Dipendenza affettiva: elementi che creano la forma

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Dr. Alessandro Drago Psicoterapeuta, Psicologo

La Dipendenza Affettiva non è attualmente diagnosticabile, tanto meno sintetizzabile in una unica definizione. Questo accade perché si tratta di un fenomeno intrapsichico multifattoriale che assume, nella sua totalità, una qualità diversa. Le diverse caratteristiche, di natura anche caratteriale, hanno una salienza talmente rilevante che possono essere trasversali ed assimilabili ad altri disturbi.

Questo accadimento 'eccessivamente trasversale' crea diversi elementi che compongono il fenomeno intrapsichico complesso (sono dieci), trovando una unica sintesi in una caratteristica ben precisa (l'undicesima); unica realmente ben inquadrabile: “Quando il proprio ben-essere dipende dall'altra persona”.

L'eccessiva trasversalità contribuisce alla difficoltà della diagnosi e delle definizioni di tutti i tipi fin qui date. Scopo del mio articolo è quello di poter esporre brevemente le diverse variabili che, nel loro insieme soggettivo, formano la Dipendenza Affettiva, senza avventurarmi in una unica semplicistica definizione.

Guarda il video: Dipendenza affettiva: 5 cose da sapere

Ansia di separazione

Capita spesso, nella Dipendenza Affettiva, che vi sia una modalità relazionale dove il partner è sentito, percepito come se fosse una 'estensione del proprio braccio'. Questa modalità simbiotica, nasce da una con-fusione di quello che dovrebbe essere invece emotivamente ben separato: la relazione io-tu.

Questo accade perché uno dei due partner, ma anche entrambi, hanno avuto nel loro passato, una relazione con la madre, o con il padre, di tipo non-differenziato rispetto al normale processo di separazione. Un esempio? Il partner va via per un lungo viaggio e la persona sperimenta ansia in quanto, in termini intrapsichici, non tollera l'idea che la persona amata possa separarsi fisicamente, lo trova, da un punto di vista 'passionale' e quindi del suo passato, completamente inaccettabile in quanto 'il braccio' deve rimanere sempre attaccato al proprio corpo.

Paura dell'abbandono

Ansia di separazione e paura dell'abbandono sono spesso collegate in modo fisiologico, naturalmente da un punto di vista nevrotico. Nel momento in cui ci si separa si sperimenta una forte ansia ed inevitabilmente si 'cade' nella paura che il partner possa scomparire come un fantasma, per una serie di fantasie catastrofiche, nel nulla. Questo genere di esperienza emotiva reca in se esperienze infantili dove le figure genitoriali erano sentite come rifiutanti nel momento in cui accadeva, per esempio, un conflitto che separava drasticamente la relazione bambino-genitore.

La paura che si alimenta all'interno della Dipendenza Affettiva è spesso di questo tipo, per cui, fosse anche solo per qualche minuto, se non si riceve l'sms desiderato sul telefonino immediatamente questa emozione di stampo catastrofico si alimenta, come se la persona amata decidesse di 'abbandonare' senza una precisa spiegazione: in stile 'ghosting'. Naturalmente non essendo consapevoli, dovendo 'lottare' con questa paura che ci assale, mettiamo in atto comportamenti compensatori di difesa. Esempio, ci mettiamo a messaggiare con chiunque per trasformare l'abbandono in 'trionfo', con qualche contorno di vendetta. Come dire, passiamo dal 'non essere amati' ad 'essere amati' anche troppo: “Così impari!” (Vendetta).

Vendetta > Senso di colpa

Coloro che hanno questa tendenza, in stile contro-dipendente, hanno però un effetto boomerang ben preciso. La vendetta (trionfo sull'abbandono) si trasforma in senso di colpa. Come accade questo? La risposta è semplice: a quella persona comunque gli vogliamo bene. Il problema è che ce ne accorgiamo tardi, come se in qualche modo 'la parte' consapevole di amare il partner venisse a mancare in quel dato momento, fosse rimossa, a dispetto di quella 'parte' che ha bisogno di trionfo ed ha 'sete di vendetta'.

Riprendendo l'esempio di prima, dopo aver scritto all'intero pianeta ci arriva il fatidico messaggino della persona amata, che ci rincuora e ci fa 'sentire bene'. Naturalmente il senso di colpa è dietro l'angolo pronto a comparire; per la serie: “Ah se avessi aspettato almeno 5 minuti non avrei scritto quella cosa a quella persona!” (Senso di colpa).

Pensiero ossessivo

Il pensiero ossessivo, la 'fissazione', sotto forma di pensiero, unicamente su quella persona diventa un evento anch'esso fisiologico, ovviamente da un punto di vista nevropatico. Immaginate di avere ansia di separazione + paura dell'abbandono, il risultato non può che non essere il pensare sempre e solamente al partner durante la giornata. C'è poco da dire in tal senso, essendo la fissazione un prodotto psichico in cui emozioni primarie, come la paura, 'esplodono' nell'organismo e per razionalizzare tale 'esplosione' si tende a fissarsi a quell'uomo, a quella donna.

