Scegliere lo psicologo

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Dr. Flavio Cannistrà Psicologo, Psicoterapeuta

L'Italia è probabilmente la nazione con più psicologi al mondo, avendone 1/3 di quelli dell'Europa e 1/4 da tutto il pianeta. Tanta concorrenza non facilita tuttavia il cittadino, che dispone ancora di poche informazioni e di troppe credenze errate sulla figura dello psicologo, spesso immaginato come "il medico dei pazzi".

Dallo psicologo in realtà va sia chi vuole lavorare su risorse e potenzialità per raggiungere un miglior grado di benessere, sia chi sente il bisogno di superare uno stato o una situazione di malessere.
Più in generale, lo psicologo aiuta a uscire da situazioni ansiose o stressanti, sostiene in momenti di crisi, insegna a sciogliere i conflitti e a migliorare il rapporto con se stessi, gli altri e il mondo, guida nel superare prove e performance impegnative, e così via.

Ma come scegliamo lo psicologo più adatto a noi?

Tra i diversi modi, oggi riporto quello proposto da Nardone sul suo Manuale di sopravvivenza per psico-pazienti. L'autore dà un vero e proprio decalogo da seguire per fare una scelta ben ponderata.

1) Evita di farti etichettare patologicamente. Le etichette diagnostiche servono ai professionisti per comunicare tra loro. Evita di farti etichettare a priori ed esigi spiegazioni chiare e comprensibili.

2) Esigi chiare e concrete indicazioni terapeutiche. Chiedi indicazioni precise, evita di farti disperdere in interpretazioni fumose e poco chiare, o in linguaggi tecnici e di difficile comprensione per te.

3) E' il terapeuta al tuo servizio, non tu al suo. Se qualcosa non è chiaro, è un tuo diritto domandare e chiedere finché non sarai soddisfatto: essere totalmente acquiescenti non è né utile, né terapeutico.

4) Inchioda il terapeuta alle sue responsabilità. Bisogna concordare degli obiettivi precisi, chiari e concreti, in modo che tu possa misurare facilmente il processo terapeutico.

5) Chiedi un parametro dell'attendibilità di ciò che state facendo. E' molto difficile stabilire una durata precisa a priori, ma puoi chiedere una previsione.

6) I complimenti fanno piacere ma non guariscono, le denigrazioni possono essere talvolta utili, ma se costanti fanno solo star peggio. Perciò diffida di terapeuti che usano troppo gli uni o le altre.

7) Non perderti dentro la teoria del terapeuta, perdendo di vista i fatti concreti. Supera teorie e ipotesi, valuta concretamente i cambiamenti ottenuti, proponendo la tua valutazione allo psicologo.

8) Evita di sparare con il cannone a un moscerino. Valuta costi e benefici di ogni indicazione terapeutica, sempre nell'ottica di avere spiegazioni chiare e obiettivi misurabili.

9) Se dopo 3-4 mesi non rilevi alcun miglioramento, cambia terapia o terapeuta, o entrambi. Una terapia che non dà un minimo risultato in pochi mesi fa sorgere dubbi sulla sua efficacia per il tuo problema.

10) Tieni a mente che il massimo tereapeutico è ottenere tanto mediante poco. E' meglio cominciare con una terapia che esponga a minor rischi e costi, per passare a metodi più massicci qualora queste non funzionassero.

Queste semplici indicazioni, certamente da aggiungere ad altri consigli e osservazioni, sono molto precise e utili per avere sempre più conoscenza di come scegliere uno psicologo e come valutare il lavoro fatto assieme. Può sembrare che questi punti - che, ricordo, sono scritti da uno psicologo psicoterapeuta - demonizzino la professione, ma in realtà sono pensati per dare degli strumenti di valutazione in mano al cliente, che alla fine è colui che deve fare la scelta finale sulla persona del professionista e sulle sue capacità.

