Paura nucleare.

Virus e guerra: si lotta, ma contro la paura

a.devincentiis
Dr. Armando De Vincentiis Psicologo, Psicoterapeuta

Una breve conversazione su guerra e pandemia con il collega Dr. Santonocito

Dr. De Vincentiis: in una delle sezioni precedenti mi ero occupato della cosiddetta "sindrome del fobico catastrofista" ossia un paziente particolarmente ansioso concentrato su tutto ciò che è in grado di portare un colpo alla sopravvivenza, non personale, bensì all'intera umanità.

Osservammo le differenze tra un "fisiologico" egoismo del classico ipocondriaco, che teme esclusivamente per la propria salute, e una sorta di altruismo del fobico catastrofista perennemente in apprensione sul destino dell'intera umanità.

Il fobico catastrofista passa la maggior parte del suo tempo nel fare ricerche su catastrofi naturali, guerre, pandemie e tutto ciò che può procurargli lunghe notti insonni.

Negli ultimi due anni, prima la pandemia e, negli ultimi giorni, la crisi Russia Ucraina con la costante minaccia (vera o reale) di una conseguenza nucleare, non solo sta fornendo al fobico catastrofista tutto il materiale su di un vero "piatto d'argento" ma sta impiantando, almeno nei soggetti più ansiosi, caratteristiche simile alla dinamica fobico catastrofista con la conseguente ricerca di una soluzione che, il più delle volte, non solo mantiene in vita il problema (ricerca di informazioni su internet, particolare attenzione ai dibattiti televisivi) ma sotto certi aspetti lo peggiora addirittura rinforzando timori e fobie.

Dr. Santonocito: sì, come dici tu nel caso dell'ipocondriaco l'attenzione è centrata su se stesso, mentre nell'ansia riferita agli accadimenti lontani la preoccupazione sembra essere per le sorti dell'umanità. Dico "sembra" perché va distinto caso da caso.

Ad esempio, molti di quanti dichiarano di preoccuparsi per le sorti dell'umanità vogliono in realtà sentirsi in pace con la propria coscienza. Sono le persone preoccupate di dare di sé un'immagine di persona brava e buona, socialmente accettabile, ciò che gli americani chiamano virtue signalling, "farsi belli". Quelli che mettono il termostato a 17° e vanno alle manifestazioni, per intendersi. Che hanno detto no al nucleare e ora esigono la sovranità energetica e alimentare.

Un'altra categoria sono i globalisti integralisti, incapaci di preoccuparsi per le sorti del proprio vicino o addirittura della propria famiglia, ma capacissimi di imbarcarsi su una nave per andare a salvare naufraghi all'altro capo del mondo. La propaganda globalista e l'interconnessione hanno fatto credere a troppa gente che le sorti del pianeta e quelle del proprio piccolo ambiente locale stiano sullo stesso piano. Il che a mio avviso è del tutto sbagliato. Vale sempre il vecchio proverbio: se ognuno spazzasse davanti a casa propria, sarebbe un mondo pulito. Il miglior modo di fare grandi cose è facendo piccole cose. Invece sembra che la moda prevalente vada nella direzione esattamente opposta.

Infine ci sono gli ansiosi veri, portatori di una patologia e nei quali l'ansia ha "deciso" di esprimersi come paura delle guerre o della pandemia. Avrebbe potuto esprimersi in altro modo, dato che la tendenza ansiosa è multiforme. Ma anche qui la causa potrebbe essere da attribuire ai media, che non perdono occasione per diffondere notizie o false o a senso unico: il pianeta è in pericolo e dobbiamo salvarlo subito. Dalla pandemia, dalle variazioni climatiche o dalle guerre. Altrimenti...

Dr. De Vincentiis: è proprio il caso di ribadire che le psicopatologie risentano del contesto storico e sociale in cui il paziente è inserito e, spesso, l'oggetto delle proprie ansie e delle proprie ossessioni sono solo l'espressione di ciò che accade intorno.

Tuttavia, come in molte occasioni abbiamo avuto modo di evidenziare, l'oggetto e/o i contenuti delle ossessioni sono fortemente fittizi visto che le dinamiche ossessive rappresentano più un difetto di forma che di contenuto e, come hai già detto, oggi c'è la pandemia e la guerra, in altre occasioni ci saranno dinamiche anche più personali ma che determinano lo stesso impatto emotivo.

Dr. Santonocito: sì, certo. L'ossessività è un problema di forma e le forme possono essere molteplici, tratte dalla propria esperienza personale. E per molti di quanti non sono abituati a ragionare in modo analitico, tali forme vengono pescate spesso dall'ambiente sociale, dai media ecc.

