L'importanza del trauma e il DPTS

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Dr.ssa Floriana De Michele Psicologo, Psicoterapeuta

IL DISTURBO POST TRAUMATICO DA STRESS (DPTS)

Negli ultimi anni si è evidenziato un forte interesse sulle gravi conseguenze traumatiche sia nella strutturazione della personalità, sia sullo sviluppo psicopatologico, sia nella psicobiologia, per esempio nello studio dei processi della memoria e della consapevolezza.

Si parla molto, attualmente, di stress e di disturbi post traumatici ad esso collegati; ciò è derivato dallʼattenzione riservata alla dimensione psicologica e relazionale posta alle situazioni di crisi, dove le conoscenze acquisite dalla psicologia, da moltissimo tempo ormai, sono diventate altamente operati-ve e organizzate nella specializzazione della Psicologia dellʼemergenza. In me, questʼinteresse è derivato dalla necessità personale di organizzare il servizio di Psicologia dellʼEmergenza, il 6 aprile 2009, durante il terremoto dellʼAquila, presso lʼospedale pubblico di Avezzano e di Sulmona, cosa che poi ho fatto per conto della asl e dellʼ OPA. 

Il Disturbo Post traumatico da Stress è lʼunica malattia psichiatrica in cui il fattore causale appare nei criteri diagnostici del DSM, proprio in quanto sembra derivi proprio dallo sviluppo della psicologia ap-plicata agli eventi dolorosi dellʼumanità, pertanto è utile ricordare brevemente lʼevoluzione di tale concetto. 

Già nel 1892, Oppenheim, coniò il termine di “ nevrosi post traumatica”, concetto che fu ripreso da Kraepelin nel suo Trattato di Psichiatria del 1896 introducendo lʼentità clinica della “nevrosi da spavento”. Fu, però, Simmel che definì la psicogenesi delle “nevrosi da guerra” alla fine della prima guerra mondiale. Le guerre mondiali, infatti, fecero balzare prepotentemente lʼattenzione della clinica sul trauma, a causa della vastità numerica dei casi, derivati soprattutto dal cambiamento delle tecniche di combattimento: il passaggio dagli scontri di fanteria o cavalleria alle tecniche della guerra in trincea, con le estenuanti attese sotto il pericolo dei bombardamenti per mesi, creava disagi psichici più gravi e nuovi, tanto che i soldati, colti da tali sintomi venivano trattati da disertori. Inizialmente si parlò di “shock da granata”, ma poi si notò che anche i soldati non esposti a queste esplosioni manifestavano sintomi analoghi. Freud nellʼambito della teoria psicodinamica, nata proprio dallʼelaborazione del concetto di “trauma” e di “nevrosi traumatica” affermò che la “nevrosi da guerra”: “sarebbe sganciata da legami con il passato infantile e interamente dipendente da un trauma esterno capace di sommergere e disorganizzare lʼIo”. Bleuler, nella sua classificazione delle malattie mentali, fu il primo ad introdurre come categoria diagnostica distinta “le reazioni psicologiche” definite anche come “disturbi psicoreattivi o psicogeni”.

Negli Stati Uniti, nello stesso periodo, si diffondeva lʼapproccio psicobiologico di Meyer, secondo il quale i disturbi mentali derivavano dallʼinterazione tra fattori psicologici, sociali e biologici. Egli introdusse un metodo, la “ psychobiological life history”, per indagare adeguatamente le relazioni tra esperienza di vita e manifestazioni psicopatologiche.

Tra il 1940/50, Jaspers e Schneider, sottolinearono lʼimportanza della “reazione ad eventi a situa-zioni stressanti” quale possibile causa di manifestazioni psicopatologiche. Le loro osservazioni hanno costituito le basi per la comprensione del ruolo degli eventi stressanti nella patologia psichiatrica e per lʼ attuale inquadramento dei disturbi correlati a stressor.

Il sanguinoso conflitto vietnamita, combattuto tra il 1960 (data di costituzione del Fronte di Liberazio-ne Nazionale filo-comunista FLN) e il 30 aprile 1975 (caduta di Saigon), infine, focalizzò lʼattenzione della psichiatria statunitense sui devastanti effetti della guerra sulla salute mentale dei reduci americani. Si iniziò a parlare, proprio a questo punto, di DPTS (Figley,1978).

Gli studi cognitivistici di Horowitz contribuirono enormemente allʼevoluzione scientifica della patologia che dal 1980, con il termine Disturbo Post traumatico da Stress (DPTS) è stata proposta dallʼAmerican Psychiatric Association, al momento della stesura del DSM-III (Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorder), per indicare tutti i quadri patologici successivi allʼesposizione a traumi, shock, eventi e situazioni non usuali, che erano seguiti da una sofferenza psichica protratta. Successiva-mente inserita nella versione del DSM III R,DSM IV(1994) e IV TR(2002), nellʼ ICD 10(Diagnostic Criteria for Research) dellʼOMS(1992).

Con la definizione di DPTS, i curatori del DSM-III, dunque, affermano lʼesistenza di una patologia psichica che insorge in individui sani a seguito di un evento traumatizzante. Si va così a colmare una lacuna nel panorama diagnostico e ad individuare lʼesistenza di un disturbo cronico, che può insorgere come processo adattivo in seguito a gravi traumi, in individui senza alcuna predisposizione, intro-ducendo una novità assoluta nellʼambito della psichiatria medica. La diagnosi di DPTS, apparentemente facile da farsi, in realtà è molto complicata poichè i criteri che la caratterizzano subiscono continue modificazioni nel tempo; affinchè si possa parlare di DPTS, è necessario che si presenti un quadro sintomatologico ben definito e specifico del disturbo, che secondo il DSM-IV, prevede la presenza di sintomi relativi a tre clusters ben precisi:

 

  • Ripresentazione del vissuto traumatico: consistente in ricordi dellʼevento, con carattere invasi-vo e ricorrente, vissuti con partecipazione affettiva più o meno intensa e reminescenza sensiti-vo-sensoriale di grado variabile.

