Aborto e sostegno psicologico

monicacappello
Dr.ssa Monica Cappello Psicologo, Sessuologo

Vorrei porre una riflessione in merito alla domanda: “Le donne che optano per un aborto volontario, hanno necessità di un sostegno psicologico?” La risposta è, ovviamente, affermativa, elaborata anche in merito alla mia esperienza come consulente del CAV Centro di Aiuto alla Vita di Collegno (TO), anche se diversi anni fa.

Molte donne soffrono molto psichicamente, nel decorso post-abortivo e non raramente portano con sé come conseguenza di una interruzione volontaria di gravidanza IVG, ferite emotive profonde, elaborate spesso in sintomi che esprimono in modo complesso un grido di aiuto. Se cerchiamo nella letteratura moderna pagine scritte da donne sull’esperienza dell’aborto, troviamo parole intense di dolore, di rimpianto e di rabbia per il gesto brutale contro se stesse e il figlio che si è concepito.

Sono molte le donne che si rivolgono al Servizio telefonico S.O.S VITA, in collaborazione con il CAV Centro di aiuto alla Vita, che risponde sia ai problemi della maternità sia ai problemi del post-aborto.

Si tratta di donne che hanno conosciuto il duro giudizio della società sull’aborto volontario come reato, e che hanno visto poi il passaggio a leggi permissive; oppure donne di Paesi in cui da più generazioni l’aborto è liberalizzato. Sono donne che si dichiarano non credenti, donne che soffrono per un aborto recente o che si portano dentro da decenni quella ferita, o che sono folgorate all’improvviso da quel ricordo, per un evento della vita che riattiva il dramma vissuto tempo prima e poi rimosso. Sono donne che soffrono di depressione, ansia, angoscia, sogni tormentati ricorrenti: sintomi che, sono nel corso di una psicoterapia, vengono collegati a “quel” fatto traumatico.

La scelta abortiva è considerata innanzitutto come espressione di una autodeterminazione ed è necessariamente inserita tra i gesti positivi dell’autonomia della persona. I dinamismi intrapsichici attivati dalle conflittualità profonde che generano ansia e sofferenza nel vissuto post-abortivo, sono complessi e non escludono la rimozione o il diniego.

Occorre un lungo lavoro per una presa di coscienza chiarificatrice della patogenesi del disturbo, soprattutto quando l’evento traumatico è lontano nel tempo e profondo nel livello inconscio della psiche. Nel corso di un trattamento psicoterapeutico può verificarsi il non-ascolto del tipo di sofferenza in questione. Può accadere che le trasformazioni biopsicologiche prodotte dalla maternità nella struttura personale della donna, non siano tenute sufficientemente in considerazione nell’analisi della situazione e nel lavoro psicoterapeutico.

Nel post-aborto si tratta di diventare ascoltatori di un dolore, di un particolare dolore, più complesso di molti altri e più esposto alla disperazione.

All’aborto sono legati più tipi di sofferenza: il dolore della ferita emotiva profonda che si radica nella realtà psicofisica della femminilità; il dolore conflittuale riferito al significato della maternità nella struttura personale della donna; la sofferenza-rimorso per la responsabilità tradita nella relazione con l’altro, il figlio.

L’ascolto deve essere ascolto della persona nell’interpretazione piena di sé e dei suoi rapporti e, quindi, anche del rapporto con il figlio concepito che non è nato, perché non è stato fatto nascere.

Questa comprensione piena, completa non è facile, ma deve essere riconosciuta come un diritto della donna, che deve essere condotta alle radici del suo dolore, per potersi proiettare di nuovo verso il futuro…

 

 

Data pubblicazione: 05 maggio 2016

9 commenti

#1
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Utente 564XXX

Buongiorno Dottoressa,
sono rimasta molto colpita dalla sua relazione.
Il voler andare a fondo di un sentimento così estremamente complesso e delicato, alleggerisce quello che in questo momento sto provando.

8 giorni fa ho eseguto un ivg.
Il giorno stesso ho provato una sorta di sollievo, perchè sentivo, in un modo o nell'altro, di aver messo un punto ad una situazione che mi creava malessere. Malessere che fatico ancora adesso a comprendere in quanto , questo bambino lo desideravo e desidero tutt'ora.
Forse gli squilibri ormonali o altre cause più nascoste e di difficile comprensione, mi hanno portata a commettere questo gesto.
Sicuramente una parte del dolore deriva anche da un influenza quoditiana sociale, perchè ancora oggi una scelta così forte e autonoma viene mal digerita dalla società.