Dr. De Vincentiis: c'è da dire, tuttavia, che grazie al lockdown si sono slatentizzate molte psicopatologie che aspettavano solo lo "stimolo" opportuno e, ovviamente, l'aggravamento di quelle già presenti. L'impatto è stato così significativo che una grossa fetta si è difesa attraverso la costruzione di teorie complottistiche e, nei casi più estremi, hanno abbracciato un vero meccanismo di negazione del problema.

Ora però tutta l'apprensione rivolta verso un nemico comune "il virus" si sta trasferendo verso un altro nemico comune dalle fattezze più umane ossia il presidente del paese invasore.

Dr. Santonocito: l'idea di nemico comune è in realtà usata da sempre in modo deliberato da potenti e governanti, perché è molto più facile unire le persone contro qualcosa o qualcuno piuttosto che a favore.

Questo perché il nemico presuppone una paura, un pericolo, e quando le persone sono impaurite o emozionate, sono più facilmente manipolabili. Senza cedere a tentazioni complottistiche possiamo ricordare le parole del gerarca nazista Hermannn Goering, secondo il quale attraverso la paura è facile trascinare i popoli.

Oppure le 10 leggi della manipolazione mediatica espresse da Noam Chomsky: distrazione, creare problemi per poi offrire soluzioni, strategia della gradualità per far accettare misure inaccettabili, "dolorose ma necessarie", trattare il pubblico come bambini, usare le emozioni più della ragione, incentivare la mediocrità, uso del senso di colpa e così via.

Dr. De Vincentiis: la paura della morte da virus si è trasferita e tramutata nella paura della morte per disastro nucleare. Una paura che colpisce anche i meno ansiosi visto che la minaccia nucleare rappresenta, o per lo meno, è percepita come qualcosa di concreto.

Appare inevitabile la domanda del tipo: come aiutare chi è "travolto" da questo timore? E al quesito che spesso mi viene rivolto: come affronto la paura delle bombe atomiche? Cito un film con Jhon Malkovich "il gioco di Ripley" in cui il protagonista, ex criminale, per non curarsi delle conseguenze di azioni passate che potevano presentarsi alla porta in ogni momento affermava "inutile preoccuparsi di ciò che non puoi controllare".

In pratica una sorta di principio di economia mentale grazie alla quale si rinuncia a lottare contro qualcosa che è al di fuori del nostro controllo. Più lotto contro qualcosa più questo qualcosa fa sentire la sua presenza e più abbiamo l'illusione/percezione che dovremmo fare qualcosa.

La frase di Malkovich è, dal mio punto di vista, terapeutica poichè ti concede una vera tregua da una battaglia che non puoi vincere in partenza e che rende solo te come unico guerriero e unico sconfitto. Accettare un evento (ribadiamo solo se non lo si può controllare) è il primo passo verso una significativa riduzione dell'ansia

Dr. Santonocito: in terapia strategica tale concetto è espresso da: "Alcune battaglie si vincono solo evitando di combatterle" o in modo ancor più succinto: "Vincere senza combattere", considerato nell'etica dei samurai come il grado più alto a cui un guerriero potesse arrivare.

Quando incoraggio i miei pazienti in questo senso, tuttavia, non cerco di spingerli verso un'accettazione passiva. Spiego loro che accettare non deve per forza significare passività e che il modo strategico di accettare è adattandosi. Mantieni fisso l'obiettivo, ma cambi e modifichi il modo di arrivarci. L'immagine è quella del surfista che usa le onde - anche senza poterle cambiare - per arrivare dove vuole arrivare, cioè a riva.

Nel caso della paura di eventi più grandi di te, come virus o guerre, questo può significare informarsi meglio su eventi analoghi nel passato, osservare prima di intervenire, riflettere sulla tua mortalità. Quest'ultimo punto, "ricordati che devi morire", deve essere recuperato e valorizzato, perché un'altra grossa deriva del modo in cui la società occidentale va oggi organizzandosi è illudere le persone che la morte sia facilmente eludibile.

Non è un caso che nei popoli dove la morte ancora accompagna le persone nel quotidiano, senza essere evitata - in certi paesi addirittura festeggiata - l'ansia verso i problemi di cui stiamo parlando siano meno sentiti.

Dr. De Vincentiis: in conclusione sarebbe il caso che anche i genitori insegnassero queste strategie ai ragazzi soprattutto nell'epoca del Covid e della guerra poi e, anche in modo indiretto, con l'aiuto di un terapeuta il messaggio verso i figli avrebbe, in ogni modo, valenze terapeutiche.

Accettazione e adattamento sono i cardini per affrontare ciò che non puoi controllare e, come ribadisci, "vinci l'ansia senza lottare contro di essa"!

Data pubblicazione: 17 marzo 2022

4 commenti

#1
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Dr.ssa Anna Potenza

Mi sembra un buon articolo. Interessante l'idea del dialogo.

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