L'ossessione della Psicoanalisi

a.vita
Dr. Antonio Vita Psicologo, Psicoterapeuta

L’ossessione della Psicoanalisi

Innanzitutto devo riportare la presentazione che l’autore Armando De Vincentiis, ha fatto del suo libro in Medicitalia, perché è inserito in uno spazio riservato ai professionisti, e quindi non è visibile da parte di tutti i lettori che accedono al blog. Diversamente, i lettori, non conoscendo la presentazione dell’autore, potrebbero non rendersi conto degli argomenti che qui ho esposto:

PERIZIA sulla VALIDITA' dei processi PSICOANALITICI

"Carissimi sono lieto di annunciare l'imminente uscita del mio libro (perizia) sulle tecniche psicoanalitiche. (ed. Libellula collana Università&Ricerca).

Esattamente come in una perizia si mettono alla prova dei fatti le fondamenta teoriche di un percorso terapeutico: il metodo psicoanalitico, la sua capacità di risolvere i problemi e di affrontare determinate patologie. Davvero non è efficace per i disturbi d’ansia? Perché? E per quali disturbi può esserlo? Senza perdersi in disquisizioni filosofiche, questo lavoro cerca di rispondere nel modo più pragmatico possibile: la psicoanalisi funziona o non funziona?

I quesiti ai quali questo libro (perizia) è chiamato a rispondere sono:

1. Le basi teoriche sulle quali si fonda il metodo psicoanalitico hanno un fondamento scientifico?

2. Ci sono elementi che potrebbero far funzionare i metodi psicoanalitici?

3. Per quali patologie è più o meno indicata?

4. La psicoanalisi può avere effetti collaterali?

5. Come metodo di indagine psicologica, la sua funzione ha oggi un’applicazione razionale?

Il testo si completa con una postfazione del neuroscienziato Sergio Della Sala, responsabile del dipartimento di scienze cognitive dell'Università di Edimburgo ed un appendice sulla chimica della psicoanalisi di Silvano Fuso, chimico-teorico, dottore di ricerca in chimica.""

Autore del libro Dr. Armando De Vincentiis - Psicologo-psicoterapeuta – (Risponde in Medicitalia)

scritto mercoledì 25 gennaio 2012 - ore: 10:22:12"

 

Psicoanalisi: una terapia psicologica che getta ancora turbamento e inquietudine.

di Antonio Vita

Avvertenza

Non posso rispondere bene prima di aver letto il libro di De Vincentiis. Questo intervento non risponde a tutti i paragrafi accennati in breve dall’autore. Sono desideroso di leggere il suo lavoro.

 

Postfazione

Armando De Vincentiis. È stato da me conosciuto a Medicitalia come psicologo e intellettuale serio, quasi severo nell’affrontare ogni tematica psicologica, in modo razionale, quasi da illuminista. Lo conosco soltanto dai suoi scritti e dalle sue apparizione in TV come rappresentante del CICAP. Di lui apprezzo la preparazione professionale, l’intelligenza, il coraggio dimostrato nell’affrontare le ire di mezza nazione trattando argomenti come quelli dei fenomeni cosiddetti occulti, temi devastanti che spesso inquinano le coscienze di tante persone più o meno preparate culturalmente ad affrontare oscuri eventi che non sono riconducibili a fatti miracolosi e soprannaturali.

Siccome però il tema da lui impostato qui può provocare una risonanza trionfalistica, tripudiante, illegittima e inopportuna in molte persone, cioè a tutti quelli che vorrebbero ridurre la Psicoanalisi a una disciplina da oscurare, ho voluto sviluppare questa specie di difesa d’ufficio della disciplina oggetto del lavoro.

Io rappresento quanti sono posti all’ultimo gradino della scala dei cosiddetti “psicodinamici”, e sono una specie di “curato di campagna” nei confronti di tanti altri che occupano gradini più alti sia nella psicoanalisi classica, sia nella psicologia analitica. Starà a questi intervenire, se lo riterranno opportuno e se lo scritto di De Vincentiis li solleciterà a farlo.

1) La psicoanalisi non è così potente e dominante ai giorni nostri da considerarla un pericolo per le altre scuole psicoterapeutiche, né è tale da comprometterne l’apprezzamento, l’efficacia e la validità scientifica.

La Psicoanalisi, peraltro, era rimasta fuori dalla Legge 56/89 sulla nascita degli Ordini professionali che riguardavano gli psicologi e gli psicoterapeuti, e l’estensore della legge (Prof. Ossicini ed altri) non riuscì a far votare il Parlamento a favore di questa disciplina.

Così la Psicoanalisi rimase una disciplina occulta, di lavoro e di cura, e oggetto di ricorsi giudiziari.

2) La psicoanalisi è entrata recentemente agli onori della cronaca ed è stata riportata alla luce da una sentenza della Suprema Corte di Cassazione che ne ha affermato l’efficacia curativa. Credo che a prescindere dalla Cassazione non sia mai stata messa in dubbio la sua validità teoretica e le sue nobilissime origini, almeno da molti medici e da numerosi studiosi che si sono formati sia sulla psicoanalisi classica o freudiana, sia sulle altre scuola analitiche, quella junghiana, adleriana e lacaniana, e che ne sono ancora fautori e ne condividono molti assunti. Della psicoanalisi trassero beneficio illustri scrittori, poeti, registi, musicisti, filosofi e letterati italiani e stranieri di grande livello culturale.

Inizialmente mi preme ricordare che tutte le forme di psicoterapia oggi esistenti, derivano, in bene o in male, per assimilazione o per contrasto, dalla psicoanalisi (si veda l’acclusa nota al termine di questo intervento); se non ci fosse stata la psicoanalisi, le nevrosi non sarebbero state oggetto di studio e di terapia da parte di nessuna scuola. Forse saremmo rimasti con la terapia a uno stadio di fine ottocento.

3) La pretesa che una psicoterapia deve essere verificata e confermata o confutata può essere una richiesta giusta, a patto che si stabiliscano alcune modalità fondamentali per portare avanti il discorso o almeno per iniziarlo.

Per conoscere e valutare occorre esprimersi in un linguaggio comune, che ha una stessa sintassi, una grammatica e una pragmatica comunicativa. Inoltre un codice comune. Allora si può comunicare.

Allora stabiliamo un comune linguaggio comunicativo:

- I punti concernenti la psicoanalisi hanno bisogno, come per altre discipline, di avere un linguaggio comune, principi pur non condivisi, ma sui quali almeno poter discutere e dialogare, studiati e compresi e che magari dovranno essere confutati convalidati;

- È necessaria cioè una sintassi simile e comune, (Es.:per farsi capire da un capomastro che costruisce la tua casa non basta parlare italiano, occorre una sintassi propria del linguaggio usato, ed è diverso a seconda che la casa venga costruita nelle Marche da quello che si ha se si costruisce in Calabria perché i capomastri usano termini tecnici diventati d’uso comune che non compaiono nemmeno nel dizionario della lingua italiana, e soltanto l’ingegnere abituato a comunicare con loro riesce a farsi capire e a capire gli altri).

- Lo ammettete voi l’esistenza di un inconscio? No, e allora di che parliamo? Ammettete voi l’esistenza di un transfert e di un controtransfert? Ammettete la presenza di un fenomeno che si avvera e di cui non si conoscono le cause? E il principio di a-causalità come nesso non causale tra due fenomeni? Jung diceva che un battito d’ali di una farfalla a Tokio poteva far scatenare un tifone nell' oceano Pacifico. Nessuno l’avrebbe ammesso sino a quando qualcuno rimise insieme delle nozioni e ipotizzò la teoria del Caos e dell’imprevedibilità.

- Se non crediamo, gli uni e gli altri, alla libido come forza della psiche e dell’organismo, come facciamo a parlare e a confrontarci?

- Se non crediamo entrambi in processi interni, consci o inconsci, come facciamo a parlare su di loro?

- Se non crediamo a un simbolismo della psiche, riusciremo a confutare o a capire cosa c’è di sbagliato nella simbologia freudiana o la differenza tra questa e quella junghiana? E da cosa si differenzia con la simbologia religiosa e quella antica? Perché si parla di simboli vivi e simboli morti, o ridotti a meri segni?

