La depressione: il "male chiaro"
Premettendo che il titolo dell'articolo è volutamente provocatorio cercherò di spiegare cosa intendo per "male chiaro", insieme alla definizione più consueta di "male oscuro" nella depressione.
Dunque, il termine "male oscuro" deriva essenzialmente da quello che C. G. Jung intendeva con il termine "ombra", ovvero quella parte di noi, della nostra personalità, che deve essere forzatamente nascosta e non visibile a nessuno. I motivi dell'omissione di tali lati "oscuri" della nostra personalità sono i più diversi ed andrebbero visti solo ed esclusivamente chiedendo direttamente al paziente: babbo e mamma che non volevano che esprimessi il mio lato rabbioso; quel tipo di lavoro che mi impedisce di esprimere il mio lato vergognoso; il mio compagno che non mi aiuta ad esprimere il mio lato sessuale; ecc.
Cosa capiamo già da queste poche righe? Che un individuo in tutta questa repressione di come si sente intimamente, non assumendosi la responsabilità di "essere quello che è" nei confronti della relazione con gli altri, rimane inibito chiuso in una vera e propria prigione. Questo tipo di prigione, in cui sono rinchiuse numerose persone nel mondo Occidentale, è di fatto un gravissimo problema emotivo, relazionale e sociale che si perpetua di generazione in generazione.
L’interrogativo che mi pongo è dunque come combattere questo "male oscuro" che ci imprigiona e renderlo più "chiaro" e visibile? La cosa fondamentale è smettere di combattere ciò che in realtà ci rappresenta, altrimenti, e qui è insito il vero paradosso attraverso cui lo stato depressivo si alimenta di continuo, il rischio è di passare una vita a giudicare, disprezzare e reprimere noi stessi nelle differenti parti che, nel loro insieme, ci definiscono come persone uniche e “speciali”.
E' proprio in questa scelta, dal mio punto di vista, l'errore attraverso cui ci vogliamo perennemente ingannare, quello di relegare e "deprimere" parti di noi (buffo, collerico, vergognoso, debole, aggressivo, comico, scherzoso, accidioso, ecc.) come dei veri e propri "segreti da combattere" senza possibilità alcuna di “dargli vita" ed espressione nelle relazioni e nel contatto con l'esterno. In questo passaggio esistenziale compiamo una scelta ben precisa: qualcosa di "chiaro" in noi diventa perennemente "oscuro". Da un "bene" come risorsa personale e ricchezza interiore diviene "male".
Immaginate, per esempio, una rockstar che per tutta la vita ha dovuto mostrare al suo “pubblico” solo parti di sé quali la forza, l’ottimismo, l’essere performante e sorridente, l’audacia, ecc. Ecco provate, sempre immaginando, che recandosi a casa sia stanco ed esausto di questa “maschera” che faticosamente si porta dietro tutta la vita. Dice in quel momento a sé stesso: “Ho bisogno di mostrare la mia debolezza a tutti quanti non ne posso più!”. Dopo questa esclamazione, l’altra parte, quella “forte” arriva di soprassalto dicendogli: “Oh ma se poi perdi la fama e la notorietà? Devi essere sempre al top ricorda!”. La rockstar in quel momento, rinchiuso nella sua stanza, entra dentro ad un vero e proprio conflitto interno. Da una parte vuole mostrare finalmente la debolezza, dall’altra viene “sgridato” dalla parte forte ed audace che lo redarguisce immediatamente. Risultato? Decide che per campare è meglio non cambiare mai, si apre una bottiglia di Rum e se la scola per dimenticarsi del conflitto e della tensione emotiva provocatasi precedentemente.
In questa breve immagine che vi propongo una cosa appare chiara: la rockstar decide di "deporre" per sempre alcune parti di sé nell'oblio. Da qui nasce la scelta, ovvero quella di mettere nell’”oscurità” qualcosa che, nei momenti conflittuali, diviene invece estremamente “chiara” ma che è meglio rimanga lì dov’è!. Le sostanze servono poi per “evitare” e/o alleviare il conflitto generatosi e la messa in “oscuro” serve a non manifestare ciò che avrebbe tuttavia il bisogno spasmodico di espressione vitale: qui nasce la depressione come risultato dello spegnimento della "luce" interiore.
A voi la scelta esistenziale se assumervi la responsabilità del “chiaro” e dell’”oscuro” di voi stessi. In fondo, a nostro modo, siamo un po' tutti rockstar e dobbiamo fare i conti con ciò che siamo veramente prima o poi.