Depressione: scoperta nuova probabile causa

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Dr. Giuseppe Santonocito Psicologo, Psicoterapeuta

L’Organizzazione Mondiale della Sanità definisce la depressione come “la maggior causa d’invalidità nel mondo”. La depressione causa più anni d’invalidità di cancro, AIDS e malattie cardiovascolari e respiratorie sommate assieme.

Ogni anno, dal 5 al 7% della popolazione mondiale attraversa un episodio depressivo maggiore, mentre una persona su sei soffre di questa malattia.

Malgrado i progressi della ricerca sulla depressione, gli scienziati ancora non ne comprendono i meccanismi biologici sottostanti al punto da poterne effettuare prevenzione e terapia efficaci. Una delle cause possibili di ciò è che finora quasi tutti gli studi si sono concentrati sui neuroni, mentre il ruolo di altri tipi di cellule cerebrali non è stato approfonditamente esaminato.

Ricercatori alla Hebrew University of Jerusalem hanno ora mostrato che cambiamenti nella microglia, un altro tipo di cellule cerebrali, sottostà ai sintomi depressivi indotti dallo stress cronico. Almeno in esperimenti su animali, i ricercatori sono stati in grado di mostrare che alcune sostanze in grado di alterare il funzionamento della microglia possono fungere da innovativi ed efficaci antidepressivi.

I risultati sono riportati nella rivista Molecular Psychiatry.

Il Prof. Raz Yirmiya e la sua equipe hanno esaminato il coinvolgimento delle cellule microgliali nello sviluppo di sintomi depressivi in seguito a esposizione a stress cronico.

La microglia compone circa il 10% della massa cellulare cerebrale e rappresenta il sistema immunitario del cervello. Altri studi hanno però mostrato che queste cellule sono coinvolte anche in altri processi fisiologici non direttamente legati a infezioni o lesioni, ad esempio la risposta allo stress.

Gli studiosi hanno simulato l’esposizione a stress cronico e imprevedibile, una delle principali cause della depressione degli esseri umani, esponendo ratti a condizioni stressanti per un periodo di 5 settimane. Gli animali hanno sviluppato gli stessi sintomi comportamentali e neurologici rilevabili negli umani depressi, come: ridotto interesse nelle attività piacevoli, nelle interazioni sociali e ridotta generazione di nuove cellule cerebrali (neurogenesi), anche questo un importante marker della depressione.

È stato rilevato che durante la prima settimana di esposizione allo stress, la microglia ha avuto una fase di attivazione e proliferazione, riflessa da aumento di dimensione cellulare e produzione di specifiche molecole infiammatorie. Dopodiché, parte della microglia ha iniziato a morire.

Dopo 5 settimane di esposizione allo stress, tale fenomeno ha portato a una riduzione della numerosità della microglia e a una degenerazione dell’apparenza di alcune cellule microgliali, in modo particolare nelle regioni cerebrali coinvolte nella risposta allo stress.

Quando i ricercatori hanno bloccato l’attivazione iniziale della microglia indotta dallo stress, attraverso farmaci o manipolazione genetica, sono stati capaci di fermare la successiva morte e degenerazione delle cellule microgliali, come pure i sintomi depressivi e il declino della neurogenesi.

Tali trattamenti non sono stati tuttavia efficaci nei topi molto depressi, già arrivati alla quinta settimana di esposizione allo stress, e che quindi avevano già una quantità minore di microglia.

Basandosi su tali evidenze, i ricercatori sono riusciti a trattare i topi depressi con farmaci stimolanti della microglia, riportandone i valori allo stato normale.

Dice il Prof. Yirmiya: “Abbiamo dimostrato che questi farmaci stimolanti della microglia possono funzionare come antidepressivi ad azione rapida, che producono un completo recupero dei sintomi comportamentali della depressione e un aumento della neurogenesi fino a valori normali in pochi giorni dall’inizio del trattamento. Oltre all’importanza clinica dei risultati, il nostro studio ha mostrato per la prima volta che disturbi nel funzionamento delle cellule microgliali - non solo neuronali - hanno un ruolo nella causa delle psicopatologie, in particolare la depressione. Ciò suggerisce una nuova linea d’azione per la ricerca farmacologica, in cui la stimolazione della microglia potrebbe costituire un antidepressivo ad azione rapida in alcune forme di condizioni depressive correlate allo stress.”

Fonte: ScienceDaily Online. 2014. Scientists Find New Mechanism Underlying Depression.

Data pubblicazione: 09 gennaio 2014

2 commenti

#1
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Utente 404XXX

Non una opinione, ma una domanda se è possibile. E quali sarebbero i farmaci (o le tecniche) che stimolano la microglia? In particolare: è ipotizzabile che la fluoxetina e gli altri antidepressivi di tipo SSRI agiscano proprio in questa maniera? Grazie.
Antonio Taccone

#2
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Dr. Giuseppe Santonocito

La ricerca va avanti e anche se ancora non sono perfettamente note le cause biologiche della depressione, è importante sottolineare che non ne esiste un solo tipo. Pertanto farmaci e terapie diverse possono essere adatte a casi diversi.

La ricerca citata in quest'articolo ha lavorato attorno all'ipotesi, suggerita da sempre più studi, che alcuni tipi di depressione possano essere dovuti a processi infiammatori e sembra aver trovato riscontri positivi a minociclina (un antibiotico) e imipramina.

Quest'altro invece:

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC4436209/

sembra aver trovato riscontri alla venlafaxina, seppur per azione indiretta.
Ma altri studi, come questo:

http://www.cell.com/trends/neurosciences/abstract/S0166-2236%2815%2900176-9?_returnURL=http%3A%2F%2Flinkinghub.elsevier.com%2Fretrieve%2Fpii%2FS0166223615001769%3Fshowall%3Dtrue

ammoniscono che occorre distnguere i casi in cui la depressione dovuta a malattie microgliali possa beneficiare di cure stimolanti oppure, al contrario, inibenti della microglia.

Quindi la raccomandazione d'obbligo è: non pensi neanche al fai-da-te. Faccia sempre riferimento al suo medico di fiducia.

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