Ma io sento nel profondo di non aver fatto ciò che realmente desideravo, ma con il poco tempo a disposizione e trovandomi ad affrontare solo emozioni non consone ad una gravidanza, sentivo di non aver via d'uscita.
Mi chiedo allora come sia possibile a tutt'oggi risentirne così tanto.. talmente tanto da desiderare di riprovarci.
Dubito sia solo un discorso di riparazione, ma al momento non desidero nient altro che tornare indietro e riparare a quanto fatto.

Stamattina mi sono svegliata convinta di essere incinta e per un attimo ho sentito la gioia partire proprio da lì, dalla pancia.
Poi ho realizzato che tutto è finito, e a porre fine sono stata proprio io.
Sento di non meritare di provare il desiderio di nuova maternità.
Sento di ingannare ogni giorno mio figlio.
Esco di casa con addosso una sensazione di vergogna.

Vado al nido a prendere mio figlio e penso di recitare un ruolo che non mi appartiene più.
Non avere la possibilità di riparare mi disorienta e precipito ogni volta in uno stato di impotenza.
NOn sono mai stata una cristiana praticante, ma se vi fosse la possibilità di fare penitenza me l'autoinfliggerei.
Ma immagino che qualora provi ad avere una seconda change, la giustizia divina arriverà ed io non potrò fare altro che accettarla.

Vorrei fosse solo un brutto sogno dal quale potermi risvegliare

#2
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Dr.ssa Monica Cappello

Buongiorno Signora, comprendo bene il suo attuale stato emotivo!
La scelta di interrompere la gravidanza, è vissuta inevitabilmente con sentimenti di ansia, angoscia e confusione; si presenta spesso un conflitto, tra il desiderio di andare avanti, e il pensiero che non sia la decisione "giusta"...

Ogni caso è da valutare individualmente: una donna può decidere per un'IVG, perché non vuole avere figli, non vuole averne altri, perché non ha una situazione economica o affettiva stabile, perché la gravidanza è frutto di una relazione extraconiugale o, nel caso sicuramente più spiacevole, perché è il tragico esito di una violenza.

Qualunque sia la motivazione, non è mai una scelta facile, e si ha anche un tempo relativamente breve per decidere.

Credo che per Lei, possa essere utile parlarne con uno Psicologo, per riuscire ad esternare tutti i pensieri e le emozioni correlate a questa situazione, e per evitare che possano esserci vissuti ansioso-depressivi, anche in futuro...

Un saluto!

#3
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Utente 564XXX

Cara Dottoressa, purtoppo è difficile affidarsi a qualcuno e raccontare questo brutto vissuto.
Si temono i giudizi, anche laddove magari non vi fossero, si ha paura di leggere sul volto degli altri, psicologi inclusi, cenni di sdegno.
Davanti ad un pc questa paura non c'è, ma si possono percepire i sentimenti leggendo tra le righe, ed il suo articolo mi ha colpita proprio per il fatto che esula dai soliti commenti banali e poco utili.
Io ogni giorno non faccio che piangere e pentirmi. Avevo una grande e bellissima fortuna tra le mani e non ho saputo preservarla.
Ho fatto del male volutamente a quello che un domani sarebbe stato mio figlio e me ne vergogno tanto, nonostante non sia mai stata contro questo atto.
Il dolore non si attenua ed io in parte non voglio che lo faccia, così come non voglio il perdono.
Vorrei solo capire come sono arrivata ad una scelta così drastica e drammatica. Ho sicuramente sottovalutato gli effetti psicologici post-aborto, tant'è vero che prima dell'operazione cercavo i sintomi fisici che avrei potuto avere. Tra questi c'era anche l'elenco degli aspetti psicologici ma io non curante passavo oltre, pensando che nessuno di quelli elencati mi potesse toccare.
Forse l'unica spiegazione sono lo squilibrio ormonale, perchè altrimenti non si spiega come mai io sia già alla ricerca di un altro figlio, che desidero forse più di prima. E' come se in quel periodo avessi messo un pilota automatico ed ora fossi tornata la stessa di prima, ma con un grande vuoto dentro.
Ora ho la consapevolezza di quello che ho perso e, se mai avrà la fortuna di restare nuovamente incinta, non lo considererò mai il secondo ma il terzo, perchè l'altro, anche se per poco tempo, è stato dentro di me.
Non so come si possa vivere con un fardello così grande e difficile da gestire.
Ovunque io mi trovo sento il bisogno di piangere.
Di notte sogno sempre i bambini e la mattina appena sveglia spero sempre di essere ancora in tempo per cambiare idea.
Se non avessi l'altro figlio non so come reagirei.