 

  • Aumento dellʼarousal.

 

  • Evitamento

 

  • intorpidimento, insensibilità o paralisi emozionale detti numbing

 

Da un punto di vista clinico il DPTS è lʼunica patologia psichiatrica in cui si associano flashback, iper-attivazione, pensieri intrusivi e ricorrenti, sensazione di timore, riduzione dei sentimenti, paura del futuro.

 Il quadro sintomatologico del Disturbo Post Traumatico da Stress è dato da i seguenti punti:

la persona è stata esposta a un intervento traumatico nel quale erano presenti entrambe le carat-teristiche seguenti:

 1) la persona ha vissuto, ha assistito, o si è confrontata con un evento o con eventi che hanno impli-cato morte, o minaccia di morte, o gravi lesioni, o una minaccia allʼintegrità fisica propria o di altri;

 2) la risposta della persona comprendeva paura intensa, sentimenti dʼimpo tenza, o di orrore. NOTA Nei bambini questo può essere espresso con comportamento disorganizzato o agitato.

 

  1. lʼ evento traumatico è rivissuto persistentemente in uno (o più) dei seguenti modi:

 

1)ricordi spiacevoli ricorrenti e intrusivi dellʼevento, che comprendono immagini, pensieri, o percezioni. NOTA Nei bambini piccoli si possono manifestare giochi ripetitivi in cui sono espressi temi o aspetti riguardanti il trauma;

 2)sogni spiacevoli ricorrenti dellʼevento.

NOTA Nei bambini piccoli possono essere presenti sogni spaventosi senza un contenuto riconoscibile;

 3)agire o sentire come se lʼevento traumatico si stesse ripresentando (ciò include sensazioni di rivive-re lʼesperienza, illusioni, allucinazioni, ed episodi dissociativi di flashback, compresi quelli che si ma-nifestano al risveglio o in stato dʼintossicazione)

NOTA Nei bambini piccoli può manifestarsi rappre-sentazioni ripetitive specifiche del trauma;

 4)disagio psicologico intenso allʼesposizione di fattori scatenanti interni o esterni che simbolizzano o assomigliano a qualche aspetto dellʼevento traumatico;

 5)reattività fisiologica o esposizione a fattori scatenanti interni o esterni che simbolizzano o assomi-gliano a qualche aspetto dellʼevento traumatico.

 

  1. Evitamento persistente degli stimoli associati con il trauma e attenuazione della reattività generale (non presenti prima del trauma), come indicato da tre (o più) dei seguenti punti:

 

  • sforzi per evitare pensieri, sensazioni o conversazioni associate con il trauma;

 

  • sforzi per evitare attività, luoghi o persone che evocano ricordi del trauma;

 

  • incapacità di ricordare qualche aspetto importante del trauma;

 

  • riduzione marcata dellʼinteresse o della partecipazione ad attività espressive;

 

  • sentimenti di distacco ed estraneità verso gli altri;

 

  • affettività ridotta (per es., incapacità di provare sentimenti di amore);

 

  • sentimenti di diminuzione delle prospettive future (per es., aspettarsi di non poter avere una carrie-ra, un matrimonio o dei figli, o una normale durata della vita.)

 

  1. Sintomi persistenti di aumentato arousal (non presenti nel trauma), come indicato da almeno due dei seguenti elementi:

 

  • difficoltà di addormentarsi o a mantenere sonno;

 

  • irritabilità o scoppi di collera;

 

  • difficoltà a concentrarsi;

 

  • ipervigilanza;

 

  • esagerate risposte di allarme.

 

  1. E. La durata del disturbo (sintomi ai Criteri B, C e D) è superiore a un mese.

 

  1. Il disturbo causa disagio clinicamente espressivo o menomazione nel funzionamento sociale, lavo-rativo o di altre aree importanti.

 

Specificare se:

 

ACUTO: se la durata dei sintomi è inferiore a tre mesi;

CRONICO: se la durata dei sintomi è tre mesi o più.

 Specificare se:

 A ESORDIO RITARDATO se lʼesordio dei sintomi avviene almeno sei mesi dopo lʼevento stressante.

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Il caso di Romina, che adesso rappresento è un estratto del vissuto di una vittima del terremoto aquilano e del forte coinvolgimento dellʼoperatore. Due tipi di traumi derivati da un evento catastrofico: quello della vittima e quello dellʼoperatore. Questo colloquio avviene il 10 aprile, giorno dei funerali delle vittime.

Romina è stata ricoverata nel reparto di otorino laringoiatria in seguito al terremoto. È una signora di 40 anni circa, sposata con un uomo precedentemente coniugato, aveva due figli un maschio di 16 anni, avuto dal marito nel suo precedente matrimonio, e Federica di 9 anni morta la notte del terremoto.

La famiglia viveva in una casa cinquecentesca al centro di LʼAquila, posizionata al quarto piano di un palazzo molto antico.

Romina è molto scossa, confusa, così la descrive Antonella la psicologa che la segue fin dal primo giorno del suo ricovero e cioè il 6 aprile.

