La bugia patologica
Quando una menzogna diventa necessità.
La maggior parte degli autori considera la bugia come un atto fisiologico che permette una certa sopravvivenza , soprattutto, in ambito sociale. La bugia consente di difenderci da critiche, ci permette di mostrarci al meglio davanti alla gente e, in molte occasioni, ci permette di ottenere dei risultati. L’idea di un mondo senza bugie e la pretesa di una totale sincerità nei rapporti umani appare, quindi, più disfunzionale dell’atto stesso del mentire. Come direbbe il dottor House, “tutti mentono” !
Tuttavia vi sono delle condizioni estreme in cui una bugia può determinare una vera e propria dimensione simil “psicotica” in cui si può perdere, addirittura, il contatto con la realtà, trasformando una bugia in verità assoluta, almeno nella mente di chi la racconta. Gli psicologi costruttivisti affermano che una menzogna, se reiterata, si trasforma in realtà. Ed è esattamente ciò che accade ad un mentitore patologico. Chi mente può essere vittima di una trappola scaturita dal suo stesso atto di mentire, una trappola dalla quale appare davvero difficile uscirne. La bugia patologica può avere due vie: evolversi in una perdita di contatto con la realtà o in una trappola autoindotta.
La bugia patologica acquista forma, ovviamente, se l’oggetto di tal bugia appare plausibile a chi se ne fa portatore. Se qualcuno afferma di essere vittima di un rapimento alieno, ad esempio, (esclusa la frode, le alterazioni della percezione e la psicopatologia clinica) contempla perfettamente nel proprio sistema di credenze questa possibilità. Lo stesso dicasi per tutti i racconti legati ai fenomeni “insoliti” quali le visioni mariane, il parlare con i morti, la visione di fantasmi ecc. E’ alquanto improbabile insistere su un racconto costruito dalla propria mente se lo stesso autore non crede ciecamente al fatto che possa davvero verificarsi. Tornado all’esempio dei fenomeni insoliti le vie che il bugiardo patologico segue, come già annunciato, possono essere fondamentalmente due.
Nella prima il soggetto si trova immerso all’interno di una realtà che percepisce come frustrante, monotona e, spesso, routinaria. Tale condizione appare insopportabile ed il soggetto tenta di evadere costruendo, a livello immaginario, realtà parallele, contornate da dimensioni insolite e che suscitano, non solo in se stesso ma anche nell’eventuale ascoltatore, reazioni di meraviglia, perplessità e altre forme di emozione. Questa realtà risulta più gratificante e solo l’idea di abbandonarla per tornare a quella precedente crea reazioni di angoscia intollerabili. Il soggetto, per difendersi da questa reazione, si sente costretto a rinforzare la sua fantasia, contornandola di altri dettagli verosimili per il suo sistema di credenza e lo fa al punto tale da abbracciare totalmente questa nuova realtà costruita anche sotto l’aspetto emotivo e cognitivo. Essa diventa vera!
Il soggetto comincia anche rifiutare l’idea che sia stato proprio lui a costruirla, nega a se stesso questo lavoro di costruzione e lo sostituisce completamente alla vecchia realtà. Qualsiasi cosa avrà costruito da quel momento la sosterrà come vero perché tale è diventato per il suo sistema di percezione. La nuova esperienza deve essere vera, pena la brusca ricaduta in una realtà che è stata rifiutata. Il rifiuto di accettare la vecchia dimensione è solo una difesa verso l’angoscia che da essa ne deriva. Il soggetto si autoinganna e lo fa con grande maestria! In pratica è vittima di se stesso!
La seconda possibilità, magari più frequente, è quella in cui il soggetto mente sapendo di mentire, ma la sua menzogna ha uno scopo ben preciso, convincere gli altri di una realtà che egli ritiene possibile anche se non l’ha realmente vissuta. Il racconto di un’esperienza insolita, come l’aver visitato una navicella aliena o aver parlato con la Madonna, può celare anche questa forma di menzogna patologica: “io credo che sia possibile un evento tale e la mia bugia ha solo lo scopo di confermare ciò che è vero per me, anche se non l’ho sperimentato”. Una volta entrato in questo circolo, il soggetto, ovviamente, non può più uscirne poiché rischierebbe di smentire una realtà per lui importante e sulla quale ha investito le sue emozioni . La reiterazione di questa menzogna è, per lui, una sorta di missione orientata a diffondere e confermare, in chi lo ascolta, il suo credo. Questa bugia non ha alcuna valenza di truffa o di burla, ma ha un compito dall’elevato valore emotivo. Quanti sacerdoti affermano di aver visto il demonio?
Sia la prima che la seconda tipologia di menzogna, in genere, da risultati positivi (al di là della critica che qualcuno possa muovere), c’è sempre chi è disposto a credere o a dare dignità a tale invenzione (stampa, talk show televisivi, libri venduti). Sono proprio tali risultati che rinforzano ancor di più la convinzione di portare avanti la proprio fantasia. E’ possibile, quindi, mentire, senza alcuna intenzione di burlarsi di qualcuno, ma esclusivamente per mantenere vive e vere le proprie emozioni!
Per approfondire:
Psicopatologia del paranormale. Ed. Cicap.
http://www.cicap.org/new/prodotto.php?id=3856
L’ arte di mentire a se stessi e agli altri. Ed. Ponte alle Grazie.