Psicologia e cuore
La conoscenza dei fattori di rischio rappresenta una condizione fondamentale per stabilire programmi di prevenzione di una determinata malattia. In Italia oltre il 50% dei decessi è dovuto a malattie cardiovascolari.
In particolare, la cardiopatia ischemica o coronarica (che trova la sua più grave espressione nell'infarto cardiaco) rappresenta la principale causa di morte nel nostro paese, provocando un decesso, (spesso improvviso) ogni 6- 8 minuti. Occorre dunque prendere provvedimenti rapidi per impedire la progressione o anche solo il mantenersi di una situazione cosi grave. È sicuramente una delle prime modifiche da apporterà fa riferimento alla nostra tavola.
Facile a dirsi, difficile a farsi… ma perché è cosi difficile rinunciare alla nostra parmigiana e ai nostri dolci a fine pranzo?
Le valenze psicologiche legate all’alimentazione sono varie e diverse: il cibo non è solo nutrimento ma possiede un altissimo valore simbolico sia per quanto riguarda gli aspetti culturali, sia per gli aspetti relazionali e intrapsichici associati ad esso. Il modo con cui ciascuno di noi si alimenta, dipende, come la lingua che parla o le nozioni che ha acquisito, da ciò che gli è stato insegnato da piccolo e, si sa, imparare l’inglese o qualsiasi altra lingua, è molto più facile quando si è piccoli che non quando si è adulti.
Il cibo rappresenta inoltre nella storia delle culture uno dei momenti centrali della ritualità collettiva (nella Bibbia il ruolo della mela come mezzo di conoscenza del bene e del male).
Le colazioni di lavoro, le festività religiose, i party, le feste sono momenti particolari che permettano interazioni affettive e di comunicazione che travalicano la semplice attività del pasto. È proprio per questo motivo che l’evento malattia determina nell’uomo modificazioni non solo biologiche ma anche psicologiche, alterando il senso dell’identità personale e sociale, innescando una serie di fantasie sul proprio essere malato.
Il grado di queste alterazioni dipende dalla personalità del paziente, dalla gravità della malattia e dalle condizioni ambientali e/o contestuali in cui il paziente si trova.
Quando la malattia ha carattere cronico, come nel paziente cardiopatico che necessità di controlli e di uno stile di vita sano, insorgono reazioni emotive specifiche che influiscono sull’andamento della stessa, caratterizzate dall’accettazione-adattamento e dalla messa in atto di meccanismi di difesa.
Un cambiamento alimentare nella vita di una persona può essere di difficile accettazione e in alcuni casi addirittura drammatico. Pensiamo per un attimo a tutti i divieti che si presentano innanzi a un soggetto con problema cardiologico, con livelli di glicemia alta e con il colesterolo da mantenere sotto controllo. Sicuramente si sarà sentito dire: non deve bere caffè, non deve ingerire molti zuccheri, non deve mangiare cibi saporiti, non deve mangiare piccante, non deve… non deve….
Il cambiamento alimentare comporterà dunque, almeno inizialmente, un disequilibrio mente-corpo che si riverbera in tutte le sfere della vita.
La qualità della vita in maniera consequenziale assumerà cosi un aspetto negativo in particolare per l’aspetto vitalità e benessere generale.
Spesso si rinuncerà ad uscire per una cena, o si eviterà di festeggiare per non cadere in tentazioni. In questo modo ci si sentirà sempre diversi ma soprattutto soli.
La malattia cardiovascolare come tutte le malattie organiche, presenta spesso aspetti di natura psicologica che non possono essere taciuti, ma che devono essere affrontati in quanto aspetti importanti della malattia stessa. E’ inoltre riconosciuto come le problematiche emozionali possano peggiorare lo stato generale del paziente e quindi interferire con la malattia complicandone o aggravandone il decorso.
L’esperienza clinica suggerisce, dunque, che un sostegno psicologico è molto utile nei casi in cui il soggetto soffra della limitazione dietetica più che per la malattia organica.