Madri che uccidono figli: la sindrome di Medea

L’uccisione dei figli da parte di un genitore, in special luogo da parte di una madre, fa sempre molto clamore e la cronaca recente spesso ci ha portato ad interrogarci sul come e perché si possa arrivare a questo.

Nel mito Medea uccide i propri figli per punire Giasone, il suo sposo, reo di essersi innamorato di un’altra donna. Ed è proprio questo il punto fondamentale nella sindrome di Medea: l’azione omicidiaria del figlio è letta nell’ottica di uno strumento di potere e di rivalsa nei confronti del coniuge.

Fece orrore la vicenda che vide una donna intenta a litigare in modo furibondo con il marito, lanciare dal quattordicesimo piano la figlioletta. In seguito affermò che come lei stessa aveva sofferto tanto in tutta la sua vita era giunto il momento che anche il marito “imparasse a soffrire”.

In questo si scorge il raggiungimento da parte della madre di un vero e proprio delirio di onnipotenza, giudice supremo di vita e di morte (“io ti ho dato la vita, io posso togliertela”).

Ma quali sono dunque le motivazioni che portano una madre ad uccidere il proprio figlio?

Una prima motivazione riguarda la categoria delle madri/mogli che vogliono attuare una vendetta nei confronti del coniuge verso cui si nutre odio, rancore, gelosia e invidia e il coniuge stesso è punito tramite l’uccisione del figlio, perché visto come il frutto del loro amore.

Una seconda categoria riguarda le madri che uccidono i figli indesiderati, ovvero quelli nati da una gravidanza non voluta, come nel caso di  stupro e tali madri assocerebbero quindi il figlio ad un ricordo traumatico.

E’ di queste ultime settimane il caso di una madre che ha ucciso le sue tre figlie di 13, 10 e 3 anni, asserendo in seguito agli inquirenti “che tanto sarebbero diventate prostitute e avrebbero solo sofferto”, questo caso di cronaca ben esprime la terza categoria ovvero quella dell’“omicidio compassionevole”, un  tipo di figlicidio attuato per non far soffrire la prole.

In realtà queste madri sentono i figli come un peso enorme per via di una situazione economica familiare compromessa e un rapporto coniugale molto conflittuale o inesistente.

Si è infatti considerato che spesso la madre che commette un figlicidio ha gravi problemi familiari, economici, episodi attuali o pregressi di tossicodipendenza, abusi e una famiglia di origine non accudente.

L’ ultima categoria riguarda nello specifico la “Sindrome di Munchausen per procura” ovvero la mamma (o entrambi i genitori) inventa sintomi e disturbi del proprio figlio e si prodiga in atteggiamenti di ipercura, arrivando anche a sottoporre il figlio ad interventi inutili, danneggiandolo e talora uccidendolo.

Altre concause per la sindrome di Medea riguardano un senso di inadeguatezza del proprio ruolo materno e la presenza spesso di patologie (struttura psichica destabilizzata da traumi precedenti o deviata a causa di disturbi di personalità come il disturbo borderline e il disturbo dissociativo dell’identità) e vi sono inoltre dei fattori di rischio da tener presenti come ad esempio la depressione post partum.

 

Bibliografia

Campus A., Profilo Psicoanalitico del Serial Killer, Roma, Bonanno Editore, 2008

Data pubblicazione: 20 marzo 2014

8 commenti

#1
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Dr. Giuseppe Santonocito

Buongiorno Mauro

Riguardo alla madre che in questi giorni ha ucciso le tre figliolette, sarei più propenso a inquadrarla nella prima categoria, quella della donna tradita che vuole punire l'ex.

Infatti sembra che l'ex marito, a quanto dicono i media, non le stesse facendo mandare nulla. L'eccidio mi pare sia avvenuto, guarda caso, dopo che egli le aveva manifestato la decisione definitiva di andare a convivere con la nuova compagna.

Per il resto, bell'articolo.

