Bisogna avere il caos dentro per partorire una stella che danzi?
Crisi: tra blocco e potenzialità.
E' greca l'etimologia della parola "crisi". "Krìno" indicava processi di cernita, separazione, divisione, ma anche di discernimento e giudizio. Ogni processo che implicasse una “scelta”. “Crisi”, infatti, nell'antica Grecia, significava "scelta" (Treccani.it).
La psicologia dello sviluppo (Oliviero Ferraris et al, 2005), la Developmental Psychopathology (Cicchetti, Cohen, 1995), le prospettive evolutive in psicoanalisi (Fonagy, Target, 2003) concettualizzano lo sviluppo individuale come un processo costellato da crisi che richiedono il superamento di specifici compiti evolutivi.
Dare significato e adattarsi a un ambiente e a un corpo in continuo cambiamento richiede una flessibilità che consenta di ristrutturare il proprio modo di rappresentarsi e di rapportarsi a se stessi, al proprio mondo e agli altri per superare i "compiti di sviluppo" che la crescita richiede.
Le diverse fasi della nostra vita, l'incontro-scontro con eventi critici (malattie, lutti; ma anche eventi positivi, come un matrimonio, la transizione alla genitorialità), mettono in forte discussione le modalità con cui abbiamo costruito, attraverso continui scambi con i nostri ambienti di sviluppo (Sameroff, Chandler, 1975), l'adattamento alle nostre realtà.
La vita ci richiede un cambiamento costante. Ci richiede di affrontare il complicato paradosso di cambiare rimanendo "noi stessi". La crescita, pertanto, è un percorso naturalmente non lineare, oscilla tra periodi di stabilità e periodi di disorientamento. Comporta scelte e ogni scelta comporta delle perdite.
La perdita di vecchi “mondi”, di rassicuranti e consolidate, ma potenzialmente paralizzanti, immagini di noi, verso la conquista di “mondi” nuovi, nuovi modi di essere, nuovi modi di porsi nel mondo, nuovi orizzonti, nuovi sogni.
Le crisi, che accompagnano sempre questi passaggi, sono, pertanto, un vulcano di possibilità: "Bisogna avere il caos dentro per partorire una stella che danzi", per dirla con Nietzche.
E la crisi che blocca? “Sono in piena crisi: non riesco ad uscirne..”
Non è facile abbandonare le abitudini, che con tanta fatica ci siamo costruiti, per adattarci ai cambiamenti della nostra vita. Per questo, ogni crisi comporta sempre una buona dose di fatica e sofferenza. A volte, è proprio molto difficile cambiare prospettiva.
Quando ci si trova ad attraversare circostanze molto poco favorevoli, spesso, ci creiamo delle rigide corazze che permettono di gestire le nostre emozioni spiacevoli, di trovare la soluzione migliore per sopravvivere alle circostanze avverse che stiamo affrontando. Quando ciò avviene, tuttavia, spesso sacrifichiamo buona parte della nostra vita, delle nostre emozioni, dei nostri bisogni, dei nostri sogni.
E nonostante ciò, non ci è affatto facile abbandonare quelle corazze: ci sono state troppo utili. Il solo pensiero di lasciarle ci fa sprofondare nella paura, nel terrore di non riuscire ad affrontare la vita senza di esse.
E questo anche se queste corazze sono divenute talmente tanto parte di noi che non le vediamo più; e questo anche se divengono per noi fonte di dolore, di sofferenza; se scontrandosi con i fatti della vita divengono fastidiosi problemi psicologici che vorremmo debellare.
Ma il dolore, la sofferenza, sono dei segnali. Il “vecchio mondo” non va più bene, il nostro corpo ce lo segnala, si rimane sofferenti e bloccati, in piena "crisi", divisi tra un bisogno disperato di superamento della crisi stessa e la paura paralizzante di abbandonare il proprio "vecchio mondo", tra la volontà di ripristinare il nostro equilibrio passato e timidi balzi in avanti verso nuove possibilità.
Come uscire dalla crisi? Il Counselling Psicoanalitico
Ogni "crisi" si esprime con un vissuto di “emergenza” (Ferraro, Petrelli, 2000), reca in sé il bisogno impellente di un suo superamento, specie quando è vissuta in maniera paralizzante e, ancor di più, quando produce sintomi psicologici di varia natura che causano una sofferenza e un disagio difficilmente comprensibile, gestibile e, talvolta, comunicabile.
Il counselling a orientamento psicoanalitico mira ad aiutare le "persone bloccate nella crisi" ad acquisire una maggior consapevolezza delle dinamiche emotive che sostanziano le loro difficoltà, a sostenerle nel riconoscimento e nello sviluppo delle risorse presenti in loro e nel loro ambiente, e, infine, a facilitare lo "sblocco" di un processo evolutivo cristallizzato e una "nuova messa in moto" delle loro capacità auto-riflessive ed auto-rielaborative, al fine di consentir loro di superare la crisi, di viversi fragilità, tristezze, bisogni, speranze e risorse, nella delineazione dei loro desideri e dei loro progetti (ibidem).
Lo scopo ultimo è permettere alla incessante crescita, spinta vitale di ogni essere umano, bloccata nella crisi, di riprendersi.
Infatti, “la crescita [..] richiede un ambiente che faciliti l'accettazione e l'integrazione di esperienze di sé spiacevoli ma accurate, che verrebbero altrimenti scartate perché troppo discordanti con la propria rappresentazione interpersonale di sé” (Bromberg 1983, in Bromberg, 2008, pag. 66).
“I nostri significati personali non cambiano semplicemente attraverso la forza della ragione o di spiegazioni verbali convincenti. Diveniamo capaci di espandere la nostra visione della realtà solo quando le relazioni che viviamo ci conducono ad azioni che ci liberano dalla realtà autoimposta che definisce i nostri limiti."
(Bromberg, 1993, in Bromberg, 2008, pag. 107).
I quattro colloqui del counselling mirano a gettare luce sui propri significati, a cercarne di nuovi e a vivere la possibilità di oltrepassare i propri limiti.