Durante il primo colloquio racconta che quella notte dormivano nel lettone matrimoniale lei, suo marito e Federica, quando è avvenuta la scossa hanno sentito il solaio cedere e lei si è risvegliata sotto le macerie, sentiva le voci dei soccorritori, tra cui il figlio che il marito ha avuto dal precedente matri-monio. Quando è stata estratta dalle macerie, ha chiesto al figlio di suo marito dove fosse Federica e come stava, ma il ragazzo le ha comunicato che Federica non cʼera più, non ce lʼaveva fatta. Inizia così la disperazione della donna. Antonella riportava i contenuti dei suoi colloqui con Romina perchè sentiva di partecipare molto al suo dolore, sapeva ascoltarla molto, la faceva parlare liberamente, ma rimaneva sconcertata dal comportamento della donna, che appariva sorridente, molto cordiale con tutti, non stava mai sola, era circondata da moltissime persone che venivano a trovarla e lei era disponibile con tutti, parlava della bambina morta con molta naturalità, come se fosse stata viva, sembrava avesse preso molto bene la cosa e che stesse superandola con il forte attaccamento sviluppato verso il ragazzo.

Solo la sera era triste quando era da sola e il marito che era ricoverato vicino a lei, in una stanzetta unica dellʼospedale, magari dormiva invece lei non riusciva a farlo.

In realtà, Romina era ipereccitata e le venivano prescritti dei calmanti, ma lei rifiutava le medicine che non la facevano pensare. Romina chiede a suo marito di fare un altro bambino, ne parla anche con Antonella, dice che non vuole farlo per compensare la perdita di Federica, perché nessuno potrà mai sostituirla, ma dice di essere giovane e vuole un altro bambino a cui donare tutto il suo affetto.

Romina e suo marito si sottopongono ad unʼintervista per il programma “la vita in diretta”, ed un pomeriggio guardano lʼintervista insieme ad Antonella; la donna rivedendosi e riascoltandosi si commuove, prende contatto con lʼesperienza che ha vissuto, ma stando in un contesto ovattato come lʼospedale, ancora non la vive come reale.

Il giorno dei funerali, la donna come sempre è circondata da persone amiche che proprio in quel momento non vogliono lasciarla sola, con la psicologa avevano parlato della possibilità di guardare il funerale in televisione poichè veniva trasmesso in diretta;

la donna già dalla mattina presto aveva dato segni di insofferenza mostrando un iper attività che Antonella aveva rilevato domandandosi come Romina potesse superare quel momento. Infatti, proprio mentre iniziavano i funerali la donna si sente male, i medici non riescono a calmarla, ci segnalano il problema. Con Antonella mi reco da Romina, che mi presenta a lei, invito i sanitari a lasciarci sole, così inizia il mio colloquio con lei: la rassicuro sulle sue reazioni in quel momento, le prendo le mani che lei agitava nel parlare e piangere e protendeva come se cercasse lʼabbraccio della figlia perduto. In quel momento però era come se fosse lei una bambina ed aveva bisogno di essere rinforzata.

Parla del funerale che si sta svolgendo in quel momento e che lei si è rifiutata di seguirli in televisione perché non ce la faceva a causa del dolore che le provocavano.

Ma racconta tra le lacrime di aver chiesto a suo figlio Sergio e ad alcuni parenti di partecipare allʼevento e non lasciare sola Federica, di farlo per lei che non poteva uscire dallʼospedale per abbracciare la sua piccola bambina.

In realtà si rende conto che ciò che prova è un profondo senso di colpa per aver abbandonato di nuovo la piccola non avendo il coraggio di guardare il funerale, in fondo avrebbe potuto anche fare in modo di partecipare al funerale perchè fisicamente era in condizione di farlo e per quel giorno avrebbe potuto lasciare lʼospedale. Seguendo il flusso di questi pensieri ricorda che Federica le aveva chiesto tre giorni prima del tragico evento, di andare via da quella casa, da quella città perché lei aveva paura di morire, invece lei lʼaveva sempre rassicurata perchè tutti dicevano che non cʼera pericolo, invece anche lei aveva paura. Romina allora diceva alla bambina: “ non ti preoccupare, dormiamo insieme abbracciate e vedrai che la paura se ne va”, e così quella notte dormivano abbracciate insieme poi la scossa ha fatto precipitare il pavimento e sono cadute giù, ma al suo risveglio Federica non era più con lei!

Romina ha un grande senso di colpa per non aver fatto ciò che Federica le aveva chiesto tre giorni prima del 6 aprile e per essere rimasta in vita lei invece che la figlioletta.

Non riesce ad accettare che sua figlia sia morta mentre persino il loro cane è ancora vivo e si chiede il perché di questo.

Parlando di Federica dice che era una bambina bellissima, buona, simpatica e molto intraprendente, poi mostra una fotografia che ha sul cellulare e pensa al fatto che adesso è chiusa in una bara da sola dentro una stanza del cimitero senza la sua mamma.

Durante il colloquio, un uccellino si posa sul davanzale della finestra e Romina lo indica dicendo “vedete quellʼuccellino è la mia Federica, è venuta a salutarmi ”.

Noi condividiamo con lei questa cosa, lei si tranquillizza finalmente perchè durante questo colloquio è riuscita a prendere contatto con una parte più profonda di sè, mi ringrazia tantissimo per la possibilità di questo parlare insieme diverso, che nei giorni successivi si è ancora ripetuto.

Gli ultimi colloqui sono volti a preparare Romina allʼuscita dallʼospedale e alla reintegrazione nella vita di tutti i giorni, seppur profondamente trasformata dagli eventi.

Da contatti telefonici successivi, Romina comunica ad Antonella che si è trasferita sulla costa, si sente bene, il legame con suo marito è più forte di prima, ma lʼassenza di Federica è incolmabile, anche se cerca di ricostruire la sua vita e di portare a termine il suo progetto, cioè di avere un altro figlio.

Gli psicologi, di volta in volta, mostravano segni di cedimento emotivo (pianto immotivato) per lo più quando tornano a casa, che elaborano con me il giorno dopo, sognano molto di rivivere il terremoto, o incubi).

