Urlare ai figli non serve e peggiora le cose
“Non importa quanto forte urlate, i vostri figli non vi ascolteranno!”
Questo è il parere della dott.ssa Wang, autrice di uno studio condotto su 976 famiglie americane per valutare gli effetti nel tempo di uno stile genitoriale improntato all’”urlata” e all'insulto sul comportamento e sull’umore dei figli adolescenti. I risultati mostrano che i ragazzi abituati a sentirsi urlare dietro e insultare dai genitori a 13 anni presentano un aumento dei problemi di comportamento un anno dopo, a differenza dei coetanei i cui genitori non tendono a trattarli così.
Le urlate non sono solo collegate ad un aumento di disturbi della condotta, ma anche ad un successivo incremento di sintomi depressivi nei figli adolescenti.
Alzare la voce e insultare i figli come strategia per ottenerne l’attenzione e l’obbedienza insomma non solo non funziona, ma fa peggiorare sia il loro comportamento, sia il loro umore, aspetto potenzialmente predetto di ulteriori comportamenti problematici come l’utilizzo di droghe, le condotte auto aggressive e le fughe da casa.
La ricerca, condotta nell’area di Philadelphia, ha rilevato che quasi metà dei genitori utilizza l’aggressività verbale con i figli nelle diverse forme: urlare, insultare e “maledire” i ragazzi, con una leggera prevalenza delle madri rispetto ai padri.
Come detto, il solo risultato è un aumento dei comportamenti indesiderati da parte dei figli e dei sintomi depressivi, con un ovvio aumento della tensione in casa e la creazione di un clima relazionale infelice e svantaggioso sia per loro crescita serena, sia per la serenità dei genitori.
La Wang commenta così i risultati:
“Tutto questo ci ricorda la necessità di rimanere calmi. Quando urliamo questo non aiuterà i ragazzi a smettere di comportarsi male. Bisogna che i genitori facciano un passo indietro e si diano il tempo di calmarsi”.
L’urlata non è altro che una dichiarazione di fallimento di altri metodi educativi e uno sfogo della rabbia del genitore, magari frustrato per problemi di altra natura come quelli con il partner o sul lavoro.
Perchè urlare non serve?
Immaginate di lavorare in un ufficio dove un bel giorno arriva un nuovo capo che, ogni volta che sbagliate qualcosa, prende a urlarvi dietro, vi maledice e vi apostrofa come “stupidi” o “buoni a nulla”: come reagireste?
Sicuramente non vi sentireste spronati a fare meglio e non riuscireste ad ascoltare le ragioni addotte dal capo, né a dare peso alle sue parole. Tendereste a offendervi e a difendervi cercando di trovare argomenti a vostro vantaggio molto più di quanto fareste se i vostri errori fossero oggetto di una discussione pacata.
Al limite etichettereste il capo come un … (ognuno scelga l’aggettivo che preferisce) e provereste rabbia nei suoi confronti, pensando che con lui non si può parlare e che si sta solo sfogando, non essendo una persona con la quale si può ragionare.
Questo è quanto i figli probabilmente pensano dei genitori che si comportano come quell’ipotetico capo: nulla di più lontano dal risultato che l’urlatore vorrebbe ottenere.
Come comunicare ai figli?
Regole, coerenza ed educazione sono le parole chiave, unite all’esempio: se il genitore è un modello di aggressività, di mancato controllo degli impulsi e di violenza verbale come può pensare che il proprio figlio adolescente si comporti diversamente e sia cioè migliore di lui?
Una lezione fondamentale da imparare per i ragazzi è l'importanza di essere sempre meno impulsivi e di ricorrere alle parole invece che alle azioni: quando è necessario sgridarli bisogna farlo in un momento in cui non si è arrabbiati o stressati per altri motivi, onde evitare che il discorso si trasformi in un’occasione per dimostrare ai figli che le emozioni negative non sono contenibili e che è legittimo sfogarsi con persone che non c’entrano nulla con i problemi per i quali si è alterati.
Da evitare assolutamente anche gli insulti: etichettare un figlio lo porterà solo a ritenere di essere davvero stupido, incapace, lazzarone e così via, con la conseguenza che si comporterà esattamente in linea con il vostro giudizio e quindi come voi gli avete detto che è ovvio che si comporti, coerentemente al titolo che gli avete dato. In alternativa a questo potrebbe passare la vita a cercare di dimostrarvi di essere diverso da come lo avete etichettato e avrete così dato vita ad un adulto che non sarà mai soddisfatto di sé e che non si riterrà mai appagato dai risultati ottenuti, perché si trascinerà dietro la pesante zavorra del vostro giudizio e l’ombra della vostra disapprovazione lo raggiungerà ovunque, sottraendo serenità alla sua esistenza e condizionando la sue scelte di vita.
Non sono rari gli adulti che non si sentono mai abbastanza bravi e realizzati perché cresciuti da genitori svalutanti che ridimensionavano ogni successo mentre sottolineavano qualunque errore come conseguenza dell’incapacità del figlio.
Come dicevo, il comportamento del genitore dovrebbe essere il più possibile educato e improntato alla coerenza a sostegno di regole chiare: il ragazzo deve sapere cosa gli è consentito fare e cosa no, e cosa succederà se si comporterà male.
Inutile urlargli dietro se sono state prospettate punizioni che poi non vengono concretizzate e inutile punirlo in maniera imprevedibile: molto meglio che sappia in anticipo cosa non deve fare e perchè non lo deve fare e cosa succederà se trasgredirà.
Questo rende chiara e prevedibile la situazione e mette al riparo il genitore dal rischio di sfogarsi inutilmente, avvelenando il clima e guastando il rapporto con il figlio. Molto meglio stabilire in anticipo regole e sanzioni alla quali attenersi con coerenza, salvo eccezioni motivate.
In questo modo si eviterà che gli errori dei figli diventino occasione di sfogarsi contro di loro e che risentano in seguito di questo stile genitoriale dannoso e improduttivo.
Il genitore arrabbiato e stressato per propri problemi si deve occupare di questi problemi e non farli scontare al figlio, così come il genitore che è stato cresciuto da adulti aggressivi deve chiedere aiuto psicologico per non perpetuare lo stesso stile genitoriale con i propri figli, rendendoli infelici quanto lui.
Fonte: “Longitudinal Links Between Fathers’ and Mothers’ Harsh Verbal Discipline and Adolescents’ Conduct Problems and Depressive Symptoms”, Child Development