Studio, ansie e blocchi: il counselling psicologico universitario
I Centri di Counselling all'interno dell'Istituzione Universitaria, se nel panorama statunitense e anglosassone costituiscono una realtà consolidata, in Italia hanno natali molto recenti. Tuttavia, attualmente, 68 degli 80 atenei italiani associati alla CRUI (Conferenza dei Rettori delle Università Italiane) hanno istituito, al loro interno, servizi di Counselling psicologico riservati agli studenti (dati rilevati dal sito web della CRUI).
La complessità del mondo accademico, infatti, unitamente alle vulnerabilità insite nella post-adolescenza, acuite dalla precarietà dell'attuale panorama socio-economico italiano, ha visto crescere i fenomeni della "mortalità" e del "ritardo accademico", insieme a difficoltà di adattamento sempre più pressanti (Ferraro, Petrelli, 2000). Difficoltà emotive di difficile gestione, sempre più spesso, finiscono per inficiare la capacità di apprendimento degli studenti che “rimangono paralizzati” o subiscono un notevole rallentamento del loro percorso accademico.
Compiti evolutivi della post-adolescenza
Se i radicali cambiamenti dell'adolescenza impongono all'individuo un considerevole lavoro di riorganizzazione del proprio mondo interno e interpersonale che passa per l'integrazione nel Sé e nella propria immagine corporea, in un aumentato rivolgimento verso il proprio Io, della rappresentazione mentale associata ai cambiamenti puberali (Laufer, Laufer, 1984 ), per la rinegoziazione dei rapporti con le figure genitoriali in vista di una maggiore individuazione e autonomizzazione dalle stesse, con la contemporanea ricerca di nuovi legami oggettuali (Blos, 1962, 1979), e per la costruzione di una identità autonoma (Erikson, 1950, 1968, 1982; Marcia, 1966, 1980), la prima età adulta, lungi dall'essere teatro di acquisizione di un'identità matura già definita, si presenta come un momento d'incertezza e sospensione che richiede al giovane di affrontare peculiari compiti evolutivi.
Il cammino verso la definizione di un'identità adulta, pertanto, non si presenta come un percorso lineare. Il raggiungimento di una piena autonomia economica, professionale e psicologica, inoltre, oggi, subisce un ritardo dettato dalle attuali condizioni societarie che spesso non permettono un facile raggiungimento di uno status professionale definito che consenta agevolmente al giovane di crearsi una progettualità futura. L'istituzione universitaria, in questo contesto, ricopre un'area intermedia che, se da una parte funge da palcoscenico di prova per le proprie competenze e per i propri progetti, dall'altra rischia di divenire un'"area di parcheggio" in cui si rimane imbrigliati nel tentativo di procrastinare quanto più a lungo possibile le incombenze, avvertite come sempre più pressanti, che il diventare adulti richiede. L'università rischia di divenire il luogo in cui si rimane imbottigliati in preda alle proprie ambivalenze emotive.
L'acquisizione di un'identità adulta passa, infatti, per un "nuovo processo di separazione-individuazione" (Blos, 1979) in cui all'esigenza di una più pienamente autonoma definizione di sé e della propria progettualità, non riducibile semplicemente ad una indipendenza economica, si accompagna, oltre al bisogno di nuove forme di relazioni sociali, spesso caratterizzate da un coinvolgimento sociale e politico (Adamo, 1991; Blos, 1979; Ritvo, 1971), il bisogno di figure adulte che sostengano, senza ingerenze, la conclusione del proprio processo maturativo. Un sostegno che può essere visto come un bisogno di "essere compreso senza essere osservato" (Anthony, 1972).
Il polo autarchico di tale dualità emotiva trova spiegazione nei processi di integrazione del Super-Io in una idealità interna che funga da guida per una progettualità autonoma, substrato dinamico della propria identità adulta.
In altri termini, “le spinte ad agire” avvertite in adolescenza, principalmente, come un obbligo esterno, divengono ora parte integrante di un percorso autonomo che culmina in una definizione più matura della propria progettualità.
Pur in questo nuovo rivolgimento verso di sé, il giovane avverte il bisogno costante di conferme del proprio valore da parte del mondo adulto, e dei docenti nel caso del contesto universitario. Egli si trova, pertanto, ad oscillare tra un'accesa eteronimia ed una negazione della stessa (Laufer, 1979).
Un'inadeguata integrazione del Super-Io può portare, ad esempio, a vivere le performance accademiche con un'accesa angoscia paranoide che origina da massicci moti proiettivi a causa dei quali i docenti vengono trasformati in potenti figure persecutorie. Tali angosce possono paralizzare completamente lo studente portandolo a mettere in atto condotte di evitamento nei confronti delle situazioni d'esame e a situazioni di blocco e di chiusura che possono protrarsi a lungo.
In questa fase di vita, il bisogno di validazione del Sé si scontra con il bisogno autarchico di definire in maniera autonoma la propria identità. E' un equilibrio delicato, non facile da mantenere, la cui perdita può condurre alla strutturazione di un “falso Sé” dedito a compiacere gli adulti significativi del proprio ambiente di vita, da una parte, o a una chiusura rigida nei confronti del mondo esterno e a una marcato rivolgimento verso se stessi, dall'altra.
