La lettura del pensiero nelle coppie
voglio che tu legga il mio pensiero!
Nella sessione precedente abbiamo osservato come all’interno di un gruppo, di un rapporto lavorativo e, soprattutto, in una coppia, possano determinarsi dinamiche nevrotiche apparentemente ingiustificate e sostenute da pretese irrazionali, prese di posizione infondate o prove “ordaliche” orientate a dimostrare l’amore, l’attaccamento o, peggio, la devozione verso chi, dal nulla, ha deciso di farne richiesta. https://www.medicitalia.it/blog/psicologia/6479-te-l-ho-chiesto-io-la-pretesa-nevrotica-un-gioco-di-potere.html E abbiamo osservato come, spesso, si celino per lo più dei giochi di potere, seppur sostenuti da impalcature nevrotiche.
Tuttavia la pretesa nevrotica, già approfondita precedentemente, ha una serie di varianti difficilmente riconoscibili da chi non è addetto ai lavori, e tra le varianti è presente una particolarmente frustrante e molto radicata all’interno di una interazione di coppia. Essa può essere sia di dominio maschile che femminile e, come ogni altra forma di pretesa, causa di conflitto e, spesso, di rottura. Parliamo della pretesa di lettura del pensiero, o meglio della pretesa che l’altro sia in grado ci comprendere la natura dei nostri desideri, delle nostre voglie o delle esigenze più profonde senza che queste debbano essere comunicate.
Non stiamo, ovviamente, parlando di fenomeni paranormali, ma di certe prese di posizione da parte di un membro della coppia che, spesso, possono davvero sfociare in pretese che il partner debba avere particolari capacità percettive o di lettura che con la naturalità degli eventi poco hanno a che fare.
Alcuni esempi daranno al lettore la possibilità di indentificarsi, poiché la pretesa della lettura del pensiero è una dinamica difficile da non incontrare.
-“tesoro è da un po che ti vedo arrabbiata, ce l’hai con me”?
-“certo siamo andati a quella cena con i tuoi ma non mi hai chiesto se mi andava”
- “ma scusa non ha battuto ciglio, perché non me lo hai detto che non ne avevi voglia”?
-“perché non devo essere io a doverti dire certe cose, dovresti capirlo da solo che ci sono momenti in cui non mi va di stare con i tuoi”
Oppure
-“non ti sei fatta più sentire come mai”?
-“perché ho avuto dei problemi di lavoro e tu non ti sei nemmeno degnato di offrire il tuo aiuto”
-“ma scusa se me lo avessi chiesto non avrei esitato a darti tutta la mia disponibilità”
-“non dovevo chiederlo io, avresti dovuto capire tu la mia difficoltà e farti avanti senza richiesta”
(le varianti sono infinite)
A quanti sono capitate esperienze simili e/o sovrapponibili e quanti hanno rotto amicizie, allontanato parenti è vissuto rapporti conflittuali con la propria o il proprio partner in virtù di questa dinamica?
In molti vi è la convinzione radicata che chi abbia dei legami affettivi debba aver necessariamente sviluppato capacità di cold reading (lettura a freddo) tipica dei mentalisti o degli illusionisti ma con delle capacità ancora più profonde e quasi sovrannaturali, ossia sapere a priori cosa il partner o la partner ritengano giusto o sbagliato, quali azioni si debbano compiere e quali esigenze emotive celino. Secondo tale pretesa/convinzione il partner deve essere consapevole se in quella determinata occasione, quella richiesta era da fare o meno, se un certo invito era da rifiutare o accettare o se la voglia di fare un viaggio, uscire con gli amici, andare a trovare una vecchia zia in campagna e concedere un aiuto per una nonna in difficoltà senza che nessuno glielo chiedesse debba essere intuita senza alcun cenno esterno. “Sono cose che si devono sentire” è la pretesa imperante, “non sono io che devo chiedere” ma è lui/lei che deve capirlo da solo”.
Il partener deve, sempre su tale premessa nevrotica, specializzarsi nella lettura del linguaggio non verbale, comprendere micro espressioni, il significato recondito di uno sguardo, lo spessore emotivo di un sospiro e capire, dalla profondità di quest’ultimo, il livello di approvazione o disapprovazione di un contesto o una situazione. O peggio dovrà fare previsioni come una sorta di calcolatore elettronico sulla base di tendenze statistiche degli stati emotivi del partner, su esperienze passate e proiezioni matematiche sul futuro.
In pratica si ha la pretesa che il partner diventi una sorta di Carl Lightam del serial televisivo Lie to Me o che sviluppi capacità extrasensoriali.
L’idea che chi ci sta vicino debba percepire tutto questo, senza la mediazione della comunicazione è, purtroppo, molto radicata nella gente, che rifiuta di comprendere l’impossibilità di tali azioni, poiché molti stati emotivi possono essere condizionati dalle circostanze, dal contesto e non possono essere né previsti né percepiti. Ciò che ci ha fatto piacere in un determinato momento potrebbe irritarci in un altro, poiché lo stato d’animo può essere cambiato. Infatti accade addirittura il contrario, proprio quando riteniamo di far un piacere senza che venga richiesto rischiamo di peggiorare, in buona fede, un problema e sentirci la tipica frase: “ma chi te lo ha chiesto!?”
La pretesa della lettura del pensiero è anche utilizzata come una sorta di prova d’amore (in una coppia) o di devozione (in un gruppo di parenti e amici) -proprio come la pretesa nevrotica- ed è dettata da un’idea irrazionale del tipo “non gli dirò nulla, voglio vedere se lo capisce da solo” e, in virtù di quanto detto, essendo davvero improbabile che possa accadere, allora saranno guai. “Hai osato non leggermi dentro” diventa l’idea di fondo, come se questa difficoltà oggettiva fosse una scelta volontaria. Nelle occasioni peggiori si pretende addirittura che “la vittima” debba capire che si tratti di una prova ordalica e quindi comportarsi di conseguenza. E da qui la nascita della percezione di false incomprensioni, di inesistenti mancanze di rispetto o accuse di essere emotivamente freddi e poco empatici.
Il cosiddetto “deve capirlo da solo” può accadere per caso, può essere l’espressione di una fortunatissima intuizione, ma la pretesa che debba essere parte integrante di una interazione o una dinamica relazionale costante è un mito spesso fonte di conflitti e frustrazioni da parte di chi lo pretende e da parte di chi lo subisce. Troppi conflitti di coppia possono essere evitati sostituendo questa pretesa nevrotica di lettura del pensiero con una semplice comunicazione verbale del tipo “mi piacerebbe che tu….”
Senza ovviamente cadere nella trappola nevrotica del “vorrei che lo facessi perché sono io che te lo chiedo!” Già trattata nella sessione precedente.