Mobbing sul lavoro: come capire se si è vittima e come comportarsi?
La parola mobbing, entrata a far parte del vocabolario italiano di recente, indica quella forma di terrore psicologico sul posto del lavoro che può essere provocato da parte dei colleghi e/o di superori.
Il termine mobbing origina negli anni settanta quando l'etologo Konrad Lorenz osservò questo tipo di comportamento in alcune specie animali. Nel mondo animale viene messo in atto con l'intento di allontanare un membro dal gruppo.
Per poter parlare propriamente di mobbing è necessario che esso si manifesti con un'azione o una serie di azioni ripetute nel tempo, compiute da una o più persone e in modo sistematico, con uno scopo ben preciso. Il verbo in inglese "to mob" significa assalire, aggredire: il mobbizzato è vittima di comportamenti volti alla sua distruzione psicologica, sociale e professionale con effetti devastanti sull'equilibrio psico-fisico e sul rendimento in ambito lavorativo.
I comportamenti mobbizzanti possono portare all'invalidità psicologica che si manifesta con problemi psichici, disturbi psicosomatici, depressione e, addirittura, suicidio. Un'indagine condotta dall'associazione PRIMA ha evidenziato come, in Svezia, il 20% dei casi di suicidio in un anno sia riconducibile al mobbing.
Lo psicologo Haraid Ege ha elaborato un modello di sviluppo del mobbing suddiviso in sei fasi:
- Conflitto Mirato
La conflittualità generale viene indirizzata verso una vittima
- Inizio del Mobbing
Fastidio e disagio iniziano a manifestarsi nella vittima che, però, ancora non presenta disturbi psicosomatici.
- Comparsa dei primi sintomi
Insonnia, insicurezza e problemi digestivi fanno la loro comparsa
- Errori ed abusi dell'amministrazione del personale
Il problema del mobbing diventa pubblico e la vittima è spesso assente per malattia
- Aggravamento dell'equilibrio psico-fisico
La vittima di mobbing inizia a sviluppare i sintomi del malessere sia sul piano fisico che su quello emozionale. Tra i principali troviamo cefalea, tachicardia, dolori articolari, disturbi dell'umore, ansia, tensione e anche anoressia, bulimia o farmaco dipendenza.
- Esclusione dal Mondo del lavoro
Incapace di sostenere la pressione cui è sottoposto, il mobbizzato ricerca una via d'uscita attraverso le dimissioni o licenziamento.
Si tratta sempre di Mobbing?
Un capo arrogante o scorbutico, un collega con il quali si vive in costante conflitto non sono elementi sufficienti per poter parlare di mobbing: perché possa definirsi tale è necessario che soddisfi determinati criteri, come stabilito alla sentenza n° 528 del 31 marzo 2011 del TAR Puglia Bari Sezione I:
- Episodio lesivo della salute psico-fisica della vittima;
- Nesso eziologico tra la condotta del superiore e la minaccia all’integrità psico-fisica della vittima;
- L’accertamento dell’intento persecutorio.
Ci si può difendere dal mobbing?
Attacchi, critiche, svalutazioni delle proprie competenze, possono ripercuotersi in maniera negativa sull'autostima del mobbizzato. Le vittime di questi atteggiamenti devono chiedere aiuto sia sul piano giuridico che su quello psicologico per risolvere il problema e non venirne sopraffatti.
Il percorso psicoterapeutico può essere di aiuto per recuperare la propria autostima ed uscire dal disagio. Insieme allo psicoterapeuta verranno sviluppate efficaci strategie per rispondere prontamente ai comportamenti mobbizzanti.