Questo equilibrio è reso ancora più labile dai vissuti di colpa elicitati dal “trionfo” insito nel portare avanti la propria progettualità adulta, che, legandosi ad una più definita autonomizzazione dalle figure genitoriali, si ritrova inevitabilmente connesso a vissuti di perdita relativi alla rappresentazione passata di sé e delle proprie figure di accudimento (Ferraro, Petrelli, 2000).
Il rivolgimento verso di sé, che, se non estremizzato, è funzionale alla progressiva definizione di un'identità adulta differenziata e allo sviluppo delle capacità di auto-osservazione, è connesso ai tentativi auto-terapeutici tipici di questa fase della vita (Anthony, 1972; Erikson, 1968; Ticho, 1967).
Nuove attività creative (ibidem) e/o un aumentato utilizzo di meccanismi di razionalizzazione e intellettualizzazione (Freud A., 1936) spesso caratterizzano la tarda adolescenza, funzionali a promulgare un'integrazione ed una elaborazione degli aspetti spiacevoli della propria storia, l'interiorizzazione dei processi elaborativi dei residui traumatici dell'infanzia (Blos, 1979).
Le tendenze opposte che caratterizzano la tardo adolescenza rendono molto delicata questa fase del ciclo vitale. La “perdita d'equilibrio” può, infatti, sfociare in problematiche emotive, blocchi o strutture da falso Sé che, spesso, si manifestano o portano ad una crisi vissuta come uno stato di "emergenza", rispetto alla quale, non sempre, a causa dell'autarchia in cui il giovane può arenarsi, si è in grado di, o si è disposti a, usufruire di un sostegno terapeutico a lungo termine.
Pertanto, la disponibilità di un intervento breve (4 colloqui nel nostro caso) e facilmente accessibile, come il counselling universitario, può costituire una risorsa importante, laddove per vergogna, paura dello stigma od orgoglio si rifuggirebbe dal richiedere aiuto altrimenti. Spesso, infatti, gli studenti che si rivolgono ai centri counselling universitari non hanno mai usufruito di un servizio di assistenza psicologica (Ferraro, Petrelli, 2000). Il counselling psicodinamico rappresenta una possibilità di aiutare lo studente a rimettere in moto un processo bloccato o, quando necessario, a “prepararlo” per un percorso terapeutico più lungo, nella misura in cui riesca a “conoscere e comprendere” il giovane senza indugiare in un “osservazione intrusiva” costituisce una risorsa preziosa. Infatti, per dirla con Bromberg (2008, pag. 66), la personalità, per crescere, necessita di un “ambiente che faciliti l'accettazione e l'integrazione di esperienze di sé spiacevoli ma accurate che verrebbero altrimenti scartate perché troppo discordanti con la propria rappresentazione interpersonale di sé" e ogni crisi, oltre al rischio, reca in sé infinite possibilità di sviluppo delle proprie potenzialità e di crescita. Dopotutto, “bisogna avere il caos dentro per partorire una stella che danzi” (Nietzsche).
Il counselling psicodinamico
Sebbene presenti elementi di similarità con i colloqui diagnostici e con la psicoterapia breve, il counselling possiede delle peculiarità che lo differenziano da entrambi. Per quanto volto alla comprensione del paziente, delle sue problematiche e delle sue risorse, esso non si riduce, infatti, alla comunicazione conclusiva di una diagnosi e di una prognosi. Parimenti, a differenza della terapia breve, non opera una pre-selezione dei pazienti, non è teso a modificare un focus precocemente individuato, né canalizza in maniera direttiva le associazioni. Il metodo delle libere associazioni è, al contrario, per quanto possibile, mantenuto e la focalità, seppur presente, non è mantenuta su aree delimitate dell'esperienza, ma è rivolta alla costruzione dei nessi tra la narrazione del paziente e, come vedremo, la problematica riportata, gli aspetti "quadro" del setting e, nel counselling universitario, del significato che l'ambiente accademico assume per lo studente.
Nel counselling universitario, la problematica riportata spesso è relativa a difficoltà negli studi (ansia da esame, perdita di motivazione o di concentrazione, eccetera) e, pertanto, è spesso permeata dei significati idiosincratici che lo studente, consciamente o meno, riversa sull'istituzione accademica.
L'approccio psicodinamico, nel counselling, si dipana secondo una peculiare metodologia d'intervento che ne informa una particolare teoria della tecnica (Ferraro, Petrelli, 2000).
La peculiarità del counselling e la specificità del contesto universitario impongono un considerevole riadattamento della tecnica psicoanalitica. Se, come detto, il metodo delle libere associazioni è sostanzialmente mantenuto, e il paziente è lasciato libero di parlare di quel che preferisce, la limitatezza temporale dell'intervento richiede accorgimenti fondamentali e una ridefinizione dell'obiettivo generale.
Lo scopo precipuo del counselling psicodinamico consiste nel promuovere un processo di auto-riflessione e di auto-scoperta che consenta al paziente di acquisire una maggiore consapevolezza delle proprie risorse, al fine di superare la crisi in atto e sviluppare le potenzialità in essa intrinseche.
Il consulente lavorerà principalmente con l'obiettivo di facilitare il paziente nell'identificazione delle modalità ricorrenti di significato, affetto e comportamento che sostanziano le sue problematiche e di aiutarlo a ricostruire i nessi fra questi ultimi e gli altri aspetti della propria vita, passata e presente.
Bibliografia
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