Tamsulosina e demenza senile
Questa relazione non positiva tra un farmaco, molto usato nel contrastare i sintomi di un’ipertrofia prostatica benigna, e una demenza senile sembra emergere da un pesante studio di coorte retrospettivo, che ha coinvolto 253.136 pazienti, condotto da alcuni ricercatori dell’Università del Connecticut e pubblicato ora sulla rivista. "Pharmacoepidemiology Drug Safety Journal".
La Tamsulosina è un antagonista selettivo degli adrenorecettori alfa1, responsabili a livello dell’uretra prostatica e del collo vescicale di quei fastidiosi sintomi ostruttivi, quando presente un problema ostruttivo a livello della prostata, come disuria, pollachiuria, getto ridotto; ma gli alfa 1 adrenorecettori sono anche presenti nel nostro cervello, nel nostro sistema nervoso centrale e sembrano coinvolti in numerose ed importanti funzioni cognitive e della memoria; il loro blocco potrebbe essere la causa di questa relazione negativa e quindi di una più facile insorgenza di una demenza e di un deficit precoce della memoria, e questo sembra colpire soprattutto i maschi con un’età compresa tra i 65 e i 74 anni.
Se confermata questa relazione non auspicabile, la terapia dell’ipertrofia prostatica benigna potrebbe avere altri orizzonti e drasticamente modificata anche se la Tamsulosina per molti urologi rappresenta il farmaco di prima scelta quando presente questa patologia.
Il rischio per altro sembrerebbe aumentare se la terapia viene prolungata nel tempo; altro dato questo che dovrebbe portare gli urologi verso eventuali e diverse strategie terapeutiche, in sintesi l'utilizzo di altri alfa litici che non sembrerebbero dare problemi di tale natura neurologica centrale in modo significativo oppure il ricorso ad interventi chirurgici disostruttivi.
Fonte:
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/2931600
Altre informazioni: