Cancro della prostata poco aggressivo: la cosa migliore da fare è sorvegliarlo
Questa conclusione viene indicata, come una delle ultime novità scientifiche proposte in questi giorni a Milano alla Terza Conferenza “Active surveillance for low risk prostate cancer”, un Convegno Internazionale promosso dall'European School of Oncology con il supporto della Società italiana di urologia oncologica (SIUrO).
"Nel nostro Paese ancora troppi uomini con un carcinoma prostatico ricevono cure che possono avere severi effetti collaterali a carico della sfera sessuale, urinaria e rettale - ha ribadito Riccardo Valdagni, presidente della SIUrO - La sorveglianza attiva rappresenta una nuova opportunità e modifica l'approccio tradizionale che prevede quasi sempre un trattamento radicale dopo la diagnosi del tumore. In alternativa, invece di essere sottoposto a una delle terapie radicali come chirurgia, radioterapia o brachiterapia, il paziente con tumore indolente può essere sottoposto a esami e controlli periodici. Questo vale per tutta la vita o fino a quando la malattia non modifica le sue caratteristiche iniziali. Se la patologia cambia siamo in grado di interrompere il percorso osservazionale, intervenire tempestivamente e indirizzare il paziente al trattamento".
Il carcinoma prostatico è il tumore più diffuso tra gli uomini, in Italia l’anno scorso sono state segnalate 35.000 nuove diagnosi per questo tumore e quattro pazienti su dieci, come dimostrato anche da diverse ricerche internazionali, possono essere seguiti e monitorati solo attraverso una sorveglianza attiva che non riduce le possibilità di una futura guarigione e soprattutto non abbassa la qualità di vita del maschio, colpito da tale neoplasia.
Come ha giustamente affermato anche Giario Conti, segretario della SIUrO: ”Per molti pazienti è difficile da accettare l'idea che non si intervenga subito per rimuovere il tumore e quindi diventare invece un 'sorvegliato speciale'. Tuttavia, solo meno del 2% degli uomini monitorati abbandona il protocollo proposto e questo soprattutto per motivi legati all'ansia.”
“Per entrare in un protocollo di vigilanza attiva – ci dice ancora Valdagni - i pazienti devono presentare comunque caratteristiche cliniche ben precise, cioè il carcinoma deve avere piccole dimensioni, una bassa aggressività biologica e i pazienti devono essere disposti a seguire scrupolosamente tutti gli esami e le visite di follow-up proposti per monitorare la patologia”.
A questo proposito ora risulteranno utili tutte le indicazioni capaci di perfezionare i protocolli proposti, di arrivare ad una selezione più accurata dei pazienti, di impostare la creazione di un database internazionale, utile per confrontare i risultati e quindi individuare i metodi di follow-up alternativi meno invasivi rispetto alla tradizionale biopsia prostatica. Sempre a questo proposito sarà molto importante riuscire a potenziare le alleanze, già per altro attuali, tra patologi, radiologi ed urologi per arrivare ad avere diagnosi sempre più precise e mirate.
Altre informazioni:
https://www.medicitalia.it/salute/urologia/7-prostata.html.