#4
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Dr.ssa Monica Cappello

"Vorrei solo capire come sono arrivata ad una scelta così drastica e drammatica..."

Probabilmente, in quel determinato momento della Sua vita, optare per un'interruzione di gravidanza, è stato il pensiero più opportuno, e forse più utile/semplice.
Molte volte l'emotività prende il sopravvento, offuscando tutta la razionalità che, successivamente, ci permette di riflettere in modo più approfondito, facendo emergere aspetti, che non si erano presi in considerazione, in momenti di "urgenza".

E' trascorso un tempo oggettivamente breve, per la completa elaborazione "del lutto" (perché di lutto si tratta, viste le sue parole, riferite all'eventuale "terzo figlio"). Se il bisogno di piangere e i pensieri negativi, però, dovessero continuare, La invito nuovamente a rivolgersi ad un professionista, lasciando da parte il timore di essere giudicata, per un gesto di cui non deve assolutamente vergognarsi (e lo dico in tutta sincerità!)...

#5
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Utente 564XXX

Salve Dottssa,
torno a sceriverLe in quanto sono reduce da una visita con il ginecologo.
Non mela sono sentita di parlare dell'Ivg avvenuto ormai un paio di mesi fa, bensì mi sono mostrata desiderosa di una nuova gravidanza.
Purtoppo, come mi aspettavo, è emerso che ho pochi follicoli.
E' stata una doccia fredda, paragonabile ad una sentenza di morte.
Non so per quante ore ho pianto stanotte, arrivando al punto di desiderare di morire, se non fosse per l'altro mio figlio.
Ma è giusto così, gli errori si devono pagare e in parte mi solleva perchè in questo modo avrò la possibilità di scontare la mia pena.
La rabbia che provo però è spesso incontrollabile, anche nei confronti di mio figlio. Non mi riconosco come persona, come madre.
Cosa sono diventata? Ho commesso un errore atroce che mi ha presentato subito il conto ma la mia paura più grande è l'immagine che mio figlio avrà di me. Temo possa crescere con dei complessi che possano poi sfociare nel pieggiore dei modi.
Lui al momento mi pare sereno, nonostante le mie grida. Ma sento che sto crollando e il responso medico mi ha dato il colpo di grazia.
Vorrei contattare una psicologa di un cosultorio alla quale mi ero rivolta per alcuni problemi passati con il mio compagno.
Ma a frenarmi è il giudizio per quel che ho fatto e altresì leggere nei suoi occhi la soddisfazione nel venire a conoscenza di quanto detto il ginecologo. Sono in un vicolo cieco e non riesco ad uscirne e temo di impazzire

#6
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Dr.ssa Monica Cappello

Gentile Signora, dalle sue parole è evidente che Lei abbia bisogno di un sostegno psicologico, per gestire la sua emotività, chiaramente frastornata, da quell'evento.

Vorrei tranquillizzarla, convincendola a rivolgersi alla psicologa del consultorio, che già conosce, perché nessuno può permettersi di dare giudizi sulla sua scelta, soprattutto uno PSICOLOGO!
Non credo che un professionista della salute psichica, possa avere un atteggiamento tale, da provare soddisfazione sentendo le problematiche degli altri...

Provi ad essere più rilassata, sotto questo aspetto: vada a parlare della sua esperienza, del suo vissuto, delle sue emozioni e delle sue paure, libera da pensieri disturbanti, che ovviamente possono frenarla.
Lo faccia anche per suo figlio, che ha necessità di vedere la propria mamma, serena, presente ed accogliente...

Spero di avere presto Sue notizie positive!