Io stessa faccio due sogni che mi hanno svegliato per lʼansia procuratami: Nel primo percorrevo Via Marrelli fino a P.za Duomo e camminando mi sento chiamare dallʼalto di un palazzo: affacciato alla finestra cʼera Giovanni, lʼex segretario dellʼ OPA, che mi voleva parlare ed io gli gridavo di scendere giù se no non avremmo potuto farlo; nel secondo il sogno si ripeteva solo che ancora più terribilmente venivo svegliata dalla scossa di terremoto!

In generale le persone si confrontano con eventi altamente stressanti direttamente o indirettamente, che possono rappresentare veri e propri traumi e ciò può lasciare ferite che, sembra, nella maggior parte dei casi, si rimarginano, ma allʼincirca nel 5%-10% dei casi si manifesta il DPTS.

Esso, certamente, non è lʼunica conseguenza dellʼesposizione al trauma, al contrario, restano segni indelebili che possono cronicizzarsi, compromettendo la normale funzionalità dellʼindividuo.

Quando si parla di trauma ci si riferisce generalmente ad un evento della vita del soggetto caratteriz-zato dallʼintensità del suo impatto, dallʼincapacità del soggetto a rispondervi adeguatamente, dalla viva agitazione e dagli affetti patogeni durevoli che esso provoca nellʼorganizzazione psichica del soggetto stesso. In termini economici, il trauma è caratterizzato da un afflusso di eccitazioni eccessivo rispetto alla tolleranza del soggetto ed alla sua capacità di dominarlo e di elaborarlo psichicamente (Laplanche e Pontalis,1981).

Il ruolo patogeno del trauma è stato messo in evidenza dalla psicoanalisi che ebbe inizio proprio come teoria del trauma e senza una formazione psicodinamica non si sarebbe potuto comprendere mai lo stato dʼanimo di Romina, ma anche di tante altre persone che, nellʼimmediatezza hanno avuto bisogno di recuperare la loro lucidità mentale, che permettesse di elaborare e superare il dolore almeno in quel momento cruciale per la loro stessa esistenza.

Gli aspetti soggettivi ed individuali del trauma riconosciuti quali fattori traumatizzanti permettono di comprendere meglio perchè spesso i sintomi di un DPTS possono comparire anche in seguito “a si-tuazioni naturalmente presenti nella vita umana, quali malattie o lutti, nel corso delle quali la percezione soggettiva può diventare traumatizzante” (March J.S.,1993)

Ci sono diverse possibilità di reagire al trauma e, quindi, diversi esiti post traumatici. Il soggetto, infat-ti, ha insite in sè delle vulnerabilità che lo predispongono al tipo di impatto che lʼevento traumatico avrà su di sè; naturalmente più intenso, scioccante e grave è il fattore scatenante, più la persona vi-vrà sensazioni di impotenza, di terrore, dʼangoscia e più è probabile che si sviluppino stati psicopato-logici.

Se allʼevento traumatico sopraggiungono anche altre condizioni sfavorevoli il quadro psichico del soggetto può aggravarsi ulteriormente, predisponendo allʼinsorgenza e alla cronicizzazione del DPTS.

 I fattori aggravanti sono:

  • le caratteristiche dellʼevento traumatico in sè, ad esempio il prolungamento dellʼesposizione al trau-ma, la sua gravità, la sua presenza in concomitanza di altri problemi personali;
  • le caratteristiche della persona colpita dal trauma, ad esempio la struttura della personalità, il pessi-mismo, la bassa autostima, una difficile storia personale con presenza di perdite precoci, condizioni di salute negative e basse risorse cognitive;
  • i fattori ambientali, ad esempio la scarsa presenza di risorse amicali, di possibilità di ricorrere a sup-porti professionali adeguati pe il trattamento immediato dei sintomi più acuti.

 La persona può reagire agli eventi critici con:

reazioni di tolleranza, mantenendo lʼautocontrollo, la lucidità e lʼadeguatezza dei comportamenti e delle reazioni emotive.In questi casi, lʼapparato psichico del soggetto ha sostenuto lʼimpatto con lʼevento e non ha riportato particolari danni. Tuttavia, può accadere che alcune persone, con il trascor-rere dei giorni possono sviluppare reazioni inadeguate chiaramente collegate allʼevento.

Lʼesito favorevole è rappresentato dalla resilienza, cioè la capacità di riprendere la ripresa dello svi-luppo dopo la lacerazione traumatica e nonostante la presenza di circostanze avverse. La resilienza non solo è una capacità innata nellʼessere umano, ma si sviluppa in relazione allʼambiente, in un con-testo di fattori che contempla la persona, la famiglia, le strutture socio-educative, la comunità e i valori che una società esprime.

Grazie ad essa lʼevento traumatico può trasformarsi in motore di un possibile cambiamento, trasfor-mando lʼesperienza dolorosa in apprendimento e mantenendo la capacità di conservare un certo grado di integrità e salute psicofisica di fronte agli stress e ai traumi. La sua azione positiva, secondo A.Oliviero Ferraris(2003): ”è paragonabile ad una reazione psicologica efficace simile a quella messa in atto fisicamente da parte del sistema immunitario quando il corpo combatte e sconfigge un attacco infettivo”.

Reazioni iperemotive, anche a carattere dissociativo.In questo caso, la maggior parte delle persone coinvolte presentano massicce manifestazioni psichiche e psicosomatiche tipo: shock, ansia, de-pressione, smarrimento, stupore, incredulità, comportamenti automatici, tremori, palpitazioni, nausea. Queste reazioni insorgono immediatamente dopo lʼevento e condizionano fortemente la persona an-che nei giorni successi. Il loro decorso comporta solitamente il graduale dissolvimento della sintomatologia.

