L' esposizione enterocettiva nel trattamento del disturbo di panico e dell'agorafobia
Una persona che presenta un Disturbo di Panico, non riuscendo comprendere le reazioni fisiologiche legate alle condizioni d’ansia, cerca di evitarle e tende a drammatizzare. Un buon numero di queste sensazioni viene sperimentato spontaneamente dalle persone quando sono arrabbiate, eccitate o affaticate. Invece, le persone con un Disturbo di Panico valutano come minacciose queste reazioni normalissime.
La paura basilare è quella di stare male e ognuno mostra di temere soprattutto alcuni sintomi specifici. Pur di non stare male, una persona con Attacchi di Panico escogita una serie di meccanismi di evitamento e di difesa, che gli permettono di evitare ogni emozione.
Probabilmente, se un paziente riesce a non manifestare alcun tipo di emozione, può anche non presentare nessuna crisi, ma il timore che ogni evento possa suscitare emozioni, lo porterà a impoverire sempre più la sue esistenza. Inoltre, la paura evitata a lungo non può essere superata ed estinta, anzi tende ad aumentare sempre più fino a innescare il circolo vizioso della “paura della paura”.
Per spezzare questo circolo, alimentato dall’interpretazione erronea di sensazioni fisiologiche normalissime, si propongono al paziente gli esercizi di Esposizione Enterocettiva.
Questi servono a suscitare reazioni corporee simili a quelle che si manifestano spontaneamente in caso d’ansia. L’intento di tali “esperimenti” è di contraddire l’abitudine a sfuggirli o evitarli, quindi di imparare gradualmente a non drammatizzarli, e di costatare che le aspettative catastrofiche tanto temute non si avverano. Cioè si può avere un momento di tachicardia senza per questo morire o rischiare un infarto. In questo modo si aiuta il paziente a cambiare il proprio stile di comportamento, gli atteggiamenti e le aspettative.
Questi esercizi possono essere appresi nello studio del terapeuta e proposti come compito a casa e quindi eseguiti nelle situazioni di vita reale. Gli esercizi proposti nelle diverse ambientazioni spesso hanno caratteristiche diverse, ma si dimostrano molto utili come strategia di assessment, dato che permettono un’esposizione dal vivo alle situazioni temute.
Con questo tipo di esposizione si possono mettere in luce i pensieri, le emozioni e le aspettative, che si manifestano in modo molto più preciso di quanto non avverrebbe con una semplice verbalizzazione.
Le tecniche di Esposizione Enterocettiva sono utilizzate spesso perché costituiscono un valido esperimento comportamentale per mettere alla prova le idee disfunzionali o per consentire al paziente di adottare nuove convinzioni più adattive.
Nell’utilizzare le esposizioni a scopo terapeutico, si sceglie l’esercizio prendendo come spunto le sensazioni temute particolarmente dal paziente. Gli esercizi che suscitano una particolare sensazione, come ad esempio il capogiro, possono essere utilizzati per mettere alla prova le convinzioni che riguardano tale sensazione.
Può capitare che durante un assessment un paziente possa avere una crisi di panico e se interpreta in modo catastrofico le proprie sensazioni potrà interrompere precocemente la prova di induzione. Se l’attacco di panico comprare in presenza del terapeuta, è possibile osservare direttamente l’esacerbarsi della crisi ed in questo contesto protetto il paziente ha la possibilità di apprendere come gestire l’attacco per poi analizzarne le caratteristiche. Se, al contrario, l’attacco non compare, le convinzioni del paziente in merito alla pericolosità di certi stimoli enterocettivi certamente si indeboliscono.
Molti pazienti, dopo aver sperimentato in prima persona che le sensazioni tanto temute possono essere provocate volontariamente e interrotte senza grosse difficoltà, ne ricavano un senso di sicurezza e una spinta ad affrontare situazioni a lungo evitate.
Per far si che le tecniche menzionate siano efficaci è necessario scegliere quegli esercizi in grado di indurre sensazioni simili a quelle che il paziente associa agli Attacchi di Panico.
L’obiettivo non è di far stare male il paziente ma di mettere alla prova le sue convinzioni catastrofiche. In pratica lo si mette in grado di affrontare un episodio di vertigine o di derealizzazione senza ricorrere all’evitamento o alla fuga, giungendo, così a costatare che si tratta di episodi forse sgradevoli ma sicuramente non pericolosi. In tal modo, il paziente deve poter affermare e comprendere che anche se si sta male non si muore, non si impazzisce, non si perde il controllo.
La Ristrutturazione Cognitiva rappresenta la conseguenza più diretta di questi interventi, che hanno anche una funzione di decondizionamento e quindi indeboliscono il collegamento, quasi automatico, tra sintomi e sviluppo dell’Attacco di Panico.
È utile, prima di proseguire con le esposizioni, affrontare e discutere con il paziente delle sensazioni che potrebbero essere indotte dall’esercizio e dei pensieri catastrofici che potrebbero derivarne. Inoltre, utilizzando una scala da 0 a 100, dove zero equivale a “non credo assolutamente che un episodio di tachicardia sia pericoloso” e cento indica la profonda convinzione che tale sintomo sia associato a un estremo pericolo, si valuta anche l’intensità delle cognizioni catastrofiche e delle alternative non catastrofiche.
In un primo momento l’ esercizio scelto viene eseguito nello studio del terapeuta ed è di breve durata, alcuni minuti, il terapeuta funge da modello e poi descrive le sensazioni che vengono provate.