Un saluto...

#7
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Utente 564XXX

Buongiorno Dottoressa, ritorno a scriverLe dopo un pò di tempo perchè ci sono novità.
Come già scritto più volte, non mi sono mai sentita così male nell'aver preso una decisione, così , volendo rimediare l'errore, ho iniziato a cercare una nuova gravidanza, che è arrivata.
Ieri pomeriggio ero molto allegra, anche con mio figlio... i momenti in cui avrei potuto essere un pò nervosa a seguito dei suoi capricci, li ho gestiti stranamente con molta leggerezza e pacatezza. Sembrava proprio che questa nuova gravidanza portasse con sè finalmente un pò di gioia e serenità.
Ieri notte però sono stata presa di nuovo dal panico e le paure che in un primo momento mi avevano fatto propendere (l'altra volta) per l'Ivg, stavolta si sono accentuate.
Mi sembrava di morire ... stavo male per me , per mio figlio e per il mio compagno. Temevo di non farcela a crescere un bambino, temevo di non amare più il mio primo figlio oppure che questo bambino mi separasse da lui e questo pensiero mi faceva star malissimo e in colpa. Inoltre pensavo a cosa avrei detto al mio compagno, dopo che ha subìto la mia decisione all'epoca. Come avrei fatto a dirgli che nemmeno questo figlio lo voglio?
Volevo a tutti i costi rimediare. Ero sinceramente addolorata e speranzosa di vivere questo momento ma questo atacco di panico mi ha gettata nello sconforto. E se capitasse a gravidanza inoltrata? E se uscissi di testa?
Mi sebra di non avere più il controllo di niente... di commettere un errore dietro l'altro. Ma come si può essere così, a 32 anni? Cha maturità sto dimostrando, essendo già una madre?
Se ripenso al dolore provato quando la mia amica, a dicembre, ha partorito, mi sembra impensabile come adesso viva con il terrore che possa di nuovo pensare ad un Ivg.

Non so nemmeno da dove iniziare... Ho intrapreso un percorso psicologico un paio di settimane fa ma senza accennare al vero problema, perchè avevo bisogno di aprirmi piano piano. Il prossimo incontro è previsto per il 3 Febbraio e temo di non farcela a resistere... vorrei contattare la Dottssa che mi segue ma per dirle cosa? Poi fa parte di un consultorio e non penso nemmeno si possa parlare telefonicamente.
Di giorno sono abbastanza tranquilla, penso a come potrebbe essere anche se sono di pochissime settimane... ma di sera mi prende il panico e temo possa ricapitare ancora. Mi vergogno tanto, mi creda, La prego!

#8
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Utente 564XXX

Vorrei aggiungere che nei mesi successivi all'Ivg, facevo un costante paragone con una ragazza che ha avuto da poco una bimba.
Ieri notte, ho finalmente realizzato che non ho dato valore alla mia famiglia come in realtà avrei dovuto, perchè mi sembrava mancasse un pezzo che forse fondamentale non era.
Io amo il mio compagno e mio figlio, moltissimo... e l'idea di aver costantemente paragonato le due situazioni mi ha fatta sentire peggio.
Invece devo essere grata per aver ricevuto in dono un figlio così meraviglioso che merita tutto l'amore del mondo e una madre migliore.
Anche il mio compagno non merita di soffrire ancora per causa mia.
Vorrei avere la famiglia che ho sempre desiderato ma ho paura di non esserne degna.
Riuscirò, attraverso il percorso psicologico, a districare i nodi e vivere questa gravidanza in modo sereno?

#9
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Dr.ssa Monica Cappello

Gentile Signora, è evidente che sta vivendo una situazione e delle emozioni, molto conflittuali, e tutto questo Le crea ansia, angoscia e pensieri ossessivi.

Mi fa piacere sapere che si è affidata ad una Psicologa! E' importante che durante la consulenza psicologica, Lei esprima tutti i suoi pensieri, le paure, i dubbi e le emozioni che prova, per riuscire ad accettare completamente questa nuova gravidanza.
Sono sicura che il bambino che nascerà, non la condurrà a non amare più il primo figlio! E' un pensiero immotivato ed irrazionale, sul quale è necessario lavorare...

Mi tenga aggiornata!

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