A volte, invece, si assiste ala persistenza della sintomatologia e alla comparsa di veri e propri stati psicopatologici quali: DPTS, ASD (disturbo acuto da stress), Disturbi dellʼadattamento, Depressione maggiore, Disturbo dʼansia generalizzato, Disturbo dʼattacco di panico, Abuso di sostanze, Disturbi del sonno, Disturbi da somatizzazione, Comportamenti violenti in famiglia, Suicidio. Il PTDS è frequentemente preceduto dal Disturbo acuto da stress, che si differenzia dal DPTS per il tempo di esistenza: infatti deve manifestarsi entro 4 settimane dallʼevento e durare un minimo di due giorni ad un massimo di 4 settimane; e per il fatto che deve presentare molti più sintomi dissociativi.

In particolare, i sintomi dellʼASD più altamente correlati con il successivo sviluppo del PTDS sem-brano essere lʼottundimento emotivo, lʼagitazione motoria, la depersonalizzazione e la sensazione di rivivere lʼesperienza traumatica.

Con la scoperta della sessualità infantile, Sigmund Freud cominciò a parlare del trauma e delle sue vicessitudini e ne parlò in tutto il corso della sua evoluzione speculativa. La prima teoria psicoanalitica rappresentò il trauma psichico come una reazione ad un trauma reale, che ha a che fare anche con le “sensibilità” individuali, vale a dire con lʼintrapsichico. Questa teoria è detta “teoria della seduzione”.

In particolare, la causa dellʼisteria è da ricercarsi in una seduzione sessuale subita da parte di un adulto durante lʼinfanzia, il cui ricordo è rimosso e quindi non abreagito, Freud scrive:

“…Contenuto del ricordo è, di solito, o il trauma psichico che, per la sua intensità, era atto provocare lʼinsorgere dellʼisteria nel malato, oppure lʼevento che, per essere occorso in un determinato momento, si è trasformato in trauma.

Nei casi della così detta isteria traumatica, questo meccanismo è evidente anche allʼosservazione più grossolana, ma è riconoscibile anche nellʼisteria che non comporta un grosso trauma. In que-sto caso si riscontrano piccoli traumi ripetuti, oppure ricordi, in sé indifferenti, divenuti traumatici per eccesso del fattore della disposizione. Il trauma si dovrebbe definire per un incremento di eccitamento nel sistema nervoso, che questo non è riuscito a liquidare a sufficienza mediante reazione motoria. Lʼattacco isterico si deve forse interpretare come un tentativo di compiere la reazione al trauma”.

 Studi sullʼisteria del 1892-95, scritti con Breuer Scrive ancora Freud:

 ”....quasi tutti i sintomi erano sorti come residui- “sedimenti” - si potrebbe dire- di esperienze cariche di affetto, che perciò più tardi abbiamo chiamato “traumi psichici” e la loro singolarità trovava spiegazione nel rapporto con la scena traumatica che li aveva causati. Essi erano, per usare un termine tecnico, determinati dalle scene di cui rappresentavano i residui mnestici, e non era più neces-sario descriverli come produzioni arbitrarie o enigmatiche delle nevrosi....

Il sintomo non era sempre il residuo di un unica esperienza, perlopiù avevano cooperato a determinarlo moltissimi traumi ripetuti, spesso assai simili.

 “...i nostri malati isterici soffrono di reminiscenze. I loro sintomi sono residui e simboli mnestici di determinate esperienze (traumatiche)......tutti gli isterici e i nevrotici, non solo ricordano le esperienze dolorose del loro remoto passato, ma sono ancora attaccati ad esse emotivamente; non riescono a liberarsi del passato e trascurano per esso la realtà e il presente”. Questa fissazione della vita psichica ai traumi patogeni è uno dei caratteri più importanti e praticamente significativi della nevrosi.

 ....In tutte queste vicende era avvenuto che affiorasse un impulso di desiderio, il quale era in net-to contrasto con altri desideri dellʼindividuo e si rivelava incompatibile con le esigenze etiche ed estetiche della personalità.

Cʼera stato un breve conflitto, e alla fine di questa lotta interiore la rappresentazione che compa-riva dinanzi alla coscienza come portatrice di quel desiderio inconciliabile cadeva nella rimozione e, insieme ai ricordi ad essa pertinenti, veniva espulsa dalla coscienza e dimenticata............. esaminando i malati isterici e altri nevrotici, perveniamo alla convinzione che in essi è fallita la rimozione dellʼidea a cui è legato il desiderio intollerabile. Lʼhanno, è vero, cacciata dalla coscienza e dalla me-moria e si sono in apparenza risparmiati una grande quantità di dispiacere, ma nellʼinconscio lʼimpulso del desiderio rimosso continua a esistere, spiando il momento buono per la sua riattivazione e inviando poi alla coscienza, in luogo di ciò chʼè stato rimosso, una formazione sostitutiva deformata e resa irriconoscibile, alla quale ben presto si allacciano le stesse sensazioni di dispiacere che si credeva di aver evitato attraverso la rimozione.” S.Freud, Cinque conferenze sulla psicoanalisi,1909,vol.VI, pagg. 133-145

Successivamente Freud abbandonò la ricerca sulle scene sessuali infantili traumatizzanti e sulla teoria della seduzione e si concentrò nella direzione della ricerca sulla realtà psichica e presenta una revisione della teoria metapsicologica del trauma nelle lezioni “Introduzione alla psicoanalisi” del 1915-17.