- Se non c’intendiamo sul casualismo psicologico della malattia, come si fa poi a capire e a confutarlo e a parlare invece di finalismo psichico di un sintomo?

- Per molti la mente è una scatola nera dentro la quale non si può penetrare e leggere; secondo la psicoanalisi, partendo dal linguaggio e dal racconto della persona si può arrivare a capire cosa c’è dentro la sua mente e investigare anche i lati più oscuri.

- Cambia quindi il modo di interpretare il comportamento umano - cambia anche tra freudiani e junghiani, e tra queste grandi scuole legate da una stretta parentela, NON ci si capisce, NON ci si spiega. Questo è il dramma che denuncia o vuole denunciare De Vincentiis? E come dargli torto? Ma non è una debacle, un fallimento soltanto della psicoanalisi, ma di tante altre psicoterapie. Allora, mettiamo sotto “accusa” tutte le altre psicoterapie esistenti, perché nessuna di loro è valida in senso assoluto? Almeno va riconosciuto che qualcosa è condiviso: tutte hanno in comune la finalità di restituire sanità mentale, liberare dall’ansia e dall’angoscia.

- Se non si parte da assunti teorici che una psicoterapia possiede e adopera nel parlare del comportamento, del pensiero e delle emozioni dell’uomo, non c’è possibilità di raccontarsele se non cambiando il luogo della conversazione, che diventerà un ring.

- Il libro di Paul Watzlawick, “Pragmatica della comunicazione umana” è un aiuto tangibile per un discorso che voglia essere fatto. Soltanto che Watzlawick, che studiò la psicologia analitica junghiana a Zurigo, presso l’Istituto analitico di C.G. Jung, dopo la laurea a Venezia, e che se ne andò dopo 6/8 mesi, insoddisfatto, per altri importanti lidi, se si fosse fermato alla pragmatica comunicativa e non l’avesse usata come teoria autoreferenziale per fondare una psicologia sua, avrebbe prodotto risultati ancora migliori e più vantaggiosi di quanti ne abbia elargiti a tutti. E ne ha elargiti tanti!

- Quindi, occorre un linguaggio comune, inoltre una conoscenza dei principi ispiratori della disciplina che si vuol confutare, onesta, avvenuta con letture fatte lealmente e non viziate già da incredulità, scetticismo e sospetti, una sintassi condivisa, e poi i codici (simboli, segni);

4) Nella psicoterapia non troviamo (sempre) un rapporto di causa-effetto, come in altre scienze antropologiche.

Nella psicoterapia occorre tener presente una serie di eventi diversi per ogni soggetto esaminato che entrano in gioco sul set terapeutico, oltre ai citati principi teorici che ne sono a fondamento dai quali non si può mai prescindere, poi dall’equazione personale ed anche dal principio d’indeterminazione di Heisenberg (se lo vogliamo scomodare).

a) I principi ispiratori della psicoterapia costituiscono un insieme, un complesso di norme, di scoperte e di “certezze” che sono oggetto, sempre, di discussione e sui quali sarà sempre difficile convenire; annoto subito che quelle risalenti a Freud, come l’inconscio, furono intuizioni dovute a studi fatti sin dall’antichità (si veda di Ellenberger, “La scoperta dell’inconscio”, Boringhieri), e dai fatti che scaturivano durante un rapporto di terapia e cura. Sono cioè fenomeni che Freud, poi Jung e Adler hanno riscontrato sul set terapeutico, sulla “pelle” dei propri pazienti, e che non hanno inventato a tavolino.

b) L’equazione personale - La differenza dell’interpretazione della Psicoanalisi, tra Freud che ne è il fondatore, Jung ed Adler, (peraltro riportata dallo stesso Jung in un volume dal titolo “Psicologia dell’inconscio” Boringhieri ed.), chiarisce come il carattere del personaggio, il tipo di logica, la sua formazione scientifica, la sua eredità culturale, portino più ad accentuare in Freud gli aspetti sessuali della persona, in Adler, che purtroppo aveva sofferto da bambino di una forma di rachitismo, della teoria della “volontà di potenza”. Jung si poneva come un ricercatore, in mezzo ai due, e definiva le basi della sua scelta sia verso la psicoanalisi come dottrina, sia verso la persona umana. Non che quella di Jung fosse stata una bella operazione, come dice anche in un saggio un ottimo psicoanalista freudiano come Facchinelli autore tra l’altro del libro “Il bambino dalle uova d’oro”, edito da Feltrinelli, perché Jung non si orienta soltanto verso uno degli aspetti della Psicoanalisi definendolo peggiore di altri, ma svuota completamente gli assunti freudiani (che erano pilastri messi da Freud) e tutti gli aspetti costituivi della psicoanalisi stessa. Cosicché l’intera impalcatura della Psicoanalisi freudiana rischiava di crollare, sotto gli strali di Jung (ma rimase ben salda).

Jung ripudiò il concetto di libido, la riduzione dei significati dei simboli in codice fisso, la risoluzione di tutte le espressioni culturali, il concetto del bambino come soggetto perverso polimorfo, il casualismo psicologico, la psicoanalisi come scienza positiva, la risolvibilità dell’equilibrio psichico dell’Io “dove c’è l’Id lì ci sia l’Io”. E non mi sembra poco, fu un’operazione di cesura che svuotava completamente tutti i temi centrali di Freud.

Ammesso e non concesso che Jung avesse torto in tutto, non aveva torto in un fenomeno che compare nella conoscenza, ma che ostacola sempre la valutazione di un proprio simile o un evento della vita, cioè “l’equazione personale”.

È per l’equazione personale se, nel sottoporre a una conoscenza “scientifica” e a una valutazione un altro da sé, la conoscenza e la valutazione possono assumere un significato diverso.

Se questo accadde fra tre grandi psicoanalisti, pensiamo a cosa può succedere se a giudicare un evento psichico o una persona da un punto di vista prettamente psicologico, lo fanno due psicologi, appartenenti a due scuole formative diverse.

Le due valutazioni non sono comparabili. Ciò vale a maggior ragione laddove si debba fare una valutazione di una persona portatrice di una nevrosi.

La tentazione di dare alla psicoanalisi una veste di “scienza medica della psiche”, forse tanto agognata da Freud che fu medico e neurologo di valore per tutta la vita, e che come clinico si è sempre distinto nella sua attività terapeutica e nell’organizzazione della sua struttura scientifica della psicoanalisi, fu da Jung e da altri condannata definitivamente.

5) Se ne desume addirittura che non esiste nessun metodo psicoterapeutico che risponda a un criterio giusto di validazione, di controllo oggettivo da parte di altri osservatori e valutatori e quindi di altri terapeuti (senza scomodare Heisenberg, per ora).

Con lo psicoterapeuta si stabilisce sempre un rapporto a due, terapeuta e paziente, in cui “tertium non datur”.

6) Togliendo per un momento la psicoanalisi di mezzo, se un soggetto che presenta problemi di ansia e/o di angoscia, lo affidiamo alla terapia di uno psicologo che sia cognitivo –comportamentale, o a un sistemico, o a un terapeuta della famiglia, o a un gestaltico etc., non è la stessa cosa.

Né una scuola può valutare, con i “suoi” mezzi e metodi, quello che è stato fatto da un’altra scuola. Non hanno modo, gli psicologi, di poter verificare, con i propri assunti teorici e le proprie “ricette” pratiche e terapeutiche, quello che è stato fatto da un altro terapeuta appartenente ad altra scuola.

Però possono essere verificati sperimentalmente gli effetti prodotti, una guarigione o una non guarigione, ma non i tempi, i modi, i processi.

7) Tutto ciò, quindi, sta a significare che una pratica terapeutica può raggiungere gli stessi risultati di un’altra pratica appartenente ad altra scuola, perché chiunque opera dal suo punto di vista e di dottrina con il fine di restituire, o di aiutare la persona malata a re-impossessarsi di una sanità temporaneamente perduta, pur partendo da principi teorici e da pratiche curative diverse tra loro, potrà raggiungere gli obiettivi prefissati.

Quindi le varie terapie, se ben condotte, portano o possono portare tutte a guarigione. Questo è del tutto verificabile da parte di altri terapeuti.

Aggiungo che a mio avviso ogni terapia sia stata inventata e realizzata onestamente per restituire ai malati una situazione di guarigione e di “liberazione dall’ansia e dall’angoscia”. Parimenti a tutte le altre, la Psicoanalisi, e per prima, si è posta questi obiettivi ed è la più antica forma di terapia e, per lungo tempo, è stata anche la più insigne.

8) La teoria psicoanalitica può dare adito a tante false e cattive interpretazioni: una questione è quella che va sotto il nome di “resistenza”. La resistenza si manifesta nel non voler leggere attentamente libri scientifici di psicoanalisi, e soprattutto resistenza a provare a sottoporsi a una serie anche limitatissima di sedute analitiche. Sono pochi coloro che, pur seguendo una scuola psicoterapeutica, si sono sottoposti a una terapia psicoanalitica, e spesso essi ne parlano in astratto, o per aver soltanto letto libri.

Ma un’esperienza analitica non l’hanno mai fatta.

Ci sono altri, invece, che hanno provato, ma hanno trovato difficoltà a rapportarsi con la psicoanalisi, a volte insormontabili e non imputabili a loro stessi, tanto che poi hanno costituito attorno a loro, e ad altri, una cortina d’invalicabilità: quindi una resistenza.

Ma non si può giudicare ciò che non si conosce appieno e di cui non si è fatta esperienza.

Inoltre, poiché la psicoanalisi studia i meccanismi e i processi psichici sottesi al comportamento e più in generale alla personalità del soggetto umano, sia preso singolarmente, sia in relazione ad altri, è impossibile parlare di psicoanalisi e di dinamismi psichici senza riferirsi all'inconscio, poiché, i processi mentali legati al comportamento manifesto sono da considerarsi come elementi dalle radici inconsce, cioè tali che agiscono al di sotto di stati di coscienza e di consapevolezza.

Negare l’inconscio è negare o amputare metà del proprio sé.

9) La psicoterapia analitica è lunga, ma se si tratta di condurre il paziente a investigare nella sua vita passata, in tutte quelle esperienze formative apparentemente più importanti o meno importanti della sua vita, quanto tempo ci si deve mettere? Dieci, cento o più sedute? Non lo sappiamo. Ci sono terapie, e ce ne parla anche Jung, che durarono dieci sedute. Altre che furono interminabili. Protocolli certi, condivisi e pratici d’intervento non ci sono, e se ci sono, variano sul set terapeutico perché devono rapportarsi a quel determinato paziente.

10) Ritengo che i protocolli di molte altre psicoterapie non dinamiche siano prestabiliti, ma quando non sono risolutivi, i terapeuti divergono e ritornano ad affidarsi agli indirizzi generali. Penso che spesso se li creino da soli perché il caso che trattano non è mai uguale a quelli che gli sono stati presentati nella loro scuola durante il periodo di formazione.

11) Lo psicoanalista ha un “percorso” particolare di formazione che prima lo vede come “paziente”. D’altronde si dice spesso, e tutti convengono su questo, che se due si devono incontrare uno per fare la psicoterapia ed uno per sottoporsi alla terapia, almeno uno dei due deve essere “sano”, libero da nevrosi, da sensi di colpa, dall’ansia, dall’angoscia etc. e questo deve essere, per forza di cose, l’analista o il terapeuta.

A questo ha guardato bene la psicoanalisi: se l’analista deve essere libero dall’ansia e dall’angoscia, per raggiungere questo stadio di equilibrio non basta studiare libri e soltanto libri, e anche molti, ma occorre sottoporsi come “umili pazienti” ad un’analisi personale che dura molto anche per coloro che diventeranno soltanto psicoterapeuti junghiani (o freudiani). Più difficile e più sedute dovranno fare ancora quelli che vorranno accedere al gradino superiore di psicoanalisti.

La preparazione analitica è quindi molto difficile, costosa, impegnativa.

C’è chi ha cercato e costruito scuole diverse, dove l’analisi personale non è richiesta. Ci sono alcune scuole, che pur non essendo scuole analitiche, pur lavorando soltanto sull’Io, pretendono o consigliano ai loro allievi un’esperienza analitica personale.

Il problema che si manifesta dopo aver scelto altre scuole formative, sembra quello che la presenza della “psicoanalisi” costituisca, per alcuni, un’ombra nella propria vita e nella propria professione, ombra da eliminare o da negare.

12) Eliminando la psicoanalisi, pare che si voglia togliere di mezzo una testimonianza scomoda per la propria attuale professione, non se vuole lasciare traccia, ma si finisce per non ricordarsi e non trasmettere alle giovani generazioni di psicologi che tutte le psicoterapie hanno lontane o recenti radici mutuate dalla psicoanalisi.

È la rescissione totale di un cordone ombelicale. E tutto ciò può essere “interpretato analiticamente”.

13) Però c’è una parte di alcuni professionisti, formatisi in altre scuole di specializzazione, che cercano di recuperare il contatto con la psicoanalisi e lo fanno in modo critico, onesto, corretto e leale.

14) È vero che la psicoanalisi è spesso una terapia abbastanza lunga, ma non sempre. Ma vediamo perché.

Riporto un’esperienza mia. Su sette casi di soggetti con attacchi di panico, sei sono guariti totalmente, alla seconda o terza seduta. Ma in questi sei (lasciamo stare per un attimo il settimo caso), durante i colloqui, essi hanno riportato per dieci sedute, e più, la loro storia personale, ognuno le proprie paure, i ricordi dell’infanzia, l’approccio alla vita, le frustrazioni subite, le vecchie ansie, le angosce a lungo combattute, i fallimenti, gli amori persi, le gioie lontane, una vita che non sopportavano più etc. etc. Cioè si sono aperti degli scenari infinitamente grandi, dove il sintomo dell’attacco di panico non esisteva più. Ciononostante essi non potevano fare a meno di raccontare tutto quello che avevano dentro, come se vuotassero il loro “Vaso di Pandora”.

Siamo in piena fase analitica.

E badate bene, i sei casi hanno avuto una remissione dei sintomi dopo due o tre sedute, ma la loro analisi è iniziata qui, dopo la terza o la quarta seduta e si è protratta per tanto tempo. Quindi non è nemmeno vero che la psicoanalisi non guarisce i sintomi, e nel breve tempo. È notizia falsa, ingiusta.

Spesso molte scuole terapeutiche hanno un immediato ed urgente bisogno di togliere immediatamente i sintomi con pratici interventi, dimenticandosi che dentro il nostro paziente ci sono migliaia di sensazioni sgradevoli che giacciono lì da anni, di cui essi hanno bisogno di liberarsi, e che non riescono a farlo o che non si trovano nell’ambiente giusto per farlo. A questi va detto: fate un’analisi personale.

L’aspetto critico della psicoanalisi compare nel 7^ soggetto, ricordate?, quello che avevo messo temporaneamente da parte. A quello i sintomi del panico non vanno via. Per quanto ci si metta d’impegno il terapeuta che segue un indirizzo analitico junghiano, non riesce a venire a capo dei problemi che provocano nel 7^ soggetto degli attacchi di panico. E qui per aggiustare la situazione si ricorre ad altri accorgimenti, non per ultimo quello più doloroso: farsi aiutare.

15) Ma la psicoanalisi è soprattutto necessaria, indispensabile, INSOSTITUIBILE per una ri-strutturazione della personalità di un paziente.

C’è chi sente una sommessa e incalzante e odiosa insofferenza di vivere e non ce la fa più ad andare avanti e cerca disperatamente di riappropriarsi del desiderio di esistere, di “respirare”, di godere, di togliersi quella “spina dal fianco” (Kierkegard, Jaspers). E la persona sta male e può mostrare anche molti sintomi della sua sofferenza.

Questi soggetti hanno bisogno di un’analisi personale o freudiana, o junghiana. Propendo per la junghiana per motivi personali, perché l’analisi junghiana, a mio avviso, è più dolce, meno invasiva, il paziente è più protagonista.

Jung parla di “trasformazione della personalità”, una trasformazione libidica che diventa il fondamento e il fine ultimo della psicologia analitica: la guarigione totale, la liberazione dall’ansia e dall’angoscia.