Un saluto

#2
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Dr. Mauro Bruzzese

Buongiorno,
Ho preferito inquadrarla nella terza categoria per via di quella frase che mi ha profondamente colpito e che dà la misura dell' "omicido compassionevole", ma una categoria non esclude l'altra o meglio talora potrebbe esserci una sovrapposizione di cause e come correttamente spieghi è ben collocabile anche nella prima categoria. Grazie per aver ampliato e inquadrato meglio il caso in questione e per il gradito feedback,
Saluti

#3
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Ex utente

Di prassi, i media spazzatura italiani giustificano le madri assassine/infanticide con la raccapricciante scusa del "troppo amore".
Purtroppo è questo l'infimo livello culturale in cui è sprofondato questo paese.
Chissà come mai, inoltre, qui sotto non sono presenti commenti delle varie psicologhe di questo sito che tanto si danno da fare per parlare continuamente di "femminicidio"...

#4
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Dr. Mauro Bruzzese

Sono convinto che le colleghe, che come lei afferma, continuamente parlano di femminicidio fanno benissimo a farlo. Fintanto che i numeri delle donne uccise rimangono così alti (dal 2000 al 2014 quasi 2500 donne uccise da mariti, compagni, familiari etc.) bisogna assolutamente continuare a parlarne affinchè qualcosa si possa muovere a livello culturale e giuridico. E me lo permetta, trovo anche scorretta questa contrapposizione tra la sindrome di Medea e il femminicidio.

#5
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Dr.ssa Chiara Lestuzzi

Io concordo con l'ipotesi che la donna albanese (che tutti descrivono come una madre amorosa) sia stata vittima di una crisi depressiva che le ha fatto vedere un futuro negativo per le figlie (magari, se fossero stati maschi non li avrebbe uccisi).Tant' è vero che ha cercato poi di uccidersi. Diversamente dalla madre pugliese che ha ucciso il figlio tredicenne per vendicarsi del marito.

#6
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Dr. Giuseppe Santonocito

Futuro che però non sembrava destinato a essere così negativo: pare che il marito non le facesse mancare nulla.

Quanto al resto, esattamente, "ha cercato di uccidersi". Molte persone che uccidono i propri cari poi "tentano" di suicidarsi. Quasi come un gesto dovuto per ciò che hanno appena fatto. Come per dire al mondo: "Guardate, ho cercato di espiare in qualche modo". Solo che molti tentativi vanno a vuoto.

Nessuno può dire cosa sarebbe successo se fossero stati figli maschi. Si potrebbe anche pensare che non sarebbe cambiato niente. Oppure che il dolore inferto al marito sarebbe stato ancora più grande, chi può dirlo.

#7
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Dr.ssa Chiara Lestuzzi

Giuseppe, se la donna era DEPRESSA perché era crollato il suo mondo (piantata per una più giovane dopo anni di matrimonio e tre figlie) ovviamente non ragionava con lucidità e il fattore economico non era quello preponderante. Considerava che la condizione femminile destinasse di per sè a un futuro di essere usate e gettate.

#8
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Dr. Giuseppe Santonocito

Che la donna fosse DEPRESSA non mi pare accertato.

Anzi, se non ho capito male (e se le notizie riportate sono minimamente esatte) non avrebbe dato segni di squilibrio fino a quel momento. Eppure erano già separati e il marito viveva già da tempo con la nuova compagna. La madre ha commesso il fatto quando il marito le avrebbe comunicato l'intenzione di rimpatriare con la nuova compagna.

Sempre se non ho capito male e sempre se i notiziari hanno riportato notizie attendibili.

Il fatto che lei abbia razionalizzato e tentato di giustificare il gesto, predicendo per le figlie un futuro tetro, non significa che QUESTO sia ciò che effettivamente le è scattato nella testa e non rende tale spiegazione automaticamente vera.

Del resto quanti, in quella situazione, avrebbero il coraggio di dichiarare: "L'ho fatto per punire il mio ex marito, poi ho tentato di suicidarmi senza troppa convinzione"?

Preciso: non sto difendendo il marito né accusando la donna. In situazioni così tragiche c'è poco da difendere e poco da recriminare, si può solo prendere atto, purtroppo, di ciò che è successo. Tre bambine hanno perso la vita e questo è terribile.

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