A cura del Dott. Flavio Cannistrà
psicologo a Monterotondo e a Roma

 

Riferimenti bibliografici

Nardone, G. (2012). Manuale di sopravvivenza per psico-pazienti. Milano: Ponte alle Grazie.

 

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Data pubblicazione: 27 giugno 2012

17 commenti

#1
Dr. Alessandro Raggi
Dr. Alessandro Raggi

Nardone ha dimenticato di indicare che magari è bene al primo incontro farsi accompagnare da un avvocato o perchè no dai carabinieri.

#7
Utente 962XXX
Utente 962XXX

L'articolo del Dott Cannistrà rispecchia la situazione attuale, lo ringrazio, perchè involontariamente ha dato la risposta alla mia richiesta d'aiuto. E a Lei Dott Raggi Le dico che in certi casi, come quello di mio figlio, si spende una fortuna senza nessuna soluzione. Maria

#8
Utente 962XXX
Utente 962XXX

L'articolo del Dott Cannistrà rispecchia la situazione attuale, lo ringrazio, perchè involontariamente ha dato la risposta alla mia richiesta d'aiuto. E a Lei Dott Raggi Le dico che in certi casi, come quello di mio figlio, si spende una fortuna senza nessuna soluzione. Maria

#11
Dr. Flavio Cannistrà
Dr. Flavio Cannistrà

Gentile Maria,

la ringrazio per il suo commento.
Sono particolarmente contento che le mie righe le siano tornate utili: con questo e altri articoli simili io e altri colleghi cerchiamo di dare strumenti utili per la scelta del professionista più adatto alle esigenze dell'utente, basandoci soprattutto sulle difficoltà raccontateci proprio da chi ha avuto esperienze poco soddisfacenti.

La ringrazio ancora e le auguro una buona giornata,
Flavio

#12
Ex utente
Ex utente

Quando una persona si rivolge ad uno psicologo è in uno stato di confusione e prostrazione, di solito .. mi chiedo come faccia ad avere la lucidità per mettere in pratica quanto consigliato. Non è più corretto che i terapeuti vengano seguiti e controllati visto la professione estremamente delicata che esercitano?

#13
Dr. Flavio Cannistrà
Dr. Flavio Cannistrà

Certamente, ha centrato il punto. Difatti i terapeuti, in particolare quelli con un'esperienza ancora breve, dovrebbero far riferimento a dei supervisori, terapeuti più esperti che possono appunto supervisionare il loro lavoro.

L'ottica di articoli (e libri) come questo è quella di dare degli strumenti in più alla persona, di renderla, nel limite del possibile, più attiva e competente nella scelta e nella valutazione del professionista.

#14
Psicoterapeuta
Psicoterapeuta

Gentile utente 244092, quello che lei dice lo condivido, ma solo in parte.

Chi si rivolge ad uno psicologo di solito lo fa perchè soffre.

Ma è anche vero che, secondo molti orientamenti teorici, non è lo psicologo/psicoterapeuta che "cura" mentre la persona sta lì, come un corpo su un tavolo operatorio, a farsi curare.

In ottica cognitivo-comportamentale, ad esempio, la partecipazione attiva della persona è fondamentale: una delle metafore che possono rendere l'idea è quella dell'allenatore e dell'atleta.

L'allenatore ci mette la conoscenza tecnica, la capacità di motivare, le "dritte" che consentono all'atleta di superare i propri limiti; ma sono dell'atleta il sudore, la fatica, l'impegno, e l'onore dei successi.

Questo modo di vedere la terapia implica anche un'assunzione di responsabilità e di consapevolezza della persona fin dalla scelta del terapeuta.

Fino a 40-50 anni fa, chi si rivolgeva ad uno psicologo si rivolgeva ad un "nome importante". Oggi ha più possibilità di scelta, sia in termini di professionisti, sia in termini di orientamenti teorici. E sempre più spesso, chi cerca un terapeuta si informa prima, legge, cerca di avere le idee più chiare.