16) Per concludere, La prefazione al lavoro di De Vincentiis assume le sembianze di un attacco alla Psicoanalisi e del tentativo di volerla relegare a una funzione vicariante nei confronti di quelle che svolgono le altre scuole terapeutiche. Mi sto chiedendo il perché di questo tentativo di rinchiudere la psicoanalisi in recinti e in luoghi che piacciono ad altri. E con quali criteri lo fate? E perché? È un attacco del tutto immotivato alla Psicoanalisi, quando ci sarebbero ben altre cose di cui interessarsi. Il tema proposto è una nota stonata, perché ingiusta verso la Psicoanalisi, la prima forma di psicoterapia. Se l’obiettivo è di screditarla non se ne comprende il senso e il fine. Non è così che ci si libera dall’ansia e dall’angoscia. Sembra, al contrario, che si voglia arrivare alla conclusione che la Psicoanalisi investe l’animo di molti psicologi e di alcuni “intellettuali”, venendo a turbarne sonni e sogni…..

Forse la spiegazione di questa appassionata e impetuosa provocazione può essere la seguente: liberiamoci dalla psicoanalisi, dall’inconscio, dai brutti sogni e saremo liberi dall’ansia e dall’angoscia.

Chi deve beneficiare di questa operazione di esilio e di confino??

 

Note

Nota 1: Non ho risposto a tutti i quesiti che il collega De Vincentiis ha esposto nella sua presentazione del lavoro. Aspetto di leggere il libro. Ma forse non ci sarà molto altro da aggiungere.

Nota 2: Qui sotto, senza alcuna intenzione lesiva per nessuno, e senza perverse e recondite finalità, riporto l’estratto di una ricerca fatta in passato per altri motivi su Wikipedia, riguardante la nascita di altre scuole psicoterapeutiche che sono da considerarsi come derivanti direttamente o indirettamente dalla psicoanalisi, con la storia brevissima dei loro fondatori.

1 - Nota su alcuni capiscuola psicoanalitiche del dopo Freud

Jung, Adler, Reich, (Jones), Otto Rank - Anna Freud - Melanie Klein

Otto Rank - Ampliò la teoria psicoanalitica allo studio della leggenda, del mito, dell'arte ed altre opere di creatività – Rank favorì una relazione con i pazienti più egualitaria ed è talvolta considerato il precursore della terapia centrata sul cliente di Rogers.

• 2 – Nota sui Capi scuola non analitiche influenzati dalla teoria psicoanalitica

Carl Rogers fondatore della terapia non direttiva e noto in tutto il mondo per i suoi studi sul counseling e la psicoterapia all'interno della corrente umanistica. Affascinato e stimolato sia dalle teorie di Otto Rank (psicoanalista freudiano).

Berne è noto in America e in Europa come colui che ha dato origine e sviluppo all'Analisi Transazionale -

Berne aspirava a lavorare nella psicoanalisi. Già allora però sfidò nei suoi scritti il concetto di "inconscio".

• Nel 1941 al New York Psychoanalytic Institute e al San Francisco Psychoanalytic Institute, Berne entrò in analisi personale, e aveva l'obiettivo di diventare uno psicanalista. Nel 1956 però la sua candidatura fu bocciata, dai 5 analisti che dovevano ammetterlo all’analisi didattica, con il suggerimento di fare altri quattro anni di analisi personale prima di ritentare a chiedere il riconoscimento.

 

Terapia sistemica e della famiglia

Paul Watzlawick (Villach, 25 luglio 1921 – Palo Alto, 31 marzo 2007) è stato uno psicologo austriaco naturalizzato statunitense, primo esponente della statunitense Scuola di Palo Alto. Conseguì la laurea in Lingue moderne e Filosofia all'Università di Venezia per poi proseguire gli studi presso l'Istituto Carl G. Jung di Psicologia analitica di Zurigo.

Gregory Bateson , è stato un antropologo, sociologo, linguista e studioso di cibernetica britannico, il cui lavoro ha toccato anche molti altri campi. Due delle sue opere più influenti sono Verso un'ecologia della Mente (Steps to an Ecology of Mind, 1972), e Mente e Natura (Mind and Nature, 1980). Bateson era figlio del famoso genetista William Bateson.

A partire dal 1939, a causa della guerra si trasferì negli Stati Uniti dove in breve tempo divenne l'ispiratore dei lavori del Mental Research Institute di Palo Alto (conosciuta in seguito come Scuola di Palo Alto), California che rivoluzionò l'approccio alla malattia mentale e creò nuovi strumenti psicoterapeutici completamente alternativi alla psicoanalisi tradizionale, dichiaratamente impotente contro quasi tutto quello che esulava dal campo della nevrosi[citazione necessaria] e quindi inefficace sia nell'area della psicosi che in quello dei più gravi disturbi di personalità (inclusi i vari tipi di dipendenza), e può essere considerato il padre della terapia familiare ad orientamento sistemico .

Anche la Selvini Palazzoli dopo una vita trascorsa con la psicoanalisi classica a curare le anoressiche si cimentò con la terapia familiare con ottimi risultati.

 

Terapia Cognitivo-Comportamentale

Albert Ellis (Pittsburgh, 27 settembre 1913 – New York, 24 luglio 2007) è stato uno psicologo statunitense.

Fondatore della Rational Emotive Behavior Therapy, è considerato il precursore delle terapia razionale emotiva e terapia cognitivo-comportamentale. È stato valutato, dalle Associazioni di Psicologi statunitense e canadese in una stima del 1982, come uno dei tre più influenti psicoterapeuti del XX secolo (primo Carl Rogers; terzo Sigmund Freud).[1] Ha fondato a New York il Albert Ellis Institute (AEI).[2] di cui è stato presidente e poi presidente emerito.

Conseguito il Ph.D. nel 1947, continuò la sua formazione di psicoanalista. Come molti psicologi di quel tempo, era interessato alle teorie di Freud. Si sottopose ad analisi e al programma di supervisione con Richard Hulbeck (il cui analista era stato Hermann Rorschach), del Karen Horney Institute. Proprio l'opera di Karen Horney sarà l'unica significativa influenza di scuola psicoanalica nel pensiero di Ellis, sebbene anche gli scritti di Alfred Adler, Erich Fromm e Harry Stack Sullivan giocheranno un ruolo nella formazione dei suoi modelli psicologici. Ma egli attribuirà poi ad Alfred Korzybski, e al suo libro Science and Sanity, lo stimolo intellettuale che lo spinse ad esplorare un nuovo percorso filosofico e a fondare la Rational-Emotive Therapy.

Per la sue opinioni liberali e anticonvenzionali, è da molti considerato uno degli autori che più influenzarono la rivoluzione sessuale americana degli anni sessanta.

Teorizzò che l'ansia e il senso di inadeguatezza legati alla sessualità, fossero principalmente originati dalle pretese assolutistiche che gli individui si impongono riguardo alla loro vita sessuale e di coppia.

Si distaccò dalla Psicoanalisi, colpito anche dalla lunga durata e dalla scarsa efficacia della terapia psicoanalitica, che poteva sperimentare nella sua attività professionale, cominciò ad allontanarsene. La rottura definitiva maturò dal gennaio 1953, quando egli iniziò ad autodefinirsi terapeuta razionale (rational therapist). Stava sviluppando un nuovo tipo di psicoterapia, più attivo e direttivo. Dal 1955, con la pubblicazione del saggio New approches to psychoterapy techniques, denominò il suo nuovo approccio Rational Therapy (RT). La denominazione verrà successivamente modificata in Rational-Emotive Therapy (RET), ed infine in Rational Emotive Behavior Therapy (REBT).

 

Terapia della Gestalt

La terapia della Gestalt viene ufficializzata da Fritz Perls e sua moglie Laura, negli anni '40 a New York, come terapia che raccoglie e organizza le idee tradizionali della psicoterapia freudiana, junghiana e reichiana, nonché i principi della teoria del campo di Lewin e i contributi filosofici dell’esistenzialismo, della fenomenologia, e della Psicologia della Gestalt da cui prende il nome.

