La struttura psicologica del complotto
Cosa si nasconde davvero nella mente di un complottista?
"Ci stanno ingannando", "Svegliatevi!”, ”E’ tutta un’invenzione delle case farmaceutiche", "Stanno assumendo il controllo" e così via...
Sono queste le espressioni che abbiamo sentito e letto spesso sui social e che hanno avuto un certo incremento, soprattutto al tempo del coronavirus, il quale ha fatto emergere tutta la personalità dei più accaniti complottisti in circolazione.
Ma per comprendere meglio chi è un complottista, si dovrebbe comprendere cosa sia il "complotto" per il complottista e per tutti coloro che adoperano lo stesso tipo di ragionamento, ormai standardizzato e privo di filtri razionali.
Premettendo che alla base del complottismo vi è una totale mancanza di competenza degli argomenti che i cosiddetti complottisti affrontano e che essa è il cardine del loro apparato argomentativo, possiamo inquadrare 3 fondamentali dinamiche psicologiche che ne accompagnano la sua evoluzione.
Il complotto è innanzitutto uno status.
Chi aderisce e "denuncia" cospirazioni occulte e/o segrete non è colui che le ha scoperte causalmente dopo un’inchiesta giornalistica o dopo un’accurata ricerca, ma se le trova già pronte su qualche sito alternativo e, soprattutto, su alcuni video di youtube, preconfezionati a loro volta da fonti prive di ogni fondamento.
Chi vi aderisce non si pone la briga di verificarne l'autenticità semplicemente perché ne è, paradossalmente, soddisfatto, in quanto ciò che ha ascoltato gli darà la possibilità di avere qualcosa da dire, di "colpire" l'attenzione dei suoi conoscenti e di sentire, forse per la prima volta, di avere un ruolo all'interno del proprio gruppo di scambio.
L'eventuale emozione di sorpresa, di sgomento e di preoccupazione che susciterà con la condivisione della notizia cospirazionistica lo farà sentire il protagonista della situazione, come colui che è riuscito a catturare l'interesse di qualcuno e a colpire le sue emozioni.
Un’azione vissuta come gratificante per l'illusione del contributo che avrebbe offerto al suo gruppo! In tal caso il complotto gli fornisce lo status di “salvatore”, di colui che informa i poveri disinformati che si lascerebbero manipolare da chissà quali organi nascosti.
Il complottista sente la necessità di questa dimensione per uscire da uno status di anonimato e per ergersi a paladino della verità; davanti a inevitabili resistenze, percepirà se stesso come “superiore” perché è stato in grado di comprendere ciò che gli altri non avevano compreso.
Il complotto è quindi necessario al complottista perché gli permette di costruire l'impalcatura della sua autostima e di autoilludersi circa le proprie capacità di ragionamento, dimenticando che, in realtà, lui ha solo abbracciato la logica di chi si è divertito a caricare un video su internet.
Eliminando il complotto, egli eliminerebbe anche la condizione che lo fa sentire onnipotente. Si verrebbe a creare una vera e propria sensazione di lutto!
Il complotto è un sintomo psicologico.
Il più delle volte è possibile osservare dietro la logica del complottista una dinamica prettamente persecutoria, basata sul sospetto, su una sfiducia verso il prossimo dai tratti prettamente paranoici.
Il complottista può essere una persona ben adattata nel contesto sociale in cui vive e avere anche buone relazioni, ma si evincono, spesso, modalità di ragionamento simil-deliranti in cui un’idea, una volta radicata, non viene mai modificata, anche dinanzi alla logica più schiacciante o ai fatti.
Ogni realtà è reinterpretata alla luce di quella convinzione, secondo una logica di pensiero che il filosofo Popper definirebbe autoimmunizzante:
“Credo in qualcosa, non trovo le prove, ecco la prova che è vera e che vogliono nasconderla".
Oppure cerca la prova nell'affermazione dello youtuber di turno, a sua volta vittima della sua stessa logica: “Lo dice anche lui e questo mi basta!"
Quindi si ha a che fare con una personalità disfunzionale e, come è possibile osservare nello studio clinico dei disturbi di personalità, non vi è alcuna consapevolezza di questa dinamica patologica. Il complottista, infatti, prende le distanze dal complottismo, considerando la sua idea/convinzione come qualcosa di diverso e che nulla ha a che fare con certe logiche.
Tutto ciò che è persecutorio, tutto ciò che cela interessi di qualche potente, tutto ciò che è misteriosamente dannoso non solo è degno di attenzione, ma diventa una verità assoluta, incontrovertibile e, ovviamente, da combattere con le armi a disposizione: la tastiera di un pc!
Il complotto è un meccanismo di difesa.
Quando abbiamo paura di qualcosa cerchiamo il modo di controllare l'oggetto della nostra paura, soprattutto se questo oggetto ci appare sconosciuto e misterioso. La prima cosa che facciamo è dargli un nome, attribuirgli un’identità: questo è necessario perché ci dà la sensazione/illusione di avere qualcosa da combattere. O, addirittura, nel migliore dei casi, ne neghiamo l'esistenza, avendo così la magica percezione che, se io nego qualcosa, essa non esisterà più.
Un esempio eclatante che ha fatto emergere questo meccanismo di difesa è, oggi, la questione “coronavirus” che ha visto schierati i complottisti più accaniti impegnati nella ricerca dell’origine e della natura di questo virus.
"Non esiste" dice qualcuno, "Lo hanno costruito" dice qualche altro, ecc.
Affermazioni anche contraddittorie tra loro, ma che hanno in comune il fatto di aver identificato la cosa contro la quale dover combattere. "Se posso prendermela con qualcuno, ho l'illusione di poter fare qualcosa!"
E questo vale per altre questioni come, ad esempio, la falsa relazione tra vaccini e autismo, che fornisce il capro espiatorio illusorio di avere sotto controllo la paura della sindrome autistica.
Se è colpa di qualcuno, combattendo questo qualcuno, posso avere il controllo della situazione.
Il complottista cerca sempre il capro espiatorio di ogni male.
Si difende dagli effetti del caso, dagli eventi naturali e dalle malattie nel continuo tentativo di tenere a bada, magicamente, gli eventi perché, fondamentalmente, ne ha paura.
Tutto questo ci fa comprendere che il complottismo è un modo di essere disfunzionale, uno stile distorto di vita e, nello stesso tempo, un sentimento di onnipotenza orientato verso l'inganno di se stessi. Ed è proprio questo che lo rende particolarmente pericoloso per la comunità, perché può assumere connotazioni così suggestive da spingere a scelte pericolose chi ha lo stesso modo di approcciarsi alla vita.
Esempi di queste scelte sono:
- il non rispetto delle norme di contenimento delle epidemie,
- la scelte di non proteggere i piccoli con il vaccino,
- il fatto di commettere atti vandalici verso oggetti (es. antenne ecc.) ritenuti magicamente responsabili della diffusione dei virus.
Non condividere le affermazioni cospirazionistiche è quindi un dovere verso la nostra società.
Per approfondire:
Vaccini complotti e pseudoscienza https://www.c1vedizioni.com/vaccini-complotti-e-pseudoscienza