La tortura delle terapie riparative per l'omosessualità
La terapia di conversione, anche detta terapia riparativa o terapia di riorientamento sessuale, è un metodo inteso a cambiare l'orientamento sessuale di una persona dall'omosessualità all'eterosessualità.
Le terapie riparative si sono mostrate scientificamente inefficaci e dannose.
Il problema sorge quando l’individuo che si riconosce omosessuale, e questo avviene già intorno ai 6 anni, è spinto ad andare contro sé stesso a causa delle credenze religiose, dallo stigma societario, dall’ignoranza familiare o da quella parte della popolazione che correla fallacemente l’omosessualità a una malattia.
Cos'è l'omofobia?
L’omosessualità è una variante normale e naturale della sessualità umana dove l’unica malattia potrebbe solo essere invece l’omofobia. È importante ricordare che non si nasce omofobi, lo si diventa attraverso l’educazione, i messaggi, diretti e indiretti, che la famiglia, la politica, la Chiesa e i media, ci trasmettono.
Fin da bambini tutti noi acquisiamo convinzioni e valori che ci vengono presentati come assolutamente giusti e legittimi. Molto prima, dunque, di avere una reale comprensione di cosa significhi la parola omosessualità, ereditiamo, da una cultura omofoba, la convinzione che essere gay sia qualcosa di assolutamente sbagliato, innaturale e contrario alle norme del vivere comune.
Molte teorie psicologiche associano l’omofobia (avversione nei confronti degli omosessuali) ad una repressione di istinti e pulsioni omosessuali. Ovvero l’omofobo è un omosessuale che non accetta la propria omosessualità, e che quindi dirige i propri sentimenti e pensieri negativi, aggressivi e di rabbia all’esterno, verso tutta la popolazione LGBT (Lesbiche, Gay, Bisessuali e Transgender).
L'omofobia può diventare causa di episodi di bullismo, di violenza o di mobbing nei confronti delle persone LGBT.
L'Agenzia per i diritti Fondamentali (FRA) dell'Unione europea ha rilevato nel 2013 che quasi la metà delle persone LGBTI intervistate in tutta Europa ha subito discriminazioni o molestie.
L'interiorizzazione del pregiudizio
Un altro concetto delicato su cui soffermarsi è invece l’omofobia interiorizzata che consiste invece nell'accettazione da parte di gay e lesbiche di pregiudizi, etichette negative e atteggiamenti discriminatori verso l'omosessualità.
Questa interiorizzazione del pregiudizio è per lo più inconsapevole e può portare a vivere con difficoltà il proprio orientamento sessuale, a contrastarlo, a negarlo o addirittura a nutrire sentimenti discriminatori nei confronti degli omosessuali.
Ovvero l’omofobia interiorizzata è una delle tre componenti del modello del Minority Stress (Meyer, 1995) e può essere più o meno consapevole e costituisce il risultato dell’interiorizzazione da parte delle persone gay, lesbiche, bisessuali e trans (LGBT) dei pregiudizi, dei pensieri, degli atteggiamenti e dei sentimenti negativi che la società nutre verso l’omosessualità in generale e verso le persone LGBT in particolare.
Che cos'è la terapia di conversione o riparativa?
Le terapie di conversione hanno lo scopo di cambiare l'orientamento omosessuale. Questi sforzi hanno storicamente spaziato da pratiche assolutamente crudeli e pericolose come castrazione, lobotomia, inducendo convulsioni o con deliranti tecniche psicologiche.
La maggior parte delle terapie di conversione si basano su teorie non comprovate scientificamente secondo cui la sessualità può essere modificata da una forte convinzione religiosa o dal superamento dei "traumi" dell'infanzia. In sintesi una tortura delirante.
La terapia di conversione è dannosa?
Assolutamente Sì.
Studi recenti hanno dimostrato che nei soggetti sottoposti a questi interventi riparativi i tentativi di suicidio aumentavano drasticamente durante o dopo il trattamento. Molti partecipanti hanno riportato gravi stati patologici tra cui sintomi depressivi, ansiosi e di panico dopo questi trattamenti.
Inoltre, hanno sperimentato una ridotta autostima, isolamento sociale, un senso di alienazione, perdita di sostegno della comunità, completa perdita di fiducia, ridotta capacità di provare intimità, disfunzione sessuale o impotenza.
Se sono in difficoltà con la mia sessualità, identità di genere o orientamento sessuale, che tipo di terapeuta dovrei cercare?
Quando si riscontrano difficoltà con la propria identità sessuale è bene affidarsi primariamente solo a Psicologi e Psichiatri iscritti ai relativi albi professionali, che siano preparati adeguatamente su queste tematiche, e che facciano della scienza la loro traiettoria terapeutica. Non affidarsi assolutamente a figure non riconosciute. Denunciate qualsiasi abuso contro la vostra privacy, identità e sessualità.
La comunità scientifica
Le linee guida delle più importanti organizzazioni Americane di Salute Mentale negli Stati Uniti come l’American Psychiatric Association o l'American Counselling Association affermano che qualsiasi clinico deve astenersi totalmente da pratiche di conversione perché non hanno nessuna evidenza scientifica e danneggiano anche irreversibilmente la salute delle persone. Non esistono studi definitivi che abbiamo comprovato scientificamente l'effettiva conversione dall'omosessualità all’eterosessualità.
Nel 2010 in Italia è stato pubblicato un documento sottoscritto da psicologi, psichiatri, psicoterapeuti, psicoanalisti, studiosi e ricercatori nel campo della salute mentale e della formazione per condannare ogni tentativo di patologizzare l'omosessualità, affermando che "qualunque trattamento mirato a indurre il/la paziente a modificare il proprio orientamento sessuale si pone al di fuori dello spirito etico e scientifico". Il Consiglio Nazionale dell'Ordine degli Psicologi (CNOP) si è espresso più volte sulla dannosità delle terapie riparative e contro la concezione dell'omosessualità come malattia.
L'ICD-10 (Classificazione Internazionale delle Malattie) dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, che viene ampiamente utilizzata nel mondo assieme al DSM-V, stabilisce che «l'orientamento sessuale in sé non deve essere considerato come una malattia.
Il Professor Vittorio Lingiardi:
“Qualunque intervento di conversione dall'omosessualità non solo è inefficace, non essendo una patologia, ma è anche dannoso. E può indurre i giovani al suicidio. Chi parla di omosessualità come condizione modificabile non ha alcun riconoscimento nella comunità scientifica”.
In ultimo, ma non per minore importanza, anche il Codice Deontologico degli Psicologi Italiani mette in guardia i professionisti dall’adozione di pratiche professionali invalidanti, lesive della dignità umana e di dubbia, se non inesistente, fondatezza scientifica.
Il Testo, infatti, in maniera del tutto ferma e senza indugio, all’art.4 recita testualmente:
nell’esercizio della professione, lo psicologo rispetta la dignità, il diritto alla riservatezza, all’autodeterminazione ed all’autonomia di coloro che si avvalgono delle sue prestazioni; ne rispetta opinioni e credenze, astenendosi dall’imporre il suo sistema di valori; non opera discriminazioni in base a religione, etnia, nazionalità, estrazione sociale, stato socio-economico, sesso di appartenenza, orientamento sessuale, disabilità. Lo psicologo utilizza metodi e tecniche che salvaguardando tali principi, e rifiuta la sua collaborazione ad iniziative lesive degli stessi […] (Calvi e Gullotta, 2012).
Le terapie riparative sono inefficaci e dannose per la salute di chi vi si sottopone perché la persona omosessuale non ha nulla che debba essere riparato, convertito o curato.