Esempio, si tende a guardare il profilo Facebook 1000 volte al giorno (fissazione/pensiero) rincuorandosi che il partner finalmente abbia scritto qualcosa (paura mitigata/emozione). Come dire, la fissazione passa dal pensiero e va dritta al cuore. Il problema è che per fare questo il tempo che rimane 'sulla testa' è decisamente fuori dal limite della ragionevolezza.

Eccessiva Nostalgia

Il sentimento di nostalgia è comune in tutti gli esseri umani, riempie in senso romantico e poetico la nostra esistenza offrendoci quel fascino di cui abbiamo bisogno. Il problema sorge nel momento in cui questo sentimento diviene 'eccessivo', talmente travolgente da diventare un' esperienza di stampo masochistico. Esempio, l'uomo che, dopo essersi separato ed aver perso l'oggetto d'amore, si reca tutti i giorni in quel bar dove si sente accolto, ci sono amici e può sedersi fuori contemplando quello 'spicchio' di cielo avvolto dal fascino di un tramonto che, idealizzando, non tramonterà mai.

Naturalmente, per via metaforica ed analogica, il tramonto è l'ex moglie che ad un certo punto scompare, come il sole, dietro l'orizzonte. Il problema è che l'eccessiva nostalgia, che affascina ed avvolge 'calorosamente', lo fa diventare uno dei tanti alcolisti che troviamo spesso al bar.

Possessività

Il problema del possedere una persona reca in sè un enorme problema relazionale: “Quella persona non è un oggetto”. Il possedere come se fosse di proprietà, crea una confusione evidente tra due persone che in realtà sono ben separate l'una dall'altra e che non hanno nessuna intenzione di fondersi: stile gemelli siamesi in un unico corpo. Il convincimento narcisistico della possessività, piuttosto infantile, si sintetizza nella frase a livello intrapsichico: “Tanto sei mio/a e faccio quello che voglio io!”. Sovente questo tipo di persone hanno avuto una infanzia dove non hanno potuto sperimentare in modo sano e costruttivo la propria intimità ed hanno subito esperienze di non-possesso del proprio spazio vitale (istinto territoriale represso), attraverso figure genitoriali invadenti. Da qui nasce la trasformazione nevrotica, come compensazione in età adulta, di qualcosa che abbiamo 'perso' (territorio) in qualcosa che invece è di nostro esclusivo 'possesso'.

Con-fondiamo il territorio (battaglia istintuale persa da bambini) con un essere umano (conquista istintuale da adulti). Il problema è che sembra più una guerra tra nazioni, che vogliono invadere i confini altrui, più che una semplice e rispettosa relazione umana.

Paura nel mostrarsi per come si è

Una delle paure fondamentali della Dipendenza Affettiva è di mostrarsi in modo autentico per quello che si è. Come mai accade questo? Il motivo è che, nel 'rivelare' al partner alcune parti di noi stessi, abbiamo il timore di inficiare la relazione affettiva ed è percepito come potenzialmente pericoloso per la stabilità della coppia. Le parti che non si vogliono mostrare all'altro nella DA sono tendenzialmente due: quella 'aggressiva' e quella sentita come 'debole'. Nascondere parti così importanti per la nostra esistenza presuppone, però, di dover entrare progressivamente in una sorta di 'teatro relazionale', dove un 'falso sé' prende il posto alla genuinità ed alla spontaneità del 'vero sé'.

Un buon esempio è la donna che non vuole mostrare al partner le sue debolezze e continua, quotidianamente, a dare una immagine di donna forte 'in carriera'. Oppure l'uomo che ha una parte rabbiosa e che, per paura di perdere la compagna, mostra continuamente un lato fintamente umile. Morale della storia? Dopo qualche anno si devono lasciare perché le parti nascoste hanno da 'scoppiare' insieme alla relazione stessa.

Esternare le emozioni in modo autentico

Questa caratteristica è strettamente interdipendente alla paura sopracitata. Entrare nel 'teatro della falsità', mettersi la 'maschera' e recitare la parte dei buoni e delle persone forti crea spesso un 'effetto domino'. Come se a quel punto la persona fosse costretta, suo malgrado, a recitare costantemente sempre una parte nella relazione. Questo tipo di comportamento, a livello emotivo, presuppone che quando ci si vergogna di qualcosa non si può mostrarlo perché si ha paura di.., quando ci sentiamo disgustati di una cosa non si può perché.., quando siamo tristi per l'amor di Dio succerebbe un casino per cui.., ecc.

