Psicoterapia della Gestalt nell’anoressia nervosa
Sia L’ICD-10 (OMS, 1993) che il DSM-IV (APA, 1994) riportano tra le varie cause che determinano Anoressia Nervosa l’errata percezione di se stessi come troppo grassi, il che conduce al terrore della grassezza o della forma del proprio corpo, tale da avere effetti negativi sull’autostima. La confluenza impedisce qualsiasi confronto sociale e contatto autentico con l’ambiente, è possibile, quindi, che il paziente anoressico sperimenti questa sensazione di distacco dagli altri, sentimento che è stato causato o ampliato (se già presente, seppur in forma ridotta) da sensazioni di inadeguatezza al campo in cui si vive, o da relazioni affettive non soddisfacenti.
L’atteggiamento che si sviluppa “è un aggrapparsi all’inconsapevolezza, come se si aggrappasse a qualche comportamento acquisito per trarne soddisfacimento. Ma dal momento che l’altro comportamento è ormai acquisito e abituale, non porta con sé nessuna soddisfazione consapevole ma solo un senso di sicurezza” (Perls, Hefferline, Goodman, 1997, pag. 256). Il continuo controllo del peso corporeo e delle calorie ingerite offrono, perciò, una sensazione di sicurezza che serve a combattere ciò che non si è in grado di controllare.
La difficoltà che si incontra con questo tipo di persona è quella di impedire che il “comportamento anoressico” acquisito, che ormai è divenuto abituale, possa essere cambiato, tale resistenza attuata è talmente forte da impedire ogni sensazione (Perls, Hefferline, Goodman, 1997), soprattutto quella della fame, che sembra essere completamente scomparsa.
Ciò avviene perché il soggetto anoressico non riuscendo a separarsi dalla situazione nella quale si trova, blocca l’insorgenza del bisogno cercando di differenziarsi dall’ambiente (Righetti, 2005), ambiente che sembra inglobarlo.
L’introiezione “opera uno spostamento della propria pulsione potenziale o del proprio appetito con quello di qualcun altro” (Perls, Hefferline, Goodman, 1997, pag. 257). Il paziente anoressico mediante l’introiezione tende ad “inghiottire” (Ginger, 2004) interamente le idee, le opinioni e i canoni dell’ambiente in cui si trova, senza prima distruggerli e destrutturarli per poi dividerli, assimilando solamente gli introietti buoni (Giusti, Rosa, 2002).In altre parole il soggetto anoressico all’inizio si uniforma alla società, la quale osservando con piacere i cambiamenti rafforza il messaggio, che non viene adeguatamente destrutturato, portando al mantenimento di adeguazione alla società da parte del soggetto.
La proiezione è la resistenza con cui l’organismo attribuisce all’ambiente gran parte di sé, invadendolo e proiettandovi ciò che varrebbe per se stesso, questo disturbo del contatto ha anche una valenza positiva importante per la crescita dell’organismo: la capacita del soggetto di prevedere ed anticipare i comportamenti degli altri, permettendo di spostare il proprio punto di vista, identificandosi con l’altro nella rappresentazione che questo ha del mondo (Giusti, Rosa, 2002). Nei pazienti anoressici questo meccanismo viene messo in atto anche quando la situazione non lo richiederebbe. Infatti, per i soggetti indicati, la condizione di estrema magrezza in cui versano è vista, secondo loro, dalla società con piacere, perché loro vedono le loro forme, “ridotte ai minimi termini”, come qualcosa di bello, forse rappresentante la bellezza pura.
La retroflessione inibisce la capacità di fronteggiare le situazioni ambientali ostili al sé che si presentano (traumi psicologici gravi, mancanza di empatia all’interno della famiglia, separazione affettiva, ecc.), anche sottoforma di sentimenti; il paziente anoressico risulterà quindi essere frustrato e impegnerà le proprie energie “contro gli unici oggetti privi di pericolo disponibili nel campo, e cioè la propria personalità e il proprio corpo” (Perls, Hefferline, Goodman, 1997, pag. 260). Questo può verificarsi perché normalmente la retroflessione è quel processo che permette di riformare se stessi, correggendo un approccio sbagliato con il campo, lo sfondo o la situazione in cui l’individuo viene a trovarsi (ad esempio il rapporto con gli altri visto conflittuoso a causa della propria immagine corporea, che non rispetterebbe l’immagine di sé sviluppata dal paziente anoressico). Chi utilizza la retroflessione come resistenza cerca di annullare il proprio errore, nel caso specifico del paziente anoressico, l’errore in questione, è quello di credere di non essere come gli altri si aspettano che essi siano, rimpiangendo il fatto di “aver invaso l’ambiente” (Perls, Hefferline, Goodman, 1997, pag. 260), compiendo una specie di annullamento: smette, infatti, di assumere la quasi totalità degli alimenti.
L’egotismo è un modo per evitare il contatto finale in cui l’Io diventa ipertrofico e il confine di contatto s’irrigidisce notevolmente (Giusti, Rosa, 2002). Questo tipo di comportamento determina la consapevolezza deliberata di un tentativo di annientamento dell’elemento incontrollabile e sorprendente, il meccanismo messo in atto è la fissazione, ovvero l’astrazione del comportamento che viene controllato fino allo spasmo (Perls, Hefferline, Goodman, 1997). Nei pazienti anoressici questa interruzione potrebbe spiegare la creazione di pratiche rituali prima e durante il pasto (comportamento pascolare), soprattutto il controllo forsennato delle calorie assunte, ma anche nella vita sociale quotidiana e nella vita privata.