La famiglia di fronte ad un suicidio

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Dr. Stefano Totaro Psicologo, Psicoterapeuta

 

La morte è uno degli avvenimenti più critici che mira a turbare l'equilibrio familiare. Come risulterà facile pensare, qualsiasi avvenimento ha il potere di modificare quella che viene definita l'omeostasi del sistema, che possa essere una nascita o una morte. L'intensità della reazione dipende dal livello funzionale di integrazione emotiva della famiglia in quel momento e dall'importanza funzionale del nuovo arrivato o di chi viene a mancare. Una famiglia ben integrata può avere una reazione molto palese al momento del cambiamento, ma poi adattarvisi abbastanza presto. Una famiglia meno integrata potrebbe invece mostrare una reazione più sfumata sul momento e rispondere più tardi con sintomi o comportamenti sociali “devianti”.

E’ sempre difficile affrontare la morte di una persona cara, ma questo è particolarmente vero quando la morte è improvvisa e violenta come può essere nel caso di un suicidio. In letteratura si parla di survivor riferendosi a qualsiasi persona emotivamente legata ad una persona che muore per suicidio, intendendo con esso sia familiari sia terapeuti.

Il lutto per un suicidio si differenzia da altri tipi di lutto anche per i "processi sociali” che circondano il sopravvissuto, in quanto il suicidio ha un impatto non indifferente sul sistema familiare. Non si può sottovalutare peraltro la forma di isolamento sociale che i sopravvissuti devono affrontare: una situazione che è spesso arricchita da una stigmatizzazione generale. Allo stesso tempo la vergogna e la paura di essere giudicati negativamente accrescerebbe l'(auto)isolamento.

Un sopravvissuto non solo ha a che fare con un processo del lutto che implica tempistiche diverse (e più lunghe), ma sperimenta emozioni estreme, molto più forti e dolorose, livelli più alti di solitudine e lutto complicato.

 

A causa delle particolari caratteristiche sopra descritte, e per lo stretto legame che intercorre tra suicidio, lutto, lutto complicato e comportamenti suicidari, vale la pena ricordare l'importanza che ricopre il fornire un sostegno specifico ai sopravvissuti al suicidio.

 

A tal proposito a Padova i volontari (psichiatri e psicologi) di progetto SOPRoxi si occupano di fornire supporto (online e vis-a-vis) a chi ha perso un caro per suicidio, operando quella che viene definita postvention (o prevenzione terziaria), ossia quelle attività sviluppate da, con, o per i sopravvissuti al suicidio, al fine di facilitare il recupero dopo un suicidio, e di evitare esiti negativi, tra cui il comportamento suicidario stesso.

Dal 2013, con la nascita di SOPRoxi Onlus, crescono sempre più le attività proposte ai propri utenti, dal supporto online ai weekend residenziali mindfulness.

Con l'unico obiettivo di operare sempre più in un'ottica di supporto e prevenzione.

 

BIBLIOGRAFIA:

- Andriessen K. (2009), “Can Postvention Be Prevention?” Crisis; 30(1):43–47.

- Bowen M. (1976), Family reaction to death. In Guerin P.J. (Ed.), Family therapy: Theory and practice (pp. 335–358), New York, Gardner.

- Jordan J.R. (2001), “Is suicide bereavement different? A reassessment of the literature”. Suicide and Life-Threatening Behavior 31(1):91-102.

- Scocco P., Frasson A., Costacurta A. e Pavan L. (2006), “SOPRoxi: a research-intervention project for suicide survivors”. Crisis. 27 (1):39-41.

- Totaro, S., Scocco, P., (2015). Perchè occuparsi di chi è in lutto per un suicidio. L'esperienza di Progetto SOPRoxi. Storie e Geografie Familiari, 13/14.

 

Data pubblicazione: 18 aprile 2015

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