Anche per questo condivido l'idea di fondo del collega dott. Cannistrà: un utente informato e consapevole può massimizzare i benefici di un percorso, anche soltanto accorgendosi che QUEL professionista è la persona adatta ad aiutarlo.

Che poi noi abbiamo la responsabilità di offrire un servizio di qualità e di monitorare l'andamento dei percorsi, su questo non ci piove; ma, come si dice, "quattro occhi vedono meglio di due"...

#15
Dr. Alessandro Raggi
Dr. Alessandro Raggi

Pur condividendo alcune delle logiche di fondo della news del collega e dunque delle idee esposte nel libro, in linea di massima non credo che da molte di indicazioni il paziente ne possa trarre alcun beneficio, se non un'ulteriore confusione.
Le persone che approcciano una psicoterapia, in molti casi, anche se non sempre, hanno difficoltà ad assumersi delle responsabilità e hanno una percezione solo parziale della realtà che stanno vivendo, provano disagio, sono in difficoltà, non hanno le idee chiare. Spesso la loro stessa domanda iniziale va approfondita poichè la stessa capacità di formulare una domanda realmente importante è compromessa.
Anche nelle terapie psicodinamiche, si da molta importanza alla soggettività del paziente che è addirittura soggetto egli stesso della cura, e non oggetto di un intervento del terapeuta, che senza la fattiva collaborazione e motivazione del paziente non ha gli strumenti per poter intervenire. Spesso però questa capacità motivazionale va inizialmente stimolata e non sono sufficienti delle informazioni puramente nozionistiche per aiutare il paziente a prendere consapevolezza del vero disagio che sta vivendo, ma occorre un lavoro, non necessariamente lungo, che faccia leva sugli aspetti emotivi della persona.
Ben venga dunque una maggiore consapevolezza del paziente, anzi, è raccomandabile, ma è poco utile pretendere dal paziente un lavoro iniziale di chiarezza, messa a fuoco degli obiettivi, consapevolezza, che è compito precipuo del terapeuta, ASSIEME al paziente nelle fasi iniziali della terapia.

#16
Psicoterapeuta
Psicoterapeuta

>>Ben venga dunque una maggiore consapevolezza del paziente, anzi, è raccomandabile, ma è poco utile pretendere dal paziente un lavoro iniziale di chiarezza, messa a fuoco degli obiettivi, consapevolezza, che è compito precipuo del terapeuta, ASSIEME al paziente nelle fasi iniziali della terapia

Condivido, la messa a fuoco di obiettivi è uno degli obiettivi del lavoro di collaborazione tra terapeuta e paziente.

Una persona, quando si rivolge ad un terapeuta, ha il diritto di sapere che esistono orientamenti teorici differenti, che non lavorano tutti secondo le stesse prassi, e che è suo diritto avere informazioni chiare e precise ed indicazioni non fumose.

Ha il diritto di essere informata su quello che sta accadendo in terapia e quello che il terapeuta decide di mettere in pratica, ed ha il diritto di avere informazioni precise su eventuali peggioramenti o mancati miglioramenti.

Ma se le persone non chiedono, e magari non lo fanno perchè non sanno che è loro diritto avere tutte queste informazioni, difficilmente potranno beneficiare consapevolmente del loro percorso, ed possono assumere quella posizione passiva che contrasta col modo di lavorare insieme che descriveva il collega dott. Raggi

#17
Utente 962XXX
Utente 962XXX

Dottori grazie a tutti Voi. La difficoltà di mio figlio stà nella partecipazione attiva, quella che dice il Dott Calì, questo glielo ripete anche lo psichiatra ma lui è tosto. Lui è convinto che è malato e deve essere curato dallo pschiatra e dallo psicologo, di suo, secondo me, non ci mette niente. Penso che su questo bisognerebbe lavorare,"quattro occhi sarebbero meglio di due" ma al momento non trova nessuno. Sono anni che spero in un miracolo. Grazie

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