Vivere una malattia cronica
“Il coraggio è la capacità di resistere alla paura, di dominare la paura: non è l'assenza di paura”
Mark Twain, 1894
Si definisce cronica una malattia che pur non essendo guaribile non ha un immediato esito mortale. Questa tipologia di problemi è in continua crescita nel mondo occidentale. Alle malattie croniche più conosciute (diabete, malattie autoimmuni, cardiache e polmonari) se ne sono aggiunte altre come alcuni tipi di cancro e di leucemia, le quali, grazie allo sviluppo di nuove terapie si sono oggi cronicizzate. I malati possono dunque vivere anni, talvolta decenni, in una condizione particolare, che è di vita, ma non di piena salute.
La malattia cronica rappresenta una grande sfida sul piano psicologico, imponendo cambiamenti fisici progressivi e duraturi che richiedono, per essere affrontati adeguatamente, una ristrutturazione psicologica rilevante, che consenta nuovi adattamenti e nuovi equilibri. In altre parole è necessario uno sviluppo personale capace di rispondere alle trasformazioni introdotte dalla malattia e di realizzare un rapporto ottimale sia con se stessi che con gli altri. In questo modo la sfida della malattia può essere affrontata con successo e di fronte ad essa la persona non consuma le sue risorse individuali, fino a prosciugarle, ma le arricchisce. Nell’impegnarsi in questo compito l’individuo si trova a dover affrontare alcune questioni psicologiche di fondo.
In primo luogo accettare la malattia, quindi i propri limiti, superando la domanda che ogni malato si pone di fronte ad una diagnosi grave: perché proprio a me? A questa domanda le persone spesso rispondono con profonda rabbia: la malattia appare un’ingiustizia intollerabile in cui tutto il proprio essere si ribella. Ugualmente frequente è la depressione, che annienta le speranze di realizzazione personale che è spesso accompagnata da vissuti di colpa e di incapacità nel riuscire a fronteggiare la malattia. In sostanza, riconoscere la propria condizione come parte della propria realtà esistenziale è un buon punto di partenza per accettare i propri limiti e riconoscere le proprie risorse, essenziali per affrontare la vita.
Un altro aspetto fondamentale è legato al trovare un senso alla propria vita, esigenza fondamentale di ogni essere umano, che si fa particolarmente critica nei momenti di transizione. Questo significa trovare delle ragioni valide, importanti e significative per le quali vale la pena lottare e impegnarsi, generando senso di pienezza e speranza. La malattia cronica mette in discussione il senso che si da alla vita perché impedisce di realizzare i propri progetti, assolvere i propri compiti, raggiungere gli obbiettivi desiderati. Trovare un nuovo senso alla propria vita con la malattia è di conseguenza ancora più necessario che in condizioni di salute, data la facilità con cui questo può essere messo in discussione.
Tale passaggio è fondamentale anche per un altro tema che tocca la psiche in presenza di malattie croniche e debilitanti: l’identità. La costruzione dell’identità è un processo dinamico, che in genere avanza lungo gli anni senza gravi scosse, con progressive riorganizzazioni. Come detto, l’identità, in quanto realizzazione del senso che si da alla propria vita, è messa anche essa in discussione. Il rischio maggiore è che alla persona resti soltanto l’identità di malato, vale a dire quella di un individuo bisognoso e socialmente non più utile. In realtà le possibilità vengono soltanto “nascoste” dall’evento avverso. Il malato è una persona che ha ancora molto da dare e da realizzare, ma per far questo può essere necessario ri-vedere alcuni obiettivi, ruoli e valori.
In conclusione, possiamo riaffermare che esiste un legame circolare tra accettazione, necessità di trovare un nuovo senso alla realtà e la costruzione della propria identità, in cui ogni punto è influenzato dagli altri. La malattia può creare un deficit ma quello è spesso solo una parte del tutto che costituisce la persona. Sono le risorse, le ricchezze non danneggiate ed in parte nuove, quelle da cui ri-partire.