I giocatori di videogame vedono un mondo diverso

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Dr. Giuseppe Santonocito Psicologo, Psicoterapeuta

Le ore passate alla console di gioco non solo allenano il giocatore a rispondere velocemente, agendo sui bottoni, ma allenano probabilmente anche il cervello a utilizzare al meglio gli input visivi, secondo una nuova ricerca alla Duke University.

«I giocatori vedono un mondo diverso» dice Greg Appelbaum, professore assistente di psichiatria. «Riescono a estrarre più informazioni dalle scene visive.»

È difficile trovare non giocatori fra gli studenti delle superiori, oggi. Nonostante ciò, i ricercatori sonno riusciti a mettere insieme 125 studenti che non facevano uso di videogame, oppure li usavano in modo non intensivo. Il confronto è stato fatto fra questi e un gruppo maggiore di studenti giocatori.

A ogni partecipante è stato somministrato un test visivo di memoria, nel quale otto lettere disposte circolarmente apparivano per un decimo di secondo. Dopo un intervallo di ritardo da 13 millisecondi a 2.5 secondi, appariva una freccia indicatrice della posizione di una delle lettere, che ai partecipanti era chiesto di identificare.

A qualsiasi intervallo di ritardo, i giocatori surclassavano i non giocatori nel ricordare la lettera.

Ricerche precedenti avevano già dimostrato che i giocatori di videogame sono più rapidi nella risposta agli stimoli e in grado di seguire il movimento di più oggetti, rispetto ai non giocatori. Soprattutto nei giochi di tipo FPS (first-person shooter, sparatore in prima persona), il giocatore deve compiere inferenze probabilistiche su ciò che sta vedendo - se i personaggi che appaiono sono i buoni o i cattivi, spostarsi a destra o sinistra - più velocemente che può.

Appelbaum sostiene che, apparentemente, il tempo e l’esperienza rendono i giocatori migliori nel fare tutto ciò. «Hanno bisogno di sempre meno informazioni per arrivare a una conclusione probabilistica, e riescono a farlo più velocemente.»

Entrambi i gruppi mostravano un rapido decadimento della traccia mnestica (memoria) relativa alla posizione della lettera, ma i giocatori si sono dimostrati migliori dei non giocatori a qualunque tempo di ritardo.

Il sistema visivo estrae informazioni da ciò che gli occhi vedono, e i dati inutilizzati decadono rapidamente. I giocatori scartano le informazioni inutili alla stessa velocità dei non giocatori, dice Appelbaum, ma sembrano partire da una quantità d’informazione molto più alta.

I ricercatori hanno indagato tre possibili spiegazioni alla capacità apparentemente superiore dei giocatori di videogame nel fare inferenze probabilistiche: ci vedono meglio, hanno una memoria visiva di più lungo termine, oppure hanno maggiori capacità di prendere decisioni velocemente.

Dai risultati dell’esperimento condotto, secondo Appelbaum non sembra che una maggior ritenzione mnemonica possa essere la spiegazione valida. Ma gli altri due fattori potrebbero entrambi avere un ruolo, ossia è possibile che vedano in modo più immediato e che riescano a compiere decisioni migliori con le informazioni in loro possesso.

Quindi, non è detto che i videogiochi debbano per forza fare male.

Fonte: Machines Like Us, 2013.

Data pubblicazione: 14 giugno 2013

13 commenti

#1
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Utente 308XXX

ho 15 anni, gioco ai videogame da quando ne avevo 3 e posso dire che è vero, personalmente posso dire che grazie ai videogame ho i riflessi di un gatto. per quanto riguarda i first person shooter è vero, bisogna essere scattanti, avere un grande coordinamento tra occhi e mani, nel vedere per primo il bersaglio, calcolare diverse cose: velocità, distanza, rateo di fuoco dell'arma, schivare le esplosioni, mettersi al riparo, ecc... altre 2 cose fondamentali per i FPS sono astuzia e tattica.

è vero non devono per forza far male i videogame. anche se sentivo pochi giorni fa di una notizia che diceva che un adolescente dopo che si è visto ritirare il videogame dalla madre gli ha sparato... ma penso che non sia stata tutta colpa dei videogame, in quanto alcuni dicevano che il ragazzo in questione aveva altri problemi....

