Quando lui e lei parlano due lingue diverse. La comunicazione come fonte di disagio
Siamo essere comunicativi.
Disperatamente.
Tradotto: non possiamo, come sostengono eminenti scuole di pensiero, non comunicare.
Una condanna, ma anche un bisogno.
E sappiamo comunicare in mille modi diversi, con nuances neanche da contare, con lingue, gesti, espressioni, creazioni, che narrano sempre di noi, delle nostre radici, della nostra storia.
È vero, come citava il titolo di un film, che non ti puoi nascondere: nell'esistere ti sveli di continuo.
Ma vi sono molti contesti di comunicazione, e non sempre bisogna scomodare il "classico" marketing.
Vorrei qui, banalmente, riportare quello che sapevano già le nostre nonne, e le loro nonne. E su cui, ancora oggi, si fa non poco umorismo.
Ovvio: bisogna generalizzare e categorizzare; essere dicotomici insomma.
In realtà non è tutto così bianco o nero, ma semplicemente si tratta di un fenomeno piuttosto diffuso.
Quale?
Uomini e donne comunicano tendenzialmente in maniere diverse.
Tolti gli studi (arzigogolati) sull'eloquio femminile, che pare in una giornata plasmare infinite parole più degli uomini (quindi concentriamoci sul verbale), resta tavolta il non comprendersi.
Sì, è la celebre storia che la donna è più, se vogliamo, complicata.
Storia su cui qualche uomo magari ci ha simpaticamente "marciato sopra", fingendo candore di fronte all'essere frainteso.
Ma quando diventa uno sketch noto, qualcosa di vero c'è.
Scena tipica.
Lui:"C'è qualcosa che non va?"
Lei: "No, tutto a posto"
Lui: "Sicura?"
Lei: "Certo".
E questo senza considerare il non verbale: magari lui seduto che tenta di capire l'ambiente che avverte saturo di tensione, e lei magari indaffarata in qualche piccolo compito, apparentemente innocuo, ma con un'espressione facciale relativamente neutra, un tono di voce spiccio, gesti rapidi.
Delle volte, non c'è proprio nulla da "analizzare", sia chiaro.
Delle altre, invece...
Mentalmente, riproviamo.
Lui: sento nell'aria che è successo qualcosa che l'ha indisposta, ma non ne capisco il motivo e non so quanto sia il caso di cercare di approfondire.
Lei: ti ho detto "no", ma suppongo tu abbia percepito che sono sbrigativa e fredda. Fingere di non accorgerti non aiuta. Mi hai ferita con quell'affermazione e per te è già in archivio.
Lui: chiedo di nuovo, perché voglio che tu sappia che è importante per me esserti vicino, e voglio capire se mi devo aspettare una qualche tempesta di ignota origine, perché qui "no" vuol dire "sì". Accidenti alle donne.
Lei: vuoi un cartello al neon? Stai fingendo? O perché l'hai detto ieri sera pensi sia già tutto passato? Era un'affermazione forte, non credi? Ma ti è comodo il mio "no", vero? Dietro il mio universo celato di sarcasmo, ti attacchi al significato letterale e decidi di crederci. Accidenti agli uomini.
Così è banalizzato, e non voglio trasformare in "macchietta" nessuno, disegnando uomini "ottusi" e donne "streghe".
È un piccolo assaggio di come, spesso nella reale reciproca innocenza, ci siano incomprensioni che nascono da diversi modi comunicativi.
Ribadisco: generalizzando, ad ampie linee (non se ne abiano a male quindi i colleghi uomini!).
Non è una questione di "superiorità" o "inferiorità": è questione di una relativa "diversità".
Atavicamente forse più predisposta a cogliere, analizzare e dare significato al linguaggio in tutte le sue forme (comprendere per esempio i bisogni di un neonato), la donna talvolta non si ritrova, ricambiata, in uno scambio ove il partner tende a focalizzarsi più sul generale e non sul particolare, creando scambi efficaci, diretti e lineari.
Risultato: incomprensione.
E, purtroppo, non solo a livelli da sorriso.
Ed è un peccato pensare che il modus con cui si comunica possa rovinare momenti o addirittura qualità delle relazione.
Ci si ama, si è alleati, e poi ci si stranisce.
Dunque queste poche righe non sono un giocoso, ritrito ricordare un "problema" comune, ma un riportare alla memoria, da psicologa che si è occupata anche di comunicazione e scrittura, quanto sia articolato.
Il comunicare, sì.
E se una virgola può fare una differenza immane, considerate che succede con discorsi, dialoghi, scambi, scritti, e non verbale.
Preso tutto ciò in toto, aggiungiamo un modo di intendere e sfruttare con stili differenti questo magnifico mezzo e bisogno che è la comunicazione (madre dell'Arte e dell'evoluzione), e si comprende che possa nascere una lite, la discordia, il credere che chi ci è accanto non voglia ascoltare, sentire, o non tenga a noi.
In un certo senso quindi, questo è un invito a contare fino a tre e più, prima di interpretare o non interpretare.
La scienza ci dice che il cervello di uomo e donna sono diversi.
La storia ci insegna che la donna, purtroppo, ha avuto fin troppo tempo per stare chiusa in casa per pensare e immergersi in se stessa.
Ma fortunatamente viviamo tempi in cui il femminile è più libero di esprimersi, e molti uomini coltivano maggiormente quella che qui possiamo definire la loro parte più "femminile".
E se sarebbe noioso capirsi sempre al volo, e stancante fare parafrasi infinite, direi che una via di mezzo che si nutre di diversità consapevoli potrebbe diminuire quel disagio che nasce dal sentirsi stranieri sotto lo stesso tetto.
Generalizzazzioni, appunto.
Ma ammetto di aver visto molte più donne, nel mio studio - forse sarà semplicemnte per il mio essere una donna.
E, sempre affascinata dalla mente e dal comunicare, provo a immaginare un mondo che vada verso l'androginia dell'interazione.
Possibile? Tedioso?
Per intanto, ricordiamoci che ogni parola ha un etimo e una storia.
Una poesia di due righe può spalancare una diga di emozioni.
Nessuna parola è mai banale. E di rado è innocua.
Neanche un "sì", neanche un "no".
Poi arrivano l'intelligenza e la pazienza, e alla fine, scuotendo il capo sconsolati, ci si viene incontro - assieme.