Le conseguenze disastrose del conflitto mondiale riattivano in lui un rinnovato interesse per le nevrosi traumatiche e le nevrosi di guerra, e lo porteranno allʼintroduzione della pulsione di morte come fondamento ultimo del conflitto psichico

La pulsione di morte è una forza oppositiva, che separa, la cui sede è interna al corpo e si orienta innanzitutto verso lʼinterno, senza essere immediatamente percepita come distruttiva (la Negazione); la sua funzione principale di dividere, permette di aprire ulteriormente la strada a una nuova congiunzione nei casi che hanno una prognosi favorevole.

Essa si manifesta attraverso i meccanismi psichici della tendenza a ripetersi (coazione a ripetere), la regressione e la fissazione

Il trauma psichico, è ora di nuovo inteso come inondazione di energia proveniente dallʼesterno, come divisione, ma che va ad integrarsi con quello di trauma sessuale infantile, nel senso che, scrive Freud:

” Eʼ come se questi ammalati non fossero venuti a capo della situazione traumatica, come se questa stesse dinanzi a loro quale compito attuale non sormontato; e noi prendiamo molto sul serio questa concezione: essa ci indica la via verso una considerazione, diciamo così, economica dei pro-cessi psichici” Introduzione alla psicoanalisi, 1915-17, vol. VIII, pagg. 436-437.

Il trauma psichico, dunque, acquista la sua identità di trauma “a posteriori” (Nachträglichkeit), vale a dire che esso si manifesta posteriormente, a partire da ricordi infantili che acquistano valore traumatico solamente molto tempo dopo lʼevento reale e in funzione di nuovi eventi scatenanti.

Nel 1926, in “Inibizione, sintomo e angoscia”, il concetto di trauma acquista la sua forma definiti-va di “situazione traumatica”, in rapporto allʼangoscia, che dà contemporaneamente ragione dellʼinterazione di situazioni interne ed esterne e del carattere interstrutturale di tutte le situazioni traumatiche.

In questo scritto le situazioni traumatiche sono legate principalmente a delle esperienze di perdita: della madre, dellʼaffetto e dellʼamore della madre, dellʼamore degli oggetti, dellʼamore del Super Io ecc, esperienze che mettono lʼindividuo in uno stato di impotenza psichica e fisica davanti lʼinonda-zione di stimoli di origine interna ed esterna.

La situazione traumatica fondamentale è quella dellʼimpotenza a cui tutte le altre fanno seguito: ”Chiamiamo traumatica una simile situazione vissuta di impotenza; abbiamo allora un buon motivo per distinguere la situazione traumatica dalla situazione di pericolo ….In base allo svolgimento della serie angoscia – pericolo – impotenza (trauma), possiamo riassumere così lʼesposizione precedente: la situazione di pericolo è la situazione riconosciuta, ricordata, attesa, dʼimpotenza.

Lʼangoscia è la reazione originaria allʼimpotenza vissuta nel trauma, reazione la quale, in seguito, è riprodotta nella situazione di pericolo come segnale di allarme. LʼIo, che ha vissuto passivamente il trauma, ripete ora attivamente una riproduzione attenuata dello stesso, nella speranza di poterne orientare au-tonomamente lo sviluppo”.

 il trauma si manifesta caratteristicamente in modo ripetitivo (gli attacchi isterici):

 “…Gli effetti del trauma sono di due tipi: positivi e negativi. I primi (positivi) sono sforzi di rimettere in vigore il trauma, cioè di ricordare lʼesperienza dimenticata, o meglio ancora di renderla reale, di viverne di nuovo una ripetizione, oppure, anche se si trattava solo di una relazione affettiva da lungo tempo trascorsa, di farla rivivere in una relazione analoga con unʼaltra persona. Questi sforzi vengo-no catalogati insieme come fissazioni al trauma e coazione a ripetere”.

 Gli effetti negativi sono invece quelli che fanno si che il trauma non sia né ricordato né ripetuto; sono le così dette reazioni di difesa, le quali concorrono più di ogni altra cosa alla determinazione del carattere. Fondamentalmente sono fissazioni al trauma, proprio come il loro opposto, solo che sono fissazioni con un intento contrastante, sono le elusioni, che possono accrescersi fino a diventare del-le inibizioni e delle fobie.....

 Scrive S.Freud in ” Lʼuomo Mosè e la religione monoteistica”, 1934-38, vol. XI, pagg. 395 –400.:

 “...... Tutti questi fenomeni, tanto i sintomi quanto le restrizioni dellʼIo e le alterazioni stabili del ca-rattere, hanno carattere di coazione, cioè accanto a grande intensità psichica mostrano unʼampia in-dipendenza dallʼorganizzazione degli altri processi psichici,... uno Stato nello Stato.

 ... Di regola la difesa rimane vincitrice; in ogni caso permangono alterazioni dellʼ Io paragonabili a cicatrici. Soltanto di rado la nevrosi infantile continua senza interruzione nella nevrosi dellʼadulto....

Nella nevrosi il fenomeno di latenza, tra le prime reazioni al trauma e il successivo scoppio della ma-lattia, deve considerarsi tipico.

I sintomi della nevrosi in senso stretto sono formazioni di compromesso in cui partecipano tuttʼe due le tendenze derivanti dai traumi, dove una volta trova espressione preponderante lʼapporto dellʼuna, altre volte lʼapporto dellʼaltra.

 Io Stress quale fattore scatenante del trauma

Horowitz M.G. (Stress Response Syndromes- Jason Arons- New York,1976), fu il primo a cercare di definire una precisa nosografia dei disturbi psichiatrici, conseguenti ad un avvenimento traumatico, indicando otto risposte psicologiche comuni più frequentemente riscontrabili in soggetti vittime di un grave trauma:

dolore e tristezza, paura di diventare distruttivi, colpa per i propri impulsi di rabbia, paura di iden-tificarsi con le vittime, sentimenti di colpa per essere sopravvissuti, paura di ripetere il trauma, vergo-gna rispetto al sentimento di impotenza e di vuoto, intensa rabbia diretta verso la fonte del trauma.