Note tratte da Wikipedia.

 

Data pubblicazione: 16 febbraio 2012 Ultimo aggiornamento: 13 marzo 2012

43 commenti

#1
Foto profilo Dr. Alessandro Raggi
Dr. Alessandro Raggi

Complimenti, un lavoro ben argomentato, fruibile, piacevole da leggere e soprattutto scevro da ogni minimo sentore di "ripicca" o di "ironia", che invece, confesso, il libro citato mi genera.

#2
Foto profilo Dr. Armando De Vincentiis
Dr. Armando De Vincentiis

ringrazio infinitamente il dottor Antonio Vita per aver citato il mio libro e per le osservazioni che, da ipotesi sul suo contenuto, sicuramente sono derivate. Lo ringrazio anche per aver ribadito che il testo non è stato ancora letto e che, sicuramente, dopo, se ne riprenderà il discorso.
Il libro in effetti è si critico sulla psicoanalisi, ma non una critica sullo stile Onfray, rivolta a ribadire possibili pecche di Sigmund Freud che, secondo alcuni, sarebbero dei veri e propri pettegolezzi da gossip. Questo lavoro entra solo nel merito delle tecniche desunte dal modello teorico psicoanalitico e la loro applicazione in determinate patologie psicologiche.

Non una critica alla psicoanalisi in senso lato, bensì un'analisi della tecnica e della forza o meno delle sue fondamenta teoriche.
Oserei dire che il testo da a "Cesare quel che è di Cesare" mettendo alla prova dei fatti la validità pragmatica dell'applicazione clinca dei processi psicoanalitici.

Esso nasce come una sorta di guida per un potenziale paziente che, per una specifica patologia, alla terapia psicoanalitica deciderà di rivolgersi. Oltre alla letteratura esistente, il libro si avvale anche di un confronto clinico con colleghi (psicologi e psichiatri) che hanno potuto valutare l'impatto di un intervento psicoanalitico su pazienti che a loro si sono rivolti.

In attesa di riprendere il discorso con il collega Vita dopo la sua lettura -o con altri che vorranno intervenire- non mi resta che augurargli, appunto, buona lettura!

#3
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Dr. Stefano Pozzi

Condivido e "sottoscrivo" tutti i punti affrontati dal dr Vita, compreso quello in cui sottolinea la necessità di leggere lo scritto completo del collega dr De Vincentiis. In particolare sono curioso di leggere la postfazione del neuroscienzato Della Sala citatata dall'autore del libro in oggetto. Infatti come integrazione alle considerazioni già di per sè molto esaustive del dr Vita, suggerisco di leggere gli articoli di Vittorio Gallese che a proposito di neuscienze, hanno evidenziato la scoperta delle basi neurologiche di alcuni concetti cardine della teoria psicoanalitica, partendo dalla soperta dei neuroni specchio. Concetti, dunque, che hanno cominciato a trovare evidenze non solo nella pratica clinica o nelle riflessioni epistemologiche ma anche nella ricerca scientifica propriamente detta, alla quale certamente corrisponde la contemporanea concezione delle neuroscienze.

In particolare:
http://www.unipr.it/arpa/mirror/pubs/pdffiles/Gallese/psicoterapia_scienzeumane_2006.pdf ,oppure digitando Gallese Neuroni Specchio in un qualsiasi motore di ricerca.

#5
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Dr. Stefano Pozzi

Leggerò con interesse l'articolo di Kandel appena segnalato. Di primo acchito faccio solo notare che si tratta di un articolo del 1998. Le ricerche e gli studi sul rapporto tra le nuove scoperte sui neuroni specchio e concetti psicoanalitici sono degli anni 2000. Le neuroscienze infatti sono in costante evoluzione grazie al progredire tecnologico che permette nuove e più accurate ricerche. Tanto che, per quel che conta, apprendo da wikipiedia che Gallese (e coll.) ha ricevuto un premio nel 2007: Grawemeyer Award in psicologia (lui che è neuroscienzato).

#6
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Dr. Armando De Vincentiis

i neuroni specchio, substrato organico dell'empatia, spiegano concetti estendibili a tutte le psicoterapia non solo alla psicoanalisi.
Sono i concetti di rimozione, repressione e recupero dei ricordi rimossi che sono oggi messi in discussione dalle scoperte più recenti (vedi Loftus e gli studi sulla memoria).
così come gli studi sulla repressione dei ricordi fanno riferimento a elaborazioni cognitive che nulla hanno a che fare con la rimozione freudiana di difesa da ricordi disturbanti.

#7
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Dr.ssa Valeria Randone

Salve Antonio,
complimenti ben scritto, chiaro ed esaustivo.

Valeria

#8
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Psicoterapeuta

Leggendo lo scritto di Antonio Vita mi è venuto in mente l'aggettivo "appassionato". Appassionata è la tua "difesa d'ufficio" della psicoanalisi; appassionata è l'esperienza che condividi circa il lavoro di analisi con le persone con cui lavora.

Mi sento di sottolineare alcuni aspetti su cui mi sento critico:

"La psicoanalisi non è così potente e dominante ai giorni nostri da considerarla un pericolo per le altre scuole psicoterapeutiche, né è tale da comprometterne l’apprezzamento, l’efficacia e la validità scientifica"

La psicoanalisi non è mai stata potente; molti psicoanalisti sì. Lo sono per i posti che occupano (la maggior parte di professionisti della salute mentale che oggi lavora nel settore pubblico si è formata in un periodo in cui o si faceva formazione analitica o non si faceva formazione). E' innegabile l'impatto che molti concetti psicoanalitici hanno avuto ed hanno sulla cultura e sul "senso comune". E proprio qui sorge un problema.
Ovvero: quasi tutti, sentendo un lapsus, pensano sia freudiano. senza considerare che "freudiano" è un aggettivo che va bene per un punto di vista, mica per un fenomeno!

"una sentenza della Suprema Corte di Cassazione che ne ha affermato l’efficacia curativa"

Non è compito della Cassazione stabilire questo. Il libro di Armando De Vincentiis si inscrive proprio in quel filone di ricerca che chiede alla psicoanalisi di mettersi in gioco, di dimostrare quello che afferma. E questo, secondo me, è rendere un buon servigio all'analisi stessa!

"non crediamo, gli uni e gli altri, alla libido come forza della psiche e dell’organismo, come facciamo a parlare e a confrontarci?"

Una delle cose che non riesco a fare è "credere" nell'esistenza della libido, dell'inconscio, dell'apprendimento, dei paradossi etc. etc. Non ci "credo" proprio. Alcuni di questi concetti sono per me utili strumenti di lavoro, altri no. Ma non ho mai "creduto" che esistessero, che fossero "cose" o "parti" di noi.

>>la psicoanalisi è soprattutto necessaria, indispensabile, INSOSTITUIBILE per una ri-strutturazione della personalità di un paziente

No, non è nè necessaria nè insostituibile. Altri approcci propongono ristrutturazioni della personalità (si veda la Schema Therapy, il lavoro della Gestalt etc.) pur senza fare "analisi" e dissentendo profondamente dalla sua metodologia, dai suoi assunti teorici e meta-psicologici.

>>almeno uno dei due deve essere “sano”, libero da nevrosi, da sensi di colpa, dall’ansia, dall’angoscia etc. e questo deve essere, per forza di cose, l’analista o il terapeuta

Una domanda provocatoria (ma mi permetto solo perchè so di essere più giovane, e di parlare con un collega più grande di me): conosci analisti "sani", liberi da nevrosi, da ansia, senso di colpa etc.? Anzi, conosci persone (non importa se analisti o meno) così?

Un ultima notazione: sia Albert Ellis che Aaron T. Beck (due capisaldi della Terapia Cognitivo-Comportamentale) si sono allontanati dalla psicoanalisi, ed hanno fondato dei sistemi di terapia di cui almeno uno (la Terapia cognitiva di Beck) si è dimostrato efficace quanto gli antidepressivi nel trattamento della Depressione e più efficace di questi nella prevenzione delle ricadute. Entrambi se ne sono allontanati perchè la psicoanalisi, secondo la loro esperienza, non funzionava...