Questo tipo di problematica emotiva è la porta principale alla malattia della nostra epoca: la Depressione. Essendo, infatti, la 'depressione' delle nostre emozioni che nel 'rimuovere' alcune parti di noi stessi elicita quotidianamente sentimenti di tristezza e di perdita del proprio Sé autentico e naturale, creando senso di mancanza in quello che 'potenzialmente siamo'. Un fenomeno intrapsichico in effetti, se ci pensate bene, quasi luttuoso.

Risentimento d'amore

Quando la figura amata ci 'fa quello che già ci è stato fatto' cadiamo nel baratro del risentimento. Cosa significa? Significa che il passato (ciò che ci è stato fatto), è fuori dalla nostra scelta e dal nostro arbitrio, questo perché, a livello esistenziale, possiamo scegliere tutto tranne una cosa: i genitori. Quindi può diventare un accadimento naturale e biologico da bambini ritrovarsi, per esempio, in un ambiente ostile con genitori squinternati. L'unica cosa che possiamo fare per sopravvivere a quel punto è adattarci e costruire un carattere, che poi è la nostra nevrosi, allo scopo di poter 'resistere' all'ambiente genitoriale e cercare in tutti i modi di essere amati: nostro fine ultimo che si lega alla sopravvivenza.

Il problema nel presente, con questo passato 'fisiologicamente nevrotico', anche se la Psicologia si sforza di separare sempre bene disturbo e presunta normalità, è che il nostro partner ad un certo punto magicamente, anche se magia non è, fa esattamente quello che ci ha creato dolore e sofferenza nel passato. Esempio, l'uomo che è stato punito spesso da piccolo e si ritrova con una donna che gli salta sempre gli appuntamenti. Questo accadimento gli fa, dal suo punto di vista, effetto della punizione, creandogli quel risentimento d'amore per cui non si sente amato ma bensì maltrattato come da bambino.

Per inciso e per chiarezza, il risentimento, non nasce da un comportamento del partner 'esattamente uguale' ma è più l'effetto emotivo che ci fa quel tipo di comportamento umano rispetto, appunto, a 'ciò che ci è stato fatto'.

Difficoltà nello stare a distanza

Un'altra caratteristica della Dipendenza Affettiva è il non saper 'abitare la distanza'. Cosa vuol dire questo? Vuol dire che, nella distanza relazionale, di solito uno dei due (altrimenti ci si annullerebbe a vicenda) soffre tremendamente per quelle ore o giorni che non vede il partner e per quei chilometri che separano fisicamente la sua 'dolce metà'. Come mai c'è questa difficoltà? Principalmente la spiegazione è di natura istintuale. L'istinto di 'andare verso', denominato anche sessuale o one-to-one, fa 'scattare' l'automatismo di contatto fisico, come se senza l'oggetto amato l'esistenza perdesse di senso.

La cosa buffa di noi esseri umani è che ci scegliamo quasi sempre un partner che invece ha una istintualità differente, per esempio conservativa a cui piace stare più 'ritirato' nel suo ambiente sentendosi maggiormente protetto. D'altronde la passione non si spiegherebbe senza la sofferenza (pathos), altrimenti che passione sarebbe!

Quando il proprio ben-essere dipende dall'altra persona

Questo è un punto focale della Dipendenza Affettiva essendo il punto di sintesi. La sintesi tra le diverse caratteristiche avviene a livello relazionale, dove la non-separazione accade, dove la simbiosi prende vita, dove la nostalgia rompe gli argini, dove ci si mostra per quello che non siamo e dove le emozioni si 'soffocano' in nome della paura del rifiuto. In questo modo 'prende forma', essendo appunto una forma (Gestalt) intrapsichica fatta di diversi elementi, la dipendenza dall'altro che, purtroppo, tanto diverso non è. Infatti a livello intrapsichico il problema diventa una sempre e più progressiva incapacità di differenziazione con l'alterità.

Si vive, si pensa, ci si emoziona in una sorta di fissazione dove si il partner diviene oggetto del proprio ben-essere, desiderando ardentemente che le cose vadano sempre bene, in modo tale che ci si possa 'nutrire' dell'idealizzazione di quell'amore tanto desiderato da bambini. Naturalmente questa è una illusione, naturalmente la relazione umana da una parte va pure bene dall'altra è quasi sempre un casino, naturalmente il partner ha il suo bel carattere ed il suo stile di attaccamento che si porta dietro quando colui o colei che gli 'sta accanto' probabilmente non era nemmeno nato. Da questa incomprensione di base nascono le numerose separazioni conflittuali a cui stiamo assistendo.

 

Data pubblicazione: 26 maggio 2018 Ultimo aggiornamento: 18 luglio 2018

3 commenti

#1

Complimenti, articolo utile e interessante.. per i molti utenti infelici per la mai sufficiente attenzione che ricevono dai loro partner..!Magda

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