Femminicidi e patriarcato.

Femminicidi: è patriarcato?

carlamariabrunialti
Dr.ssa Carla Maria Brunialti Psicoterapeuta, Psicologo, Sessuologo

Due femminicidi in due giorni. Entrambi verso due giovani donne di 22 anni, entrambi perpetrati da due giovani uomini respinti.

Cosa sta succedendo?

A fronte della incomprensibilità di tali eventi, che peraltro si ripetono con tragica cadenza, e alle nuove domande che essi fanno nascere, si è tentati di ricorrere a vecchi concetti, quali la mentalità patriarcale.

Ma vecchi concetti servono a spiegare nuovi fenomeni?

La società patriarcale

Con il termine patriarcato ci si riferisce ad un modello sociale nel quale la donna era un possesso maschile.

“L’uomo è il capo della famiglia”. E non si trattava di un'opinione, bensì lo sanciva la legge.

La donna era totalmente sottomessa all’uomo, che ne custodiva anche il suo corpo. Chiunque scopriva la “illegittima relazione carnale del coniuge, della figlia o della sorella” e che “nello stato d’ira” la uccideva, era punito con una pena molto piccola: da 3 a 7 anni

Si giustificava tale tipo di omicidio in quanto delitto d’impeto cioè non premeditato,dettato da un impulso irrefrenabileper difendere l’onore, ossia la reputazione sociale.

Anche se la legge non faceva differenza tra assassini maschi e assassine femmine, la vittima era quasi sempre donna, moglie, fidanzata, figlia, sorella. Cioè l'intero universo femminile.

L'articolo 587 "Omicidio e lesione personale a causa di onore" in vigore dal 1930 è stato abrogato nel 1981.

Per approfondire:Identikit dello stalker

Uomini fieri e uomini piagnucolosi

Gli assassini patriarcali

Osservando nelle vecchie foto l’atteggiamento e la postura degli "assassini d'onore" dell’epoca patriarcale, attira l'attenzione il loro comportamento fiero e con le spalle dritte e l’occhio all’obiettivo, legittimato dalla consapevolezza che la comunità di appartenenza e la società condividono il loro gesto.

La loro comunità li giustifica, come si apprezza colui che “mette le cose a posto". Era pur sempre del tutto legittimo difendere il proprio buon nome anche uccidendo: così si pensava e si legiferava all’epoca. Ancora oggi lo si pensa in altre culture purtroppo.

Assassini di oggi

Se lo confrontiamo con l’atteggiamento e il linguaggio del corpo dei giovani femmino-assassini di oggi, quale differenza.

  • Spalle curve in avanti, comportamento piagnucoloso, occhi bassi.
  • Messaggi di testo precedenti l’omicidio pieni di supplica e di mestizia: "come posso fare senza di te?” “Ti vedi con un altro? dimmi che non è vero”, “garantiscimi solo la buona notte tutte le sere"…
  • E nel dopo: “non so perché lo ho fatto”, “ero confuso”.

Guarda il video: Cos'è la dipendenza affettiva?

Una donna forte

Da tali tristissimi fatti di cronaca emerge una donna chiamata ad essere forte; a rappresentare l'involontaria protesi/stampella di un ragazzo fragile, incapace di reggersi sulle proprie gambe. Transitato dalla protesi-stampella materna - una madre che sostiene incondizionatamente e che gli evita ogni frustrazione - ad un’altra donna che dovrebbe diventare la figura vicaria per la sua fragile struttura psichica. Ma che, seppure donna come sua madre, non è ugualmente prostrata al servizio del maschile.

E dunque il copione interiore va in frantumi.

La perdita della donna-stampella

Il ragazzo o uomo di ogni età si rappresenta la perdita della donna-protesi, della donna-stampella come una vera tragedia; come una propria reale impossibilità di stare al mondo senza di lei. E dunque l’incolpevole colpevole donna deve pagare.

E non per un "momento d’impeto", ma dopo una rimuginazione e premeditazione prolungata: procurarsi il topicida e somministrarlo per mesi, pedinare per anni la vittima, appostarsi per giorni sotto casa a spiare eventuali rivali in amore. Coltivando dentro di sé nel tempo un proposito che non lascia scampo alla donna che non si adegua. Un proposito che attende solo una piccola unica goccia per trasformarsi in atto.

Nel frattempo lui implora scodinzolando.

Manda patetici sms e lucida il coltello che porta sempre appresso.

Non si suicidano

"Non posso vivere senza di te.. "

È significativo che i giovani omicidi di oggi in precedenza dichiarino alla vittima la propria impossibilità di continuare a vivere senza di lei. Eppure, dopo averla uccisa, quasi mai si suicidano realmente. Il loro egocentrismo li protegge da tale dichiarata ed esibita eventualità; alla quale peraltro la ragazza in un eccesso di empatia aveva purtroppo creduto.

Nel frattempo una parte considerevole della società, e con essa la legge, ha smesso di avere un occhio benevolo sull'uccisione delle donne, anche se per la verità non sa ancora bene cosa fare per evitarlo.

Dal Codice Rocco al Codice Rosso.

Per approfondire:Femminicidi: quando la vittima è anche madre

È una mentalità patriarcale quella dei giovani assassini di oggi?

  • Solo all’apparenza.
  • Solo per il fatto che la vittima è donna.

Tutto il resto è profondamente differente: la società, la mentalità, i maschi, gli assassini, la legge.
Al contrario del passato, i ragazzi e gli uomini di oggi uccidendo le donne dichiarano non più la forza e l’autorità di una condizione socialmente sorretta di patriarchi, di padroni, ma esattamente l’opposto. Attraverso l'agìto testimoniano:

  • l’inconsistenza di un ruolo che si è ormai svuotato;
  • la fragilità di una psiche che non riesce a fare i conti con la donna concreta;
  • l’incapacità di fare fronte all’inevitabile conflitto che ogni incontro con il reale provoca. 

Dai delitti d’onore come forma del patriarcato, ai femminicidi come inconsapevole lutto per tale perdita.

Guarda il video: Cos'è la sindrome della crocerossina?

Data pubblicazione: 03 aprile 2025

6 commenti

#1
Foto profilo Dr.ssa Amalia Prunotto
Dr.ssa Amalia Prunotto

Finalmente ! L' attenzione alla definizione di patriarcato "reale" cioè davvero descrittiva dell' azione verso un femminile vissuto come potente.
È la relazione malata, non sana e non è essere o meno femmina / donna il problema, ma essere oggetto non tanto d'amore quanto di bisogno.

#3
Foto profilo Dr.ssa Franca Scapellato
Dr.ssa Franca Scapellato

Sono assolutamente d'accordo. Aggiungerei che il patriarcato come organizzazione sociale presentava aspetti funzionali all'epoca in cui era in auge: c'erano obblighi ben definiti, l'uomo portava il pane a casa, si occupava del benessere della famiglia e aveva la responsabilità delle decisioni. La moglie suggeriva, la decisione la prendeva il pater familias, che non era un bullo come viene descritto, ma un uomo a volte tormentato dalle scelte che una società molto rigida gli imponeva. In un'epoca, fino alla metà del XX secolo circa in Italia in particolare al sud e nelle zone rurali non era poco. Una vedova con figli se non era ricca di famiglia era in una situazione precaria, una donna non sposata difficilmente riusciva a mantenersi. Tirare fuori il patriarcato per giustificare i narcisisti di oggi oltre a essere antistorico è pericoloso perché non aiuta a capire e quindi a prevenire.

Per aggiungere il tuo commento esegui il login

Non hai un account? Registrati ora gratuitamente!

Guarda anche femminicidio 

Contenuti correlati