Come nasce una superstizione? Il difficile confine tra rituale compulsivo e superstizioso
Ho un esame all'università, magari è proprio il primo esame, e mi presento con una camicia verde. L'esame va alla grande e il senso di gratificazione è massimo.
Arriva il momento del secondo esame e nella mia mente voglio ricreare le stesse condizioni che hanno consentito al primo di andare bene. Il mio cervello non fa distinzione di sorta nel mettere insieme tutti quegli elementi che hanno favorito il primo esame quindi, oltre alla preparazione e allo studio, vi inserisce anche componenti di tipo fisico e comportamentale, ossia ciò che ho fatto la sera prima, cosa ho mangiato e, soprattutto, gli indumenti che ho indossato il primo fortunatissimo giorno.
Se qualcuno di questi elementi non si trova al “solito posto” sento che anche i risultati della performance potrebbero non essere, a loro volta, nel “posto giusto”.
E' esattamente questa l'elaborazione che viene a crearsi nella nostra mente, quasi automaticamente, nel tentativo, ovviamente "magico", di tenere gli eventi sotto controllo.
Se ho ricreato le stesse condizioni, addirittura riproponendo lo stesso abbigliamento dello stesso colore, otterrò, inevitabilmente, lo stesso risultato. E' una logica quasi intuitiva per il nostro cervello, anche se del tutto infondata, ma che deriva sia da naturali processi fisiologici di condizionamento, sia da una tendenza ancestrale del nostro cervello all'elaborazione magica delle cose.
Se compiamo dei movimenti ed otteniamo dei risultati, il nostro cervello tenderà ad associare le cose e a riproporle anche in contesti in cui tale associazione non ha alcun rilievo. Se mangiamo peperoni rossi prima di un esame e otteniamo un voto alto, avremo la spinta a pensare che potremmo ottenere risultati simili dopo una nuova scorpacciata di peperoni rossi e se, invece, cambiamo il colore dei peperoni o, come nell'esempio su riportato dell'esame, il colore della camicia, abbiamo la percezione che le cose andranno diversamente, i risultati cambieranno.
Ecco un esempio di elaborazione superstiziosa!
A ciò si aggiunge la "naturale" tendenza del nostro cervello a regredire a modalità "magiche" ogni qual volta si trova in condizioni di tensione, stress o affaticamento.
L'uomo primitivo non era in grado di capire le forze della natura e associava gli eventi al proprio pensiero, supponendo che bastasse immaginare/e o desiderare che il sole risplendesse tutte le mattine per far sì che quest'ultimo si ripresentasse puntualmente a dargli il buon giorno. Questa è una tipica modalità di pensiero che riscontriamo anche nei bambini durante le prime fasi dello sviluppo e in tutte le forme di pensiero psicotico in cui la distinzione tra realtà, fantasia e desiderio viene fusa e confusa.
Davanti a situazioni dall'alto valore emotivo, il nostro sistema di elaborazione mentale cerca nei sui archivi file non più funzionali, ma che sembra abbiano dato risultati, seppur apparenti, in altre condizioni, e/o addirittura nel passato con i nostri antenati. Ed ecco che li riapplica nuovamente, dandoci l'illusione di una loro attuale applicazione.
La superstizione e la credenza magica si autoalimenta attraverso processi di associazioni, similitudini e riattivazione di schemi ancestrali e lo fa in modo così energico da creare anche un certo conflitto in chi tenta di non prenderli in considerazione.
Per fare un esempio torniamo dal nostro studente con la camicia verde. Se quest'ultimo, convinto del valore di queste associazioni, dovesse decidere di contrastarle cambiando il colore della camicia, entrerà in uno stato di tensione, dettato dalla paura di aver rotto l'incantesimo e sarà avvolto da una sorta di ansia da prestazione che potrebbe davvero compromettergli la performance. Ripristinando gli “ingredienti” della “ricetta vincente” (camicia verde, stesso cibo la sera prima ecc) eliminerà la tensione e la sensazione di benessere riacquisita gli darà la conferma della correttezza del suo rituale. Il rituale superstizioso assume, in tal caso, una vera e propria forma di compulsione.
In alcune occasioni è davvero difficile elaborare una netta distinzione tra rituale superstizioso e compulsione patologica, poiché entrambe assumono la stessa valenza: protezione e scaccia-tensione.
Spesso il significato iniziale di un rituale si stacca completamente dal contesto e rimane lì in modo autonomo a rendere più difficile la vita della gente. A volte andare oltre una convinzione, sapere razionalmente che certe associazioni sono infondate, può non bastare a liberare da un rituale, vista l'implicazione emotiva che vi è alla base.
Uscire dalla trappola di un rituale è possibile grazie a quella che viene definita "esperienza emozionale correttiva"!
Tornando sempre dal nostro studente, gli si dovrebbe chiedere, gradatamente, di cambiare qualche piccolo ingrediente che ha utilizzato per il suo "incantesimo" e fargli fare la medesima esperienza. Nel tempo si accorgerà che questi cambiamenti non intaccheranno i suoi risultati e arriverà il giorno in cui farà i suoi esami indossando camicie e magliette dai colori differenti.
E' facile entrare in una trappola superstiziosa tanto quanto entrare in una dinamica ossessivo-compulsiva e per trovare la via di uscita, purtroppo, non è sufficiente la conoscenza del fenomeno, ma è necessaria una nuova esperienza, fatta attraverso numerosi piccoli passi.
per approfondire:
https://www.medicitalia.it/blog/psicologia/5399-compulsioni-la-trappola-dei-rituali.html