È importante tenere presente che la risposta allo stress dellʼindividuo è in un primissimo tempo di tipo adattativo con una reazione psichica e biologica deputate a favorire uno stato di “allerta” e di aggressione/fuga con similitudini alla reazione di allerta degli studi etologici sugli animali, accelerazione del battito cardiaco e del respiro, vasodilatazione, aumento dellʼattività corticosurrenlica….

A livello psicologico questo si traduce in reazioni acute, immediate al trauma, es. con eccitazione o ipervigilanza. Tuttavia, lʼintensità della reazione può diventare controproducente dettando compor-tamenti che inibiscono le facoltà decisionali e operative sino ad una vera e propria inibizione con pa-ralisi, sintomi conversivi, che vanno dallo svenimento al panico e alla fuga afinalistica.

 Le reazioni emozionali

Abbiamo finʼora imparato che essere travolti da un qualsiasi evento catastofico sia un'esperienza che mette a durissima prova le nostre capacità di adattamento e la nostra salute psicologica e che le reazioni di stress vengono considerate una reazione normale a eventi non normali.

Il rischio, però, è legato allʼinsorgere di patologie gravi, conseguenti alla cronicizzazione della paura, che diventa angoscia quando lʼevento sismico, per es., non si esaurisce in tempi brevi, anzi si protrae molto nel tempo. In generale, le reazioni di stress possono apparire estreme e possono pro-vocare sofferenza, ma esse non diventano problemi cronici.

Queste sono le emozioni preponderanti in caso di stress:

lʼangoscia o la paura

la perdita di energia, la fragilità, la debolezza nei momenti successivi allo shock La tristezza, la nostalgia, il senso di colpa

Il disagio, la vergogna La rabbia, la collera La solitudine

I ricordi

Lʼalternarsi di speranza e disperazione

A cui si associano determinate sensazioni fisiche dovute al lavoro di elaborazione e superamento dei sentimenti spiacevoli Stanchezza

Mancanza di sonno, incubi

Perdita di memoria e di concentrazione Vertigini, palpitazioni, tremori

Difficoltà di respiro, “nodi” alla gola Nausea, diarrea

Mal di testa, di collo e di schiena Disordini mestruali

Variazioni del desiderio sessuale e a cui possono associarsi anche disturbi comportamentali-relazionali: alterazioni nelle attività professionale e personale solitudine torpore

Senso di realtà

Assumere alcool e droghe

Alterazione della vita sessuale

Clima familiare

Amicizie

 Evitamento di situazioni

Per affrontare tali emozioni la persona è dotata di meccanismi psichici di difesa che aiutano a smorzare e talvolta a sopprimere i ricordi traumatici e quindi aiutano a regolare le energie psichiche e a mantenere un certo “equilibrio” psicologico, portando effetti utili per il vivere quotidiano;

ma poichè essi sono inconsci, la persona non sa di attuarli, con la conseguenza che il loro meccanismo si complichi, Per affrontare tali emozioni la persona è dotata di meccanismi psichici di difesa che aiutano a smorzare e talvolta a sopprimere i ricordi traumatici e quindi aiutano a regolare le energie psichiche e a mantenere un certo “equilibrio” psicologico, portando effetti utili per il vivere quotidiano;

 ma poichè essi sono inconsci, la persona non sa di attuarli, con la conseguenza che il loro meccanismo si complichi, provocando una rigidità o disarmonia, così da determinare i sintomi patologici.

 provocando una rigidità o disarmonia, così da determinare i sintomi patologici.

Ansia

Lʼansia è un segnale dʼ allarme soggettivo per unʼazione.

La risposta comportamentale da essa evocata ha lo scopo di ridurre il livello dellʼansia stessa, ristabilendo un equilibrio individuale, per cui ognuno ha una soglia oltre la quale può diventare patologica.

Viene percepita dal soggetto come una combinazione di emozioni negative, spesso accompagnata da sensazioni fisiche come palpitazioni, dolori al petto, respiro corto, nausea, tremore interno. Lʼ ansia normale è quella che viene affrontata con comportamenti costruttivi e protettivi; permette di mantenere lʼequilibrio emotivo e la capacità di giudicare in modo maturo; corrisponde allʼattivazione generale dellʼorganismo che si prepara ad affrontare un compito.

Lʼansia patologica è apprensione o spiacevole tensione data dal presagio interiore di un pericolo sconosciuto.

Ciò che si prova è sproporzionato a qualsiasi stimolo noto, alla minaccia o al pericolo che ci sovrasta.

 Le cause dellʼansia sono intrapsichiche.

In questo caso lʼindividuo mette in atto dei tentativi meno validi di adattamento alla vita. Si potrebbe rappresentare graficamente lʼintensità con la quale lʼansia si presenta, con una linea retta infinita, che va da un valore zero, in situazioni di normalità, ad un valore massimo su un continuum, che attraversa lʼattacco di panico o lʼ ansia acuta fino alle situazioni patologiche dellʼ ansia cronica. Ciò sta a significare che in una situazione di paura giustificata da uno stimolo pericoloso, per es.una scossa di terremoto, lʼindividuo può reagire anche con una attacco acuto di ansia, meglio conosciuto come panico.

 Questa è una reazione normale in una situazione anormale.

Viceversa,quando una persona claustrofobica, ansia cronica verso gli ambienti ristretti e affollati, al solo pensiero di dover prendere un ascensore viene colta da un attacco di panico, vuol dire che ha reagito ad uno stimolo neutro (lʼascensore) o situazione normale in modo anormale. In questo caso invece, la reazione è patologica.

