La 'terapia del dolore' incute ancora apprensione
Malgrado negli ultimi vent'anni siano stati compiuti notevoli sforzi sia dai Terapisti del dolore sia dalle Autorità sanitarie per divulgare la possibilità di alleviare il dolore cronico, ancora oggi è possibile avvertire nel paziente, che si presenta in una struttura per il trattamento del dolore, una diffidenza e un forte grado di apprensione.
Una legge dello Stato (38 del 2010) prevede la creazione di una rete per la terapia del dolore, una per le cure palliative e una rete pediatrica. Di queste reti poco in verità è stato fatto. Neppure l'istituzione della "giornata del Sollievo", che nel prossimo mese di maggio vedrà la 12° edizione, è riuscita a rendere familiare questa pratica medica.
La liberalizzazione della prescrizione degli oppiacei, prevista dalla succitata legge, ha favorito la prescrizione degli analgesici maggiori semplificandone la prescrizione anche da parte dei Medici di base e questo ha reso ancora più lontano l'algologo dal paziente.
Il paziente quindi si rivolge allo specialista algologo solo quando numerosi precedenti approcci sono falliti.
La convinzione che la Terapia del dolore incuta sospetto e timore nel paziente mi è confermata giornalmente. Quando un paziente mi telefona per un appuntamento, la prima cosa che mi chiede è "ma che cosa è questa terapia del dolore" e subito dopo "voi non curate solo i malati di cancro vero?". Terapia del dolore e Cancro sono ancora fortemente legate nell'immaginario collettivo; eppure i dolori cronici più difficilmente curabili sono quelli benigni non legati ad una condizione che può portare alla morte.
Il Paziente che ha un dolore cronico ha molti motivi per rivolgersi subito al terapista del dolore. Per iniziare una terapia del dolore non basta prescrivere un analgesico, necessita invece un rigoroso approccio che prevede la cosiddetta "titolazione dell'analgesico" che sola puo garantire l'utilizzo della minima dose girnaliera efficace; richiede la somministrazione ad orari fissi e ben studiati, la previsione di farmaci per i picchi di dolore imprevisti ed infine un'attenta monitorizzazione degli effetti collaterali. Un analgesico usato in modo inappropriato genera due effetti molto gravi, un rischio per la salute del paziente e un fallimento della terapia. Quest'ultimo porta il paziente dall'algologo ma con uno (o più) fallimenti alle spalle rendendo tutto più difficile.
Un Terapista del dolore per essere effettivamente tale deve conoscere nel minimo dettaglio la farmacologia clinica degli analgesici e dei farmaci detti "Adiuvanti" che cioè potenziano l'azione analgesica o governano gli effetti collaterali e soprattutto deve avere una lunga esperienza sul campo.
La conclusione di queste considerazioni vale come consiglio prezioso al paziente affetto da un dolore cronico di qualsiasi origine: non aspettare ad andare in un ambulatorio di terapia del dolore, lì ti verrà impostata una terapia che poi il tuo Medico di base provvederà a monitorare nel tempo magari in collaborazione con l'algologo.