Chi ha Paura dello Psicologo?
Potrebbe sembrare strano. Ma lo psicologo fa ancora paura. Per la maggioranza sembra essere ancora sinonimo di follia, debolezza inaccettabile, una macchia indelebile nella propria storia. Accettare il consiglio di rivolgersi ad uno specialista è difficile e la terapia diventa “l’ultima spiaggia” dopo aver provato tutto.
Ancora una volta è la paura che blocca al muro. La paura di non essere perfetti, o di avere figli imperfetti, rende impossibile agire nell’interesse di noi stessi e dei nostri cari. L’idea di aver fallito, di non essere abbastanza capaci da risolvere tutto da soli o, peggio, di aver cresciuto dei figli che abbiano bisogno di un aiuto spaventa e capita che si preferisca far finta di niente. Lo si fa pensando che poi le cose miglioreranno, con l’intenzione di proteggere e proteggersi ma purtroppo con risultati spesso deludenti e carichi di sofferenza. Così genitori non riescono ad accettare il consiglio di insegnanti attenti per una visita presso specialisti per i loro figli, coppie si struggono nel loro malessere, dando adito a tradimenti, ferite, strategie di salvataggio del rapporto che portano, spesso, più sofferenza che sollievo. La verità è che, raramente, le cose si sistemano da sole. E, quando mettere in atto risposte personali al proprio disagio non funziona, si accentuano le difficoltà, rendendo sempre più complicato il percorso che ci riporterà a star bene.
Eppure parlare di terapia è per molti ancora troppo difficile. Perché?
Molto dipende anche dalla nostra cultura, dove aleggiano ancora molti pregiudizi sullo psicologo o, addirittura, non c’è spazio mentale per questa professione. Inoltre, nell’immaginario collettivo, la persona che si reca da uno psicologo fa una dichiarazione di debolezza inammissibile. Soprattutto se parliamo di un uomo, che deve combattere ogni giorno, alla stregua delle donne, con stereotipi che imbrigliano e legano la possibilità di muoversi diversamente da come “si ritiene opportuno”. Si finisce con l’andare dallo specialista, quando ci si va, solo quando si sta male in maniera insopportabile, senza pensare che il terapeuta, con il suo lavoro, non solo vuole contribuire allo star meglio in situazione di consolidata patologia, ma può far sì che si eviti di arrivare ad un livello di disagio intollerabile, alleggerendo un momento di crisi, trasformandolo in una opportunità di crescita, andando di slancio verso il successivo stadio del proprio ciclo vitale.
L’incontro terapeutico permette all’altro di migliorare la qualità della propria vita, prima che questa sia realmente compromessa. Anzi, una breve frequentazione del terapeuta è auspicabile all’interno del progetto di crescita personale, per migliorare la propria efficacia come genitori, uomini, donne, lavoratori.
L’obiettivo è pur sempre quello di vivere una vita appagante e, se vogliamo usare un termine romantico, felice. E se dovesse capitare che, costruire la propria soddisfatta felicità, significhi incontrare un professionista, impariamo a non aver paura di prendersi cura di noi.