Congedo mestruale.

Congedo mestruale

paola.scalco
Dr.ssa Paola Scalco Psicoterapeuta, Psicologo, Sessuologo

È arrivato il marchese”

“Che marchese?”

“Quello che viene una volta al mese!”

Come spesso accade, anche questa volta l’informazione è stata travisata e diffusa probabilmente con lo scopo di crear polemica ed attirare così un maggior numero di visualizzazioni. Qual è la notizia?

Il congedo mestruale in caso di dismenorrea

In un illuminato liceo di Ravenna è stato istituito il congedo mestruale, ossia la possibilità di stare a casa per due giorni al mese, senza che tali assenze gravino sul monte ore obbligatorio di frequenza, esclusivamente per quelle ragazze che producano una certificazione medica che attesti un problema di dismenorrea.

Dunque, la deroga alla possibile quota di assenze non è generalizzata a tutte le ragazze di quel liceo, ma limitata a chi abbia problemi certificati, considerando che il dolore mestruale colpisce circa il 90% delle donne in età fertile e in maniera grave il 30%.

Come ha reagito il web?

Sul web è però iniziata la solita pioggia di commenti ignoranti (etimologicamente parlando) che citano a sproposito parità, slogan pubblicitari di antidolorifici ed esempi delle donne di famiglia che mai hanno mostrato difficoltà o debolezze in “quei” giorni. Curiosamente, la maggioranza delle considerazioni che ho letto arrivano da uomini, notoriamente esperti di come si sta quando si hanno le mestruazion

Ogni donna ha mediamente il ciclo per circa 500 volte nella sua vita, con conseguenze che variano da un lieve disagio a dolori decisamente invalidanti. Nonostante ciò, le mestruazioni continuano ad essere un tabù anche nella nostra società occidentale, rovesciando - sempre a discapito delle donne stesse - il vecchio pregiudizio che le riteneva impure quando mestruate.

Basti pensare che ancora oggi, nel 2022, si discute sull'opportunità di considerare gli assorbenti un bene di prima necessità e non di lusso per poterne di conseguenza abbassare l’aliquota di tassazione, come se non fosse cosa ovvia.

Ci sono ancora giovani donne che mi confessano di non essere state preparate a sufficienza dalle loro madri all’arrivo della prima mestruazione e di averlo perciò vissuto in modo piuttosto traumatico. Le pagine del diario di Anna Frank in cui descriveva il suo menarca sono state pubblicate solo (pretestuosamente?) pochi anni fa.

Neppure i romanzi classici che raccontano storie di donne ne parlano, quasi come se non esistessero. Ad eccezione del romanzo "La Signora delle Camelie" in cui una cortigiana, per esigenze di lavoro, mostrava la sua disponibilità attraverso un mazzo di camelie bianche per 25 giorni al mese e la sua indisposizione per i restanti 5 con delle camelie rosse. E le altre?

Allo stesso modo, negli anni passati la pubblicità degli assorbenti mostrava donne che, proprio nei giorni in cui avevano le mestruazioni, si gettavano da un aereo con il paracadute o facevano esercizi ginnici come la ruota, a negazione del fatto che il flusso di sangue che usciva dal loro corpo in quei giorni potesse essere per loro limitante.

Cosa succede negli altri paesi?

In altri Paesi (soprattutto orientali, ma ora anche in Spagna) esiste la possibilità di un congedo specifico, che esula da quello per malattia, per le lavoratrici colpite da dismenorrea.

Perché non riconoscere anche in Italia le difficoltà che una ragazza o una donna con mestruazioni dolorose possono incontrare nella loro vita quotidiana in alcuni giorni del mese? Che c’è di male nell’ammettere che non siamo supereroi, ma esseri umani anche fragili e soggetti a sofferenza?

Perché nella nostra cultura è considerato normale il dolore femminile, tanto che le donne stesse spesso non se ne occupano, ritenendolo inevitabile?

Per concludere con un amaro e ironico sorriso, cito la storiella di un uomo che, come Aladino, trova una lampada contenente un genio pronto a soddisfare tre suoi desideri. Come prima cosa chiede l'intelligenza e, accorgendosi di quanto sia bello possederla, ne domanda ancora con il secondo desiderio. Alla terza identica richiesta, il genio sbotta: “La cosa può rivelarsi problematica! Perché? Beh, intanto ti verranno le mestruazioni...”