#9
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Dr. Armando De Vincentiis

"una sentenza della Suprema Corte di Cassazione che ne ha affermato l’efficacia curativa"

in effetti la cassazione ha definito che è una psicoterapia per cui chi la professa senza iscrizione all'albo commette abuso, ma non ha certo sentenziato l'efficacia terapeutica che non spetta alla giurispridenza ^__^

#10
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Dr. Antonio Vita

Al Dr. Calì

Dr. Antonio Vita

1) Ringrazio molto dell’intervento e dell’apprezzamento che hai voluto dimostrare verso i miei “appassionati” sforzi dialettici volti alla tutela della mia e della tua professione.

2) “Credere o non credere all’inconscio”. Pensiamo ai ricordi lontani, sepolti, dimenticati, che in una situazione particolare della vita ritornano vividi alla mente, disturbando, lasciandoci avviliti, amareggiati, doloranti. Quelli giacevano fuori dell’ambito della chiara coscienza, e dell’intelletto pronto a giudicare. Però non erano spariti, erano nascosti in pieghe del nostro animo, del nostro Io, del nostro Sé. Affiorano alla coscienza con tutto il loro vecchio peso e ci provocano l’angoscia. Questi fenomeni di ricordi lontani sono presenti in tutti noi. Questa è una parte dell’INCONSCIO.
Però, a furia di parlarne, abbiamo “ipostatizzato” l’inconscio, come fosse qualcosa di reale, una sostanza spirituale. “Non è così che lo intendiamo noi”. È soltanto l’indicare, nell’inconscio, un’operazione di occultamento, un modo di nascondere dentro di noi quello che ci addolora, che ci ha ferito, un amore lasciato, un rimprovero avuto, una frustrazione subita. Fare dell’inconscio una “cosa” che si sub-stanzia si sostanzia, è un errore. È metafisica. Non è di nostra competenza.
Non credi al resto: è un tuo diritto, non è una mancanza. Ma il credere nell’inconscio può derivare da esperienze concrete e dirette come quella appena detta. Credere non è una funzione di fede, è un atto mentale sulla scorta di reali fenomeni che emergono nell’Io.
L’esistenza della libido è un fatto concreto che si evince dalla spinta sessuale. Jung la estese ad altre forze interne della persona umana: alle spinte verso l’arte, verso la cura e l’educazione della prole, alla loro protezione, alle idee di pace, di collaborazione, al bene collettivo, etc. etc. E non perché queste abbiano un’origine sessuale, come vorrebbe Freud, ma perché rappresentano delle spinte dell’Io fortissime che producono la cultura, la scienza, l’arte.

3) Non è la Cassazione a stabilire se etc… d’accordo. D’accordo. Ma se oggi sei psicologo alla luce del sole e della Costituzione, lo sei in base alla L. 56/89.
Altrimenti tu, io e gli altri eravamo al di fuori della legge e non potevamo operare, né come psicologi, né come psicoterapeuti. Io ho operato, prima della legge, in strutture pubbliche come le équipe medico-psico-pedagogiche negli anni settanta –ottanta, con delibere che sicuramente non avevano nessun valore di legge. Ma se non avessimo “traghettato” noi vecchie e cariatidi forme di psicologi sedicenti, se non avessimo operato noi, la SIPs, ed altre associazioni, la legge non ci sarebbe mai stata. E tutti sarebbero tornati nel buio dell’illegittimità.

4) Sulla possibilità e capacità della ristrutturazione della personalità ad opera della Gestalt sono totalmente d’accordo. Non pensare che sia soltanto, secondo noi, la Psicoanalisi a determinare un fenomeno di ristrutturazione del genere. La Gestalt è una terapia “che raccoglie e organizza le idee tradizionali della psicoterapia freudiana, junghiana e reichiana, nonché i principi della teoria del campo di Kurt Lewin e i contributi filosofici dell’esistenzialismo della fenomenologia”. Inoltre è strutturata molto bene. I tedeschi sono un popolo particolare. Sono grandi geni, ma quando spira il vento del Nord allora il dio Wotan, che è biondo, dionisiaco e tremendo, che è la loro “indole”, li porta verso stragi dolorose e inconcepibili. Ma è la patria di Kant, Fichte, Schelling, Hegel, di Beethoven, di Bach, di Goethe, di Schiller. Se uno vuole specializzarsi in latino deve andare in Germania, perché lì trova il massimo delle possibilità. I migliori dizionari e le migliori sintassi greche e latine sono tedesche. Ed anche in filosofia, ed anche in psicologia. Ed è una psicologia, quella della Gestalt, che ha grandi origini, e riesce a interessarsi dell’uomo nella sua totalità.

Grazie ancora dell’intervento.




#11
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Psicoterapeuta

>>“Non è così che lo intendiamo noi”. È soltanto l’indicare, nell’inconscio, un’operazione di occultamento, un modo di nascondere dentro di noi quello che ci addolora, che ci ha ferito, un amore lasciato, un rimprovero avuto, una frustrazione subita

Vedi, Antonio, quando ci si confronta a volte si scoprono dei punti di contatto inaspettati.

La psicologia cognitiva non nega per nulla l'esistenza di un inconscio. Anzi, ne ha fornito persino le prove empiriche dell'esistenza.

Che parliamo di "schemata", di "conoscenza tacita", di "convinzioni", di "rappresentazioni del Sé" ormai è dato clinicamente acclarato che "non siamo solo pensiero cosciente".

Aggiungo che uno dei concetti cardine della cosiddetta "terza generazione" di terapie cognitivo-comportamentali è il cosiddetto "evitamento esperienziale", ovvero tutto quell'insieme di manovre, di sforzi, di operazioni spesso inconsapevoli che mettiamo in atto per difenderci dal dolore psichico di confrontarsi con rappresentazioni ed eventi che riteniamo insopportabili.

Che lo guardi da un punto di vista analitico, cognitivo-comportamentale, gestaltico o quant'altro le'essere umano soffre, e cerca di non soffrire. Ed è in questa eterna battaglia che si inserisce il nostro tentativo di aiutare l'altro.

#12
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Dr. Antonio Vita


Ecco, allora entrambi crediamo all'inconscio. Non importa se io lo chiamo in un modo e tu in un altro. Ma il tuo commento merita molto di più. Ci ritorno nel pomeriggio, se mi permetti. Ciao

#13
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Dr. Armando De Vincentiis

Nemmo il sottoscritto nega l'esitenza di meccanismi latendi di elaborazione delle informazioni (così lo chiamo io). Semplicemente non ne attribuisco un valore estremamente determinante e ne spiego la sua esistenza in termini di memoria implicia. Diciamo un tantino diverso da quello freudiano.

#15
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Dr. Antonio Vita

Diverso da quello freudiano, ma non da quello junghiano.

#16
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Dr. Armando De Vincentiis

In un suo scritto, "discorso sulla metapsicologia" Aldo Carotenuto ricordava come la concezione freudiana di inconscio (prendendo in considerazione i concetti di "tratto arcaico") avesse degli elementi di stile lamarkiano mentre, il concetto di archetipo junghiano, inteso come impronta primordiale vista come una capacità a priori (istintuale) di produrre immagini, fosse più legata a concezioni darwiniane. Da questo, la visione junghiana di incosncio appare, sotto l'aspetto biologico-evolutivo, più fondata di quella freudiana.

#17
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Dr. Antonio Vita

Bravo!
Non solo, ma quando parla di Archetipi li concepisce come Pattern of Beaviour.
L'attenzione di Jung per ogni ricerca della psicologia e della scienze antropologiche è massima, seria, e piena di "curiosità".
La sua vicinanza ai fenomeni psichici è totale.

#18
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Dr. Antonio Vita

Chi ha paura di essere "malato" ?

Chi ritiene di essere esente dall'ansia e dall'angoscia soltanto per aver letto due, tre, dieci , venti libri di psicologia?

Basta la conoscenza per guarire?

Allora facciamo leggere ai nostri pazienti i libri e i nostri interventi. NON avranno bisogno di sottoporsi a nessuna psicoterapia.

Fuori dall'ansia e dall'angoscia e fuori dalla psicoanalisi e DA OGNI ALTRO TIPO DI PSICOTERAPIA.

