I figli del femminicidio, chi penserà a loro?
Il femminicidio è in crescente aumento e continua a mietere vittime tra le donne; questo rende necessaria una riflessione sui “figli” del femminicidio e cioè “i bambini”, protagonisti passivi e silenti di un delitto terribile.
I protagonisti di questi delitti sono tre: lo stalker, la donna uccisa ed i loro figli.
Le cronache non ne parlano, perché spesso si tratta di minorenni pertanto la stampa focalizza la sua attenzione sulla donna uccisa e sul suo carnefice, trascurando quindi, la stretta associazione tra “donna e madre”.
I bambini subiscono passivamente dinamiche di possesso, uccisioni, solitudine e molto spesso dopo la tragedia si ritrovano senza la propria mamma e senza il proprio padre, la prima uccisa ed il secondo in carcere a scontare la pena, come se questa potesse rendere giustizia ad un torto o potesse riempire un vuoto oramai incolmabile.
I figli del femminicidio, oltre ad essere vittime dei propri genitori, dovranno attraversare percorsi estremamente dolorosi: si alterneranno tra tribunali, servizi sociali, famiglie affidatarie o famiglie adottive (nella migliore delle ipotesi). Sono bambini la cui infanzia è segnata dalla tragedia e dal dolore ed il cui futuro non ha più un percorso chiaro e lineare, sia sul piano affettivo che identitario.
Spesso dimenticati dalla stampa, sono invece i veri protagonisti dell’omicidio e a giustizia fatta, verranno poi dimenticati, nonostante “vittime ed orfani” in una sola volta.
"Orfani particolari", la cui elaborazione del lutto, sarà molto più complessa e controversa; dovranno elaborare la perdita di una madre ed allo stesso tempo la perdita di un padre, per “altre” ragioni, dalla difficile, se non impossibile comprensione.
Orfani, con due genitori scomparsi e con uno dei due in carcere e per di più impossibile da perdonare!
I dati sono impressionanti e sono veramente tantissimi:
“in Italia oltre 1500, secondo uno studio che sta portando avanti la dottoressa Anna Costanza Baldry, docente di Psicologia all’Università Seconda di Napoli, consulente dell’Onu, della Nato e dell’Ocse in materia di violenza contro le donne e i bambini.
Lo studio prende in esame i casi di bambini vittime del femminicidio tra il 2000 e il 2013, dimostrando che in Italia non esistono protocolli, percorsi, strumenti che offrano a questi orfani una vita migliore”.
I casi vengono trattati dai tribunali dei minorenni alla stregua degli altri orfani, ma in realtà le loro storie sono completamente diverse. Un bambino orfano è un bambino straziato dalla perdita e dal dolore, un bambino che dovrà transitare da un processo psichico molto difficoltoso ed ambivalente e che dovrà sicuramente essere aiutato per la sua futura ricostruzione psichica.
Protagonista di una atrocità senza confini, deprivato di amore e di quell’indispensabile “base sicura” su cui fondare la futura forza psichica.
Il bambino orfano, figlio del femminicidio, è un bambino addolorato dalla perdita dei genitori e che dovrà attraversare le stesse fasi di una tradizionale elaborazione del lutto.
E’ un bambino abitato dalla rabbia, dall’aggressività e dal dolore e che dovrà rileggere la sua storia di vita familiare con gli occhi invasi dall’aggressività e dall’incomprensione.
Nella maggior parte dei casi, i tribunali dei minori affidano questi bambini ai parenti più prossimi, quasi sempre i nonni, ma non è detto che siano quelli materni, spesso infatti sono anziani o poco agiati economicamente.
Un timore palesato dal tribunale è quello correlato alla possibile strumentalizzare del bambino da parte dei nonni, i quali potrebbero crescere il nipote all’insegna dell’odio verso il padre, che comunque rimane sempre l’unica risorsa genitoriale rimasta in vita.
Senza regole e leggi severe, non esistono condotte univoche e questi bambini vagano da un’istituzione all’altra.
La discrezionalità è massima, in assenza di regole e leggi universalmente riconosciute.
Un esempio di cronaca locale accaduto recentemente in Sicilia:
Il figlio di Rosi Bonanno, la donna uccisa a Palermo dall’ex convivente Benedetto Conti, verrà dato in adozione.
I genitori di Rosi però sono troppo anziani e disagiati sul piano economico, quindi non adatti a garantire un adeguato sviluppo del bambino che ha recentemente compiuto dodici anni; il bambino verrà dato in adozione non si sa bene a chi, smarrendo la possibilità di vivere una “continuità affettiva” con la famiglia d’origine.
Sarà un adulto senza radici e con un’infanzia interiorizzata nell’odio e nel dolore.
In Italia non esiste alcuna legge che tuteli economicamente e legalmente gli orfani di femminicidio.
Per ulteriori approfondimenti: