Covid-19: reazioni e vissuti di chi ha bisogno di tenere tutto sotto controllo
"Tutto quello che non riesci a controllare ti sta insegnando a lasciar andare”
- Jason Kiddard
Il “maniaco del controllo” è colui che vive nell’anticipazione, nella pianificazione e nella programmazione delle sue giornate e nulla, o quasi, può essere lasciato al caso e all’imprevisto. Ne è un esempio celebre e grottesco, nella sua esagerazione ossessivo-compulsiva, il personaggio Furio che Carlo Verdone interpreta nel film “Bianco, Rosso e Verdone”.
Con tali premesse, si intuisce come il cambiamento repentino e imprevisto, come quello indotto dall’avvento del Covid-19, possa avere scombussolato l’esistenza delle personalità più controllate/controllanti. Quello che ho potuto riscontrare mentre anche io, a piccoli passi, cercavo di adattarmi ad un nuovo modo di lavorare, quello online, per preservare la relazione d’aiuto con i miei pazienti, è che i livelli di ansia sollecitati dalla situazione emergenziale hanno seguito un trend molto particolare.
La drammatica e incontrollata diffusione del contagio e il lockdown hanno costretto tutti noi a confinarci nelle nostre case per proteggerci, a sospendere momentaneamente le nostre esistenze, a confrontarci improvvisamente con il vuoto, con la noia e con noi stessi. È naturale, pertanto, che ci siamo sentiti tutti un pò spiazzati, che abbiamo avvertito sensazioni di paura, di smarrimento, talvolta di irritabilità. L’incertezza e la precarietà percepite sono state poi aggravate dall'esserci imbattuti in un virus largamente ignoto anche alla comunità scientifica e di essere stati esposti in modo prolungato a dati e notizie, non sempre affidabili, in cui centrale era l'idea di di rischio e di pericolo. La Fase 1 ci ha imposto, pertanto, una drastica rivoluzione nello stile di vita e di abitudini, rappresentando anche per i soggetti più flessibili e adattabili una dura sfida.
Come hanno reagito, invece, le persone iper-controllanti in questa fase? Alcune hanno preso il comando delle loro famiglie, organizzandone o vietandone rigidamente le uscite e imponendo a se stessi e agli altri severi rituali di igienizzazione. Per altre, la paura ha avuto un effetto fortemente paralizzante e non gestibile neanche attraverso le misure di sicurezza indicate (ovvero, uso delle mascherine, distanziamento sociale, ecc.), che le ha costrette a delegare le commissioni necessarie, come fare la spesa, ai familiari e a tenersi a debita distanza pure da loro, percepiti come possibili “untori”. Anche il corpo è diventato bersaglio di un monitoraggio continuo, alla ricerca di possibili segnali che lasciassero anche solo vagamente pensare ai sintomi dell’infezione da coronavirus.
Non si parla, semplicemente, dell’assunzione di un comportamento responsabile, attento e prudente e del ligio rispetto delle norme. L’ipercontrollo è sempre un meccanismo affaticante e stressante per chi lo adotta e per chi, a vario titolo, lo subisce.
La Fase 2 dei maniaci del controllo. Anche all’isolamento ci si abitua, specie se sulla quarantena si edifica, mattone dopo mattone, la propria Comfort-zone. Complice il tempo e la rassicurante constatazione di come le restrizioni imposte sortissero gli effetti desiderati nel contenimento del contagio, si è avuta una inversione di tendenza. I maniaci del controllo hanno cominciato pian piano a rilassarsi (per quanto loro possibile) e a raggiungere una loro armonia, arrivando a sperimentare una sensazione di pace mai provata.
Sarebbe una storia a lieto fine, se non poggiasse sulla precaria illusione di poter avere, finalmente, tutto sotto controllo, di tenere lontani gli imprevisti, di vivere giornate sempre uguali, di avere i propri cari a portata di sguardo. Rintanati in una gabbia dorata, pronti a barattare la loro libertà in cambio di una rassicurante staticità. La Fase 2 e ciò che essa rappresenta, ovvero una ripartenza lenta e graduale in cui è necessario convivere con il virus, è stata così vissuta come un momento particolarmente denso di pericoli e di minacce. Un’ulteriore prova, un altro cambiamento a cui doversi faticosamente adattare. Paura di uscire e di entrare in contatto con le persone, eccesso di allerta, attenzione scrupolosa a tutti i segnali del proprio corpo hanno alimentato il circuito dei pensieri automatici negativi e delle immagini terribili, causando una forte ansia, fino al panico.
Come ripartire dopo la quarantena. Tale malessere si verifica a causa di alcuni tratti caratteristici delle persone iper-controllanti: la difficoltà ad accogliere e ad adattarsi con elasticità ai cambiamenti, dovendo talvolta aspettare che le cose si sistemino spontaneamente, e il timore di esprimere tutte le emozioni, specie quelle di segno negativo, avvertite come qualcosa di incontrollato e, quindi, da reprimere.
E allora perché non approfittare proprio di questo momento per imparare a far fluire le proprie emozioni e a essere meno controllanti? Lasciar fluire, lasciar andare, significa proprio questo: “lasciare che per un po’ le cose seguano il loro corso, che si muovano liberamente senza il nostro intervento, finché la direzione del loro movimento non si mostri spontaneamente.
Se rinunciamo a tentare di guidare le cose e quelle, muovendosi, si allontanano da noi, lasciamole andare. Molliamo la presa. Se le lasciamo andare per la loro strada, ci rendiamo liberi per qualcos’altro.” (B. Hellinger).
Un importante obiettivo può essere quello di imparare ad avere confidenza con il proprio mondo interiore, per conoscerlo, osservarlo, accettarlo così com'è. E entrare in contatto con le proprie emozioni, senza sentire l’urgenza di sbarazzarcene (come se fossero delle nemiche da combattere o l'attestazione delle proprie fragilità) o la preoccupazione di esserne sopraffatti, dandoci il permesso emotivo di provarle così come sono, ci renderà più umani e più forti, anche se meno onnipotenti.