capaci di attivare il PGK1, e li hanno confrontati con un gruppo di controllo costituito da 15.409 uomini trattati invece con Tamsulosina.
I dati così raccolti hanno confermato che la Terazosina e i farmaci attivi sull’enzima PGK1, ma non la Tamsulosina, sono capaci di ridurre i sintomi e le problematiche neurologiche, dovute alla presenza del morbo di Parkinson.
Fonte:
https://www.jci.org/articles/view/129987
Altre informazioni:
https://www.medicitalia.it/salute/urologia/7-prostata.html