#2
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Dr. Giuseppe Santonocito

>>> ma penso che non sia stata tutta colpa dei videogame, in quanto alcuni dicevano che il ragazzo in questione aveva altri problemi
>>>

Non ho presente il caso a cui ti riferisci, ma mi pare evidente che lì si tratti di ben altri problemi. Non ultimo, il problema della facilità di accesso all'arma, e prima ancora i problemi personali del ragazzo, dato che non si spara alla mamma solo perché si viene messi in punizione.

Se fosse un comportamento normale, la specie umana sarebbe già estinta!

#3
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Utente 308XXX

giusto, comunque l'arma gli venne regalata dagli stessi genitori per il suo compleanno... tradizionale famiglia americana che regala le armi ad un ragazzino... e poco prima il ragazzo cercò di violentare sua madre, quindi si, c'erano sotto molti altri problemi legati al ragazzo.

#4
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Utente 219XXX

A 15 anni sarebbe meglio sviluppare i propri riflessi e la coordinazione giocando a pallone con gli amici, piuttosto che alienarsi con i videogames.
Da un ex giocatore di videogames pentito ^___^

#5
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Dr. Giuseppe Santonocito

Beh, diciamo che l'uno non esclude l'altro. Volendo, è possibile farsi molto male anche giocando a pallone.

Il famoso precetto del giusto mezzo è sempre valido, a tutte le età e a tutte le latitudini.

#6
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Utente 219XXX

L'uno non esclude l'altro, ma a 15 anni è meglio dedicare più tempo alla vita reale piuttosto che a quella virtuale.

#7
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Dr. Giuseppe Santonocito

Se lo dice, e se si definisce ex giocatore pentito, forse a lei capitava di passare più tempo nella vita virtuale che in quella reale. In tal caso ha fatto bene a "disintossicarsi".

Ma dedicare un'oretta al giorno ai videogiochi non fa male, esattamente come un'oretta di partita al pallone.

Basta non eccedere, come in qualunque altra cosa.

#8
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Utente 219XXX

Dott. Santonocito, contestualizziamo. Mi sono limitato a dare un consiglio al giovanissimo utente, alla luce anche della mia esperienza personale. Il tempo libero di un quindicenne tra scuola e compiti non è poi così ampio. Tanto vale dedicare più tempo ad esperienze di vita vissuta piuttosto che ai videogiochi, sopratutto in un'età in cui la formazione dell'identità avviene attraverso scambi sociali.

#9
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Dr. Giuseppe Santonocito

Gli scambi sociali sono UNO dei possibili canali attraverso cui l'identità si forma, non l'unico.

Esistono persone che tendono più all'estroversione e persone che tendono più all'introversione. Entrambe le inclinazioni possono essere vissute in modo sano o patologico, non è detto che passare fuori con gli amici tutto il tempo libero sia l'opzione migliore, per chiunque.

Quella secondo cui "i giovani dovrebbero uscire e stare all'aria aperta, non a casa a giocare con il computer" a me sembra, mi permetta, una raccomandazione generica che non tiene conto né dell'individualità del giovane, né dei mutamenti che nel frattempo sono avvenuti in seno alla società.

Occorre invece tenerne conto. L'educazione non può prescindere dalle differenze individuali e dall'ambiente.

#10
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Utente 219XXX

"Gli scambi sociali sono UNO dei possibili canali attraverso cui l'identità si forma, non l'unico."

Io aggiungerei uno dei più importanti. Conosco quello che sono attraverso gli altri, attraverso le differenze e le uguaglianze, attraverso la competizione e la cooperazione. E durante l'adolescenza il bisogno di una definizione del Sé è basilare.

"Esistono persone che tendono più all'estroversione e persone che tendono più all'introversione. Entrambe le inclinazioni possono essere vissute in modo sano o patologico, non è detto che passare fuori con gli amici tutto il tempo libero sia l'opzione migliore, per chiunque."

Stare all'aria aperta non è detto che sia l'opzione migliore per tutti, ma tutti - estroversi ed introversi, pur nei diversi modi che hanno di stringere e vivere le relazioni sociali - sentono l'esigenza di stringere rapporti con i pari e di condividere con loro delle esperienze. Poi queste esperienze possono essere all'aria aperta, oppure all'interno di un campetto di calcio, oppure ad un corso per diventare pittori, ma saranno sicuramente più appaganti e consigliabili rispetto all'esperienza passivizzante che possono offrire i videogiochi. Non che giocare ai videogiochi per un'ora al giorno sia dannoso, ma dovendo scegliere fra questa e un attività di vita vissuta io consiglierei la seconda.

"L'educazione non può prescindere dalle differenze individuali e dall'ambiente."