E basta con i sofismi.

https://www.medicitalia.it/spaziopro/spaziomed/609086/terapia-per-psicoterapeuti?start=3#a_list_title

#20
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Utente 219XXX

Trovo davvero interessante l'argomento e non posso non intervenire. Questo è il secondo post in cui al centro c'è non soltanto il dibattito sui vari indirizzi terapeutici, ma soprattutto l'ansia e le sue manifestazioni così diffuse tra le persone.
Penso che il discorso non possa non comprendere una riflessione sociologica. Siamo infatti in una società estremamente ansiogena. Basta guardare i vari notiziari o le pubblicità. Sono carichi di messaggi negativi e di "minaccia". La neve diventa così "il pericolo bianco"; se non usi quel dentifricio ti continueranno a sanguinare le gengive (tragedia!); se non prendi quel particolare integratore non riuscirai ad affrontare al massimo le "insidie" della vita quotidiana. Per non parlare poi dei programmi di approfondimento giornalistico sulla crisi: da suicidio!
Anche i bambini subiscono quotidianamente delle pressioni fuori dalla loro capacità di gestione. A 10 anni un bambino è più impegnato di un top manager. Dalle 15:00 alle 16:00 catechismo. Corri poi a scuola calcio. Forse ce la facciamo per la lezione di pianoforte o di danza. Contemporaneamente ci sono i compiti da fare. Tutto questo per prepararlo al futuro e al mondo che è prospettato sempre più esigente e selettivo.
Come se non bastasse quanto detto, c'è poi il lavaggio del cervello televisivo: non vuoi essere uno sfigato? Allora devi avere queste scarpe, questo stile, questa cartella, ecc. ecc. per essere quello giusto. Vuoi essere attraente? Allora ecco un modello di ragazza super dalle curve sinuose, truccata di tutto punto ed estremamente sensuale. Sii come lei, così diventerai popolare e felice.
In una società così diventare ansiosi mi sembra il minimo.

#21
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Dr. Antonio Vita

Condivido in pieno TUTTO l’intervento.
La nostra società sensibilmente ansiogena, ed anche molto angosciata. Le insidie della vita, però, sono create ad arte, spesso. Sono in gran parte un’invenzione di quelli che contano, di quelli che “dirigono l’orchestra” della “plebe”. Io sono un plebeo, per estrazione sociale, ma voglio essere libero di accettare o meno il mio destino: non accetto i loro condizionamenti di nessuno. Voglio e devo essere padrone di me e della mia vita. Voglio essere “signore” della mia esistenza. Mi rifiuto di essere una pedina della loro “politica” di annebbiamento.
Insegnate ai bambini e agli adolescenti a pensare con la loro testa, a criticare e a leggere il mondo del reale con grande senso di giudizio e d’ironia.
Le donne sono attraenti anche quando non rispondono a dei canoni di bellezza prefabbricati per interessi oscuri, esterni e fascinosi, cliché che vengono di solito superati anno per anno.
Cercate di dare ai ragazzi l’impeto dionisiaco della vita che è amore per la ricerca e occasione per inventarsi un modo di vivere e di esistere di là da ogni possibile schema prestabilito. Prestabilito da chi? poi?
Facciamo in modo che i ragazzi siano padroni di se stessi, della loro anima intesa come modo di sentire emozioni e sensazioni.
E lasciamoli liberi di crearsi inimmaginabili mondi nuovi.

#25
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Utente 219XXX

Caro dott. Vita,
dice cose molto sagge. Grazie per la sua risposta.

#27
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Dr. Antonio Vita

E perché rendere privato questo commento?
Hai meritato di essere intervistato da questo importante sito-rivista online.
Il tuo lavoro è molto serio e molto impegnato. Ci divide .... la storia della nostra vita e della nostra preparazione.
Ma i tuoi suggerimenti, anche quelli che non appaiono qui, sono importanti per me e mi influenzano, in un certo senso. Specie quei libri che mi hai suggerito di leggere che ritengo di grande interesse.

#28
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che la psicoanalisi sia un'ossessione può essere, che essa aumenti le ossessioni non solo l ho sperimentato sulla pelle della mia famiglia, me ne ho conferma anche dalla letteratura. Ho appena terminato di leggere il libro, complimenti all'autore per la sua chiarezza espositiva anche per chi non è addetto ai lavori.
credo che la psicanalisi, come metodo , debba effettuare una sorta di aggiornamento, visto che sembra il metodo più obsoleto che io conosca. Il libro non parla di quella junghiana, ma non oso immaginare cosa ne sarebbe venuto fuori. Ma non è detto dal momento in cui, lautore, nonostante i punti deboli che trova, continua
a dare alla psicoanlisi una certa dignità operativa.

#29
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Dr. Antonio Vita

Non mi dica che quella junghiana, che poi è la "psicologia analitica", se la conosce, Le fa più paura di quella "obsoleta" freudiana ortodossa !!!!

L'autore è senz'altro uno studioso serio, e l'ho definito in altra parte del sito, un neo-Voltaire, un illuminista. E un rappresentante del Cicap che fa del suo meglio per allontanare i creduli e i disperati da veggenti e maghi. Lei lo sa quanti ce ne sono in Italia, oggi,? E che giro di affari ci sono e a quanti miliardi di € ammontano, questi affari? Non c'è arrivato ancora il Governo attuale a metterci le mani.... Anzi, temo che le liberalizzazioni possano produrre dei risultati negativi, in questo caso... Altro che psicoanalisi.

#30
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Dr. Alessandro Raggi

a tale proposito propongo una riflessione che ho postato nel mio sito:

La psicoanalisi e la psicologia analitica sono completamente estranee ad ogni forma di esoterismo, magia, occultismo. Jung indagò e studiò tutte queste forme di tradizione iniziatica, ma sempre con il piglio dello scienziato, tenendosi ben distante da ogni forma di metafisica. La critica più severa di jung riguarda infatti ogni forma di pretesa metafisica, persino religiosa: per Jung l'esperienza metafisica è di natura psichica, una ierofania, all'interno della psiche, di archetipi e di potenze esterne all'Io cosciente ma intrapsichiche.

La psicologia analitica, in quanto psicoterapia, è un metodo scientifico, giuridicamente riconosciuto come tale, finalizzato alla cura di sintomi e disagi psichici. Concetti quali l"'Individuazione", sono in chiave junghiana ad indicare percorsi giammai di "illuminazione" o di "elevazione" (non si sa bene verso cosa), ma strade che possono ri-portare l'uomo a godere pienamente della propria condizione umana e che dunque, in primis, richiedono la liberazione dalle problematiche psichiche.

Siamo inoltre convinti che esistano molte cose ancora non spiegate sull'uomo e sulla sua psiche, e che forse mai lo saranno, e vogliamo contribuire alle nostre e vostre riflessioni con ariosità intellettuale e pregnanza emotiva, restando comunque sempre nel rigore della scientificità del nostro modello, così come fece Jung, che seppe e volle portare la luce della scienza su fenomeni inspiegabili, relegati a terreno fertile per ciarlatani ed impostori.

#31

sono d'accorco con quanto dici su Jung e i suoi studi sull'esoterismo, il problema è che, spesso, oggi, molti cosiddetti operatori dell'occulto interpretano Jung in malomodo riportandolo come emblema degli studi "scientifici" esoterci. Ci sono una infinità di astrologi che, per sostenere l'astroloia e la sua fondatezza, citano Jung a sproposito. Ricordo in un dibattito sull'astrologia a Porta a Porta, dove astrologi e lo stesso Vespa, citavano Jung a sostegno di una sua potenziale veridicità.
Volte voi junghiani spiegare, una volta per tutte, che Jung non credeva affatto all'astrologia? :-)

#32
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Dr. Alessandro Raggi

eh! hai pianamente ragione, è un grande problema che dibattiamo spesso anche nella mia Associazione. Sapessi quanti aspiranti allievi si avvicinano alla Scuola con le carte dei Tarocchi....(dico in senso reale e non metaforico). E' il problema di cercare di affrontare con una prospettiva metodologica seria tematiche spesso appunto monopolio dei ciarlatani (vedi gli studi sull' I-Ching, i fenomeni di sicronicità, gli stessi Archetipi, ecc..). Ultimamante un collega Dr. Luca Valerio Fabj, ha pubblicato sul numero di Dicembre del Minotauro un articolo proprio su questo tema. Jung non credeva affatto nell'astrologia, secondo me non "credeva" proprio in nulla, ha sempre cercato spiegazioni nella sua vita ed ha indagato e studiato i fenomeni (inclusa l'astrologia) esoterici dal punto di vista del valore psicologico e simbolico che rivestono per l'individuo e nell'individuo, senza mai "credere" che avessero un valore metafisico.

