Ipnosi nel controllo del dolore

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Dr. Marco Mozzoni Psicologo, Psicoterapeuta

“Che cos'è il dolore? E' ciò che il paziente dice che sia”. Saggia risposta, ritrovata in un vecchio manuale per infermieri americani. E rispettosa della specificità individuale di chi ne soffre. Insomma, c'è molto di soggettivo nella percezione del dolore. E soggettivo non vuol per niente dire meno reale, anzi proprio il contrario. La scienza clinica negli ultimi anni ha fatto passi da gigante in questa direzione.

Dalle prime concezioni basate sulla semplice associazione “stimolo / risposta”, passando per la “teoria del cancello” (gate control), che già nel 1965 prendeva in considerazione anche gli aspetti psicologici nel controllo del dolore, si è arrivati ora a identificare una “neuromatrice(pain neuromatrix), una rete neurale diffusa che coinvolgerebbe differenti regioni del cervello, facendo dell'esperienza del dolore un fenomeno multidimensionale in cui agiscono insieme processi sensoriali discriminativi, cognitivi valutativi e motivazionali affettivi.

In questo contesto non è sorprendente scoprire che l'ipnosi, fenomeno naturale connaturato agli esseri umani e strumento clinico di particolare efficacia nella sintomatologia psicosomatica, si sia rivelata (con tanto di certificazione da parte di molta neuroscienza moderna) un valido aiuto nel trattamento multifattoriale del dolore acuto e cronico, da sola o in affiancamento ad altri approcci medici o psicoterapici.

Diversi studi hanno dimostrato infatti la capacità dell'ipnosi di modulare la stessa attività di alcune aree cerebrali che formano la neuromatrice del dolore, consentendo non solo una riduzione dell'intensità percepita ma anche una minore “risposta affettiva”.

Gli effetti anestetici possono aiutare pazienti sottoposti a procedure mediche invasive o impegnati in attività fisiche particolarmente dolorose, quali il parto ad esempio, rendendo possibile la riduzione dell'assunzione di farmaci e dei tempi di intervento.

Gli effetti analgesici possono poi alleviare la sofferenza delle tante persone che soffrono di dolore cronico e a causa di condizioni mediche di difficile risoluzione (fibromialgia, mal di testa ecc.), con la possibilità di arrivare col tempo – nelle modalità indicate dal proprio terapeuta – a praticare “autoipnosi”, in modo da rinforzare il trattamento e ottenere un più rapido miglioramento della qualità della vita.

Nelle situazioni di emergenza infine, in cui una persona è in preda a dolore acuto e stati d'ansia dirompenti, l'approccio ipnotico dovrebbe essere la via maestra, dato che il paziente spesso cade giocoforza in uno stato di trance: particolarmente recettivo a ogni stimolo dell'ambiente, ogni parola o frase o comportamento può rappresentare una potente suggestione (negativa o positiva, dipende da cosa gli viene detto e in che modo) che resta impressa nell'inconscio e può orientare il decorso.

In ogni modo, è doveroso richiamare la necessità di eseguire in via prelimiare a qualsiasi tipo di trattamento gli opportuni accertamenti medici del caso, per escludere o diagnosticare una eventuale patologia di cui il dolore può essere sintomo.

Fonti:

  1. Jin-Seong Lee et al., Use of hypnosis in the treatment of pain, Korean Journal of Pain, 2012
  2. Derbyshire et al., Cerebral activation during hypnotically induced and imagined pain, Neuroimage 2004
  3. Melzack R., Pain and the neuromatrix in the brain, Journal of Dental Education, 2001
Data pubblicazione: 24 aprile 2013

3 commenti

#1
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Dr. Luigi Stella

Nella mia più che trentennale esperienza di anestesista e terapista del dolore ho avuto modo di valutare diversi interventi "non farmacologici" sul dolore cronico fra i quali anche l'ipnosi.
Mentre confermo che l'ipnosi è un valido strumento per il controllo del dolore, mi preme ricordare che buoni risultati sul dolore cronico si ottegono anche mediante tecniche di meditazione. Fra le due metodiche, ho rilevato che la meditazione comporta un effetto più duraturo nel tempo e ha il grande vantaggio di agire anche su tipiche patologie associate al dolore cronico: la tensione muscolare, l'ansia e la depressione dell'umore. Inoltre l'autosomministrazione di tecniche di meditazione è più semplice della autoipnosi e ciò facilita molto il paziente che sceglie una via "non farmacologica" di analgesia.

#2
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Dr. Marco Mozzoni

Caro Dr. Stella,
la ringrazio per il commento, che mi da' modo di tornare su un tema a me caro. Nel 2010 avevo realizzato per il quotidiano Avvenire un'inchiesta sulla relazione fra spiritualità e salute, mettendo in luce le nuove evidenze dalla ricerca (c.d. "neuroscienze contemplative"). In merito alla meditazione, citavo fra gli altri Richard Davidson dell’Università del Wisconsin: «È stato dimostrato che i sistemi biologici periferici con un ruolo fondamentale nella salute di una persona possono essere modulati dai circuiti cerebrali sui quali agisce la meditazione», sperimentata nel contesto sanitario sin dai primi anni 60 a opera di Herbert Benson, cardiologo dell’Università di Harvard. Da una rassegna della letteratura scientifica, ne era emersa una sostanziale conferma degli effetti della meditazione sui ritmi elettrici del cervello, sulla frequenza cardiaca e respiratoria, sul metabolismo, rendendomi conto che negli anni era stata utilizzata con successo in sede di trattamento del dolore cronico, dell’insonnia, degli stati ansioso-depressivi, della sindrome premestruale, dell’infertilità e nell’ambito della terapia oncologica complementare. In Italia la meditazione è stata recentemente adottata come strumento d’elezione in un «percorso di riduzione degli effetti collaterali della chemioterapia destinato a pazienti con carcinoma mammario» messo a punto all’Ospedale Bellaria di Bologna e in via di attivazione anche al San Carlo di Milano e alle Molinette di Torino. Qui il link al pdf dell'inchiesta (Marco Mozzoni, "Pregare, meditare, guarire...", Avvenire, 8/8/2010) http://marcomozzoni.it/avvenire-spiritualita-mozzoni-2010.pdf

#3
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Dr. Alberto Ricciardi

salve. :-)
sono un Odontoiatra
.
da alcuni mesi, pratico giornalmente l'ipnosi per il controllo dell'ansia (da dentista) e per il controllo del dolore postoperatorio, e direi, con discreto successo. mi sono avvicinato a questa disciplina solo per curiosità, ma dopo aver frequentato corsi specifici con veri esperti (primo fra tutti il collega Giuseppe Regaldo di Torino), ho fatto dell'IPNOSI RAPIDA una routine quotidiana nel mio studio professionale, con grande soddisfazione mia e dei miei pazienti.
è vero che alla prima seduta si perde un po' di tempo, ma grazie al condizionamento, alle sedute successive è il paziente stesso ad andare piacevolmente in autoipnosi, e in questo modo risparmiamo tanto tempo e tanta ANSIA IATROGENA :-)

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