D'accordissimo, ma nemmeno si può relativizzare ad oltranza. Ci sono alcuni bisogni fondamentali che sono imprescindibili.




#11
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Dr. Giuseppe Santonocito

Forse avrebbe fatto meglio a non rivelare di essere un ex giocatore pentito... è noto che ogni ex-qualcosa rischia di diventare l'integralista di segno opposto! ^_____^

Non sto relativizzando a oltranza, semmai è lei che sta assolutizzando - una sua opinione - senza necessità.

>>> Non che giocare ai videogiochi per un'ora al giorno sia dannoso, ma dovendo scegliere fra questa e un attività di vita vissuta io consiglierei la seconda.
>>>

Benissimo, è un diritto che le spetta. Ma non tutti accoglierebbero il suo consiglio.

Se lei è partito da un eccesso di ore passate davanti ai videogame ("contestualizziamo" per me può significare questo; non generalizzare, estendendo il discorso a chiunque) ha fatto bene a smettere. Se lei ha sentito improvvisamente il bisogno di buttare via il computer e passare più tempo in mezzo agli altri, buon per lei.

Ma non tutti sentono lo STESSO bisogno di passare lo STESSO tempo in compagnia di altre persone, competendo e cooperando.

Ciò che lei definisce "bisogno fondamentale imprescindibile" cioè il bisogno di socializzare, NON è sentito da tutti gli individui allo stesso modo. Nemmeno in adolescenza. Forse potrà sembrare vero a un sociologo o un insegnante, allo psicologo un po' meno.

Quindi è chiaro che stare tutto il giorno a giocare con un computer o una console non è buona cosa; ma finché si parla di giusto mezzo e giusta misura, si sta parlando di PREFERENZE, non di dati assoluti.

Senza contare che ANCHE l'uso di un videogame può servire a socializzare, competere e cooperare: giocando insieme.


#12
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Utente 219XXX

"Forse avrebbe fatto meglio a non rivelare di essere un ex giocatore pentito... "

No, ho commesso un errore ben più grave: mettermi a discutere con un osso duro come Lei ^___^ Ma chi è causa del suo mal pianga se stesso e quindi cercherò di cavarmela ;).

"Se lei è partito da un eccesso di ore passate davanti ai videogame ("contestualizziamo" per me può significare questo; non generalizzare, estendendo il discorso a chiunque) ha fatto bene a smettere."

Sì, effettivamente in passato ci sono state delle occasioni in cui ho giocato troppo, pur non arrivando a livelli di dipendenza patologica. Ma con il "contestualizziamo" mi riferivo alla situazione del quindicenne o di un quindicenne qualsiasi.
Ribadisco, trovandomi nella situazione di dare un consiglio ad un quindicenne, allora non posso non indirizzarlo verso esperienze sociali, piuttosto che alienarsi con un videogioco. Al di là delle differenze di personalità ed inclinazioni, i bisogni basilari sono comuni, così come lo è quello di mangiare. Certo poi questi bisogni possono essere declinati in modi molteplici, ma la spinta quella è.
Sarò assoluto, integralista, ecc. ecc. ma io non ho mai conosciuto un giovanissimo che preferisce stare davanti al computer quando ha l'opportunità di giocare a pallone con gli amici. Certo, può dir di no per nevrosi personali e perché ha una scarsa autostima, ma questa è un'altra storia.

#13
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Dr. Giuseppe Santonocito

>>> No, ho commesso un errore ben più grave: mettermi a discutere con un osso duro come Lei ^___^
>>>

Beh, quando si commettono errori, riconoscerlo è importante: è il primo passo per rimediare! ^_____^

Diamo per scontato di star discutendo di casi normali, quindi non di nevrosi o altro, come sottolinea anche lei. Tuttavia:

>>> Al di là delle differenze di personalità ed inclinazioni, i bisogni basilari sono comuni, così come lo è quello di mangiare.
>>>

Non è proprio così, su questo occorre essere chiari.

I bisogni fondamentali esistono, ma quelli biologici come il mangiare sono più stringenti e mostrano meno variabilità interindividuale di quelli psicologici che, invece, dipendono di più dalle inclinazioni personali.

Se lei mi chiedesse se viene prima il bisogno di stare con una bella ragazza o di giocare alla Playstation, io sarei d'accordo con lei e le direi che il primo è prioritario.

Ma se discutiamo sull'importanza RELATIVA che queste due cose possono avere fra persone diverse, allora l'osservazione ci dice che può esserci molta variabilità.


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