Chiedere consulti online: il confine tra informazione e cyber-ipocondria
Negli ultimi anni, un sempre maggior numero di utenti utilizza i motori di ricerca (es., Google), i social network (come Facebook) o i portali dedicati (come MedicItalia.it) per ottenere informazioni, risposte e rassicurazioni su dubbi e problemi connessi alla salute fisica e psicologica.
In questo post vorrei concentrarmi solo sugli utenti che chiedono consulti ai portali dedicati, perchè gli altri due metodi (motori di ricerca e social network) presentano grosse criticità.
I motori di ricerca forniscono ogni genere di informazione. Non fanno distinzione tra fonti più o meno attendibili, tra informazioni recenti ed obsolete, tra "fatti" supportati da ricerca scientifica e "fuffa" o "bufale" propagandati dal santone o guru di turno. Inoltre, generano un eccesso di informazioni che più che orientare l'utente, spesso disorienta, con il risultato di aumentarne le ansie e la confusione.
I Social Network si sono sempre più diffusi, e, proprio come fanno i motori di ricerca, veicolano ogni genere di informazione. Il problema è che, proprio in ragione della loro natura, fatta di contatti e reti social più o meno interconnesse, le informazioni si diffondono ad alta velocità, e risultano spesso molto "visibili" anche se completamente false, in virtù di un fenomeno psicologico chiamato "euristica della disponibilità" ("se lo dicono tante persone, allora sarà vero..."; "ma l'ho letto anche sulla bacheca di XY..."). Quindi, sono fonti di informazione scientifica molto inattendibili, perchè si basano sul "sentito dire", col rischio di scambiare una "cyberdiceria" per un fatto assodato e degno di nota.
I portali dedicati, invece, fanno della scientificità e dell'attendibilità dei loro contenuti il loro "punto di forza". Come ottengono questo risultato? Essenzialmente, controllando accuratamente le referenze dei consulenti (bisogna fornire prova dei propri titoli per essere accreditati, a garanzia della formazione di chi risponde) ed operando un controllo dei contenuti ad opera della comunità scientifica stessa (se scrivessi in questio blog che tutto questo è opera dei folletti scozzesi che controllano Internet, probabilmente non lo leggereste nemmeno, in quanto verrebbe moderato dagli altri consulenti!).
Ma quale utenza si rivolge a questi portali? Semplicisticamente, possiamo rintracciare due macro-categorie di utenti, i "cyber-preoccupati" ed i "cyber-condriaci". Vediamone insieme le caratteristiche salienti, ma con una precisazione. Prendete queste due "etichette" per quello che sono, ovvero due modi, magari un pò scherzosi, per parlare di un fenomeno che osserviamo. Non si tratta certamente di diagnosi o categorie psicologiche!
Ritratto dell'utente normalmente preoccupato (il "cyber-preoccupato").
Si rivolge normalmente al medico curante, ai Servizi o agli specialisti, ed ogni tanto, quando ha qualche dubbio o un problema, effettua delle ricerche. Se riceve una risposta adeguatamente chiara ed esauriente, o il suggerimento di rivolgersi ad una consulenza medica o psicologica "dal vivo", tende a seguire il suggerimento o accogliere l'informazione, chiarisce il dubbio, e smette di chiedere ulteriori informazioni in merito.
In questo caso, utilizza in modo funzionale le possibilità attualmente offerte dalle consulenze online, come "complemento" o fonte di informazione attendibile aggiuntiva rispetto alle possibilità offerte dal "reale".
In genere, non è una persona particolarmente ansiosa o tormentata da preoccupazioni eccessive riguardo il proprio stato di salute (o quello dei propri cari).
Ritratto dell'utente eccessivamente preoccupato (il "cyber-condriaco").
Spesso, ammette di esserlo. Molti di questi consulti contengono espressioni tipo "sono molto ansioso/a", "il mio problema sono le mie preoccupazioni", "non riesco a trovare pace" etc., e questa tendenza, già presente nella "vita reale", si riflette nel consulto online.
Anche dopo aver ricevuto informazioni dettagliate ed esaurienti, o aver ottenuto indicazione di una visita di approfondimento, ripete lo stesso quesito uguale uguale o quasi, come se non avesse ricevuto risposta. A volte, ricava una qualche forma di rassicurazione dalla risposta: ma l'ansia o la preoccupazione, dopo un pò di tempo, tornano a far capolino, e scatta la necessità di chiedere ancora, ed ancora.
Usa espressioni del tipo "vi prego, aiutatemi!", "help!", o simili, cercando di ottenere attenzione e risposta immediata; se non riceve risposte nel giro di pochi minuti, riposta o rileva che nessuno ancora risponde (e magari sono le 4 del mattino!).
Posta in più aree lo stesso quesito, anche se a volte gli/le si fa notare che non è quella l'area di pertinenza. Inoltre, le richieste sono spesso molto ravvicinate (magari a distanza di pochi minuti o ore una dall'altra).
Le richieste contengono molti dettagli, alcuni decisamente superflui; a volte, esprimono timori che possono apparire strani o infondati, anche all'utente stesso/a.
Il problema delle rassicurazioni, anche online, è che hanno spesso vita breve: non rendono più sicuri, nè sciolgono definitivamente i dubbi. E, purtroppo, a volte rendono ancora più ansiosi, come in quella bella canzone di E. Jannacci, "Quelli che...": "Quelli che fanno una vita da malati per morire da sani"...
E voi, in quale dei due profili vi riconoscete maggiormente?