Fonti:

Data pubblicazione: 28 dicembre 2022

4 commenti

#1
Foto profilo Dr.ssa Carla Maria Brunialti
Dr.ssa Carla Maria Brunialti

Cara Collega Paola,
corsi e ricorsi storici..

Per sdoganare le mestruazioni si è combattuto tanto qualche decennio fa, affinchè le donne mestruate non fossero considerate .. umorali .. (e dunque inaffidabili o pazze) in "quei giorni".
Oggi la situazione è differente; tante coppie ci dicono che fanno sesso tranquillamente anche in quei giorni ; tante ragazze o donne vanno in piscina, o a sciare.

E quindi qualche distinguo è d’obbligo.

La prima riguarda il titolo attuale: Congedo mestruale .
E dunque a causa di un evento mensile fisiologico e per molte donne senza particolari sofferenze?
Oppure, al contrario, su misura e a protezione per quelle particolari situazioni/donne in cui il ciclo è caratterizzato da una alterazione dolorosa diagnosticata dal medico come patologia (di genere)?
Il titolo risulterebbe allora *Congedo per dismenorrea*, cioè per patologia...

La seconda riguarda l'età a cui si riferisce l'info su Ravenna.
Nella News viene citato un Liceo .
Nell’età evolutivo-adolescenziale può accadere che l’inesperienza della mestruazione, la novità della cosa, la temporanea incapacità di integrarla nello schema corporeo e relativi vissuti, amplifichino o rendano inaccettabili dei segnali corporei che successivamente saranno interpretati come nella norma statistica o accettabili a livello personale.
Occorre aiutare le adolescenti in tale percorso personale di genere (come del resto si aiutano le donne quando la mestruazione.. cessa).
E dunque non solo congedi per dismenorrea, ma educazione affettivo-sessuale.

Carla Maria Brunialti

#2
Foto profilo Dr.ssa Anna Potenza
Dr.ssa Anna Potenza

Cara collega Paola Scalco,
apprezzo il tuo stile espositivo e anche le tue intenzioni liberatorio/svelatorie circa un evento naturale ancora non del tutto accolto socialmente, come del resto non è ancora accolto il rispetto per le donne. Tuttavia sono dell'opinione che possa essere pericoloso tornare indietro: abbiamo lottato per non essere considerate delle mezze invalide, per non avere nei luoghi di lavoro compiti secondari perché "limitate" da mestruazioni e maternità, per non sentirci chiedere con pruriginoso sarcasmo, a ogni nostra rimostranza sul malfunzionamento di qualcosa di organizzato e diretto da uomini, se per caso eravamo "in quei giorni . Per questo approvo le parole della collega Carla Maria Brunialti.
Devo aggiungere qualcosa che mi riguarda come donna, prima studentessa, poi insegnante per più di quarant’anni.
1. Non trovo corretto che una studentessa debba esibire un certificato attestante uno stato cronico di dismenorrea, che oltretutto renderebbe la sua patologia nota al resto della classe, quando singoli episodi dismenorroici possono colpire qualunque studentessa, che però non avrebbe diritto allo stesso trattamento.
2. Trovo singolare che il liceo artistico di cui nell’articolo non abbia esteso a tutto il personale femminile la stessa norma, quasi a dire che le donne adulte debbano gestire i propri malesseri (e qui la collega Brunialti osserva giustamente: insegniamo alle adolescenti a gestire il proprio corpo), o che non ci si debba curare della loro sofferenza.
3. Infine ho presenti gli alunni di entrambi i generi portatori di malattie anche gravissime, spesso non notificate ai docenti, o peggio, da questi trascurate per ignoranza: morbo di Crohn, per esempio. Una mia alunna portatrice di fibrosi cistica del pancreas prendeva 8 in condotta solo perché faceva troppe assenze, e a nulla valevano i suoi certificati di ricovero ospedaliero né i suoi lodevoli sforzi per rendere al massimo nei periodi di frequenza scolastica che la malattia le concedeva. Subito dopo l’esame di maturità è morta, a diciannove anni.
Detto questo, credo che il tuo blog sia valido come base per un dibattito al quale spero vogliano unirsi altri colleghi e anche utenti.