#33

correggetemi se sbagli, ne "gli archetipi dellinconscio collettivo" Jung cita, a proposito della infondatezza dell'astrologia, la precessione degli equinozi.

#37
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Dr. Antonio Vita

“Jung si rende conto benissimo che l’intera determinazione temporale nell’astrologia non corrisponde a nessuna costellazione astrale reale, perché l’equinozio di primavera nei millenni si è spostato indietro dall’Ariete ai Pesci, dunque anche la distribuzione delle case è fittizia, per cui, di regola, non si può fare un collegamento causale con le varie posizioni degli astri, ma secondo Jung l’astrologia ci dà una determinazione solo simbolica. Restano le stagioni, che esercitano ugualmente influssi sul mondo delle piante e degli animali.”……. “ L‘astrologia, dunque, non è una scienza fondata sulla causa ma sulla sincronicità, corrispondenza tra eventi interiori ed esteriori.” (Masada – Jung 3 – Lezione 7^)

Ma per l'intera questione vado in un blog che poi segnalerò, per non gonfiare questo spazio.

#38
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Dr. Armando De Vincentiis

Carissmi tutti, mi preme fare un doveroso chiarimento riguardante il mio lavoro sulla psicoanalisi dal momento in cui mi arrivano emali private di colleghi e/o osservazioni pesanti, anche su facebook, sul mio libro da gente che, non avendolo letto e completamente ignaro dei contenuti, tranne quelli carpiti da qualche recensione, spara sentenze sulla mia persona accusandomi di essere un ricercatore di parte o un detrattore cieco della psicoanalisi.

io non ho nulla ne contro la psicoanalisi in senso lato ne contro gli psicoanalisti tantè che i maggiori critici, di mia conoscenza, della psicoanalisi mi hanno addirittura accusato di essere stato "magnanimo" nei confronti di questa terapia a LORO DIRE superata.

il mio lavoro (chi lo ha letto può confermarlo) non è una critica all'intero apparato teorico psicoanalitico ma solo l'evidenziazione dello stato dell'arte sulla sua applicabilità clinica nei confronti delle specifiche patologie, evidenziandone efficacia e limiti sulla base dei suoi presupposti teorici e sulla presenza o meno di ricerche empiriche.

se avessi scritto il libro con il solo scopo di denigrarla non avrei mai risposto ad uno dei quesiti (avendo uno stile da perizia) che essa, in specifiche patologie, funziona!

Che poi si possa ergomentare, sulla base di visioni filosofiche differenti, il concetto di cura e guarigione è un'altro discorso.

purtroppo, noto, che il mio lavoro ha suscitato delle pesanti antipatie nei miei confronti soprattuto da parte di quelli che si sono limitati a leggere le recensioni piuttosto che approfondirne i contenuti.

Ciò che ho scritto rappresenta solo l'impegno di essere dalla parte del paziente mentre chi si sente offeso, spesso, è solo dalla parte del suo apparato teorico senza la minima accettazione di una critica che se integrata nel suo sitema operativo può solo essere costruttiva per i suoi pazienti.

#39
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E' bello vedere che mettete così tanta passione nel vostro lavoro. I commenti che ho letto qui (e li ho letti tutti), non solo mostrano che a scriverli sono persone estremamente competenti, ma anche che avete menti aperte! E quando c'è una mente aperta, poco importa il punto di vista individuale in senso stretto, ma la possibilità di esporsi ad un confronto e ad un dialogo costruttivo. Complimenti.

#40
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Dr. Antonio Vita

La ringrazio, anche a nome degli altri, De Vincentiis, Raggi, Calì, Pozzi, Randone, Giusti ed altri.
Vede, io e De Vincentiis, parlando di Psicoanalisi, potremmo trovarci a volte in disaccordo su alcuni punti. Ma poi è lui stesso a chiedermi di presentargli il libro sull’ "Indemoniata" e le sue possessioni e l'ho fatto con quella stessa intensa passione che è simile alla sua, quando si parla di esoterismo e di fenomeni paranormali https://www.medicitalia.it/blog/psicologia/2562-possessioni-colpa-e-angoscia-l-indemoniata-di-de-vincentiis.html . Perché pur credendo incondizionatamente alla psicoanalisi, penso che le possessioni siano soprattutto fenomeni psichici propri di momenti deviati dell’intelletto, espressioni di anomalie mentali.

La verità non è una, ci sono tante verità con cui dobbiamo fare i conti, al giorno d’oggi, ed ognuna è una “verità vera” se si parte da certe premesse e si fa un percorso articolato d’un verso o se si parte da altre premesse e si fa un cammino diverso. Su certe questioni come quelle della possessione siamo invece convergenti e d’accordo. E nessuno ci schioda da quelle certezze che si siamo guadagnati con anni di riflessioni, d’incontri, di esami condotti con molta accortezza e mai con banalità.

Ci siamo detti d’accordo su alcuni punti essenziali e fondamentali.

Ci stimiamo e ci guardiamo con attenzione e con cautela, a volte con circospezione e riserbo, ma mai con malanimo e con meschinità.
E cresciamo insieme perché da studiosi come De Vincentiis, da Raggi e da quelli sopra citati e da molti altri, nonché dai nostri lettori anonimi, impariamo sempre altre cose che facciamo nostre.
Il bello di questo sito Web, il migliore ormai da molti anni, è questo: è una grande e assortita palestra dove si misurano le ipotesi di tanti, le riflessioni di tutti , medici e psicologi, e lettori assidui e attenti.

Ecco perché questo sito è importante per noi e per Voi, perché dà voce e diritto di cittadinanza a tutti quelli che in buona fede, con animo aperto e sincero, con passione e con lealtà, esprimono con animo sereno e appassionato le proprie idee e le proprie opinioni.

Grazie della lettura.

Grazie Staff.

#41
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Dr. Antonio Vita

errata corrige: che si siamo guadagnati con anni = che ci siamo guadagnati

#43
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Ex utente

La psicoanalisi io credo non possa trovare grosso spazio oggi per motivi semplici:costi e risultati.Su di me non ha funzionato anzi mi ha portato la patologia ad un livello talmente grave (disturbo ossessivo compulsivo)da collassare.Lo psicoanalista nel risalire alle origini della patologia mi ha fatto andare talmente indietro che poi la gestione dell'angoscia e' stata talmente insostenibile che sono collassato io e' collassato il mio sistema cognitivo e' crollato il Doc e sono rimasto esposto ad un dolore mentale mai provato in vita mia e indicibile.Non lo so se sia curativo sentire tanto dolore di sicuro scompare l'ansia e scompare anche il Doc ma scompaiono anche le emozioni in sostanza l'approccio psicoanalitico almeno su di me ha fatto scaricare una angoscia di morte terrifica immensa.Va meglio?No.Decisamente no.Serve la Psicoanalisi?Per problemi lievi forse si ma se c'e' un malfunzionamento nei segnali dell'amigdala la farmacologia mi sembra la strategia più indicata.Di quelli che conosco io nessuno si e' sanato con la psicoterapia.Saremo tutti sfortunati e la filosofia tipica degli psichiatri (dipende xhe si aspetta dalla terapia etc etc)non spiega che in altre branche i medici curano e invece Psicologi e Psichiatri falliscono quasi sempre.La patologia mentale penso vada accettata in una sana convivenza ma eradicare qualcosa che poi e' intimamente collegato con la vita quotidiana e' impossibile.Alla fine basta che funzioniamo e andiamo avanti nella vita...la sofferenza mentale a differenza di quella fisica non trova trattamenti efficaci.Parlo del Doc.Non funziona niente se e' resistente.