Screening del Carcinoma della Prostata: PSA, PHI, PCA3, RMN ed esame obiettivo
Un argomento molto discusso in Urologia ed in ambito sanitario è la necessità di eseguire uno screening di massa in pazienti di età superiore ai 50 anni (senza familiarità per carcinoma della prostata) e dopo i 40 anni (in quelli con familiarità positiva per questo tipo di patologia).
Ebbene dallo studio ERSPC (Studio Europeo Randomizzato multicentrico per lo screening del Carcinoma della Prostata) è emerso che uno screening basato sulla semplice determinazione del PSA in una popolazione di studio compresa fra i 55 ed i 69 anni determinava grazie ad una diagnosi precoce una riduzione del rischio di sviluppare una malattia prostatica metastatica pari al 31%, una riduzione di rischio di mortalità cancro prostatica correlata pari al 25% ed un ritardo medio della comparsa di metastasi pari a 7aa.
Questi dati sono stati ricavati confrontandoli con la popolazione avente le stesse caratteristiche non sottoposta a screening.
La determinazione del PSA era eseguita fra i 2 ed i 4 anni con un periodo medio di osservazione pari a 12anni. I pazienti con malattia prostatica metastatica erano quelli che presentavano determinate caratteristiche: scintigrafia ossea positiva confermata o meno da Rx, TC o RMN, PSA>100ng/ml, malattia metastatica alla diagnosi di carcinoma prostatico o entro 3 mesi dalla stessa, malattia metastatica sviluppata durante il follow-up o almeno 3 mesi dopo la diagnosi di carcinoma della prostata.
Considerazioni personali
Il tumore della prostata è diventato il tumore più frequente nell’uomo, quanto emerso da questo importante studio rafforza ulteriormente chi sostiene la utilità dello screening per carcinoma della prostata sia nella popolazione con familiarità sia in quella senza in quanto una diagnosi precoce sembra avere una importante influenza sulla storia naturale della malattia e quindi sulla progressione e sulla mortalità ad essa correlate.
Questo discorso è validissimo per i pazienti con PSA elevato affetti da carcinoma della prostata.
Il problema sorge invece per i pazienti che presentano un PSA superiore ai valori normali, ma che non sono affetti da carcinoma della prostata e che si sottopongono ad una serie di esami reiterati ed anche invasivi come la biopsia prostatica che poi però si rivela non diagnostica.
In tali pazienti si può venire a creare quella che gli anglosassoni definiscono in vario modo “PSA Terrorism” o “PSA Olokauste” o “PSA Syndrome” in quanto vivono costantemente nel dubbio di essere affetti da Carcinoma della prostata. Per fortuna però oggi possiamo avvalerci di numerosi ausili diagnostici che ci possono venire in aiuto in caso di PSA aumentato, partendo dal presupposto che il PSA non è un marker tumorale ma un marcatore d’organo e come tale può aumentare (non in tutti i casi) sia per la presenza di tumore, sia per la presenza di infiammazione sia per il semplice ingrossamento fisiologico della prostata (ipertrofia prostatica benigna).
In genere in questa tipologia di pazienti specie dopo la prima biopsia venuta negativa è importante valutare principalmente: la consistenza della prostata e la presenza o meno di noduli palpabili, il PSA velocity (incremento graduale del PSA nel tempo), il rapporto fra PSA totale e PSA libero, e più recentemente il pro-PSA (dalla elaborazione matematica di questi ultimi tre valori si ottiene un risultato che viene indicato come PHI ovvero l’indice di salute prostatica), il PCA3 e se necessario ci può anche essere di aiuto una RMN (Risonanza Magnetica Nucleare) della prostata con mezzo di contrasto paramagnetico.
Tutti questi esami, da eseguirsi in pazienti selezionati, incrementano il nostro potere decisionale nell’eseguire o meno una biopsia prostatica. Le metodiche di screening basate sul PSA in accordo con quanto riportato sul Journal of Oncology nel marzo 2011 non sono utili in pazienti di età superiore a 75 anni specie se affetti da patologie croniche invalidanti e con aspettativa di vita minore di 5aa; eseguire una biopsia in tali condizioni per fare diagnosi è assolutamente controproducente in quanto non arreca nessun beneficio dal punto di vista clinico e terapeutico.
Conclusioni personali
Considerato che l’esame del PSA è un esame semplice e poco costoso e considerata la buona abitudine di molte persone, su suggerimento del proprio medico, di eseguire periodicamente esami ematochimici sarebbe anche buona norma associare il dosaggio del PSA una volta superata l’età dei 40aa.
Fonti: Atti Congresso Europeo di Urologia Marzo 2011; Journal Clin Oncol Published on line March 28,2011