Il demente non è così demente
La malattia di Alzheimer è tra le demenze più frequenti negli anziani.
L'esordio si colloca di solito oltre i 65 anni, il decorso è linearmente progressivo e ad esito infausto. Essa comporta deficit cognitivi come perdita di memoria, impoverimento del linguaggio, perdita della capacità di svolgere compiti usuali.
Si riscontrano anche sintomi comportamentali, depressione, incontinenza e, nelle fasi più avanzate, sintomi motori.
Nelle fasi iniziali si riscontrano sintomi ascrivibili ad uno stato depressivo e nella comunità scientifica si dibatte se la depressione sia antecedente o conseguente la malattia.
Secondo uno studio del 2011 nel quale è stato seguito un gruppo di 3140 persone di età uguale o superiore ai 65 anni, inizialmente non affette da demenza, per un periodo medio di 7 anni, precedenti episodi di depressione costituiscono un fattore di rischio per l'Alzheimer solo se intervenuti dopo i 50 anni. Non si è trovata invece una correlazione positiva tra storia clinica di depressione in età precedenti e l'insorgenza della malattia.
Tale studio avvalora pertanto l'ipotesi che una depressione relativamente recente favorisca l'esordio dell'Alzheimer.
Spesso i pazienti di Alzheimer vengono indirizzati verso strutture dove sono presenti psicologi competenti nella diagnosi neuropsicologica e nella riabilitazione. Quest'ultima, tuttavia, considerato il decorso progressivo della malattia, si prefigge essenzialmente un rallentamento della stessa, oltre ad un'educazione o sostegno dei familiari e dei caregivers.
Manca completamente nei protocolli di trattamento di queste strutture una specifica psicoterapia per lo stato depressivo che pure si riscontra frequentemente nelle fasi iniziali, quasi che il deficit cognitivo pregiudichi e renda inefficace un tale trattamento.
In tal modo si ignora l'ipotesi etiologica che dà alla depressione un ruolo scatenante o favorente e indirettamente si tratta il paziente come se avesse un deficit cognitivo maggiore di quello che ha, con il rischio tra l'altro di favorire il ben noto fenomeno della profezia che si autoavvera. Tale fenomeno è stato ben illustrato da esperimenti in cui si inducevano negli insegnanti buone aspettative sulle capacità intellettive di alcuni studenti e alla fine dell'anno si verificavano effettivamente migliori prestazioni scolastiche per essi, benchè tali aspettative fossero del tutto infondate perchè manipolate dallo sperimentatore.
Il deficit cognitivo non può essere un ostacolo insormontabile per la psicoterapia. Lo psicoterapeuta ha vari strumenti come l'anamnesi, l'osservazione del comportamento e il colloquio, la cui possibilità permane nonostante l'impoverimento del linguaggio, per diagnosticare e trattare i fattori psicologici alla base dello stato depressivo.
Un miglioramento della depressione porterebbe d'altra parte benefici a vari livelli: fisico, comportamentale, del tono dell'umore e faciliterebbe un possibile recupero di capacità motorie e cognitive.
La cura dei vari tipi di demenza nell'anziano e in particolare dell'Alzheimer, considerata l'elevata incidenza nei paesi occidentali, comporta elevati costi economici.
La psicoterapia della depressione, essendo un intervento contro un probabile fattore etiologico, dovrebbe a mio avviso essere obbligatoriamente prevista nei protocolli di trattamento, per motivi scientifici ed etici. Essa inoltre presumibilmente comporterebbe dei benefici anche economici.
La depressione nel paziente di Alzheimer può e deve essere curata con, o anche con la psicoterapia.