Paura

La paura è la risposta emotiva ad una minaccia o ad un pericolo, di solito esterno, quindi, ben riconoscibile.

È caratterizzata dalla percezione cognitiva della minaccia o pericolo presente, che si raccorda sufficientemente con lo stimolo. Di solito è accompagnata da unʼaccelerazione del battito cardiaco e delle principali funzioni fisiologiche di difesa.

 Le cause della paura sono extrapsichiche, cioè esterne e facilmente individuabili.

Panico

Eʼ una reazione ansiosa acuta dovuta ad una situazione pericolosa inaspettata. Uno stato di terrore per lo più collettivo e improvviso, non dominato dalla riflessione, che nasce a fronte di un pericolo reale o presunto, portando irresistibilmente ad atti avventati o inconsulti.

Timore improvviso che nasce senza motivo, accompagnato da tentativi frenetici di garantirsi la sicurezza.

Per definire il panico è necessario:

Conoscere le emozioni che sono parte integrante dellʼintero processo psicologico, che ne è alla base; individuare gli elementi, i sintomi gli effetti ed i meccanismi psicologici e fisiologici che, partendo dalla paura reale, conducono allʼattacco di panico, attraverso vari i stati dellʼansia e dellʼangoscia; fino ad arrivare a patologie gravi come le fobie

 Il panico si manifesta quando lʼorganismo non è pronto:

 Il cuore batte fortissimo (cuore in gola)

 Lʼ aumento della pressione provoca giramenti di testa

 Il viso impallidisce

 Difficoltà a respirare, senso di asfissia

 Tremori provocati dallʼ improvvisa stimolazione muscolare

 La mente non è preparata:

 Sensazione di catastrofe imminente

 Paura di perdere il controllo

 Le azioni sono confuse e illogiche, i pensieri annebbiati

 Lʼunità psicofisica della persona va in blocco

 Risposta Inadeguata: Disturbi Psichiatrici

La “resilence”, ovvero la capacità di resistere, è probabilmente determinata da una concausa di fattori (biologici, personali, esperienziali) che determinano la capacità dellʼindividuo di resistere agli eventi avversi. Questa capacità di fronteggiamento è al di sotto di quella che normalmente ci si aspetta (le cause possono essere diverse ad. es., un concomitante disturbo mentale o condizioni fisiche precarie) tanto che eventi stressanti normalmente tollerati da altri individui producono reazioni abnormi e clinicamente rilevanti. Gli eventi stressanti tipicamente hanno un impatto negativo sul fun-zionamento della persona nei vari ambiti (lavorativo, scolastico, relazionale ecc.) inoltre il disturbo è associato a tentativi di suicidio, suicidio, lamentele somatiche, uso e abuso di sostanze.

 

Data pubblicazione: 28 ottobre 2016 Ultimo aggiornamento: 04 novembre 2016

4 commenti

#1
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Utente 427XXX

Buongiorno
Sto vivendo in questo momento una sindrome da stress post traumatico dovuta ad un'embolia polmonare con ricovero in terapia intensiva 1 mese fa. Sono seguita da uno psicoterapeuta.
Ho costantemente la sensazione di essere in pericolo e mi sveglio la mattina con ansia profonda. La sera dormo solo con sonniferi.
Spero che queste brutte sensazioni passino e che possa quantomeno vivere una vita accettabile anche dopo questo tremendo anno che mi aspetta di cure post trombosi....

#2
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Dr.ssa Floriana De Michele

Buonasera
comprendo la sua ansia per quanto le è successo. Non conosco la sua storia, ma mi sembra di capire che il problema le sia apparso inaspettatamente e credo sia questo il motivo principale della sensazione di pericolo continuo. In effetti, l'embolia ha in se psicologicamente un aspetto di "mistero" perché si riferisce a "qualcosa" (embolo) che viaggia nelle vene e possa fare del male, senza nessun preavviso o segnale, perciò, generalmente si pensa di non poterla controllare.
Avere paura di un pericolo sconosciuto è normale! Tuttavia, lei ora sta conoscendo la natura del pericolo che vive insieme ai medici che la curano e al suo psicoterapeuta così da smascherare il suo nemico. Fa bene a farsi aiutare anche da farmaci che la rilassano e l'aiutano a dormire meglio perché può, in questo modo, concentrarsi a mettere in pratica tutti gli accorgimenti necessari per stare sempre meglio. Vedrà che piano piano diventerà più sicura di se e potrà riprendere la sua vita normale. Continui la sua psicoterapia, che se fosse ad indirizzo psicodinamico l'aiuterebbe a conoscersi meglio e a recuperare la sua forza interiore, ma , comunque, qualsiasi psicoterapia l'aiuterà ad affrontare il problema nel modo giusto. Le faccio i migliori auguri di buona guarigione e le auguro una buona serata.

#3
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Utente 427XXX

La ringrazio della risposta dott. ssa De Michele. Sono veramente fobica.... questo stato di profonda prostrazione si ripercuote su tutta la mia famiglia. Non riesco a vedere più niente di positivo. Prima ero una persona solare, piena di vita, danzavo.... adesso il mio mondo è la camera della mia adolescenza a casa dei miei dove sono venuta a trascorrere la convalescenza ed ho paura ad uscirne... non riesco a tornare a casa con mio marito per paura di stare da sola....

#4
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Dr.ssa Floriana De Michele


Certo, in questo momento ti stai ritirando in uno spazio di sicurezza come accade sempre in un momento di dolore. Datti un pò di tempo e prendi sul serio la psicoterapia, vedrai andrà tutto molto meglio. Parlane in modo approfondito col tuo terapeuta. buona serata

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