#3
Foto profilo Dr.ssa Paola Scalco
Dr.ssa Paola Scalco

Grazie molte ad entrambe per il contributo apportato.
Quando ho scritto di informazione travisata, intendevo proprio la calcolata intenzione di non essere puntuali e inequivocabili, così da colpire direttamente la "pancia" dei lettori (espressione più che mai calzante in questa situazione!) ed elicitare i loro commenti poco pensati, sovente offensivi e fuori luogo.
Credo che la responsabilità di chi fa comunicazione sia mastodontica, per questo mi fa storcere il naso l'utilizzo strumentale da parte di certa stampa di una notizia come questa per suscitare commenti sessisti e re-suscitare battaglie già vinte (...neppure io sono una pischella...).
Credo che le varie testate online o cartacee avrebbero potuto cogliere l'occasione per fare vera informazione e non cercare di titillare con dolo certi bassi istinti al solo fine di procurarsi dei click.
Sarebbe bastato essere più precisi e circostanziati, a partire proprio dal titolo (da me provocatoriamente mantenuto, con la speranza di poter contribuire almeno in parte a fornire una prospettiva differente).

Intanto, proprio per non tornare al passato, l'iniziativa non è rivolta a tappeto a tutte le donne in età fertile (come certi giornalisti volevano malevolmente far credere), perché non ce ne sarebbe necessità.
Per le professoresse non sussiste il problema del rischio bocciatura per troppe assenze, per cui non si tratta di una svista, ma di una finalità precisa e circoscritta che riguarda per forza (e per fortuna!) un numero limitato di ragazze.
E non c'è un obbligo neppure per chi soffre di dismenorrea grave a fruire mensilmente di questa "concessione", ma è per loro un'opportunità e un riconoscimento a mio avviso importante, che non le marchia affatto come mezze invalide.
La scuola è tenuta a rispettare la privacy dei suoi studenti anche in fatto di dati sulla salute, perciò l'eventuale certificato medico prodotto deve restare una questione tra allieva e segreteria e non sbandierato ai compagni e deve servire al solo fine di calcolare le assenze in modo più equo, evitando proprio gli episodi umilianti che ha citato Anna.
Le scuole intelligenti per fortuna esistono: lo scorso anno seguivo una ragazza 18enne con disforia di genere che attraversava uno stato depressivo importante e il suo liceo ha prontamente stilato una certificazione BES (Bisogni Educativi Speciali), così da derogare alla quota stabilita di assenze e consentendole di usufruire della DDI (Didattica Digitale Integrata), in un periodo in cui non era già più prevista. Si è diplomata con un bel 94... Questa è la scuola inclusiva, nei fatti e non a belle ma vuote parole!
In fatto di rispetto della privacy, a me fanno più rabbrividire quelle donne che utilizzano le innumerevoli App per monitorare il ciclo, fornendo volontariamente con eccessiva leggerezza dati sulla loro posizione, sui loro acquisti, sulla loro cronologia di ricerche, sulla loro salute e fitness, e via dicendo.

Detto ciò, da sessuologa clinica non posso che condividere totalmente la necessità e l'urgenza di occuparsi di educazione sessuale, emotiva ed affettiva, a partire dai piccoli ma senza trascurare gli adulti.

#4
Foto profilo Dr.ssa Anna Potenza
Dr.ssa Anna Potenza

Cara collega Paola,
sono perfettamente d'accordo con tutti i temi da te affrontati, dalla fuorviante modalità comunicativa di molta stampa all'educazione sessuale emotiva ed affettiva che dovrebbe essere offerta a bambini e adulti.
Marginalmente vorrei precisare che l'eventuale certificato medico presentato da una studentessa è certo riservato, ma di fatto nelle scuole ci sono confini labili riguardo alla privacy e talvolta le stesse interessate potrebbero vantare come un privilegio la propria possibilità di assentarsi una volta al mese (che del resto sarebbe visibile e commentata dall'intera classe), senza rendersi conto di arrecarsi un danno.
Spero che il dibattito su questo tema si estenda.
Colgo l'occasione per augurare buon anno nuovo a te e a Carla Maria.

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